Il Papa e la Messa in latino, cosa scrive davvero nel libro

papa messa in latino

Ecco le parole integrali di Papa Francesco sulla Messa in latino contenute nella sua autobiografia “Spera” (Mondadori 2025). A seguire un nostro commento e una panoramica dell’attuale situazione nella Chiesa su questo tema.


 

Da quattro giorni è disponibile la cosiddetta prima autobiografia di Papa Francesco, intitolata “Spera. L’autobiografia” (Mondadori 2025).

Per certi versi molti ne parlano in quanto Francesco avrebbe dato un giudizio molto negativo sulla Messa in latino: avendo già letto il libro pubblichiamo qui di seguito l’intero brano e forniremo un breve commento.

Innanzitutto però bisogna chiarire una cosa visto che, come spesso accade, i media più che informare, disinformano.

 

“Spera” è davvero la prima autobiografia?

Non si tratta di una vera e propria autobiografia e nemmeno della prima. Il libro, diffuso in 17 lingue e circa 100 paesi, è in gran parte una collezione di testi assemblata dall’editor italiano Carlo Musso a partire dal 2019.

Il piano originale era che dovesse uscire dopo la morte di Francesco ma l’editore italiano Mondadori, che ha coordinato l’uscita, ha dichiarato che il Papa avrebbe deciso ad agosto 2024 che l’opera sarebbe dovuta uscire all’inizio dell’Anno Santo 2025, avendo la speranza come tema centrale.

Gran parte del libro contiene storie familiari sul passato di Papa Francesco, la sua infanzia e il rapporto con la nonna Rosa, la sua vocazione e il suo ministero come gesuita, il suo servizio come arcivescovo di Buenos Aires e la sua elezione a papa nel 2013.

Il Papa riconosce di aver commesso degli errori durante il suo pontificato, in genere dovuti alla sua impazienza. Ma difende alcune delle decisioni più che hanno trovato più contestazione. Ha parole molto gentili e commoventi per Benedetto XVI e lo ringrazia molto per averlo sempre difeso e sostenuto.

Francesco ribadisce di non aver mai pensato di dimettersi e manifesta il proposito di essere sepolto nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.

Gli episodi sono raccontati in modo rapido e non nello stile di Francesco, la mano del ghost writer Musso è ben visibile. Probabilmente sono una sintesi delle conversazioni che ha avuto con il Papa, di suoi ricordi già emersi in precedenza in altri libri e trascrizioni di omelie e discorsi pubblici.

Sostanzialmente non abbiamo trovato nulla che non abbia già detto in questi anni.

Mondadori l’ha presentata come la prima autobiografia, ma non è tecnicamente corretto: nel 2024 è uscito infatti “Life. La mia storia nella storia” (Harper Collins 2024), che ha rivendicato per primo questo primato.

A parte queste due autobiografie, esistono in commercio decine di libri attribuiti a Papa Francesco che in realtà contengono solamente un assemblaggio di testi di suoi interventi pubblici. Esperto in questa operazione è l’editore “Libreria Pienogiorno“, che ha usato questi titoli:
“Sei unica. Inno al genio femminile” (2024);
“Ti voglio bene. Per una gioia condivisa” (2023);
“Ti voglio felice. Il centuplo in questa vita” (2022);
“Ti auguro il sorriso. Per tornare alla gioia” (2020).

Le due grandi domande che ci facciamo è se davvero il Papa abbia mai autorizzato queste pubblicazioni e il motivo di tutti questi libri, così come le due autobiografie. Forse per arrivare alla gente comune che difficilmente segue i suoi numerosi e quotidiani discorsi pubblici?

Quasi sempre si vedono questi libri in cima alla classifica dei più venduti e una recentissima indagine dell’Istituto Demopolis ha mostrato che il 76% degli italiani ha grande fiducia in Papa Bergoglio, senza alcun calo nei dodici anni di magistero.

Evidentemente la risposta è che il Papa è molto amato, nonostante le apparenze dovute a certe nicchie sui social, i libri vendono molto e gli editori fanno giustamente il loro interesse.

 

Papa Francesco e la Messa in latino, le sue parole

Ora passiamo alle parole di Papa Francesco sulla Messa in latino, ecco il brano integrale.


 
di Papa Francesco
da “Spera. L’autobiografia” (Mondadori 2025, pp. 263, 264)

E’ sociologicamente interessante il fenomeno del tradizionalismo, questo “indietrismo” che in ogni secolo regolarmente ritorna, questo riferimento a una presunta età perfetta che è però ogni volta un’altra. Per esempio con la liturgia.

Ora è stato sancito che la possibilità di celebrare secondo il messale preconciliare, in latino, debba essere espressamente autorizzato dal Dicastero per il culto, che la concederà solo in casi particolari. Perché non è sano che la liturgia si faccia ideologia.

E’ curioso questo fascino per ciò che non si comprende, che appare un po’ occulto, e che a volte sembra interessare anche le generazioni più giovani. Spesso questa rigidità si accompagna alle sartorie ricercate e costose, ai pizzi, ai merletti, ai rocchetti.

Non gusto della tradizione, ma ostentazione di clericalismo, che poi altro non è che la versione ecclesiale dell’individualismo. Non ritorno al sacro, tutt’altro, ma mondanità settaria. A volte questi travestimenti celano squilibri, deviazioni affettive, difficoltà comportamentali, un disagio personale che può venire strumentalizzato.

Un cardiale statunitense mi ha raccontato che un giorno si sono presentati da lui due sacerdoti appena ordinati, per chiedere l’autorizzazione a celebrare la Messa in latino.

“Voi conoscete il latino?”, ha chiesto quel cardinale.
No, ma lo studieremo, han risposto i due giovani preti.
“Allora fate così”, ha detto il cardinale.
“Prima di imparare il latino, osservate la vostra diocesi e guardate quanti migranti vietnamiti ci sono: studiate il vietnamita, allora, in primo luogo. Ma quando avrete imparato il vietnamita, considerate anche la moltitudine di parrocchiani di lingua ispanica e capirete che imparare lo spagnolo vi sarà molto utile per il vostro servizio. Dopo il vietnamita e lo spagnolo tornate pure da me, e parleremo del latino”.

La liturgia non può essere un rito fine a se stesso, avulso dalla pastorale. Né esercizio di uno spiritualismo astratto, avvolto in un fumoso senso del mistero.

La liturgia è incontro, ed è ripartenza verso gli altri


 

Un commento alle parole del Papa sulla Messa in latino

Un breve commento a queste parole.

Leggendo il testo non risulta un’avversione diretta di Francesco alla Messa tridentina ma la vede, com’è giusto che sia, una forma extraordinaria del rito romano.

Nemmeno ha giudizi negativi su tutti i tradizionalisti, ma specifica che «a volte» questa corrente include persone con disagi personali.

Ciò che lo preoccupa è la strumentalizzazione di questo rito quando diventa identitario in certi gruppi ideologicamente orientati a quello che definisce “indietrismo”, al gusto estetico dell’antico e del “era meglio una volta”.

Papa Francesco non vede un sano gusto per la tradizione ma il fascino della trasgressione, di fare qualcosa avulso dall’ordinario. E vi legge dei disturbi narcisistici.

Ha ragione il Papa? Evidentemente gli arrivano molteplici informazioni dalle diocesi del mondo che lo hanno portato gradualmente a questo giudizio.

Lo dimostra il fatto che all’inizio del pontificato e da cardinale non la pensava così, tanto che nel 2015 scelse di partecipare a una Messa tridentina in Vaticano dedicata a San Pio X, dicendosi anche suo devoto.

In questi anni sono emersi personaggi controversi che, come dei piccoli Lutero, hanno gradualmente operato uno scisma nel cattolicesimo.

Pur essendo spesso in guerra gli uni con gli altri (come accadde ai vari leader della Riforma protestante), sono tutti accomunati dalla strumentalizzazione ideologica della Messa in latino per opporsi al pontificato di Francesco, alla Chiesa cattolica e al Concilio Vaticano II.

Anche solo restando in Italia, i nomi li conosciamo: Carlo Maria Viganò, Minutella, Giorgio Maria Faré, Follador (oltre ai vari giornalisti, da Marco Tosatti a Andrea Cionci). Piccole bolle che scompariranno a breve, com’è sempre stato nella storia della Chiesa.

Con la differenza che il web amplifica e diffonde le storture come mai prima è accaduto, perciò è inevitabile che queste persone e i loro seguaci abbiano costretto la Chiesa ad attenzionare maggiormente vescovi, seminari e parrocchie che chiedono (spesso pretendono) l’uso della Messa in latino.

“Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”, dice un proverbio.

Chiaramente il Papa, nel brano sulla Messa in latino pubblicato sopra, è attento a non generalizzare. Sa bene che esistono realtà, gruppi e singoli fedeli (bella questa lettera!) che amano davvero il Vetus Ordo, vivendolo in fratellanza e armonia con la Chiesa. E, se vissuto così, può essere davvero un arricchimento della fede.

Però l’unità della Chiesa è più importante delle preferenze liturgiche e la Messa, in qualsiasi rito venga celebrata, è sempre l’incontro con Cristo.

Preservare la comunione con il Papa, con la Chiesa cattolica e il suo magistero deve avere la priorità, perché -come giustamente scrive Francesco- la liturgia non è mai fine a sé stessa, ma è espressione della fede vissuta nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

Autore

La Redazione

3 commenti a Il Papa e la Messa in latino, cosa scrive davvero nel libro

  • Cook ha detto:

    Grazie mille redazione! A causa di come certi siti tradizionalisti hanno manipolato le parole del Papa ho già dovuto rispondere a un post e a certi commenti orrorifici sui social. Gente che difende la messa in latino come se fosse l’unica lingua sacra, nemmeno i musulmani con l’arabo! Accusano la messa in lingua nazionale di invalidità, e poi magari non sanno che le prime messe erano celebrate in greco e anzi… l’Ultima Cena in aramaico. Guarda caso quanti riportano la notizia in modo ideologico stanno sempre attenti a tagliare il discorso di Francesco a proprio piacimento.

    • Hugo ha detto:

      Se c’è una cosa che mi fa ridere caro amico è che alcuni criticano tanto la modernità per rifarsi ai bei tempi andati però tutte sono sempre sui social dalla mattina alla sera, fanno le Messe (in latino, of course) in diretta streaming, hanno i loro podcast e i loro canali youtube. Mi ha fatto pensare molto quando il Papa nella pagina qui sopra pubblicata accusa queste tendenze di individualismo.

      • Cook ha detto:

        Assolutamente vero! Io mi sto convincendo che tanto i tradizionalisti quanto i modernisti (intendo alla Alberto Maggi, per capirci) abbiano fondamentalmente perso di vista Dio. I primi credono in un Dio che parla in latino e ti giudica se fai la comunione sulle mani; i secondi credono in un Dio “petaloso” per cui va sempre tutti bene, con i miracoli simbolici e la Resurrezione chi lo sa. Peccato per loro che il Dio che Cristo ci ha rivelato non sia nemmeno parente delle loro false immagini.

        Dovranno però un giorno rendere conto al Signore della salvezza di chi viene ostacolato e traviato dalle loro idee opposte, che feriscono la Chiesa.

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