Brasile, Corte Suprema: sì al crocifisso nei luoghi pubblici

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La Corte Suprema del Brasile a favore del crocifisso negli spazi pubblici. Un voto all’unanimità da parte dei giudici, che identificano nella croce il fondamento della tradizione e della cultura del Paese. Un caso simile a quello della Corte Europea nel 2011.


 

Anche in Brasile si afferma una sana idea di laicità.

La Corte Suprema del Brasile ha votato infatti all’unanimità a favore della presenza di simboli religiosi nelle istituzioni pubbliche.

Il processo è nato a seguito della contestazione da parte del Ministero pubblico federale (MPF) della sentenza del Tribunale Federale di San Paolo circa l‘esposizione del crocifisso negli uffici pubblici dello Stato, a loro dire una violazione della laicità dello Stato.

Ma il voto ha raggiunto la maggioranza ancora prima della conclusione ufficiale del processo e i supremi giudici brasiliani hanno respinto la richiesta.

 

In Brasile il crocifisso resta negli spazi pubblici

Nella sua decisione la Corte Suprema ha spiegato che l’esposizione dei simboli religiosi non viola la laicità correttamente intesa, tanto meno la libertà di credo, l’uguaglianza, l’impersonalità della Pubblica Amministrazione e l’imparzialità della Magistratura.

Il relatore del caso, il giudice Cristiano Zanin, ha spiegato infatti che «la presenza di simboli religiosi negli edifici pubblici, purché abbia l’obiettivo di manifestare la tradizione culturale della società brasiliana, non viola i principi di non discriminazione e laicità dello Stato».

Il crocifisso dunque è visto dalla Corte Suprema Federale (STF) una manifestazione culturale che identifica il nucleo fondante della società brasiliana, concentrandosi soprattutto sull’influenza del cristianesimo, e in particolare del cattolicesimo.

Non siamo completamente d’accordo nel ridurre la croce solo a un simbolo culturale perché è, come tutti sanno, anche religioso. E’ espressione innanzitutto della religione cristiana che ha prodotto anche la cultura in cui tutti, in Occidente, siamo immersi e che ha posto le basi e costruito le mura che hanno fatto sorgere e sorretto fino ad oggi le nostre democrazie.

D’altra parte sarebbe stato paradossale rimuovere in Brasile il crocifisso dagli spazi pubblici e mantenere, ad esempio, il Cristo Redentore di Rio de Janeiro, uno dei più imponenti simboli cristiani al mondo.

Lo ha spiegato Gilmar Mendes, Ministro del Tribunale supremo federale del Brasile, spiegando le assurde conseguenze:

«Davvero dovremmo discutere la rimozione della statua del Cristo Redentore perché simboleggia l’influenza cristiana nel nostro Paese? O l’estinzione della festa nazionale della nostra santa patrona, Nostra Signora di Aparecida? Dovremmo cambiare il nome degli Stati e delle città, perché portano i nomi di santi, come San Paolo e Santa Catarina?».

La decisione della Corte avrà conseguenze generali, venendo trasmessa a tutti i tribunali dello Stato. Un caso che farà giurisprudenza.

 

La Corte Europea e la sentenza sul crocifisso nel 2011

Tredici anni fa era stata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a stabilire con 15 voti favorevoli contro 2 che l’esposizione del crocifisso nelle scuole italiane non violava alcun diritto umano, tanto meno la laicità correttamente intesa.

Abbiamo seguito il caso da vicino, raccontando che il tutto nacque dalla coppia Albertin-Lautzi che, sostenuti dall’Unione Atei Agnostici Razionalisti (UAAR), volle portare la battaglia per la rimozione dei simboli religiosi davanti alla Corte di Strasburgo.

Un clamoroso boomerang in quanto ben 19 Stati europei si unirono all’Italia in difesa del simbolo cristiano, affidando al giurista ebreo Joseph Weiler il compito di difendere il crocifisso davanti ai giudici europei.

Una sentenza, quella della Corte Europea, che si rivelò determinante per la presenza dei simboli cristiani nei luoghi pubblici, tanto che ad essa si richiamarono la Corte di Cassazione italiana nel 2011 e la Corte d’Appello della Polonia nel 2014.

Abbiamo anche documentato che grazie all’iniziativa dell’UAAR, dopo la sentenza europea apparvero nelle aule scolastiche italiane molti più crocifissi di quanti ce ne fossero prima.

 

Il rabbino Weiler: togliere il crocifisso è intolleranza

Sul caso italiano abbiamo creato un apposito dossier in cui è possibile ripercorrere i fatti e le varie reazioni a favore del crocifisso da parte di politici di ogni schieramento, degli intellettuali credenti e non credenti, dei leader di altre religioni e, in generale, di giuristi e magistrati.

Di fronte ai giudici della Corte Europea, il rabbino Joseph Weiler, docente di Diritto presso la New York University, difese l’esposizione del crocifisso attraverso un discorso magistrale, sintetizzando la visione una laicità sana e positiva.

Ecco come il rabbino Weiler difese il crocifisso nel 2010:

«Il messaggio di tolleranza verso l’altro non dev’essere tradotto in un messaggio di intolleranza verso la propria identità. In Francia, ad esempio, la laïcité è parte della definizione di Stato e non si può proporre un simbolo religioso in uno spazio pubblico. Ma la laïcité, non è una categoria vuota, un’assenza di fede, è una posizione politica, rispettabile, ma certamente non “neutrale”. La laïcité vuole uno spazio pubblico denudato, un muro in classe privo di ogni simbolo religioso. Il secolarismo non è una scelta neutrale. Un muro denudato per mandato statale è una chiara posizione non neutrale, è anti religiosa. C’è bisogno di tenere conto della realtà politica e sociale dei diversi luoghi, della sua demografia e della sua storia: l’Italia senza crocefisso non è più l’Italia».

Autore

La Redazione

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