Carlo Rovelli su Trump, finalmente un libero pensatore!

carlo rovelli trump

Sulle recenti elezioni americane condividiamo un giudizio non omologato del fisico italiano Carlo Rovelli su Trump. E, in generale, apprezziamo il suo spirito critico a 360° che sarebbe opportuno anche per molti cattolici, conservatori e progressisti.

 


E’ sempre più raro trovare giudizi politici equilibrati e non omologati.

Perché in politica bisogna per forza essere schierati a prescindere? Lo chiediamo anche a molti cattolici, siano conservatori o progressisti.

 

L’omologazione dei cattolici in politica

Conosciamo organi e bussole di “informazione cattolica” che sembrano ormai il blog personale del generale Vannacci, così come è purtroppo scontato che le riviste catto-progressiste sostengano a prescindere Elly Schlein o il leader di turno del Partito Democratico.

Ognuno darà contro all’altro, usando la religione come strumento.

Crediamo invece che si dovrebbe, di volta in volta, giudicare e valutare la politica dopo i fatti, laddove i vari esponenti abbiano o meno rispettato gli impegni presi con i valori del proprio elettorato.

E, soprattutto, si dovrebbe essere capaci di rimanere razionali e liberi pensatori, individuando pregi e difetti di tutte le forze politiche in campo senza appiattimenti o difese d’ufficio.

Si potranno così, di volta in volta, apprezzare e sostenere eventuali iniziative politiche su specifiche tematiche di Donald Trump, Giorgia Meloni o Viktor Orban, così come quelle di Joe Biden, Kamala Harris o Elly Schlein.

Il voto personale nell’urna, come espressione di partecipazione alla vita pubblica, si baserà poi necessariamente su una sintesi e un inevitabile compromesso tra la propria personale gerarchia di valori e quelli perseguiti dalle varie sigle politiche e dalle loro iniziative concrete.

 

Carlo Rovelli e Trump, esempio di libertà intellettuale

Relativamente alle recenti elezioni americane, uno dei pochi commenti non omologati che abbiamo letto è stato a sorpresa quello di Carlo Rovelli, noto fisico italiano.

Rovelli si definisce una persona di sinistra, sostenitore dei Pro-Pal(estinesi) e da ex sessantottino a favore delle droghe “leggere”.

Nel suo editoriale sul Corriere della Sera (anche qui) non ha annunciato l’addio a X (Twitter) per reazione all’elezione di Trump, né si è rasato i capelli a zero come stanno facendo le femministe radicali. Tanto meno si è accodato alle ridicole minacce degli intellettuali progressisti sulla “fine dell’Occidente”.

Anzi, ha criticato in maniera più che condivisibile la retorica mediatica di un conflitto tra buoni e cattivi (che definisce la «logica perversa dei buoni democratici»), propugnata quasi sempre dagli organi di stampa di sinistra. Ma anche da destra, tra Libero e La Verità, non si scherza affatto!

Ecco come Rovelli descrive lo scenario politico raccontato ogni giorno dai media:

«I buoni difendono i sacri valori democratici. Cattivo è chi mette in discussione i buoni: cittadini che non si sentono rappresentati; Paesi che votano per leader definiti illiberali o partiti che non sono alleati ai buoni; Paesi che a larga maggioranza preferiscono altre organizzazioni del vivere sociale, come la Cina. I buoni hanno un’idea alta della democrazia, che non si riduce alle elezioni. Il risultato delle elezioni è da condannare, quando non è loro favorevole».

Rovelli precisa che non ama Donald Trump, «non mi piacciono le scelte politiche e ideologiche del presidente eletto negli Usa» scrive.

Tuttavia, riconosce anche che:

«La demonizzazione della sua persona, senza discussione politica, su cui si è basata la campagna elettorale dei democratici è stata ridicola. A credere al New York Times, la democrazia è in pericolo: il nuovo presidente cancellerà elezioni, farà arrestare nemici politici, diventerà dittatore come Hitler, farà leggi razziali e… invaderà la Polonia? È il panico di un’élite messa in discussione. La maggioranza dei votanti non l’ha bevuta».

Pur favorendo probabilmente più le idee politiche di Kamala Harris, Rovelli ha riconosciuto la coerenza del suo avversario politico laddove Trump non ha iniziato guerre da presidente e, anzi, le ha fatte finire.

E se riuscirà a terminare la guerra in Ucraina «sarò felice per queste elezioni», scrive il fisico.

Anzi, se l’elezione di Trump allontanerà lo spettro della guerra mondiale, per Carlo Rovelli «potrebbe essere stata una benedizione».

 

Lo riteniamo un buon esempio di concepire la politica, più preoccupato di sostenere il bene comune (o quello che lui ritiene tale) che la propria fazione politica di riferimento.

Fatte le debite distinzioni, è un atteggiamento in linea con ciò che scrisse il card. Angelo Scola quando invitò i cattolici ad un «impegno “critico”» in politica, caratterizzato dalla «necessità di un confronto a 360 gradi con tutti i soggetti in campo, teso ad individuare i beni comuni sia spirituali che materiali e le politiche adeguate a promuoverli», perseguendo «la virtuosa ricerca del “compromesso nobile”»1A. Scola, Buone ragioni per la vita in comune. Religione, politica, economia, Mondadori 2010.

Autore

La Redazione

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