La Corte Interamericana non riconosce il diritto all’aborto

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L’aborto come diritto? La Corte interamericana dei diritti dell’uomo si rifiuta di dichiararlo, respingendo un caso usato come grimaldello per la legalizzazione. Ha però condannato El Salvador per “violenza ostetrica”.


 

Una sentenza della Corte interamericana dei diritti dell’uomo ha fatto esultare un po’ tutti.

Il 20 dicembre 2024, la Corte interamericana si è pronunciata nel caso Beatriz vs El Salvador.

E’ stata pronunciata una condanna verso El Salvador per aver impedito nel 2013 l’interruzione di gravidanza a una giovane donna nonostante i (presunti) rischi per la sua salute e le poche possibilità del feto di vivere.

La Corte ha criticato la mancanza di protocolli adeguati per trattare le gravidanze ad alto rischio, in un contesto di divieto totale di aborto.

 

I festeggiamenti delle associazioni abortiste

La sentenza ha fatto esultare associazioni abortiste come Amnesty International, che l’ha definita un campanello d’allarme per gli Stati che mantengono il divieto assoluto dell’aborto.

Non si capisce come Amnesty possa continuare a occuparsi di tematiche morali quando al suo interno è stata dimostrata la più grave violazione dei diritti umani dei suoi stessi dipendenti.

Bisognerebbe precisare però che pur avendo la Corte condannato El Salvador per “violenza ostetrica”, la salute di Beatriz non era affatto a rischio. E’ dimostrato dal fatto che, dopo che una valutazione medica, ha partorire in tutta sicurezza ed è sopravvissuta al parto senza alcuna ripercussione (è morta nel 2017 a causa di un incidente automobilistico).

La bambina, affetta da anencefalia, è invece purtroppo deceduta cinque ore dopo la nascita, ma ha potuto essere battezzata e accudita amorevolmente da Beatriz fino ad allora.

Quello che Amnesty International nasconde è che il pronunciamento della Corte interamericana dei diritti dell’uomo è tutt’altro che positivo per l’ideologia pro-choice.

 

La Corte intramericana rifiuta l’aborto come diritto

Il caso è stato presentato alla Corte intramericana come grimaldello per la legalizzazione dell’aborto in tutta l’America Latina, spingendo la Commissione interamericana dei diritti umani a dichiarare l’aborto un diritto.

Ma ciò non è affatto avvenuto, la Corte non ha accolto questa richiesta dei ricorrenti. Tanto meno ha accettato la pretesa di dichiarare che il rifiuto dell’accesso all’aborto costituisse una forma di “tortura” nel sistema interamericano dei diritti umani.

Per questi motivo, il presidente del Global Center for Human Rights, Sebastián Schuff, ritiene che la sentenza segni una svolta nella giurisprudenza perché «ancora una volta rispetta la sovranità dei Paesi e la lettera e lo spirito della Convenzione americana che ha dato origine al sistema interamericano».

Da parte sua, Ligia Castaldi, perito davanti alla Corte interamericana nel caso Beatriz e docente di diritto internazionale alla Ave Maria School of Law, ha sottolineato che più che una vittoria pro-life, la sentenza rappresenta una sconfitta delle organizzazioni pro-aborto.

Dopo aver speso milioni di dollari in campagne mediatiche e cause legali per portare questo caso davanti alla Corte Interamericana, ha affermato la giurista, «le ONG hanno perso e hanno visto respinte praticamente tutte le loro richieste».

 

Non esiste il diritto all’aborto

Il fatto che non esista un diritto all’aborto non l’ha certo deciso per la prima volta la Corte interamericana dei diritti, è acclarato da qualunque giurista serio.

Il magistrato Vladimiro Zagrebelsky, ad esempio, ha spiegato che la Corte Europea dei diritti dell’uomo «non ha mai affermato che esista un “diritto all’aborto”, anzi ha negato che possa pretendersi una pura e semplice libertà di scelta da parte della donna».

In Italia, invece, Cesare Mirabelli, già Presidente della Corte costituzionale, ha chiarito che la Consulta «ha sempre affermato che non esiste alcun diritto all’aborto e che vanno tutelati anche i diritti dell’embrione e non solo quelli della madre».

Autore

La Redazione

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