Stoicismo e cristianesimo, le profonde differenze

stoicismo e cristianesimo

Oltre alle apparenti similitudini, quali sono le differenze tra stoicismo e cristianesimo? Si, si tratta di differenze enormi e radicali tra gli stoici e i cristiani, anche perché l’esaltazione delle virtù morali è già presente nel testo biblico e precede lo stoicismo.


di padre Angelo Bellon*
*sacerdote appartenente all’Ordine dei Predicatori domenicani

da Amici Domenicani, 19/05/2022

 

Vi sono dei principi morali insiti nella coscienza di ogni uomo che procedono direttamente dalla legge naturale.

Secondo il filosofo pagano Aristotele e secondo San Tommaso d’Aquino questi principi, che costituiscono la cosiddetta sinderesi, sono indistruttibili e sono identici in tutte le persone.

Pertanto la presenza di un nucleo di virtù morali nella filosofia di Aristotele, nel pensiero stoico e in San Tommaso non significa affatto che l’uno prenda dall’altro, ma piuttosto che ognuno prende da quello che c’è nel cuore di ogni persona umana.

 

Stoicismo e pensiero cristiano, somiglianze apparenti

San Paolo stesso si appella a questo nucleo di principi morali allorché scrive:

«Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono» (Rm 2,14-15).

Che l’annuncio del Vangelo possa aver trovato terreno fertile preparato dallo stoicismo non desta meraviglia, perché in genere gli stoici si caratterizzavano per una certa fermezza e dirittura morale.

 

Cristianesimo e stoicismo, enormi differenze

Tuttavia le virtù stoiche, tutte orientate a creare una perfezione morale che consiste nello spegnimento di ogni desiderio, nella cosiddetta atarassia.

Questo è quanto di più diverso si possa trovare dalle virtù cristiane, volte a mettere a profitto le emozioni in ordine ad un obiettivo che non consiste nell’eliminazione di ogni desiderio ma piuttosto nell’appagamento di ogni desiderio.

Scrive Angelo Penna in un suo studio poderoso su San Paolo:

«Invano si è tentato di riavvicinare la concezione teologica dello stoicismo e quella del cristianesimo. Un velo di mesto e sconsolato pessimismo si stendeva sugli stoici, che pretendevano di raggiungere la perfetta impassibilità (atarassia). Il loro Dio, immanente nel mondo, era qualcosa di gelido, incapace di suscitare nei cuori una qualsiasi fiamma di amore. Non rimaneva che rivolgersi alla materia. Con la morte gli elementi dell’uomo si dissolvono, ritornando nel gran tutto, e lo stoico nella disperazione affretterà questo triste momento col suicidio»1Penna A., San Paolo, pp. 366-367.

Non dobbiamo dimenticare che quando San Paolo predicò ad Atene erano lì presenti “certi filosofi epicurei e stoici” che discutevano con lui.

Essi dissero: “Che cosa vorrà mai dire questo ciarlatano?” (At 17,18). Lo condussero a parlare con loro all’areopago, ma ad un certo momento cominciarono a deriderlo e gli dissero: “Su questo ti sentiremo un’altra volta” (At 17,32).

In maniera ancor più decisa il grande biblista Giuseppe Ricciotti scrive:

«Spesse volte lo stoicismo fu riavvicinato al cristianesimo, soprattutto a causa dell’indole cristiana che si riscontra in talune pagine di Epitteto e di Seneca: si sospettò anzi una diretta influenza esercitata da Paolo sul contemporaneo Seneca, come già nella seconda metà del secolo quarto si fabbricò tutta una corrispondenza epistolare tra i due. Ma, chi non si fermi alle apparenze bensì cerchi l’anima delle cose, troverà sotto la somiglianza esteriore un’abissale divergenza: più o meno, insomma, la somiglianza che intercede tra lo scimpanzé e l’homo sapiens»2Ricciotti G., Paolo apostolo, p. 66.

Nella storia della filosofia c’è stato un tentativo di ripensare lo stoicismo alla luce del Vangelo.

Questo comportò evidentemente un notevole ridimensionamento del panteismo stoicista per far posto al monoteismo cristiano. Nello stesso tempo richiese un ridimensionamento del ruolo della grazia per dare spazio al primato dello sforzo umano.

Questa corrente di pensiero, svanita ben presto, si è sviluppata alla fine del secolo 16° e i suoi autori principali sono stati Lipsio, du Vair e Charron.

 

Non si capisce dunque in che cosa il cristianesimo abbia preso dallo stoicismo, quando la predicazione di Gesù Cristo è stata attuata in un contesto in cui lo stoicismo non ebbe alcun influsso.

L’esaltazione delle virtù morali nella Sacra Scrittura, come si può vedere in alcuni libri sapienziali dell’Antico Testamento, in particolare Proverbi, Sapienza e Siracide, è ben antecedente alla filosofia stoica.

Senza dire dell’orizzonte che separa nettamente lo stoicismo dalla cultura ebraica. Perché tra i due c’è una differenza abissale come quella indicata da Ricciotti.

Autore

padre Angelo Bellon

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