Leonardo Caffo, dai diritti animali alle botte agli umani
- Ultimissime
- 11 Dic 2024
Il filosofo Leonardo Caffo difendeva i diritti animali e violava quelli umani. Condannato a 4 anni per lesioni aggravate alla compagna, l’antispecista era troppo preso a condannare (giustamente) la violenza sugli animali per non accorgersi della sua. Ma l’ecologia ambientale deriva sempre dall’ecologia umana.
Quello di Leonardo Caffo è un caso di antispecismo “a intermittenza”.
Mentre nei suoi libri si preoccupava giustamente della violenza verso gli animali, mentre predicava meno giustamente l’annullamento dei valori peculiari dell’essere umano, in casa propria applicava una gerarchia violentemente antropocentrica.
Il filosofo antispecista è stato condannato ieri a 4 anni di carcere per maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti dell’ex compagna, madre di sua figlia.
Il giovane e promettente scrittore era finito pochi giorni fa nelle polemiche dopo che l’amica Chiara Valerio lo aveva invitato al festival Più Libri Più Liberi, nonostante la dedica della kermesse a Giulia Cecchettin, giovane vittima di violenza da parte del fidanzato.
Caffo, dai diritti animali alle botte agli umani
«Mi diceva che mi dovevo ammazzare. Perché ero una fallita inutile. Mi dovevo buttare dal balcone per fare un favore a tutti», racconta l’ex compagna.
Le persecuzioni nei confronti della donna sono iniziate nell’estate del 2019 e sono proseguite almeno fino al 2022.
Proprio in quegli anni Caffo scriveva “Il cane e il filosofo. Lezioni di vita dal mondo animale” (Mondadori 2020).
Se le percosse e l’umiliazione morale a cui sottoponeva la fidanzata facevano davvero parte delle lezioni di vita apprese dal mondo animale sarebbe un clamoroso autogol della sua filosofia antispecista.
Contorcere le mani per gelosia, provocare fratture scomposte, picchiare la compagna mentre tiene in braccio la figlia, sbatterle la testa sul finestrino, stringerle le mani al collo, prenderla a calci mentre è a terra e ideare un finto suicidio buttandola giù dal balcone.
Leggendo ciò per cui è stato condannato qualcuno direbbe che Caffo si è comportato da vera bestia, non da uomo.
Ma dirlo sarebbe un’offesa per alcuni animali, che certamente si comportano in modo molto più umano con i loro simili pur senza rivendicare per questo fantomatici diritti umani.
Caffo e la sindrome progressista: parla bene, razzola male
Caffo era uno dei guru della sinistra progressista, lo si evince leggendo i titoli di giornali in queste ore. Unico caso al mondo in cui i quotidiani riportano le parole del condannato e non della vittima.
Leonardo Caffo nel 2023 scriveva su Liberazione: «Si parla tanto di una società che riconosca alla fragilità il suo posto nel mondo e che punisca chi maltratta i più deboli, ma consideriamo ancora accettabile incatenare una scimmia in un laboratorio o uccidere un vitello di pochi mesi».
Era forse troppo preoccupato per i maltrattamenti alle scimmie (certamente ingiusti, ci mancherebbe) che per quelli che infliggeva alla sua compagna.
Anche lui, evidentemente, era affetto dalla sindrome progressista: parlare bene e razzolare malissimo.
Il grande maestro dell’ipocrisia progressista fu John Lennon.
Lo ha rivelato il figlio Julian: «Parlava e cantava d’amore, ma a me non ne ha mai dato». E anche il pacifista Lennon, racconta il figlio, menava la moglie non appena tornava a casa dopo aver cantato Peace & Love.
Le differenze tra Caffo e Peter Singer
Quella di Caffo tuttavia è un’ideologia animalista molto meno radicale di quanto si possa pensare.
Pur imbevuto di riduzionismo ontologico, pur scrivendo che la «nuova umanità» debba passare «dalla liberazione dell’animalità, ritrovandoci innanzitutto “animali che dunque siamo”», ritrovando la «bestialità che potrà condurci a questa liberazione complessiva»1L. Caffo, Il maiale non fa la rivoluzione, Sonda 2013, nei suoi libri non compare l’odio viscerale per l’essere umano come in quelli del suo mentore, Peter Singer.
L’antispecismo di Caffo non è quello utilitarista, non ci risulta che abbia mai proposto l’eutanasia dei neonati né ha mai legittimato lo stupro dei disabili, come sostenuto dal guru antispecista Singer.
«Né un neonato né un pesce sono persone, uccidere questi esseri non è moralmente così negativo come uccidere una persona», scrive Singer in Ripensare alla vita2Il Saggiatore 1996, p. 20.
Aggiungendo che «anche se il bambino potrà avere una vita senza eccessiva sofferenza, come nel caso della sindrome di Down, ma i genitori pensano che sia un peso eccessivo per loro e vogliono averne un altro, questa può essere una ragione per ucciderlo».
Pur condividendo lo stesso antispecismo ontologico non sembra che Caffo sia mai arrivato a tanto.
Anzi, concordiamo quando spiega che il veganismo è un «prodotto tipico della società borghese occidentale» e che è più “vegano” un pescatore thailandese che si nutre di quello che pesca rispetto al turista occidentale che vola in aereo a Bangkok «e cerca un supermercato dove acquistare un hamburger di soia preconfezionato».
La preoccupazione per il creato e l’odio verso l’uomo
Purtroppo la giusta preoccupazione per salvaguardia del creato, il legittimo impegno a favore di una vita più ecosostenibile e la sacrosanta battaglia per evitare le inutili sofferenze agli animali conducono troppo spesso all’odio verso l’essere umano, al tentativo riduzionista di ridurre la sua eccezionalità.
Nella storia di Leonardo Caffo torna quanto mai attuale il pensiero di Benedetto XVI, per il quale l’ecologia animale deriva necessariamente dall’ecologia verso l’uomo.
Ecco le parole di Ratzinger che Leonardo Caffo avrebbe dovuto studiare:
«Quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio. Non si può domandare ai giovani di rispettare l’ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi. Il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale. I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. Volentieri, pertanto, incoraggio l’educazione ad una responsabilità ecologica, che salvaguardi un’autentica “ecologia umana” e, quindi, affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura».
Caffo avrebbe dovuto leggersi anche la Laudato Sii di Papa Francesco:
La preoccupazione per il rispetto della natura «non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità […] Si avverte a volte l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza, e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità tra gli esseri umani. Certamente ci deve preoccupare che gli altri esseri viventi non siano trattati in modo irresponsabile, ma ci dovrebbero indignare soprattutto le enormi disuguaglianze che esistono tra di noi […]. Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani. È evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito. Ciò mette a rischio il senso della lotta per l’ambiente».
Leonardo Caffo diceva alla compagna: «Invidio l’affetto che ha la tua famiglia nei tuoi confronti, io non ho questa cosa e ti invidio, sei esattamente ciò di cui scrivo».
Alla fine quel di cui ha bisogno, forse, è proprio calore umano. Non tanto animale.
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