Scopre la legge morale, ora difende la sacralità della vita
- Ultimissime
- 30 Gen 2025
Un’intellettuale liberale si accorge della legge morale e di aver difeso inconsapevolmente la sacralità della vita. E’ la storia di Sonia Sodha, editorialista britannica: dai limiti del liberalismo alla discussione delle sue convinzioni etiche.
Riflettere sulla dignità intrinseca della vita umana, pur non riuscendo ancora a comprenderne pienamente le radici.
E’ quanto accaduto recentemente a un’intellettuale progressista del Regno Unito, Sonia Sodha. Docente universitaria, editorialista di The Guardian e già presidente dei Liberal Democratici dell’Università di Oxford.
È sempre interessante osservare qualcuno che si confronta davvero con la verità.
I limiti del liberalismo sugli argomenti morali
In un suo recente editoriale, Sodha ha esplorato i limiti del liberalismo, filosofia politica alla quale aderisce, e ha espresso il disagio che spesso accompagna il dibattito morale all’interno di questa tipologia di pensiero.
Di fronte alle questioni etiche complesse, ha riflettuto Sodha, il liberalismo resta in un «silenzio imbarazzante» e «questo disagio rispetto alla moralità porta i liberali, a volte, a distogliere lo sguardo quando altri introducono ipotesi etiche controverse sotto le sembianze di scelta e autonomia».
L’intellettuale britannica si riferisce alla recente approvazione da parte della Camera dei Comuni inglese alla proposta di legge per l’eutanasia. Si è trovata contraria in quanto è fortemente scettica nell’affidare a giudici e medici la facoltà di discernere chi sceglie e chi non sceglie la morte di propria spontanea volontà.
In difesa (involontariamente) della sacralità della vita
Lei stessa ha raccontato che durante un programma telefonico, si è più volte trovata di fronte a domande che hanno scosso la sua coscienza.
«I momenti più difficili sono stati quando le persone che intervistavo ribaltavano le domande chiedendomi non solo dove mi collocavo rispetto alle evidenze, ma anche quali fossero le mie convinzioni personali», ha scritto.
Ad esempio un suo amico, che sta studiando per diventare sacerdote, le ha chiesto un giorno: “Considerando il tuo scetticismo sull’eutanasia, da dove nasce il tuo impegno per il valore della vita?”
«Mi sono trovata a balbettare, cercando di spiegare perché le mie obiezioni non fossero legate a qualcosa di “sdolcinato” come la sacralità della vita», ha ricordato. «Ma quando l’ex giudice Nicholas Mostyn (sostenitore della morte assistita) mi ha guardata negli occhi dicendomi, da non credente a non credente: “Tu credi chiaramente nella sacralità della vita umana”, ho pensato: “Accidenti, forse è così?”».
Sodha non ritiene ancora intrinsecamente immorale la morte assistita, ma «la convinzione che non possiamo mai esserne certi la rende sbagliata, perché le conseguenze sono così terribili». Questo percorso l’ha portata a riflettere criticamente e cambiare idea anche su temi come la maternità surrogata e la selezione prenatale.
Queste riflessioni hanno fatto emergere in lei la sensazione di una legge morale interna, che non riesce però ancora a definire. Parla di «un senso di vergogna nella sinistra liberale nell’ammettere istinti morali che non possono essere pienamente spiegati attraverso logiche razionali».
Ma è certa che «alcune cose vanno oltre le evidenze. Ognuno di noi ha un proprio codice etico, e credo sia più sano essere onesti al riguardo piuttosto che fingere che non esista».
Cos’è la legge morale naturale
Più che un codice etico, si potrebbe dire il codice etico: una legge morale naturale iscritta in ciascuno, che lo rende potenzialmente capace di distinguere il bene dal male anche senza una rivelazione esplicita. Ad esempio riconoscere oggettivamente la dignità intrinseca e uguale di ogni vita umana.
Per la filosofia tomista, infatti, possiamo trovare dentro di noi norme morali oggettive ragionando dall’ordine oggettivo nella natura, in particolare riguardo la natura umana. Per Tommaso d’Aquino, la legge naturale è la naturale inclinazione degli esseri umani a raggiungere il loro fine appropriato attraverso la ragione e il libero arbitrio.
La legge morale è stabilita da Dio, ma non è necessario sapere che sia così per riconoscerla e rispettarla (in questo caso si definisce più tecnicamente legge naturale).
I nostri intelletti hanno come fine naturale la conoscenza della verità sulle cose, inclusa la verità su ciò che è bene per noi data la nostra natura. Ovviamente possiamo non agire in conformità con la legge naturale e confondere il bene maggiore con il bene apparente1Tommaso d’Aquino, Summa Teologica, I-II, 94, 2. Questo perché, spiega Tommaso, la ragione umana necessita di essere perfezionata dalle virtù2Tommaso d’Aquino, Summa Teologica, I-II, 94, 3.
Il pensiero tomista si oppone frontalmente al relativismo morale, per il quale ciò che è moralmente buono e giusto è semplicemente ciò che ogni società o persona pensa che sia tale.
Ad esempio le leggi della Germania nazista contro gli ebrei costituiranno per sempre un crimine (anche in una società completamente razzista). Ma non perché violarono le leggi dell’epoca o la Costituzione di allora o di oggi, e non perché tutto il resto del mondo le riteneva sbagliate.
I crimini della Germania nazista possono essere giudicati un male assoluto, sia prima che dopo il loro verificarsi, perché violano una legge che si distingue e si colloca al di sopra delle leggi di ogni nazione: la legge morale naturale, per l’appunto.
Per Tommaso d’Aquino c’è una base oggettiva e universale della moralità anche se essa è più comprensibile secondo principi generali mentre è più probabile l’errore se la si applica nel particolare. Questo «perché in alcuni la ragione è pervertita dalla passione, o da una cattiva abitudine, o da una cattiva disposizione della natura»3Tommaso d’Aquino, Summa Teologica, I-II, 94, 4.
Quella di Sonia Sodha è naturalmente una piccola storia ma è un caso concreto che evidenzia come le intuizioni di Tommaso d’Aquino sulla legge morale continuino a offrire chiavi di lettura profonde anche per le questioni morali della nostra epoca.
La Redazione
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24 commenti a Scopre la legge morale, ora difende la sacralità della vita
Beh Tommaso diceva che la masturbazione è più grave dello stupro quindi applicare la morale naturale del 300 adesso mi pare un pelo fuori luogo
FWOCO ovvero: scrivere sciocchezze per il gusto di provocare.
La questione sollevata si riferisce a un malinteso comune sull’insegnamento di San Tommaso d’Aquino riguardo alla gravità dei peccati sessuali. Vediamo di fare chiarezza ed evitiamo di seminare zizzania:
San Tommaso d’Aquino, nella sua opera principale, la Summa Theologiae, classifica i peccati sessuali in base al loro allontanamento dall’ordine naturale della sessualità, che per lui era procreativo e coniugale. In questa logica:
La masturbazione è considerata un peccato contro natura, perché non porta alla procreazione.
Lo stupro è considerato un peccato grave, ma all’interno dei peccati “secondo natura”, poiché, per quanto violento e gravemente lesivo della dignità della vittima, non viola l’orientamento procreativo della sessualità.
Questo schema deriva da una visione teologica medievale che vedeva la violazione dell’ordine naturale come il criterio principale per la gravità dei peccati, più che la violenza o il consenso.
Oggi, ovviamente, la Chiesa cattolica e la morale civile danno un’enfasi molto maggiore alla dignità della persona e al consenso, riconoscendo lo stupro come un crimine gravissimo e moralmente abominevole.
Splendiderrimo non vedo dove sia il malinteso, per Tommaso i peccati contro natura sono più gravi dei peccati secondo natura e quindi per lui la masturbazione è più grave dello stupro qualora avvenga humano modo
Se oggi non è più così vuol dire che la morale naturale è cambiata
La prego, non stia a perdere tempo a rispondere a questo troll. Finché ho avuto tempo e voglia mi sono divertito assai alle sue spalle chiudendolo all’angolo ripetutamente, e ridendo dei suoi patetici tentativi di cavarsela parlando di cocomeri quando l’argomento erano le arance, ma lo facevo anche allo scopo di evitare che qualche persona non del tutto consapevole della dottrina cristiana ne fosse turbata. Rispondendogli, ha la possibilità di credersi importante, ma direi che il suo quarto d’ora di notorietà l’ha abbondantemente superato. Apprezzo lo sforzo, ma cercare di far vedere un meraviglioso dipinto a uno che non solo chiude gli occhi, ma se li benda per essere sicuro di non vedere, è davvero tempo buttato.
Insignillimo sto ancora in attesa di sapere perché si dice che la legge naturale è immutabile nel tempo quando qualche secolo fa si diceva che la masturbazione è più grave dello stupro e ora non lo dice più nessuno
Proverò con un esempio, ma tanto… ammesso e non concesso che tu conosca la differenza tra “fatto” e “percezione”, se io produco un suono, ad esempio un fischio acuto, una persona normodotata lo percepirà in un modo, un ipoacusico (con l’udito danneggiato e attenuato) in un altro modo e un cane in un modo ancora diverso. Il fischio però è lo stesso. Un sordo totale non lo percepirà affatto, anche se il fischio è presente ugualmente. La legge morale naturale è insita nell’uomo, ed è immutabile, quel che cambia è la percezione di determinati fatti in rapporto ad essa e ai tempi (chiarimento: nell’esempio il fischio NON E’ la legge naturale, ma la masturbazione/stupro). Detto questo, fratello multinick, buona serata e buona vita, nei limiti che il tuo ateismo ti pone. Non ti farò un disegnino e per questa discussione ho chiuso.
Illustrillimo stai dicendo che quello che noi adesso intendiamo per legge naturale è soltanto una sua percezione e come tale soggetta ad errore e ad essere mutata nel tempo
Il mio amico Pwro mi dice che la dottrina della chiesa dice tutt’altra cosa e che il tuo è sfrenato relativismo etico
Di’ al tuo amico che se non capisce l’italiano il problema è suo. Il commento di MastroMatteo è chiaro, la legge morale naturale non è una percezione, non cambia perché è insita nell’uomo: è la percezione della gravità di un peccato che cambia, non il suo essere peccato.
Stai attento, potrebbe sorprenderti scoprire che uno stesso peccato può persino essere veniale o grave a seconda delle circostanze.
Giovinerrimo amico sempre Pwro mi dice che è un po’ riduttivo considerare la legge naturale come una lista di peccati in cui col passare del tempo si decide qual è più grave e quale meno grave
A tacere del fatto che a credere che l’onanismo sia immorale è rimasto uno sparuto gruppuscolo di integralisti anche tra i cattolici
Gli altri hanno riflettuto un po’ sul fatto e hanno ritenuto che se l’onanismo è immorale perché si usa un organo contro natura dovrebbe esserlo anche fumare o tatuarsi
Anzi peggio perché a differenza dell’onanismo fumare o tatuarsi fa male alla salute
Insomma mi aspetterei eguali reprimende per l’uso contro natura dei polmoni o della cute oltre che del pene ma mi sa che per il momento magno tranquillo
Ma sei tu che la stai considerando una lista di peccati di cui decidere quale è il più grave e quale no. Nessuno di noi ha mai scritto questo. Sei libero di far finta di non capire, non però di metterci in bocca cosa che non diciamo. Di solito si parla di ciò che si conosce comunque, perché in teologia morale non vale il “secondo me”.
La masturbazione comunque non è immorale perché si usa un organo contro natura. Lo è perché si oggettifica e si perverte il senso dell’atto sessuale, che dall’essere dono di sé a un altro diventa una ricerca vuota di un piacere fine a sé stesso che oggettifica l’altro, oltretutto.
Oltretutto, “a differenza dell’onanismo” proprio un bel niente, perché la masturbazione può diventare una dipendenza e avere conseguenze psicologiche e relazionali molto serie.
Ti direi di studiare un po’ e leggere che ne so, La mistica della carne di Fabrice Hadjadj… o anche solo di vedere lo spettacolo “Il santo piacere” dell’attualissmo Giovanni Scifoni. Ma a giudicare da come leggi e comprendi un commento di poche righe, non oso immaginare con testi più lunghi.
Un ultima cosa, tanto è inutile risponderti oltre… se devi inventare ogni volta superlativi convinto che ciò ti renda simpatico, almeno segui le regole latine… -errimus,a,um va bene solo con gli aggettivi che finiscono in -er al maschile; -illimus,a,um per quelli che finiscono in -ilis. Col risultato che quando inventi tu vuoi fare il simpatico, ma ai miei occhi fai solo lo sgrammaticato.
Ma questa non è che una perifrasi più articolata per esprimere lo stesso concetto: pervertire il senso dell’atto sessuale significa esattamente la stessa cosa che fare un uso improprio, contro natura, della nostra sessualità.
D’altronde la stessa perifrasi si potrebbe usare, mutatis mutandis, per il fumo: fumando si perverte il senso dell’atto respiratorio, che diventa ricerca vuota di piacere fine a se stesso.
È inutile provare a discutere con lui. Non ha le conoscenze adeguate per sostenere una discussione, semplicemente, quindi si rifugia nelle banalizzazioni e nelle prese in giro tramite superlativi e simili. Anche uno poco avvezzo capirebbe la differenza tra la legge morale in sé e la classificazione che fa San Tommaso, così come la differenza tra fatto e percezione. Oltretutto la questione qui non riguarda nemmeno la legge moape naturale in sé, ma il criterio ordinante che la teologia medievale usava per classificare i peccati.
Più che altro devo constatare il fatto che il nostro amico appare quasi esclusivamente per discutere di sessualità… che ci sia qualche problema irrisolto?
Sapevo già che era tempo perso, ma tra le opere di misericordia spirituale c’è anche questa. Come dicevo quando non si vuole capire né vedere, non si vede e non si capisce. Basterebbe il concetto secondo cui la legge naturale è una serie di peccati in ordine di gravità per rendersi conto che non ha capito (o meglio non ha voluto capire) cosa sia la legge naturale. Tralascio per compassione le facezie sui tatuaggi e sul fumo (nota: non fumo e non ho tatuaggi). Poi l’onanismo non è immorale per l’uso dell’organo contro natura, quello semmai vale per gli atti omosessuali. Poche idee e molto ben confuse, ma sempre solo contro la Chiesa. Ogni botte dà il vino che ha, vero?
Beh la dottrina tuttora annovera l’atto onanistico tra i peccati mortali al pari dell’atto omosessuale, quindi non risultano differenze deontiche tra le due fattispecie. Si tratta in entrambi i casi di atti contro natura perché la sessualità deve essere naturalmente aperta alla procreazione, e non lo sono né l’atto onanistico né l’atto omosessuale.
Il paragone col fumo non è peregrino perché anche in quel caso si fa un uso contro natura del nostro corpo, essendo i nostri polmoni destinati ad assumere ossigeno e non catrame e nicotina.
Le riporto quanto spiega un ottimo teologo morale come Angelo Bellon:
La gravità del peccato non si desume principalmente dal danno che una determinata azione comporta per la salute, ma dal disorientamento che comporta nei confronti di Dio.
[…]Infatti l’ambito della sessualità tocca l’intimo nucleo della persona e stravolge il disegno divino sulla sessualità. Nel fondo di se stessi ci si sostituisce a Dio e ci si fa arbitri di una determinata potenza (quella generativa) che di suo è ordinata a suscitare la vita e a mantenere la persona in un atteggiamento di dono di sé, di vero amore.
2. Il fumo non tocca l’intimo nucleo della persona e neanche l’orientamento di fondo nei confronti di Dio.
Il fumo, come il caffè, è catalogato nella teologia cattolica tra le sostanze voluttuarie e stimolanti. […]
Indubbiamente può nuocere a se stessi, come nei casi in cui si esagera e può nuocere agli altri.
3. Anche il vino può provocare danni alla salute e molti altri disastri nell’ambito sociale (incidenti sul lavoro, per strada, ecc.). Ma in se stesso non è un male. Può essere usato male e allora diventa peccato.
4. Il Catechismo della Chiesa cattolica si esprime in questa linea: “La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l’abuso dei cibi, dell’alcool, del tabacco e dei medicinali” (CCC 2290).
Insomma, come può capire il paragone non regge: è il disordine dell’atto che certitica la gravità, non il danno alla salute. È quanto quella cosa ti allontana da Dio a fare la differenza, semplificando molto.
Ma qui non si sta parlando del danno alla salute del fumo – anche se per la Chiesa è peccato mortale mettere a repentaglio la propria vita senza valido motivo, e fumare rientra certamente in questa casistica.
Si sta dicendo che fumare è un atto intrinsecamente disordinato a prescindere da considerazioni sulla salute, perché come detto prima si indirizza un atto quale quello della respirazione per fini che non gli sono propri. E anzi, a ben vedere, del tutto opposti: fumare è il contrario di respirare.
Con buona pace di Bellon, è una fattispecie del tutto analoga a quella dell’atto onanistico. Un po’, mi si permetta il paragone, come un coprofago che ingurgita le proprie feci. Ingurgitare feci è il contrario di nutrirsi, e fumare è il contrario di respirare. Sono entrambi atti intrinsecamente disordinati, al pari dell’atto onanistico o dell’atto omosessuale.
Per Francesto Starna… no, al punto 1 è chiaro che il disordine è dato da quanto un atto comporta disorientamento nei confronti di Dio. Non è il fine in sé il punto della questione, anche perché per la Chiesa la sessualità non ha come unico fine la procreazione ma anche il dono di sé all’altra persona. È quanto quell’atto possa avvicinare o allontanare da Dio. Ecco perché è l’eccesso, anche di fumo o di alcool, che diventa peccato.
Caro Cook non è con le perifrasi che si dirime la questione.
L’atto onanistico è un atto che “comporta disorientamento verso Dio” perché è un atto che perverte fini e funzioni assegnate da Dio: è un atto contro l’ordo naturalis; ma anche pervertire il fine dell’atto respiratorio e la funzione della respirazione è un atto contro l’ordo naturalis e come tale, usando la tua perifrasi, comporta anch’esso “disorientamento verso Dio”.
Altro sarebbe se ci fosse una qualche spiegazione o dimostrazione teologica che sarebbe “disorientante verso Dio” solo la perversione dei fini dell’atto sessuale, e non la perversione dei fini dell’atto respiratorio, ma a quanto poco ne so non risultano.
Non credo sia questo il punto, mi dispiace. Io odio il fumo, ma non credo che fumando tabacco in sé si perverta l’atto respiratorio (che di per sé è un fatto biologico involontario, non è paragonabile all’atto sessuale: la differenza si coglie anche nelle Scritture, prima ancora che nella teologia). Il peccato non sta nell’atto in questo caso, in sé per sé sarebbe un atto neutro. Il peccato al massimo può essersi l’eccesso, il rovinarsi a causa del fumo, ma ciò non è legato sicuramente all’atto respiratorio in sé.
L’esempio del vino e degli alcolici calza a pennello. Bevendo un bicchiere di vino non si sta certamente pervertendo “l’atto nutritivo”, anche se non avremmo certo bisogno del vino per vivere. Diventa peccato l’ubriachezza, il non essere più presenti a sé stessi e agli altri a causa dell’alcool
Assolutamente no: bere vino non è il contrario di “bere”; bevendo vino si assumono comunque liquidi indispensabili al nostro organismo, e ciò non contraddice la finalità dell’atto del “bere”.
Si dirà che assieme ai liquidi indispensabili, bevendo vino si introduce anche una sostanza dannosa, ma ciò non significa una perversione del fine del bere ma, al più, un parziale allontanamento, che diventa peccato solo in caso di abuso.
Il fumo è il contrario di respirare, perché inalando fumo inspiri solo sostanze dannose. La quantità di ossigeno inspirato durante una boccata di sigaretta è zero o, se non zero, comunque infinitesimale rispetto alla sostanza antagonista dell’ossigeno che è il monossido di carbonio (se non si muore quando si fuma una sigaretta è perché si alternano atti respiratori normali ad atti anti-respiratori come la boccata di sigaretta; provi a fumare una sigaretta di fila senza mai riprender fiato e vedrà che stramazza a terra in ipossia)
Insomma la finalità dell’atto del bere è assumere liquidi indispensabili, e bevendo vino questo fine viene rispettato; la finalità dell’atto respiratorio è assumere ossigeno, e inalando fumo di sigaretta questo fine NON viene rispettato, nemmeno in parte.
Per riprendere il paragone con l’atto del mangiare, anche il più scadente degli junk food contiene qualche sostanza nutritiva; diverso è se si mangia sabbia, o feci; in quel caso non è più un atto nutritivo, nemmeno in parte, ma un atto anti-nutritivo che contraddice e perverte la finalità dell’atto del mangiare. E non credo ci siano dubbi che inspirare fumo di sigaretta sia un atto anti-respiratorio, inalando sostanze antagoniste dell’ossigeno.
D’altronde il fatto che la respirazione sia un fatto biologico involontario rafforza vieppiù il carattere disordinato e contro natura del fumare: si trasforma un fatto biologico involontario in un atto volontario, finalizzato esclusivamente alla ricerca del piacere, e se non è una perversione del fine questa, non so cos’altro possa essere.
E infine, quand’anche vogliamo spostare il campo sull’uso/abuso del fumo, ricordiamo che per la scienza medica non esiste una soglia sotto la quale il consumo di tabacco può considerarsi innocuo. Questa soglia è pari a zero. Anche l'”uso” di una singola sigaretta è già di per sé un “abuso”.
Guardi, in assenza di pronunciamenti chiari della teologia morale questa resta una discussione interessante, sicuramente, ma pur sempre solo una discussione. Si potrebbe porte il problema a chi è più esperto e competente di noi. Per il resto, oltre a quanto le avevo riportato prima, ho trovato questo
https://it.aleteia.org/2014/09/05/dal-punto-di-vista-morale-fumare-e-peccato
Grazie per la discussione gentile ed educata, anche perché purtroppo non tutti i commentatori da queste parti lo sono. Buona domenica
Wow questa discussione si sta facendo interessanterrima ma non ho capito se l’illustrillimo Starna sia un agent provocateur o un fondamentalista duro e puro che vuol vedere all’inferno anche i fumatori oltre che onanisti e sodomiti
“Egregerrimo”, questo suo modo di fare strafottente alla lunga stanca. Ha detto una cosa sensata probabilmente per sbaglio, non se ne approfitti però.
Le auguro comunque una buona notte.
Cordialerrimo tu parti dalla premessa giusta che non esiste differenza deontica tra fumo e onanismo per arrivare a una conclusione opinabile
Laddove l’uso “creativo” del nostro corpo come nelle attività summenzionate può essere considerato moralmente riprovevole solo sotto un’ottica deistica dacché in quest’ottica la persona offesa è Dio e non gli altri uomini
Ma visto che non è obbligatorio credere in Dio non si può pretendere di fare assurgere al livello di legge naturale valevole erga omnes quella parte dell’etica che riguarda i rapporti verso Dio che per un non credente equivale a un’etica che riguarda i rapporti con i venusiani
A chi ritiene che l’etica sia la norma che regola i rapporti SOLO con gli uomini e non con Dio, se uno nel chiuso della sua cameretta si fuma una paglia o dà vita a performances autoomoerotiche in genere non gliene può fregar di meno