Ideologia di genere, stiamo vincendo la battaglia?

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In almeno cinque scenari relativi al grande tema dell’ideologia di genere ci sono ottimi progressi da segnalare. Stiamo (quasi) vincendo la battaglia culturale?


 

«Le idee illiberali stanno scemando», si leggeva pochi giorni fa su The Economist.

Analizzando i dati emersi dall’opinione pubblica, dai media e dalle pubblicazioni, il celebre settimanale ha constatato che l’ideologia woke (leggi “gender”) è sempre più impopolare nel mondo.

La grande battaglia culturale per l’antropologia umana e contro l’ideologia di genere assomiglia allo “sguainare spade”1Chesterton G.K., Eretici, Lindau 2010, pp. 242-243 per affermare che due più due fa quattro.

Analizzando vari scenari infettati da queste “idee illiberali”, possiamo osare dire che questa battaglia forse la stiamo vincendo. Ecco perché.

 

L’ideologia di genere e la terapia affermativa sui minori

Un primo scenario è quello della disforia di genere e della conseguente terapia affermativa sui minori.

Al momento, 24 stati su 50 degli Stati Uniti hanno già proibito la somministrazione dei bloccanti della pubertà e l’intervento chirurgico.

Si tratta di: Alabama, Arizona, Arkansas, Florida, Georgia, Idaho, Indiana, Iowa, Kentucky, Louisiana, Mississippi, Missouri, Montana, Nebraska, New Hampshire, North Carolina, North Dakota, Ohio, Oklahoma, South Carolina, South Dakota, Tennessee, Texas, Utah, West Virginia e Wyoming.

Un dato significativo, anche considerando che anche su questi fenomeni, gli USA precedono quasi sempre il resto del mondo.

Anche in Europa, alcuni dei Paesi pionieri della transizione medica pediatrica hanno ormai preso le distanze, vietandola espressamente e/o dando priorità a cure psicologiche e psicoterapeutiche.

Ci riferiamo in particolare a Svezia e Finlandia (divieto dell’uso dei bloccanti della pubertà e terapie ormonali), al Regno Unito (divieto di interventi ormonali per gli under 16) e alla Francia (l’Académie nationale de médecine ha espresso dubbi sui trattamenti di affermazione di genere per i minori, rilevando rischi per la salute ed effetti irreversibili).

Siamo pronti a scommettere che tra dieci anni la maggior parte delle cliniche pediatriche di genere non eseguirà più procedure di transizione su minori. La transizione gender verrà equiparata all’eugenetica, una pratica che prima di essere vietata fu per molto tempo ritenuta progressista e insegnata nelle migliori università del mondo.

Un recente sondaggio nazionale negli USA ha constatato che il 59% degli elettori registrati sostiene il divieto federale sulle procedure transgender, come i bloccanti della pubertà e gli interventi di riassegnazione del genere per i minori.

Secondo vari sondaggi, uno dei motivi principali della pesante sconfitta del Partito Democratico alle recenti elezioni americane è stata «la maggiore attenzione a questioni culturali come quelle transgender piuttosto che all’aiuto della classe media».

Un dato ancor più significativo se si considera che gran parte dei giovanissimi americani, ovvero la Gen Z (nati tra il 1995 e il 2010), ha orientato il suo voto verso Donald Trump.

Lo stesso Trump in campagna elettorale ha promesso che il primo giorno da presidente degli Stati Uniti lo spenderà per «revocare le politiche crudeli sull’affermazione di genere e sulla follia di genere che viene inculcata nei nostri figli».

Mentre il governo dell’Alberta (Canada) ha appena presentato una legge che vieta il cambio di sesso per i minori e limita i trattamenti ormonali, pochi giorni fa la Nuova Zelanda ha varato nuove misure contro i bloccanti della pubertà.

 

La salvaguardia dello sport femminile

Un secondo scenario è quello dello sport femminile, lentamente invaso e danneggiato da transessuali biologicamente maschi che decidono di competere contro le donne. Il contrario (donne che vogliono competere contro uomini), guarda caso, non avviene quasi mai.

Al momento l’elenco degli Stati americani che hanno approvato leggi che richiedono agli atleti di competere in squadre sportive che si allineano al loro sesso biologico anziché alla loro identità di genere dichiarata praticamente si sovrappone a quelli citati sopra che vietato le procedure di transizione di genere per i minori.

L’unica differenza è che Alaska e Kansas hanno implementato divieti di competere tra sessi diversi, mentre il Nebraska non lo ha (ancora) fatto.

Varie federazioni sportive internazionali hanno già stabilito divieti o forti limitazioni alla partecipazione di atleti transgender nelle competizioni femminili, ad esempio la FINA (Federazione Internazionale di Nuoto), la World Rugby, l’International Boxing Association (IBA), la IAAF (Federazione Internazionale di Atletica) e l’International Cycling Union (UCI) e l’International Weightlifting Federation.

Durante le Olimpiadi di Parigi 2024 tutti si sono resi conto della sensibilizzazione sul tema con la polemica internazionale suscitata dalla vittoria dell’atleta algerina Imane Khelif in un incontro di pugilato femminile contro l’italiana Angela Carini, ritiratasi dopo solo 46 secondi a causa di un duro colpo ricevuto.

Khelif non si è mai dichiarata transgender, tuttavia era stata squalificata in passato non avendo superato i test di idoneità di genere per livelli elevati di testosterone.

Dopo la rovinosa sconfitta subita nelle recenti elezioni, molti esponenti del Partito Democratico americano stanno facendo a gara per cambiare idee ed esprimersi contro la presenza di maschi biologici negli sport femminili.

Un’altra buona notizia in arrivo è la nomina di Sebastian Coe a presidente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), noto per essersi già esposto a favore della salvaguardia dello sport femminile, dando rilevanza al sesso biologico.

 

Ideologia di genere e salvaguardia della ricerca scientifica

Un terzo scenario è la salvaguardia della ricerca scientifica e la tutela dei professionisti della scienza e della medicina di poter pubblicare liberamente studi scientifici senza subire linciaggi mediatici.

Collegato a questo c’è anche la salvaguardia del diritto degli operatori sanitari di rifiutarsi di eseguire o approvare interventi chirurgici di transizione di genere (obiezione di coscienza).

Nel febbraio 2024, il New York Times (riferimento giornalistico dell’elite progressista), ha pubblicato un articolo contro la terapia di riassegnazione di genere sostenendo:

«Gli attivisti transgender hanno spinto il proprio estremismo ideologico» a favore di «un’ortodossia terapeutica» sempre più in discussione. I sostenitori di un approccio più cauto, «inclusi genitori liberali, medici e detransizionisti, vengono intimiditi e attaccati come anti-trans». Gli scienziati «hanno spesso paura di parlare apertamente se non pensano che i medici debbano automaticamente accettare l’autodiagnosi di un giovane».

Il caso più noto di intimidazione dei ricercatori scientifici da parte della lobby LGBTQ+ è quello risalente al 2018 ai danni di Lisa Littman, la quale ha suggerito che l’ondata di nuovi casi di pazienti affetti da disforia di genere può essere spiegata tramite influenze sociali e meccanismi di coping disadattivi (emulazione sociale), definendo tale fenomeno: Rapid-Onset Gender Dysphoria (ROGD).

L’autrice ha subito un durissimo linciaggio mediatico, rea di aver indebolito l’origine biologica dell’identità di genere. Gli attivisti hanno imposto alla rivista che ha pubblicato lo studio un secondo ciclo di revisione paritaria, i cui risultati hanno però avvalorato la correttezza dell’indagine.

Littman ha ricevuto supporto e sostegno da numerosi esponenti della comunità scientifica, tra cui Jeffrey Flier, professore di Fisiologia e Medicina dell’Università di Harvard ed ex preside della Harvard Medical School, che ha parlato di «triste giorno» per la ricerca accademica, Nicholas A. Christakis, docente di Scienze sociali all’Università di Yale, per il quale è stata violata la «missione dell’università».

Una petizione di sostegno a Littmann è stata inoltre firmata da oltre 4200 tra professionisti medici, terapisti, medici, accademici, tra cui Lee Jussim, presidente del Dipartimento di Psicologia alla Rutgers University e Richard B. Krueger, docente di psichiatria alla Columbia University.

 

I trans e le detenute nei carceri femminili

Un quarto scenario è la salvaguardia delle detenute nei carceri femminili.

E’ un tema all’ordine del giorno negli Stati Uniti, dove sempre più transgender biologicamente maschi si auto-definiscono appartenenti al “genere” opposto per beneficiare di un trattamento favorevole e, soprattutto, poter restare a contatto con detenute di sesso femminile.

Uno degli ultimi casi è quello dello stupratore transgender Tremaine Carroll, autore di aggressioni sessuali su due detenute mentre stava scontando la pena in un carcere femminile.

Nel 2024 anche i Democratici americani si sono definitivamente sensibilizzati al tema.

Lo si è capito quando il Senato, controllato dai Democratici (51 a 49), ha bocciato la candidata del presidente Joe Biden per un incarico a vita nella magistratura federale, la democratica Sarah Netburn, dopo che la donna non ha saputo dare motivazioni convincenti al senatore Ted Cruz che l’ha interrogata sulla sua raccomandazione di rinchiudere uno stupratore seriale in una prigione femminile.

La clip è diventata virale raggiungendo oltre 50 milioni di visualizzazioni.

 

Genere e identità di genere

Un quinto scenario riguarda il concetto stesso di genere, dal quale dipendono a cascata tutte le tematiche legate all’identità di genere, alla disforia di genere, alla transizione di genere e all’identità transgender.

Contrariamente ad altri dibattiti etici su questioni sociali, esiste oggi un’ampia coalizione che si oppone al grande tema dell’ideologia di genere, composta da atei, cattolici, cristiani protestanti (evangelici, in particolare), ebrei, musulmani, femministe, membri della comunità LGBTQ+ (lesbiche, soprattutto), medici e scienziati. Con una nota particolare per i biologi evoluzionisti.

Come tanti altri temi etici (come quello sull’eutanasia, l’interruzione di gravidanza ecc.), anche quello dell’identità di genere è un argomento di ragione e non certo di fede.

Tuttavia sorprende non poco un fronte così variegato, cosa piuttosto insolita rispetto a qualunque altra questione politica.

Una delle prime a esporsi è stata l’influente scrittrice JK Rowling la quale, dopo mesi di dure contestazioni e minacce di morte, si è trovata sempre più sostenuta da moltissime altre autorevoli esponenti del femminismo (Maya Forstater, Julie Bindel, Germaine Greer, Rosie Duffield, Kathy Burke ecc.).

Proprio in questi giorni addirittura la Warner Bros ha difeso la Rowling e il suo diritto d’espressione, un fatto inedito per una corporation pesantemente influenzata dall’ideologia woke.

Come già accennato, un altro gruppo di attivisti molto impegnati è quello dei biologi evoluzionisti (tra cui moltissimi atei).

Il più famoso è certamente Richard Dawkins, più volte bannato dai social e a cui sono stati ritirati i premi ottenuti nella sua carriera scientifica per aver difeso la realtà del sesso biologico e l’inconsistenza scientifica del genere.

Dawkins molto attivo anche su YouTube (qui un nostro video in cui è protagonista) ribadisce costantemente che il sesso è «dannatamente binario» e per la scienza non esiste alcun genere o identità di genere.

Un altro evoluzionista molto attivo è Colin Wright, consulente per la Society for Evidence-based Gender Medicine e fondatore del sito web Reality’s Last Stand, che definisce «una prospettiva sobria e scientificamente informata sulla delicata questione del sesso e del genere».

I suoi scritti appaiono frequentemente anche sui quotidiani nazionali, ad esempio nel 2020 il Wall Street Journal ha pubblicato il suo commento contro l’ideologia transgender intitolato La pericolosa negazione del sesso.

Un terzo esponente, ma se ne potrebbero citare moltissimi altri (Jerry A. Coyne, Sam Harris, Steven Pinker, Heather Heying ecc.) è Gad Saad, psicologo evoluzionista canadese e docente di Scienze comportamentali evoluzionistiche presso la Concordia University (Canada), il quale include l’ideologia gender all’interno della “woke culture”, definendola un virus mentale antiscientifico e somigliante alle ideologie totalitarie.

Anche Saad è protagonista di un nostro video su YouTube che consigliamo di vedere.

Nel 2022 UCCR ha intervistato su tutto questo il prof. Marco Del Giudice, psicologo evoluzionista e docente presso l’Università del New Mexico (USA).

Autore

La Redazione

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