Cos’è il fisicalismo materialista e perché è morto
- Ultimissime
- 30 Nov 2024
Il significato di fisicalismo e il suo declino. Ne parla lo psicologo Marc Wittmann, spiegando cos’è il fisicalismo e perché è morta l’idea che la coscienza e la mente umana siano semplici prodotti chimici del cervello come vorrebbero riduzionisti e anti-teisti.
Innanzitutto, cos’è il fisicalismo?
In maniera molto grossolana si potrebbe dire che è l’idea materialista applicata alla mente umana, laddove intende spiegare la mente, la coscienza, le emozioni, i pensieri e le esperienze soggettive come mero risultato di processi chimici, fisici e neurali nel cervello.
Usando la tipica formula riduzionista, la nostra mente non è nient’altro che un processo chimico.
Una tesi che ha trovato grande successo in passato ma le cui fondamenta sono ormai compromesse da tempo.
Perché il fisicalismo è morto
Il fisicalismo ha infatti fallito nel rispondere alle sfide poste dalla coscienza umana, dalla libertà dal senso dell’esperienza soggettiva. Una volta considerata il futuro del pensiero scientifico, oggi questa prospettiva è ritenuta in uno stato di irreversibile declino.
Ne ha parlato recentemente il filosofo e psicologo Marc Wittmann, ricercatore nell’Istituto di Studi interdisciplinari di Psicologia e Igiene mentale di Friburgo e specializzato nello studio della percezione del tempo.
«Ho sempre avuto la sensazione», scrive Wittmann, che «i neuroscienziati e filosofi fisicalisti si considerino nuovi Nietzsche, pensatori d’avanguardia senza paura che comunicano una verità a persone non illuminate: come movimenti di ioni carichi e neurotrasmettitori siamo un nulla infinito».
Ma qual è, secondo Wittmann, la prima evidenza che «il fisicalismo è morto?».
Innanzitutto la nascita da diverso tempo di un fisicalismo soft, cioè il riconoscimento che effettivamente siamo esseri coscienti, ma che la coscienza sia comunque “prodotta” in maniera misteriosa dal cervello. Il progresso scientifico spiegherà senz’altro in qualche modo la soggettività da un punto di vista puramente neurobiologico.
Una posizione altrettanto fallace, spiega Wittmann, in quanto rimane il problema irrisolvibile: i “processi neurobiologici” e l'”esperienza soggettiva” derivano da quadri di conoscenza diversi. Per dirla semplicemente, se il fegato produce biologicamente la bile per trasformare il grasso in energia, il cervello non può produrre coscienza perché l’esperienza soggettiva non fa parte di un meccanismo biologicamente misurabile.
La frase che “il cervello produce coscienza” è un errore concettuale.
Su questo è intervenuto anche uno dei più importanti neuroscienziati italiani, Giulio Tononi, affermando:
«Il materialismo, o la sua progenie moderna, il fisicalismo, ha estremizzato immensamente la posizione pragmatica di Galileo: rimuovere la soggettività (la mente) dalla natura per descriverla e comprenderla oggettivamente, dalla prospettiva estrinseca di un manipolatore/osservatore. Ma lo ha fatto a costo di ignorare l’aspetto centrale della realtà dal suo punto di vista estrinseco: l’esperienza stessa»1G. Tononi, C. Koch, Consciuness: here, there and everywhere?, in Philosophical Transactions of the Royal Society B, n. 370, 2015.
Il successo di tesi opposte: tutto è coscienza
La seconda prova che il fisicalismo è morto, spiega il ricercatore, è che «l’assurdità dell’auto-negazione e della negazione della coscienza fenomenica è oggi contrastata da una forma di idealismo che proclama che la coscienza è tutto ciò che esiste».
Assistiamo infatti ad un pullulare di idee praticamente all’opposto del fisicalismo.
Ad esempio il neuroscienziato Christoph Koch ha abbracciato il panpsichismo, cioè la visione della mente come una proprietà fondamentale della realtà, presente quindi in tutto l’universo.
Si è passati dalla negazione radicale di qualunque traccia di coscienza fenomenica all’idea che la coscienza fenomenica sia ovunque, e perfino sassi ed atomi abbiano una base minima di consapevolezza o esperienza soggettiva.
Il filosofo Bernardo Kastrup è un noto sostenitore anche dell’idealismo analitico, secondo il quale non è la coscienza ad essere assente ma è la materia. La realtà fondamentale, afferma, non è fatta di materia ma di “mente” o “coscienza” universale.
Ciò che chiamiamo mondo esterno, sostiene Kastrup, non è altro che la nostra esperienza di quel mondo derivata dall’osservazione tramite i nostri sensi.
Il fatto che tutto è esperienza, scrive Wittmann, oggi «sembra più convincente dell’affermazione che non abbiamo affatto esperienza cosciente e che tutto è materia».
Oltre al panpsichismo e all’idealismo analitico si potrebbe citare il monismo a doppio aspetto, per il quale tutto ciò che esiste è, in realtà, una sola cosa (monismo) ma con due facce diverse: una fisica e l’altra mentale. Ogni cosa nell’universo avrebbe quindi un lato “materiale” (che possiamo toccare e misurare) e uno “mentale” o “esperienziale” (che sentiamo o viviamo internamente).
Senza perderci nelle varianti più new age è evidente che oggi ad essere ritenuto illusorio è il fisicalismo materialista, non più la coscienza.
Come scrive Wittmann, «anche gli scienziati si stanno rendendo sempre più conto che, in linea di principio, non è possibile spiegare come la coscienza fenomenica sia “generata” o “prodotta” dal cervello».
Il fisicalismo, grande sogno anti-teista
Le molteplici alternative panpsichiste emerse negli anni, spiega Wittmann, possono sembrare strane ma «almeno siamo usciti da un punto morto ideologico. Siamo liberi di pensare fuori dagli schemi per comprendere cosa potrebbe significare la coscienza per noi umani».
Il ricercatore parla del fisicalismo materialista come un “punto morto ideologico”.
Ci viene in mente il premio Nobel Francis Crick, irriducibile ateo militante che promise di rispondere al mistero della coscienza nel giro di dieci anni.
Il biologo panspichista Rubert Sheldrake ha ricordato che al funerale di Crick, nel 2004, il figlio Michael sostenne che ciò che motivava il padre non era il desiderio di fama o popolarità ma voleva «piantare l’ultimo chiodo nella bara del vitalismo», cioè l’idea che gli organismi viventi non siano spiegabili soltanto in termini fisici e chimici.
«Ma Crick ha inesorabilmente fallito»2R. Sheldrake, The Science Delusion, Coronet Books 2012, p. XXII, commenta Sheldrake.
Ad oggi nessuno ha risposte, la coscienza rimane un mistero.
Per molti epigoni di Francis Crick, un “fastidioso” mistero.
L’unica certezza è che i tentativi di spiegare la mente umana come semplice prodotto del cervello (fisicalismo) non hanno portato a nulla. Pare che dovremo essere più creativi nel nostro modo di pensare.
L’essere umano, scrivono correttamente tre importanti specialisti italiani, resta «una misteriosa unità duale dentro un Universo di cui rappresenta il punto di consapevolezza, il punto di autocoscienza».
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