Tre motivi per cui il Papa non condanna la Russia
Papa Francesco non cita la Russia come paese aggressore, mentre sta condannando la guerra ed indicando l’Ucraina come “paese martire”. Un comportamento che genera dubbi ed equivoci ma che ha una chiara spiegazione.
Dopo l’aggressione armata della Russia verso l’Ucraina, la prima istituzione a scendere in campo è stata la Chiesa cattolica.
Il 24 febbraio scorso, poche ore dopo le prime bombe, la Caritas era già attiva e stava già convogliando aiuti umanitari al confine. Da allora non ha più smesso.
Papa Francesco sta lanciando appelli continui alla pace, ha accusato «coloro che fanno la guerra», condannato la violazione del diritto internazionale e ha definito l’Ucraina un «paese martire».
Il 25 febbraio, con un gesto senza precedenti, si è recato all’ambasciata russa in Vaticano per parlare con l’ambasciatore di Mosca. Il 25 marzo prossimo consacrerà Russia ed Ucraina al Cuore Immacolato di Maria.
Inoltre, ha inviato il card. Konrad Krajeweski, elemosiniere pontificio, sotto le bombe in Ucraina a dare sostegno morale alla popolazione in fuga. Lo stesso cardinale sta pagando la benzina per gli aiuti umanitari.
Il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, è al lavoro per vie diplomatiche interne con il ministro russo Sergey Lavrov per ritagliarsi uno spazio in una complicata e possibile.
Le critiche a Francesco: non parla della Russia.
Eppure c’è chi accusa Francesco di non fare abbastanza.
Il vaticanista di Domani, Marco Grieco, scrive che il Papa avrebbe scelto «una via timida», Le Monde lo critica perché «non ha condannato formalmente l’invasione russa. Un cattolico che lo ascolta avrebbe difficoltà a sapere chi ha iniziato la guerra».
Lo stesso scrive il National Catholic Reporter.
Se Sandro Magister si rallegra perché almeno l’Osservatore Romano avrebbe «rotto il tabù» parlando di “aggressione dell’esercito russo in Ucraina”, Louis Badilla de Il Sismografo si chiede: «Perché il Papa continua a tacere?».
E’ vero, mentre il card. Parolin ha descritto la guerra come «scatenata dalla Russia», Francesco sta evitando di citare esplicitamente il paese aggressore. Forse è l’unico leader mondiale a farlo. Perché?
1) Prudenza e vera diplomazia.
Innanzitutto c’è sicuramente un aspetto di prudenza e di diplomazia.
Come ha scritto il decano dei vaticanisti USA, John L. Allen, è un bene non accodarsi al presidente americano Joe Biden, il quale da giorni sta rilasciando dichiarazioni di odio contro i russi, piuttosto superflue sul piano pratico e che gettano soltanto benzina in più su un terreno geopolitico delicatissimo.
Llo stesso Biden dovrebbe spiegare perché gli USA hanno continuato a spingere l’Alleanza Atlantica verso Est quando, nel 1997, lui stesso avvertì che questo avrebbe rischiato «una risposta ostile da parte della Russia» (ovviamente ciò non giustifica la reazione militare della Russia!).
Inoltre, un importante diplomatico cattolico, Victor Gaetan, ha spiegato che il comportamento di Francesco fa parte «della diplomazia vaticana nel corso dei secoli, si lascia sempre spazio per la prossima conversazione, per il prossimo dialogo».
Lo ha spiegato anche Lucio Brunelli, ex direttore di TV2000: «C’è una sapienza anche diplomatica nel non fare i nomi: lasciare sempre uno spiraglio al dialogo, alla resipiscenza. Non chiudere mai del tutto la porta. Ma ormai nessuno sa più fare Politica e Diplomazia con la maiuscola».
In un’intervista di oggi, anche Daniele Menozzi, docente di Storia del cristianesimo all’Università Normale di Pisa, ha spiegato: «Se il Papa ritiene che non possa operare per la pace se non mediando e aprendo un canale diplomatico, non può denunciare pubblicamente e subito una delle parti in gioco. L’uso del linguaggio diplomatico esige un linguaggio estremamente prudente e prevede che neanche con l’aggressore vengano tagliati i ponti».
2) Evita conflitti religiosi, tutela dialogo ecumenico.
In secondo luogo, qualsiasi critica diretta da parte del Papa alla Russia potrebbe essere letta a sostegno di un conflitto religioso tra cattolici ed ortodossi.
Sappiamo quanto il patriarca ortodosso Kirill si sia schierato a favore di Putin, addirittura giustificando l’invasione come opposizione alle “pratiche occidentali peccaminose”. Un intervento diretto del Papa distruggerebbe decenni di lavoro ecumenico per avvicinare cattolici ed ortodossi.
Lo ha ribadito anche Daniele Menozzi: «La denuncia è implicita anche se non c’è la distinzione netta ed esplicitata tra aggressore ed aggredito. Quando fa riferimento alla violenza gratuita e all’attacco dei civili, si capisce che c’è la condanna degli aggressori. La mia impressione è che la difficoltà è data soprattutto dalla complessità delle relazioni interconfessionali sul campo, una situazione molto complessa nel mondo orientale e in modo particolare nell’ortodossia».
Dei 300 milioni di cristiani ortodossi nel mondo, infatti circa 100 milioni vivono in Russia e più di 30 milioni in Ucraina, alcuni dei quali uniti alla Chiesa ortodossa russa. Ci sono anche circa 4,5 milioni di cattolici di rito bizantino in Ucraina che sono fedeli a Roma.
3) Continuità con i suoi predecessori.
Infine, nessun predecessore di Francesco ha mai citato il nome degli aggressori.
Sempre il vaticanista Lucio Brunelli, ha spiegato: «Mai, nessun papa in condizioni analoghe, ha citato nomi e cognomi dei leader e nemmeno degli Stati. Sicuramente non lo fece Giovanni Paolo II, sia nella prima che nella seconda guerra in Iraq. I Pontefici hanno sempre trovato il modo affinché il destinatario del messaggio fosse chiaro senza puntargli contro il dito. Così Bergoglio non cita la Russia ma è chiaro a chi si rivolge».
La ha ricordato anche il vaticanista de Il Foglio, Matteo Matzuzzi: «E’ vero, non ha menzionato né la Russia né Putin, ma neppure Giovanni Paolo II fece nomi e cognomi nel 2003 quando si trattò di attaccare l’Iraq di Saddam Hussein».
Il “silenzio” rischia di essere equivoco?
Ma così facendo, il Papa non è equivoco?
Il rischio c’è, certamente. Ma l’atteggiamento del Papa è sufficientemente chiaro da indicare come la pensa.
Giustamente lo storico Menozzi dice: «Francesco ha fatto una scommessa su questo, il bene della pace è così grande che la Chiesa può spendersi anche mettendo a repentaglio la sua autorità per evitare che lo scontro arrivi a termini drammatici»
Una bella risposta è arrivata da Antonio Socci:
«E’ impossibile equivocare i suoi interventi. Nessuno in queste settimane ha pronunciato parole così forti, di condanna al conflitto. Non c’è nessuno che in buona fede possa dire che il Papa non è chiaro. Forse chi lo critica ha confuso il Papa con il conduttore di un telegiornale. Va ricordato che il Papa non ha il compito di fare notiziari d’informazione, la sua missione è un’altra. Il Papa non inveisce mai contro singoli uomini o Stati; non pronuncia parole di odio che vanne a gettare benzina sulle fiamme dei conflitti. Il Papa non si fa arruolare da nessuno, sta con le vittime. Non solo perché il mondo non si divide tra Nato e Russia, ma soprattutto perché è cattolico, universale».
La redazione