Meta, stop alla censura woke grazie a una holding cristiana

meta censura

Per Mark Zuckerberg e Meta stop alla censura, al fact-checking e all’ideologia woke. Convenienza politica certamente ma, ad inspirarli, anche una società di consulenza finanziaria basata su valori cristiani.


 

Una notizia inaspettata ha scosso il panorama digitale: Meta ha annunciato la fine del suo controverso programma di fact-checking e delle politiche di censura woke.

Ricordiamo che Meta è responsabile delle più importanti piattaforme globali, come Facebook, Instagram e WhatsApp.

Il cambiamento è certamente dovuto al nuovo orientamento culturale degli Stati Uniti, emerso con la schiacciante vittoria di Donald Trump ed Elon Musk, proprietario di X e concorrente diretto di Meta. Non è un caso la presenza di Zuckerberg ieri all’insediamento ufficiale del tycoon.

Il neoassunto giornalista dell’Osservatore Romano, Guglielmo Gallone, ha criticato la scelta di Meta di eliminare il fact checking, temendo il rischio di abolizione delle regole e aumento di odio.

Non ha torto, naturalmente. Ma bisogna sottolineare che ciò che veniva spacciato per fact checking era in realtà censura politica operata da Meta (spesso sotto richiesta dell’ex presidente Biden), ideologicamente mirata, selettiva e mai neutrale. Su questo non si può negare quanto spiega Marco Travaglio.

 

La società cristiana dietro lo stop alla censura di Meta

Pochi sanno che dietro la svolta clamorosa del colosso tecnologico guidato da Mark Zuckerberg c’è anche una organizzazione cristiana, Inspire Investing.

Si tratta di una società di investimenti responsabili, a suo dire basata sui principi biblici. Gestisce 2 miliardi di dollari in fondi negoziati in borsa e pochi mesi fa è stata nominata per il secondo anno consecutivo una delle migliori società di consulenza finanziaria ed una delle aziende private in più rapida crescita negli Stati Uniti.

Il ruolo di Inspire Investing e del suo Direttore dell’Engagement con gli azionisti, Tim Schwarzenberger, è stato cruciale nel dialogo con i vertici di Meta. Attraverso un lavoro di persuasione, il team ha influenzato una delle aziende più potenti al mondo, contribuendo a indirizzarla verso una maggiore apertura e rispetto della libertà di espressione.

Il 7 gennaio scorso, Zuckerberg ha dichiarato la fine del programma di fact-checking affidato a terze parti, accompagnato dalla rimozione delle restrizioni sui contenuti precedentemente censurati. Solo un giorno dopo, Schwarzenberger ha avuto un incontro diretto con i rappresentanti di Meta per discutere delle responsabilità di promuovere la libertà di espressione.

Un principio, la libera espressione, che aumenta la fiducia degli utenti e il valore per gli azionisti. Inspire Investing ha anche chiesto un coinvolgimento attivo nella definizione dei dettagli di queste nuove politiche, per garantire che le voci cristiane siano rispettate.

 

Meta interrompe le politiche DEI e woke

Guarda caso, due giorni dopo l’incontro con Inspire Investing, Meta ha preso un’altra decisione importante: l’abolizione delle sue divisive politiche di Diversity, Equity, and Inclusion (DEI), usate per promuovere il wokismo e la conformità ideologica.

Il The New York Times ha riportato ad esempio che una delle prime decisioni del nuovo corso deciso dal creatore di Facebook è stato rimuovere tamponi e assorbenti dai bagni maschili

Lo scorso anno, proprio Inspire Investing aveva presentato una risoluzione azionaria che contestava le politiche di censura di Meta, accusate di penalizzare punti di vista pro-life e i sostenitori del matrimonio naturale.

 

I rischi e la libertà d’espressione

Il ruolo non marginale della holding cristiana nel nuovo corso di Meta è stato raccontato direttamente dal CEO di Inspire Investing, Robert Netzly.

Il quale ha scritto che la decisione del colosso digitale è uno spartiacque per la libera espressione, la responsabilità aziendale e gli investimenti basati sui grandi valori, rinunciando all’ideologica esaltazione delle rivendicazioni di piccole e aggressive minoranze.

Non ha torto chi evidenzia l’ipocrisia camaleontica di Zuckerberg (e di tanti altri), pronti ad adattare in tempo record le politiche aziendali alle idee del presidente americano di turno e intravede in questo cambiamento il rischio che Meta diventi un terreno fertile per i diffusori di fake news.

Questo può essere considerato un prezzo da pagare per preservare la libertà di espressione, un principio fondamentale che, sebbene talvolta vulnerabile agli abusi, rimane il pilastro di una società veramente democratica.

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