I migliori libri pubblicati tra gennaio e marzo 2022

I migliori libri pubblicati tra gennaio e marzo 2022, i nostri consigli per la lettura. Un elenco delle migliori e principali pubblicazioni, accompagnate da una breve recensione.

 
 
 

La nostra rubrica trimestrale sulle migliori novità editoriali.

Molti di questi libri andranno ad integrare la nostra biblioteca virtuale. La cultura alimenta la fede, leggere fa bene alla ragione!

Qui sotto elenchiamo i migliori libri pubblicati tra gennaio e marzo 2022.

 
 

I migliori libri di Gennaio 2022

 

I papi che hanno cambiato la storia di Giovanni Paolo Tesei (Newton & Compton 2022)
La Chiesa è sempre stato il principale committente per pittori, scultori ed architetti, creando, modificando e abbellendo la fisionomia di Roma e non solo. In un libro (scritto da un architetto) viene ricostruito questo ininterrotto legame tra il papato e l’arte.

 
 

La verità nell’abisso. L’amicizia necessaria tra cosmologia e teologia di Antonio Nasuto (La Fontana di Siloe 2022)
Una ricostruzione della storia del legame fra fisica e teologia nel pensiero occidentale, dai filosofi presocratici alla moderna cosmologia sperimentale. Una feconda amicizia, necessaria alla scienza per mantenere aperto il suo orizzonte epistemologico e alla teologia per rinnovare il suo linguaggio e per aggiornare il suo sistema categoriale.

 
 

Testimoniare la verità. Come la Chiesa rinnova il mondo di Georg Gänswein (Ares Edizioni 2022)
L’arcivescovo tedesco, segretario personale di Benedetto XVI, presenta una appassionata difesa della fede cattolica e della tradizione cristiana, esponendo nello stesso tempo profonde osservazioni sullo stato della Chiesa e sul suo ruolo indispensabile, in una società sempre più laica, come forza civilizzatrice nella cultura.

 
 

La nostalgia del sacro. Il ritorno della religione nelle società postmoderne di Michel Maffesoli (Armando Editore 2022)
Il noto sociologo francese (Université de Paris V) decifra la “religiosità postmoderna”, un percorso in cui propone una rinascita del cattolicesimo ed una comprensione della trascendenza, non trascurando l’ancoraggio alla tradizione.

 
 
 

I migliori libri di Febbraio 2022

 

Io so chi sono se so di chi sono. Un percorso alla ricerca di sé di Agostino Tisselli (Ares Edizioni 2022)
Un testo semplice ma profondo, destinato agli adolescenti, agli educatori, agli insegnanti di religione e a chiunque abbia a cuore l’educazione. Brevi lezioni di don Agostino, sacerdote ed educatore che da anni incontra i giovani della riviera romagnola.

 
 

Grazie a Dio. Come la fede promuove la civiltà, il progresso, la pace, la famiglia e la salute di Giuliano Guzzo (Lindau 2022)
Un ricco e ben documentato saggio sociologico in difesa dalla verità da leggende e miti. Vi abbiamo pubblicato una recensione dettagliata.

 
 

La breccia di Porta Pia. Raccolta di Studi nel 150° anniversario di Francesco Anghelone, Pierantonio Piatti e Emilio Tirone (Libreria Editrice Vaticana 2022)
L’editore del Vaticano pubblica una raccolta di Studi a 150 anni dalla “breccia di Porta Pia”, scandagliando le conseguenze di un evento che mutò definitivamente il rapporto tra il Papa e il mondo, portando ad essere il romano pontefice un Padre universale, libero da ogni interesse particolare legato ad un suo Stato, e proteso verso l’umanità tutta.

 
 

I 21. Viaggio nella terra dei martiri copti di Martin Mosebach (Cantagalli 2022)
Il racconto del più grande martirio cristiano dei tempi moderni, i Ventuno giovani cristiani copti decapitati dall’Isis il 15 febbraio del 2015. Abbiamo pubblicato la prefazione al libro del card. Robert Sarah.

 
 

Fuochi accesi. I ragazzi di Portofranco, un’esperienza di educazione e integrazione di Davide Perillo (San Paolo 2022)
La storia di Portofranco, una bellissima opera cattolica italiana formata da 800 volontari in tutta Italia che ogni settimana incontrano 4.000 giovani studenti delle superiori di ogni etnia per aiutarli nei compiti scolastici, stringendo con loro rapporti d’amicizia e dando vita a storie che meritano di essere raccontate.

 
 
 

I migliori libri di Marzo 2022

 

Suicidio occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori di Federico Rampini (Mondadori 2022)
Una critica serrata da parte del noto editorialista ed inviato di “Repubblica” al politicamente corretto e all’ideologia progressista che ammorba l’Occidente. Un modello in cui solo le minoranze etniche e sessuali hanno diritti da far valere e nessun dovere da rispettare, provocando censure e mettendo a rischio il libero pensiero.

 
 

Tolleranza? Meglio il dialogo. Il caso Andalusia e il confronto tra le fedi di Adrien Candiard (Libreria Editrice Vaticana 2022)
L’autore è un teologo e tra gli scrittori più venduti in Francia, i cui libri raggiungono sempre le classifiche dei più venduti. Il suo pensiero, ben espresso nel libro, è che l’indebolimento della concezione religiosa della verità non favorisce, anzi ostacola la tolleranza.

 
 

Perché la sindone non è un falso? di Alessandro Piana (Mauro Pagliai editore 2022)
Un viaggio tra laboratori di ricerca e nelle pieghe della storia, tra dubbi, certezze e conferme. La Sindone ancora oggi non smette di interrogare.

 
 

I secoli luminosi. La sorprendente storia della scienza medievale di Seb Falk (Ponte delle Grazie 2022)
L’autore, docente di Storia medievale e Storia della scienza all’Università di Cambridge, ricostruisce la vita culturale nell’Europa smentendo la leggenda illuminista dei “secoli bui”. Dalla nascita delle università agli occhiali da vista e gli orologi meccanici, i pensatori medievali hanno sviluppato le basi della cultura scientifica.

 
 

Il caso o Dio? Una scelta razionale di Agostino Migliorini (Sempre Editore 2022)
Con un linguaggio semplice, seguendo il metodo della coerenza logica tipico dell’approccio filosofico, l’autore contesta la scientificità di certe tesi che vorrebbero far derivare l’ordine dal caso, e rivendica la solidità di un’altra spiegazione: Dio esiste. Un approccio razionale alla fede che non disdegna di affrontare temi considerati tabù.

 
 

La crepa e la luce. Sulla strada del perdono. La mia storia di Gemma Calabresi Milite (Mondadori 2022)
La ricostruzione dell’omicidio del commissario Calabresi visto dagli occhi della moglie, la vedova Gemma Calabresi. Un racconto anche di fede, come abbiamo scritto nella dettagliata recensione da noi pubblicata.

 
 

La fede che verrà. Credere altrimenti di Battista Borsato (Gabrielli 2022)
Il cristianesimo del futuro sarà meno di massa e più di convinzione, una decisione libera senza il condizionamento di fattori esterni. Non più un’adesione scontata e dovuta al cristianesimo. E’ la condivisibilissima tesi dell’autore, sacerdote della diocesi di Vicenza.

La redazione

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L’identità cattolica ostacola il dialogo? Il Papa corregge Vito Mancuso

Il teologo Vito Mancuso sostiene che qualificarsi come “cristiano” ostacola la fratellanza e il dialogo, proponendo di dichiararsi semplicemente “uomini”. Un abbaglio relativistico corretto da Papa Francesco che, al contrario, ritiene l’identità cristiana la condizione indispensabile per incontrare il mondo.

 
 
 

Il tema dell’identità è all’ordine del giorno, la moda prevalente è la liquidità e Vito Mancuso si accoda.

Il noto teologo progressista è sempre al passo con i tempi e su La Stampa firma un editoriale invocando «una nuova identità di credente», cioè «planetario e postcristiano».

Riprendendo il pensiero del presbitero Ernesto Balducci, di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita, Mancuso inciampa nello storico abbaglio del pensare che l’identità sia in contrasto con il dialogo e la fratellanza tra gli uomini.

Non si limita solo a ricordare e valorizzare Balducci, l’intenzione politica è colpire alcuni leader della destra, come Trump, Bolsonaro, Orban, il polacco Morawiecki legandoli a doppia mandata con Vladimir Putin (e, velatamente, nientemeno che con il nazismo).

E’ il noto modus operandi di Mancuso, sfruttare e strumentalizzare il pensiero religioso-teologico per denigrare gli avversari politici.

 

Mancuso: «La qualifica di cristiano impedisce fratellanza»

Per Balducci, scrive Mancuso, «ogni qualifica identitaria portava alla divisione degli esseri umani». Per questo evitava la qualifica di cristiano, preferendo dire «non sono che un uomo: ecco un’espressione neotestamentaria in cui la mia fede meglio si esprime».

O, meglio, uomo planetario cioè «l’uomo postcristiano», volendo abbattere tutte le barriere che «impediscono all’uomo di essere fratello dell’uomo».

Confessiamo di non conoscere bene il pensiero di Balducci e non sapremmo dire se Mancuso lo stia strumentalizzando, così come fece ad esempio con il suo padre spirituale, Carlo Maria Martini, quando scrisse che sarebbe morto chiedendo l’eutanasia. Una bugia utile però a puntellare una legge a proposito.

 

Gesù anti-relativista: “Io sono la via, la verità e la vita”.

Certamente risulta ben difficile reclutare in questa visione Gesù e Papa Francesco, come Mancuso tenta di fare.

La famosa espressione «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,1-12) è tutt’altro che la manifestazione di una identità liquida.

Per non parlare dei versetti successivi: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto […]. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,1-8).

Quando Vito Mancuso sostiene che la visione postcristiana nemica dell’identità sarebbe «veramente fedele al messaggio» di Gesù, cosa intende esattamente? A quale Gesù si riferisce? Certamente non quello dei vangeli, non a caso ha ammesso di riferirsi più a quelli apocrifi che ai sinottici (la cui lettura, dice, sarebbe «impedita» da parte del Vaticano!).

 

Tolleranza e identità: il pensiero del teologo Candiard

Consigliamo a Mancuso di approfondire il pensiero di un (vero) teologo, Adrien Candiard, un autore apprezzato in Francia e i cui libri sono ormai costantemente in cima alle classifiche dei più venduti. La Libreria Editrice Vaticana ha appena tradotto il suo Tolleranza? Meglio il dialogo (LEV 2022).

Candiard sostiene infatti che sono proprio il sincretismo interreligioso, l’arrendevolezza identitaria e l’indebolimento della concezione religiosa della verità ad ostacolare la tolleranza ed il dialogo tra fedi diverse. Non il contrario.

 

Cancellare la propria identità cattolica definendosi soltanto “uomini” per trovare un denominatore comune e favorire così la fratellanza tra gli uomini è un errore relativistico drammatico.

Il dialogo vero inizia quando ognuno degli interlocutori parte dalla propria identità per meglio comprendere, rispettare e prendere sul serio quella altrui.

Annacquare l’identità significa semplicemente non saper dialogare con l’altro, prendendolo in giro.

Se Mancuso fosse coerente non dovrebbe nemmeno presentarsi come teologo, anche questa è un’etichetta di identità (una superba superiorità intellettuale?) che, secondo il suo pensiero, crea una barriera con chi teologo non è.

Inoltre, il pensiero femminista radicale potrebbe rimproverare a Mancuso anche di definirsi semplicemente “un uomo” (come consiglia Balducci), creerebbe infatti ostacoli nel dialogo con il mondo femminile. A ben vedere, una così chiara identità biologica potrebbe far arrabbiare anche i sostenitori dei gender studies.

Lasciamo a Mancuso trovare la soluzione più idonea e più politicamente corretta.

 

Cosa dice Papa Francesco sull’identità cristiana.

Altro che “uomo postcristiano”, Papa Francesco ha più volte chiesto la necessità di brandire la propria identità cristiana per incontrare realmente gli uomini del mondo.

Nella sua Evangelii Gaudium, ad esempio, Francesco smentisce clamorosamente il pensiero relativistico:

«Un sincretismo conciliante sarebbe in ultima analisi un totalitarismo di quanti pretendono di conciliare prescindendo da valori che li trascendono e di cui non sono padroni. La vera apertura implica il mantenersi fermi nelle proprie convinzioni più profonde, con un’identità chiara e gioiosa, ma aperti a comprendere quelle dell’altro e sapendo che il dialogo può arricchire ognuno. Non ci serve un’apertura diplomatica, che dice sì a tutto per evitare i problemi, perché sarebbe un modo di ingannare l’altro e di negargli il bene che uno ha ricevuto come un dono da condividere generosamente. L’evangelizzazione e il dialogo interreligioso, lungi dall’opporsi tra loro, si sostengono e si alimentano reciprocamente»

Nel suo messaggio al Forum mondiale dell’ecumenismo 2018, il Papa ribadiva ancora che «un dialogo non significa rinunciare alla propria identità, bensì essere disposti ad andare incontro all’altro, a capire le sue ragioni, a saper intessere rapporti umani rispettosi, con la convinzione chiara e ferma che ascoltare chi la pensa in modo diverso è prima di tutto un’occasione di arricchimento reciproco e di crescita nella fraternità».

Nel 2014, il Santo Padre valorizzava l’identità come condizione per un fruttuoso dialogo con gli altri: «Proprio il dialogo è possibile solo a partire dalla propria identità», disse.

Nel 2013, infine, Francesco ricordava che «il futuro sta nella convivenza rispettosa delle diversità, non nell’omologazione ad un pensiero unico teoricamente neutrale».

La redazione

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Le Iene sorprese da Medjugorje: accade qualcosa di inatteso

Il servizio de “Le Iene” su Medjugorje voleva essere scandalistico ma ha catturato due eventi singolari. Un membro stesso della troupe delle Iene ha testimoniato di aver assistito ad un evento inspiegabile ed è avvenuta una piccola conversione in diretta.

 
 
 

Doveva essere uno dei tanti servizi “scandalistici” su Medjugorje.

Non solo non ci sono riusciti, ma sotto ai loro occhi sono avvenuti due piccoli “prodigi” o comunque due eventi certamente inattesi e non comuni.

Parliamo delle Iene, noto programma televisivo d’inchiesta di Italia Uno, mai tenero né particolarmente oggettivo su tematiche etiche e soprattutto religiose.

 

Le Iene e Brosio a Medjugorje: il servizio scandalistico.

Nel marzo scorso l’inviato Gaston Zama ha ideato un servizio con l’idea di ironizzare sulla spiccata fede mariana del giornalista Paolo Brosio in contrasto con lo scetticismo dichiarato della sua giovane fidanzata, la showgirl Maria Laura De Vitis (si sono lasciati nell’agosto 2021).

Il tutto suggellato da un viaggio a Medjugorje, luogo di (presunte) apparizioni mariane dal 1981, che avrebbe ancor di più amplificato la dicotomia tra i due.

 

La posizione della Chiesa su Medjugorje.

Premettiamo che la Santa Sede, tramite la commissione istituita nel 2010 da Benedetto XVI e presieduta dal card. Camillo Ruini, ha riconosciuto soprannaturali le prime 7 apparizioni, sospendendo il giudizio (e ponendo diversi dubbi) su quelle avvenute in seguito, fino ad oggi.

Tuttavia, è indubbio che alcuni fenomeni particolari accadono tuttora in quel luogo.

Non parliamo solo delle centinaia di conversioni ogni anno di pellegrini di ogni credo (e, soprattutto, senza credo), ma, ad esempio, del cosiddetto “sole pulsante”, di cui abbiamo parlato in un video raccontando l’inchiesta de La storia siamo noi (Rai2).

Tra i testimoni oculari quel giorno, la giornalista Elisabetta Castana e la psicoterapeuta Fausta Marsicano, la quale ha escluso una suggestione di massa.

 

Un tecnico de Le Iene ed il “profumo di rose”.

La troupe de Le Iene ha così accompagnato Paolo Brosio e Maria Laura sul monte Podbrdo (o monte delle apparizioni) di Medjugorje, luogo impervio su cui i sei giovanissimi veggenti dissero di aver visto la Madonna per la prima volta.

Una volta rientrati in città, Brosio racconta al giornalista Gaston Zama che alcuni pellegrini che si recano sul Podbrdo riferiscono di percepire nettamente un profumo molto intenso di rose, considerato segno della presenza della Madonna in quanto da sempre è il fiore mariano per eccellenza (Maria è anche detta “rosa mistica”).

Un odore molto intenso e sorprendente poiché la montagna è priva di fiori e la vegetazione che si incontra è quasi esclusivamente composta da cespugli di rovi.

Mentre Brosio sta raccontando, un membro della troupe de Le Iene interviene con gli occhi sgranati giurando di aver percepito proprio quel forte odore di rosa mentre si trovavano sul monte.

L’inviato Gaston Zama, allibito, pensa che il suo tecnico (di nome Landi) stia scherzando. Ma non è così, l’uomo ha gli occhi lucidi e giura sui suoi figli, non può negare ciò che ha distintamente percepito sul Podbrdo (viene confermato anche da un aiuto tecnico).

 

La conversione della scettica Maria Laura De Vitis.

Dopo qualche settimana dal viaggio, Le Iene intervistano nuovamente Maria Laura, allora fidanzata di Brosio. Li aspetta una seconda sorpresa.

La ragazza è nettamente cambiata, non è più sarcastica e scettica come prima della partenza anzi, racconta che dopo cinque anni ha deciso per la prima volta di recarsi al cimitero a trovare suo padre. Un’idea sorta proprio durante il pellegrinaggio. Inoltre, svela di aver pregato di nascosto la Madonna quando si trovava a Medjugorje.

Il volto della giovane è sereno e commosso, qualcosa nel cuore è cambiato. Un piccolo esempio di quanto avviene a tanti pellegrini che ogni ogni anno si recano in questo piccolo paese della Bosnia-Erzegovina.

E’ giusta l’interpretazione offerta da Brosio: ci sono conversioni fulminanti, mentre altre sono semi che crescono e maturano nel tempo, anche se potranno non sbocciare mai senza il coinvolgimento della libertà, della ragione e della volontà della persona a coltivare l’esperienza vissuta.

Il cambiamento del cuore è il vero (e più interessante) miracolo di Lourdes, Fatima e Medjugorje. D’altra parte, anche i prodigi più inspiegabili (ammesso che ce ne siano) sono solamente segni utili a confermare la fede o spezzare le catene dello scetticismo, lasciando però sempre abbastanza luce per chi vuol credere ed abbastanza ombra per chi non vuole.

 

Qui sotto la sintesi del servizio de le Iene (video pubblicato anche sul nostro canale Vimeo):

La redazione

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Josè Mourinho. In piazza San Pietro, di notte, a pregare

Una bella intervista a Josè Mourinho, allenatore della Roma calcio, sull’Osservatore Romano. Si parla di sport, di etica sportiva, del calcio come educazione al senso della vita e della fede.

 
 
 

Non è la prima volta che parliamo di Josè Mourinho.

L’attuale allenatore della Roma e uno dei migliori tecnici degli ultimi 30 anni non ha mai nascosto la sua devozione, il legame con Fatima (è portoghese) e con la preghiera.

Ancora però non era accaduto che il suo nome comparisse sull’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede.

 

Mourinho in Vaticano, tra calcio e senso della vita.

Qualche giorno fa, infatti, sul giornale vaticano è apparsa un’intervista a Mourinho in occasione del lungo dialogo avuto con il suo connazionale card. Josè Tolentino, arcivescovo e teologo, nel Vestibolo della Biblioteca Apostolica Vaticana.

Hanno parlato di sport e di etica, soprattutto del maestro di Mourinho, il filosofo Manuel Sérgio, che ha dedicato al calcio, allo sport ed alla motricità interessanti riflessioni, legandole al senso della vita.

«Chi capisce soltanto di calcio, di calcio non capisce nulla» è il primo insegnamento che Sérgio diede a Mourinho al loro primo incontro, che oggi vive il suo ruolo di allenatore giocando sull’empatia e sull’umanità nel rapporto con i calciatori.

Al di là del discorso tecnico, «a livello umano, ogni giorno è un giorno nuovo», spiega Mourinho, «e ogni persona è una persona nuova. Io mi rifiuto sempre di fare paragoni tra giocatori».

Il suo obbiettivo è umanizzare il calcio, «lo sport più industrializzato a tutti i livelli, ha qualcosa di crudele». E’ noto il suo dedicarsi ai giovani calciatori e ciò che più odia è «lo spreco di talento», che però riconoscere essere «legato al percorso di vita che alcuni giocatori hanno avuto, e in questo senso dobbiamo cercare di essere pedagoghi fino in fondo».

Anche lui sta cambiando, spiega. Se prima la vittoria era per sé oggi vuole vincere con la stessa intensità «ma non più per me, ma per i giocatori che non hanno mai vinto, voglio aiutarli. Penso molto di più al tifoso comune che sorride perché la sua squadra ha vinto, alla sua settimana che sarà migliore perché la sua squadra ha vinto».

E’ molto bella l’intuizione quando riconosce che «il tifoso comune, quando si reca allo stadio, non ci va soltanto per dimenticare, per festeggiare, non è soltanto alla ricerca di una piccola allegria, ma in qualche modo è presente l’ambizione di toccare qualcosa, di andare più lontano, di comprendere il mistero della vita, il suo significato».

Una passione così sfrenata, omnicomprensiva, quasi religiosa per milioni di persone, come quella calcistica, ha sempre dentro un aspetto identitario di ricerca di sé, della propria sussistenza. Ha ragione Mourinho.

 

«Il santuario di Fatima e San Pietro, sempre di notte»

Per Mourinho la fede in Dio non è un fatto personalistico o spirituale, ma è legata al rapporto tra gli uomini, tra quelli che il cristianesimo chiama “testimoni”, nei quali si riflette il volto di Cristo.

A causa della sua notorietà svela anche di visitare il santuario di Fatima di notte, «anche a Roma visito spesso San Pietro di notte, la mascherina aiuta, l’oscurità della notte anche. Sono in silenzio, ma converso molto. Il calcio è l’ultima cosa di cui parlo, è l’ultima cosa a cui penso, l’ultima cosa per la quale chiedo qualcosa. Cercare di essere un buon padre, un buon marito, figlio, un buon amico, questo tentativo è la maggiore motivazione che una persona può avere nel quotidiano».

Infine, racconta la sua stima per Papa Francesco. «È fonte di ispirazione per me perché riesco a guardarlo e, senza aver avuto l’onore di conoscerlo, lo ascolto e non mi stanco di ascoltarlo. Seguo l’Angelus domenicale attraverso la televisione e penso che se lo avessi nella “mia” chiesa a Setúbal, lo ascolterei allo stesso modo. Quest’uomo “non è il Papa”, è un padre, un parroco di una nostra piccola parrocchia del nostro piccolo Portogallo».

La redazione

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Gli errori storici di Adriana Valerio su donne e chiesa

“Eretiche. Donne che riflettono, osano, resistono” (Il Mulino 2022), è l’ultimo libro della teologa femminista Adriana Valerio. Un’accozzaglia di luoghi comuni, dalle beghine ad Ipazia d’Alessandria, fino alla leggendaria Papessa. L’obbiettivo? Denunciare la misoginia del cristianesimo.

 
 
 

Onestamente cominciavamo a sentire la mancanza di certi attacchi alla storia cristiana.

Certo, paradossalmente ce lo saremmo aspettati da Adriana Valerio, teologa e femminista militante, molto meno dal laico e solitamente oggettivo storico Paolo Mieli.

Si chiama Eretiche. Donne che riflettono, osano, resistono (Il Mulino 2022) l’ultimo libro di Valerio, sponsorizzato sul Corriere da Mieli.

Come già il titolo fa supporre, si tratta di un’accozzaglia di luoghi comuni con l’antico e mai sopito scopo ideologico di dipingere come misogina la storia del cristianesimo e della Chiesa.

 

Adriana Valerio: donne e chiesa, smentita da femministe

L’intento apologetico di Valerio è trasparente fin dall’inizio quando esalta il vescovo dissidente Romulo Antonio Braschi, fondatore di una “Chiesa cattolica” indipendente che ordinò sacerdoti 7 femministe, costringendo l’intervento dell’allora prefetto Joseph Ratzinger e di Giovanni Paolo II.

Oggi queste donne (come Gisela Forster e Christine Mayr-Lumetzberger), scomunicate dalla Chiesa, si trovano in Germania e stanno spingendo i vescovi progressisti ad uno scisma con Roma.

Altrettante teologhe femministe, come la svedese (ed ex protestante) Madeleine Fredell, hanno già chiarito che la mancata ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica non è una scelta discriminatoria ma di fedeltà alla decisione originaria di Gesù verso 12 discepoli e, spiega, ciò non le impedisce di sentirsi «perfettamente inclusa».

Dove sarebbe, allora, la discriminazione, cara Valerio?

 

Le beghine perseguite? Non certo perché donne.

Per sostenere la misoginia del cristianesimo, Adriana Valerio pesca dalla storia delle beghine, pie donne esponenti di una spiritualità individualistica emersa nel XIII e XIV secolo.

Le beghine decli­narono i voti tradizionali ed il matrimonio, vivendo dei loro beni e scrivendo spesso trattati mistici. Adriana Valerio gioca con la storia e sostiene che la Chiesa le avrebbe perseguite in quanto «eretiche, nemiche della fede».

Uno storico serio, l’eminente AS Turberville (Leeds University), ricostruì la storia delle beghine in maniera oggettiva ricordando innanzitutto la protezione ecclesiale verso loro (e verso i begardi). Pur manifestando un credo disallineato da quello della Chiesa, scrisse, «la loro soppressione fu impedita da alcune costituzioni papali sollecitate in vista della loro protezione»1Arthur Stanley Turberville, Medieval Heresy & the Inquisition, Cornell University Library 1920, p. 50, 51.

La giovane storica Jennifer Kolpacoff Deane, medievalista dell’University of Minnesota, ha a sua volta trattato il tema delle beghine ricordando che nel 1318 papa Giovanni XXII «emise un altro decreto, ordinando al clero di proteggere tutte le beghine che conducevano una vita stabile, donne che non contestavano la Trinità, l’essenza divina o i sacramenti della Chiesa»2Jennifer Kolpacoff Deane, A History of Medieval Heresy and Inquisition, Rowman & Littlefield Publishers 2011, p. 172.

Nel 1321, scrive ancora Deane, il pontefice permise di proseguire il loro stile di vita e la dottrina nonostante i sospetti verso questa nuova e sconosciuta forma di laicato femminile, scrivendo: «Non intendiamo in alcun modo vietare alle donne fedeli, che promettano o meno la castità, di vivere onestamente nelle loro dimore, di fare penitenza e di servire il Signore con spirito di umiltà»3citato in Jennifer Kolpacoff Deane, A History of Medieval Heresy and Inquisition, Rowman & Littlefield Publishers 2011, p. 170.

Lo stesso, indica AS Turberville, fecero i suoi successori: Gregorio XI e Bonifacio IX. Nel 1431, anche Eugenio IV intervenne direttamente in aiuto delle Beghine e le protesse4Arthur Stanley Turberville, Medieval Heresy & the Inquisition, Cornell University Library 1920, p. 50, 51.

Nel suo Donne moderne nel Medioevo. Il movimento delle beghine, il domenicano francese Dieudonné Dufrasne spiega giustamente che alcune beghine vennero tuttavia perseguite, ma non certo per il fatto di essere “donne pensanti”, come sostiene Adriana Valerio. La realtà, come sempre, è più complessa delle teorie ideologiche.

Fu un periodo storico in cui fiorirono sette socialmente pericolose e violente come i Mani­chei, i Catari, gli Albigesi ed i Flagellanti le quali non misero a repentaglio solo l’ortodossia della religione ma, spiega l’antropologo Norman Cohn, il loro millenarismo «fu violento, anarchico, ed a volte veramente rivoluzionario»5Norman Cohn, The Pursuit of the Millennium. Revolutionary Millenarians and Mystical Anarchists of the Middle Ages, Oxford University Press 1970, p. 16.

La stabilità sociale (prima che religiosa) fu messa seriamente in pericolo dalle eresie medievali, «il mondo dell’esaltazione millenaria e quello del disordine sociale», ha proseguito Cohn, «si sovrapponeva, i malvagi vennero identificati con gli ebrei, il clero o i ricchi, e dovevano essere sterminati»6Norman Cohn, The Pursuit of the Millennium. Revolutionary Millenarians and Mystical Anarchists of the Middle Ages, Oxford University Press 1970, p. 16-17.

La Chiesa e i principi secolari dovettero così intervenire per frenare le orde millenaristiche, tanto che perfino il polemista protestante (e anti-cattolico) Henry Charles Lea riconobbe che «qualunque orrore possano ispirarci i mezzi impiegati per combatterli, qual che sia la pietà che dobbiamo provare per quelli che morirono vittime delle loro convinzioni, riconosciamo senza esitare che la causa dell’ortodossia non era altro che quella della civiltà e del progresso. Se il Catarismo fosse divenuto dominante o anche soltanto uguale al cattolicesimo, non si può dubitare che la sua influenza sarebbe stata disastrosa»7Henry Charles Lea, A History of the Inquisition of the Middle Ages, CreateSpace Independent Publishing 2017, p. 142.

Ecco che nella lotte a queste eresie, spiega Dieudonné Dufrasne, a «farne le spese» furono anche «alcune beghine». Ma non certo perché donne, purtroppo in quanto «nel clima genera­le di eretica confusione»8D. Dufrasne, Donne moderne nel Medioevo. Il movimento delle beghine, Jaca Book 2009 si faticò a distinguerle dagli eretici “classici”.

Alla fine del suo studio, Dufrasne mette in guardia proprio dalle attiviste femministe moderne: «Questo movimen­to non ha mancato, sfortunata­mente, di essere etichettato e fret­tolosamente interpretato da ideo­logi contemporanei, che si sono appoggiati alle beghine per pun­tellare le rivendicazioni femmini­ste moderne e per regolare i conti con l’attuale istituzione ecclesiale. Questo libro, se mai giungerà nelle loro mani, li deluderà»9D. Dufrasne, Donne moderne nel Medioevo. Il movimento delle beghine, Jaca Book 2009.

 

Il mito di Ipazia: non la uccise Cirillo, nessuna gelosia.

Dopo le beghine, Adriana Valerio si occupa con la stessa superficialità del classico mito femminista di Ipazia d’Alessandria.

In obbedienza alla leggenda la definisce “matematica” ed “astronoma“, senza certamente avere mai approfondito il suo pensiero. Oltre a non essere una matematica (si limitò a commentare alcuni scritti di pensatori precedenti), Ipazia più che astronoma fu astrologa, almeno considerando la sua discussione degli Oracoli caldei e della sapienza egizia, così come il testo astrologico di Almagesto di Tolomeo.

Come prevedibile la ritiene vittima del vescovo Cirillo, che l’avrebbe uccisa accecato dall’«insofferenza per il prestigio culturale di una donna che insegnava in luoghi pubblici — davanti ai templi pagani demoliti dalla nuova religione — per la sua libertà di pensiero e per quella sapienza femminile non disposta a sottomettersi al potere istituzionale maschile».

In poche parole ha incanalato un compenso di orrori storici. Innanzitutto Valerio, copiando da chissà quali altri sostenitori del mito di Ipazia, con i “templi pagani demoliti” si riferisce probabilmente alla Grande Biblioteca di Alessandria, la quale però non esisteva più da oltre un secolo.

In secondo luogo, non sa che Ipazia non fu né la prima né l’ultima studiosa donna che insegnava in pubblico, prima di lei vi furono studiose come Aspasia, Diotima, Arete, Ipparchia e Panfila di Epidauro, Sosipatra. Dopo di lei venne la neoplatonista Asclepigenia, che insegnò proprio ad Alessandria senza turbare nessuno. Seguaci di Ipazia, inoltre, furono diversi cristiani e tra essi uno diventò pure vescovo, Sinesio di Cirene (continuando a stimarla dopo l’ordinazione).

Difensore ed amico di Ipazia, infine, fu il prefetto della città e rappresentante di Costantinopoli, Oreste. Anch’egli, come Cirillo, era un devoto cristiano. La povera Ipazia fu uccisa non certo perché “donna che osava”, ma perché venne coinvolta nella faida tra i seguaci di Oreste e quelli di Cirillo e l’unica fonte contemporanea ai fatti, Socrate Scolastico (favorevole al partito di Oreste e Ipazia), non addossa alcuna colpa diretta né indiretta al vescovo.

Su questa vicenda è disponibile un nostro dossier storico, molto dettagliato.

 

Adriana Valerio e la papessa Giovanna: un’altra leggenda.

Adriana Valerio si dedica anche ad un altro mito femminista, la storia di una donna eletta Papa (rimasta incinta durante il pontificato). Si appoggia allo studio di Alain Boureau, intitolato per l’appunto: La papessa Giovanna. Storia di una leggenda medievale (Einaudi 1991) e fortunatamente lei stessa ammette che si tratta di una leggenda priva di riscontri storici.

Dopo aver citato l’ammonimento del card. Gianfranco Ravasi a quegli «sprovveduti» che credono a questa storia, trasformandola in un «una sorta di monito per il tema del sacerdozio femminile», la teologa usa queste parole di buon senso come dichiarazioni contro la pretesa femminile di esercitare un potere nella Chiesa.

A ben vedere si tratta tuttalpiù di parole contro la falsificazione della storia, ma è evidente che l’approccio oggettivo non è il primo obbiettivo di Adriana Valerio.

 

Guglielma da Milano, inquisitori ed il fanatismo dei seguaci

Un’altra protagonista del romanzo (altro non può essere) di Adriana Valerio è Guglielma di Milano, anch’essa notoriamente un mito femminista.

Secondo la teologa fu un’altra vittima del potere maschio (bianco eterosessuale, aggiungerebbero nelle università progressiste anglofone) in quanto l’Inquisizione l’avrebbe trasformata da santa in eretica dopo la sua morte, impedendone il culto.

Effettivamente il tribunale inquisitorio, tramite i frati predicatori di S. Eustorgio, dovette intervenire (anche duramente) dopo la sua morte (nel 1284, 1296 ed in maniera continuativa dal 1300) per placare il fanatismo che esplose in suo favore, identificando Guglielma addirittura con lo Spirito Santo e facendo confluire alla tomba di Chiaravalle pellegrinaggi di ogni tipo, dove si proclamavano miracoli ed apparizioni.

Come riferisce la storica Marina Benedetti, la stessa Guglielma quand’era in vita, ammonì severamente i suoi fanatici ammiratori che le chiedevano miracoli per essere alleviati da dolori e che cercavano le stimmate nel suo corpo. «Voi credevate di vedere ciò che non vedrete a causa della vostra incredulità», rispose duramente Guglielma, ammonendoli di «finire all’inferno» se avessero continuatocitata in M. Benedetti, in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 60, 2003.

Ancora una volta, Adriana Valerio confonde i piani e banalizza. L’Inquisizione non intervenne “contro una donna che riflette e resiste”, bensì frenò la religiosità fanatica dei suoi seguaci (monaci, in gran parte). Si può discutere dell’opportunità, del metodo e dei modi, ma non si dovrebbe falsificare la storia.

L’unico rammarico, come già detto, è che Paolo Mieli abbia sponsorizzato questa ricostruzione fantasiosa della storia. E’ il vero mistero di tutta la vicenda.

La redazione

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Quanto guadagna il Papa? Lo rivela lui stesso

In un’intervista Francesco dichiara quanto guadagna al mese: niente. Ha rinunciato infatti al piccolo stipendio previsto per il suo ruolo, attingendo all’Obolo di San Pietro solo in occasione di importanti gesti di carità, com’è accaduto di recente per gli aiuti umanitari in Ucraina.

 
 
 

Con il pontificato di Papa Francesco sembra terminata la stagione di guerra mediatica al Vaticano.

Addirittura c’è chi, non senza ragioni, legge uno scivolamento filo-papista della stampa italiana, salvo censurare il Papa quando risulta particolarmente scomodo.

Accade quando, in continuità con il suo predecessore, condanna fermamente i falsi miti del progresso (aborto, eutanasia, gender) -o, per lo meno, i media lo censuravano nei primi anni, oggi molto meno- e quando avanza tesi scomode all’ideologia dominante, come accaduto pochi giorni fa a proposito della sua esplicitata vergogna per i Paesi che intendono aumentare le spese militari.

 

Il Vaticano ed il denaro: le vecchie campagne anticlericali.

Chi non si ricorda la campagna di Repubblica sulle presunte scarpe Prada di Benedetto XVI e l’anello d’oro che avrebbe sfamato l’intera Africa?

Chi non ricorda gli infuocati articoli di Curzio Maltese sugli (fantomatici) stipendi faraonici dei preti? Che dire delle bugie de Il Giornale sulle pensioni d’oro dei cardinali? Qualcuno ha dimenticato la propaganda de Il Fatto Quotidiano contro l’8×1000?

Oggi sembra di essere in un’altra era geologica. Era tutto falso, è bastato un pontificato illusoriamente più in sintonia con i grandi direttori che il bullismo si è fermato o, più probabilmente, soltanto interrotto.

 

Il libro con le risposte del Papa, anche sul denaro.

Il prossimo primo aprile l’associazione francese Lazare, impegnata nel sostenere giovani lavoratori ed indigenti, pubblicherà un libro con la  trascrizione delle 100 risposte di Papa Francesco date nel maggio 2020 a persone provenienti da tutto il mondo (dalle baraccopoli del Brasile ai senzatetto di India, Iran e Madagascar).

Il Papa ha risposto a questioni personali e anche alle domande più scomode («gli abbiamo dato un campanello da usare nei casi in cui non voleva rispondere, non l’ha mai suonato», ha detto Loïc Luisetto, direttore di Lazare).

Nel libro, pubblicato in tre lingue (francese, italiano e tedesco), il pontefice fa spesso autocritica: «Sono una persona impaziente», confessa, ad esempio, «a volte prendo decisioni di fretta, con una certa autosufficienza».

Jorge Mario Bergoglio ammette che a volte si addormenta durante la preghiera serale, parla della sua famiglia, dei suoi gusti, della sveglia alle 4 del mattino, della sua vocazione di sacerdote e anche del giorno dell’elezione nel 2013.

Il Papa ha anche affrontato il tema economico.

 

Ecco lo stipendio di Papa Francesco e di Sergio Mattarella.

Oltre a sottolineare la testimonianza negativa per quegli uomini di Chiesa quando cadono nel lusso, Francesco ha risposto anche sul suo stipendio:

«Io non guadagno niente. Niente di niente! Mi danno da mangiare e se ho bisogno di qualcosa lo chiedo».

Un’informazione in coerenza con quanto scrivevamo anche noi nel 2016.

Francesco, infatti, ha rinunciato totalmente al suo stipendio anche se può attingere liberamente dalle donazioni ricevute dai fedeli tramite l’Obolo di San Pietro.

Lo ha fatto proprio qualche settimana fa, destinando migliaia di euro all’elemosiniere pontificio, il card. Konrad Krajeweski, per pagare la benzina degli aiuti umanitari in direzione dell’Ucraina.

Papa Ratzinger riceveva invece uno stipendio di 2.500€, nulla in confronto a quanto prende Sergio Mattarella.

All’inizio del suo secondo mandato, avvenuto pochi mesi fa, il capo dello Stato si è tagliato lo stipendio e ora riceve circa 15.000€ mensili.

La redazione

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L’amuleto ebraico che cita YHWH, parliamo con l’archeologo Stripling

L’importante scoperta in Samaria di un amuleto ebraico presso l’altare del condottiero biblico Giosuè, ritenuto la più antica scritta ebraica mai rivenuta, ne abbiamo parlato con l’archeologo Scott Stripling, uno dei responsabili del ritrovamento.

 
 
 

Due lunedì fa abbiamo dato in anteprima una notizia molto importante per gli studiosi biblici e gli appassionati di storia della Bibbia.

Un amuleto rinvenuto sul monte Ebal, in Samaria, avrebbe fatto luce sul primo periodo dell’insediamento ebraico in Israele confermando come l’antico popolo parlasse e scrivesse la lingua ebraica già 3.200 anni fa.

Il reperto è stato infatti datato al 1400 a.C., confermando così l’età antica della Bibbia: in molti sostengono, infatti, che i profeti biblici non avrebbero potuto comporre l’Antico Testamento in quel periodo in quanto gli israeliti non sarebbero stati alfabetizzati al loro ingresso nella terra di Israele, dopo la fuga dall’Egitto.

Inoltre, nel testo ritrovato sulla tavoletta, è contenuto il nome di Dio, “YHWH“, diventando quindi il più antico reperto storico che ne parla.

Il brano ritrovato sull’amuleto esprime alcuni versetti (le cosiddette “maledizioni”) presenti nel libro biblico del Deuteronomio.

L’annuncio è stato fatto giovedì 24/03 a Houston (Texas) da alcuni ricercatori.

 

UCCR è riuscito ad intervistare uno dei responsabili della scoperta, l’archeologo Scott Stripling, direttore degli scavi per l’Associates for Biblical Research in Israele, nonché vicepresidente della Near East Archaeological Society.

 

L’amuleto ebraico, la nostra intervista allo scopritore.

 

DOMANDA – Prof. Stripling, può dirci in poche parole perché ritiene si tratti di una scoperta così importante?

RISPOSTA – Certo, si tratta per l’appunto di una scoperta molto rilevante in quanto la scritta presente su questa tavoletta è antecedente a qualsiasi altra scrittura ebraica precedentemente nota. Essa stabilisce che Mosè avrebbe potuto scrivere il Deuteronomio già nel 1400 a.C., circa.

 

DOMANDA – Nel comunicato che ha diffuso si cita anche un collegamento tra questo amuleto e l’altare biblico di Giosuè, trovato dall’archeologo Adam Zertal nel 1980. Ci spiega la relazione?

RISPOSTA – Nel Libro di Giosuè (8,30) si legge che Giosuè, per l’appunto, costruì un altare sul monte Ebal all’interno di una cerimonia di rinnovamento del patto tra Dio e gli israeliti, ed esso prevedeva la proclamazione di maledizioni (o conseguenze negative). Il professor Adam Zertal ha portato alla luce questo altare (2×2 metri), coperto da un successivo altare rettangolare. La mia squadra ha recuperato questo amuleto proprio setacciando la terra dello scavo, accumulatasi dal 1982 al 1989.

 

DOMANDA – Da alcune parti si afferma che questa scoperta potrebbe addirittura anticipare la datazione dell’Antico Testamento, è un’interpretazione corretta?

RISPOSTA – No, lo stile di scrittura rintracciato sull’amuleto semplicemente si sincronizza con la scrittura del Pentateuco nella tarda età del bronzo.

 

DOMANDA – Ci è sembrato inusuale apprendere tale scoperta da una conferenza giornalistica piuttosto che dalla pubblicazione di uno studio peer-review. Come mai questa scelta?

RISPOSTA – Posso dirle che al momento è in corso un articolo sottoposto a revisione paritaria. Speriamo che possa essere pubblicato entro la fine dell’estate.

 

DOMANDA – Devo però farle notare che sono già arrivate delle critiche a tutto questo, in particolare dal filologo Christopher Rollston. Egli lamenta il fatto che non avreste portato nessuna prova alla conferenza e non sarebbe disponibile alcuna immagine della tavoletta di piombo.

RISPOSTA – Forniremo le scansioni originali su cui abbiamo lavorato nel prossimo articolo accademico. In due occasioni ho offerto al prof. Rollston l’opportunità di collaborare con me ma non ha mai risposto alle mie email. Se l’avesse fatto, avrebbe visto le scansioni.

 

DOMANDA – Bene, ma Rollston pur sperando di sbagliarsi, dubita addirittura che vi sia scritto il nome di YHWH…

RISPOSTA – Come farebbe a saperlo?

 

DOMANDA – Proveremo a chiederglielo, al momento è convinto che le affermazioni fatte durante la conferenza stampa saranno vigorosamente contestate.

RISPOSTA – Ho dichiarato la stessa cosa in conferenza stampa. Gli studiosi non potranno non affermare che questa è una scrittura proto-alfabetica. Tuttavia, probabilmente avranno letture alternative poiché la direzione di lettura del testo non è standardizzata in questo antico periodo. Accoglierò con favore tale interazione accademica.

 

DOMANDA – Rollston conclude dicendo che «il miglior predittore del futuro è il passato, e nel passato, più e più volte, affermazioni clamorose si riducono in cenere alla fine di un’analisi seria, filologica ed epigrafica»..

RISPOSTA – Questa affermazione finale è la sua opinione, non si basa su alcun dato di fatto.

 
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Leggi le nostre altre interviste del venerdì.

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Spagna, i vescovi che slegarono la Chiesa dal regime di Franco

Non tutto l’episcopato spagnolo vide in Franco l’unica forza in grado di frenare la persecuzione marxista della Chiesa, sopportandone a volte le efferatezze. Il Vaticano puntò sul card. Tarancón per slegare i vescovi spagnoli dal franchismo e riuscì nella transizione tra la dittatura e la democrazia.

 
 
 

Tra gli innumerevoli dittatori (atei) che insanguinarono il Novecento, uno dei pochi a dichiararsi “cattolico” fu Francisco Franco, generalísimo di Spagna.

In quegli anni il terrore occidentale era dovuto all’avanzata criminale del regime comunista, così in ambito ecclesiale si diede fiducia alle uniche, pur controverse, personalità che avrebbero potuto porvi un freno.

Come abbiamo già osservato, è falso il mito di una accondiscendenza generale della Chiesa al franchismo, ma è indubbio che gran parte dell’episcopato spagnolo preferì almeno inizialmente il nazionalismo spagnolo.

Come ha scritto lo storico Paolo Pombeni, fu «una scelta perdente perché il Generalissimo non si farà condizionare affatto dal cattolicesimo nazionale, ma gli imporrà brutalmente le sue ragioni, così come farà sostanzialmente col Vaticano».

 

Perché la Chiesa spagnola sopportò il franchismo.

E’ troppo facile oggi leggere la storia conoscendo già l’evoluzione dei fatti, lo ha ricordato lo storico Vicente Cárcel Ortí che da decenni studia sulle fonti d’archivio spagnole.

«Oggi conosciamo come si è evoluta la storia della Spagna durante il regime militare di Francisco Franco», ha spiegato, «non possiamo però commettere l’errore di giudicare le scelte fatte prima di questi eventi alla luce di ciò che è accaduto dopo».

Perché gran parte dell’episcopato spagnolo optò per Franco? Lo ha spiegato ancora Paolo Pombeni, scrivendo che furono «le violenze efferate contro il clero, le monache e gli stessi edifici di culto» da parte dei marxisti «che destano rigetto nell’opinione pubblica cattolica europea e che impediscono di vedere le parallele efferatezze delle forze franchiste».

Anche Cárcel Ortí si riferisce alla feroce persecuzione anticattolica dei marxisti spagnoli del Governo repubblicano, con l’intento dichiarato di eliminare la Chiesa dalla Spagna. Nel 1933 le elezioni verranno vinte dalla destra, ma i marxisti spagnoli rifiutarono il responso provocando una rivoluzione civile con migliaia di morti (40 ecclesiastici nel solo ottobre 1934).

Verranno così indette nuove elezioni nel 1936 e la sinistra si unirà nel Fronte popolare, incrementando la spirale di violenza contro la Chiesa spagnola che avrà termine solo alla fine della guerra civile.

«In quel momento di totale caos politico», ha spiegato Carcel Ortì, «la scelta autoritaria appare ancora come una soluzione rassicurante».

Così, nel luglio 1937 la Conferenza episcopale spagnola si legò moralmente ai ribelli nazionalisti perché «i vescovi, in quel momento di persecuzione totale, vedono nei nazionali l’unica possibilità di salvezza per la Spagna che rischia di finire nelle mani del comunismo stalinista. In quel preciso momento non si poteva conoscere l’evoluzione politica successiva. Se in quel momento i militari ribelli alla Repubblica offrivano una possibilità di salvezza, cosa doveva fare la Chiesa, allearsi col persecutore? Con chi la stava annientando?».

 

Il Vaticano appoggiò vescovi contrari a Franco.

Lo storico Francesco Margiotta Broglio ha precisato tuttavia che in Vaticano, nel frattempo, Pio XII «mise in guardia circa il riconoscimento del governo falangista» e lo stesso «Pacelli si rifiutò di aderire alla richiesta di Franco per la scomunica di clero e fedeli baschi».

Occorre anche sottolineare l’esistenza di importanti uomini nella chiesa spagnola che, nel corso degli anni, contribuirono a disimpegnare progressivamente l’appoggio dell’episcopato spagnolo al franchismo, favorendo il processo di transizione dalla dittatura alla democrazia.

Se ne è parlato recentemente, ricordando i vescovi Josep Pont y Gol, Antonio Añoveros Ataún, Ramón Masnou e soprattutto il cardinale Vicente Enrique y Tarancón.

Proprio quest’ultimo fu l’uomo di fiducia di papa Paolo VI, colui che lo aiutò a separare la Chiesa spagnola dal regime franchista e, allo stesso tempo, a rendere possibile l’applicazione del Concilio Vaticano II.

Il card. Tarancón, già quand’era vescovo di Solsona, prese le distanze dal socialismo ma anche dal nazionalismo franchista, favorendo il più possibile uno spirito di riconciliazione. Disapprovò «le ingiustizie del regime capitalista» ed allo stesso tempo sottolineò che «i rancori e le vendette non sono scomparsi nell’uno o nell’altro» schieramento, denunciando apertamente i franchisti.

Non è strano che dal governo di Franco, Tarancón sia stato definito “il vescovo rosso”. Assieme ai suoi sacerdoti, il vescovo difese l’utilizzo del linguaggio popolare catalano durante la predicazione, venendo continuamente rimproverato dalle autorità franchiste. Alla fine degli anni Quaranta pubblicò la prima rivista spagnola interamente in lingua catalana, aggirando le censure governative.

Nel 1964 il Vaticano lo nominò arcivescovo di Oviedo per cercare di disincagliare il legame di molti vescovi spagnoli dal cattolicesimo nazionale di spirito franchista. Nel 1969 Tarancón divenne arcivescovo di Toledo e fu creato cardinale da Paolo VI, il quale nel 1971 lo nominò arcivescovo di Madrid e lo pose alla guida della Conferenza Episcopale Spagnola.

Questa carriera fulminea conferma che la Santa Sede vide nel card. Tarancón l’uomo ideale per separare la Chiesa spagnola dal regime di Francisco Franco, il quale sognava un episcopato sottomesso e assoggettato al potere politico. Il cardinale contrastò apertamente il governo nazionalista e difese (impedendo che fossero espulsi dal paese) i non pochi vescovi spagnoli apertamente ostili a Francisco Franco, come Antonio Añoveros Ataun.

Nel 1975, durante la messa di intronizzazione di Juan Carlos I a Madrid, il card. Tarancón difese pubblicamente la libertà e l’indipendenza della Chiesa davanti al potere, ponendo di fatto fine al cattolicesimo nazionale.

Come si legge su Wikipedia in versione catalana, «di fronte all’aggressiva irritazione dei dirigenti franchisti, il cardinale Tarancón svolse un importante ruolo di conciliazione durante gli ultimi anni della dittatura e nel passaggio della società spagnola ad un sistema democratico, difendendo da un lato l’indipendenza della Chiesa e allo stesso tempo il consolidamento della legalità emanata dalla Costituzione del 1978».

 

Paolo VI, nemico giurato del franchismo.

Lo stesso Paolo VI fu un nemico giurato del franchismo spagnolo, già inserito nella lista dei “nemici ufficiali” del regime prima ancora di essere eletto.

Il 26 marzo 1967 il Papa, attraverso la Populorum progressio, giustificò l’insurrezione rivoluzionaria «nel caso di una tirannia evidente e prolungata che attenti gravemente ai diritti fondamentali della persona e nuoccia in modo pericoloso al bene comune del paese» (n. 31), scatenando il panico negli ideologi del fascismo. In Spagna fu ampliamente divulgata da Joaquín Ruiz-Giménez, una delle personalità più importanti del cattolicesimo spagnolo del XX secolo.

Il giornalista e sacerdote spagnolo Antonio Pelayo ha anche ricordato che i ripetuti appelli del Papa ai laici perché si adoperassero a «penetrare di spirito cristiano» la mentalità, i costumi, le leggi e le strutture «fu accolto come una ventata d’aria fresca dai movimenti apostolici quali l’Acción Católica, la Juventud Obrera Cristiana (Joc), la Hermandad Obrera de Acción Católica (Hoac), sottoposti a severi controlli di polizia e ad altre pratiche totalitarie».

La redazione

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Le ultime vittorie pro-life e pro-family (gennaio – marzo 2022)

Aggiornamento trimestrale sui successi legislativi nel mondo a proposito di tematiche etiche e bioetiche. Da gennaio a marzo 2022.

 
 
 

La nostra rubrica trimestrale con le principali novità legislative su ciò che definiamo i falsi miti del progresso.

Molte di queste novità vengono puntualmente segnalate sulla nostre nostre pagine Facebook, Twitter, Instagram e Linkedin.

 

Nuove leggi pro life e pro family nel mondo.

 

Finlandia
Nel marzo 2022 il tribunale distrettuale di Helsinki ha respinto all’unanimità le accuse di incitamento all’odio presentate contro il membro del parlamento Paivi Rasanen e il vescovo luterano Juhana Pohjola, ree di aver difeso il matrimonio come unione tra un uomo e una donna, citando passi della Bibbia. «Il governo non dovrebbe interpretare i “concetti biblici”», hanno scritto i giudici, ritenendo che le dichiarazioni non costituissero discriminazione verso le persone Lgbt.

«Una vittoria in nome della libertà di espressione», ha dichiarato Paul Coleman, direttore esecutivo di ADF International, pool internazionale di avvocati che difende dalla limitazione di libertà di pensiero. Sam Brownback, già ambasciatore degli Stati Uniti per la libertà religiosa internazionale, ha twittato: «E’ uno scandalo anche solo il fatto che questo caso sia stato perseguito».

 

Florida (Stati Uniti)
Nel marzo 2022 il ddl falsamente soprannominato “Don’t Say Gay” è stato trasformato in legge dal governatore Ron DeSantis, garantendo così maggiori diritti ai genitori nell’istruzione dei figli e proibendo l’insegnamento di tematiche gender nelle scuole materne ed elementari. Considerando l’importanza e la notorietà internazionale del provvedimento, gli abbiamo dedicato un articolo apposito.

 

Torino (Italia)
Nel marzo 2022 dopo il pronunciamento della Corte d’Appello e del prefetto Raffaele Ruberto, il sindaco Stefano Lo Russo è stato costretto ad interrompere l’iscrizione all’anagrafe dei figli di coppie arcobaleno, iniziata con l’ex Chiara Appendino. L’unico genitore riconosciuto sarà quello biologico.

 

Texas (Stati Uniti)
Nel marzo 2022 la Corte Suprema del Texas ha decretato la piena costituzionalità e legittimità della legge, varata nel settembre 2021, che vieta l’interruzione di gravidanza dopo sei settimane dal concepimento basandosi sull’attività cardiaca del non nato.

 

Idaho (Stati Uniti)
Nel marzo 2022 dopo il Texas, anche in Idaho è stata approvata (28 vs 6) una legge che vieta l’aborto quando è possibile rilevare il battito cardiaco dei bambini non ancora nati, generalmente attorno alle sei settimane dal concepimento. Si tratta del primo stato ad imitare la legge texana.

 

Inghilterra
Nel marzo 2022 la Camera dei Lord ha bocciato (179 vs 145) un emendamento che avrebbe costretto il governo a presentare una legge sul suicidio assistito entro un anno. Si tratta della 12esima volta che il Parlamento boccia l’eutanasia ed il suicidio assistito dal 1997. Al disegno di legge si sono opposti con successo moltissimi disabili, quattro di essi seduti anche in parlamento.

Sempre nel Regno Unito, l’unico centro di trattamento di bambini e adolescenti che si identificano come transgender, la controversa clinica Tavistock di Londra, è stata ritenuta «un’opzione non sicura o praticabile». La decisione è arrivata dopo un’inchiesta ufficiale del Servizio sanitario britannico (NHS). I trattamenti sono stati così interrotti.

 

California (Stati Uniti)
Nel marzo 2022 gli attivisti della città di Visalia (California) hanno fermato con successo l’apertura di un nuovo centro Planned Parenthood. Si tratta della più grande catena di cliniche abortiste al mondo, nata dall’eugenista statunitense Margh. Una vittoria di Davide contro Golia, battaglia di successo combattuta da imprenditori e politici locali e attivisti. «Siamo stati costretti a rinunciare al nostro progetto a causa della forte obiezione da parte della comunità», ha ammesso Lauren Babb, vicepresidente per gli affari di governo di Planned Parenthood.

 

Parlamento europeo
Nel marzo 2022 è nato all’interno del parlamento UE il team “Vita e Famiglia”, fondato dal gruppo parlamentare dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr).

 

Arizona (Stati Uniti)
Nel marzo 2022 il governatore Doug Ducey ha trasformato in legge tre progetti importanti. Il primo vieta ai medici di eseguire l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane dal concepimento (salvo emergenze mediche alla madre), riducendo così la liberalizzazione precedente. Una seconda legge ha vietato la chirurgia “irreversibile” di riassegnazione del sesso verso i minori affetti da disforia di genere, mentre un terzo disegno di legge proibisce ai trans di competere nelle squadre femminili delle scuole pubbliche e private, dai college alle università.

 

Ungheria
Nel marzo 2022 il parlamento ungherese ha eletto (137 voti vs 51) per la prima volta una donna come presidente della Repubblica. Si tratta della giovane Katalin Novák, 44 anni, resterà in carica per un periodo di cinque anni. Novak è nota per aver più volte protetto la famiglia, i bambini non nati e le donne.

 

Iowa (Stati Uniti).
Nel marzo 2022 l’Iowa è diventato l’11° stato americano a proteggere lo sport femminile impedendo ai trans di gareggiare nelle competizioni femminili. Il governatore Kim Reynolds ha infatti trasformato in legge il bill 2416 dopo l’approvazione di Camera e Senato.

 

Kosovo
Nel marzo 2022 il parlamento ha respinto in maggioranza (92 vs 28) le unioni civili per le coppie dello stesso sesso. Nonostante la pressione dell’Unione Europea, i parlamentari hanno rifiutato l’ingerenza dei burocrati di Bruxelles, continuando a riconoscere soltanto il matrimonio naturale.

 

Oklahoma (Stati Uniti)
Nel marzo 2022 il governatore Kevin Stitt ha firmato un disegno di legge che impedisce ai transgender di competere in squadre sportive femminili, unendosi così ad altri stati con leggi simili. Il governatore è stato affiancato e supportato da una dozzina di giovani atlete mentre firmava il provvedimento Save Women’s Sports Act.

 

West Virginia (Stati Uniti)
Nel marzo 2022 il governatore Jim Justice ha trasformato in legge un provvedimento che vieta l’aborto sui bambini con sindrome di Down. L’Unborn Child with Down Syndrome Protection and Education Act era stato approvato da Camera e Senato e proteggerà la vita dei bambini non ancora nati a cui viene diagnosticata questa disabilità, imponendo ai medici di fornire materiale educativo e informazioni sui sistemi di supporto disponibili per le famiglie che crescono bambini con disabilità.

 

Lazio (Italia)
Nel marzo 2022 i consiglieri regionali hanno approvato un provvedimento a favore della maternità denominato “Pacco mamma” che garantisce alle donne gravide, con un reddito Isee non superiore ai 30mila euro, un voucher necessario all’acquisto dei prodotti necessari per il neonato, nonché percorsi individuali di accompagnamento, linee guida, ascolto e sostegno.

 

South Dakota (Stati Uniti)
Nel febbraio 2022 è diventato il 10° stato a vietare agli atleti trans di gareggiare negli sport femminili. La giovane governatrice Kristi Noem ha infatti firmato una legge che «riguarda “l’equità”», ha spiegato.

I legislatori hanno anche approvato maggiori restrizioni per l’accesso alla pillola abortiva, introdotte nel settembre 2021 da un ordine esecutivo di Kristi Noem.

 

Scozia
Nel febbraio 2022 la Corte di Scozia ha stabilito che la definizione legale di donna non può essere modificata per includere gli uomini che si identificano come donne. Il governo infatti intendeva inserire nel censimento della popolazione una definizione di donna che includesse anche le persone transgender auto dichiaratesi “femmine”, ma i giudici -sostenuti a gran voce dalle femministe di For Women Scotland– hanno sostenuto che i parlamentari non hanno il potere di ampliare la definizione di donna.

 

Irlanda
Nel febbraio 2022 un sondaggio tra i medici irlandesi ha scoperto che oltre l’88% di essi si rifiuta di praticare l’interruzione di gravidanza, avvalendosi dell’obiezione di coscienza. L’indagine, realizzata da Newstalk, a 4 anni dalla legalizzazione dell’aborto, ha anche scoperto che quasi la metà di tutti gli ospedali di maternità in Irlanda non praticano aborti.

 

Svezia
Nel febbraio 2022, dopo che il Karolinska Institutet, l’università medica svedese tra le più importanti al mondo, ha annunciato di aver bloccato la somministrazione dei bloccanti della pubertà ai minori affetti da disforia di genere (in seguito allo scandalo suscitato dal documentario Trans Train), tutta la Svezia ha deciso di fermarsi.

Non essendoci conclusioni definitive sull’effetto e sulla sicurezza dei trattamenti di detransizione, sulla base di prove scientifiche, ed essendoci invece evidenze di persone danneggiate in modo irreversibile, la conclusione generale del National Board of Health and Welfare è che i rischi del trattamento antipubertà e dell’ormone di conferma del sesso per i minori di 18 anni superano attualmente i possibili benefici. Tali trattamenti saranno quindi somministrati soltanto in casi eccezionali, sostituendoli con interventi psicosociali, trattamenti psichiatrici infantili e misure di prevenzione del suicidio quando necessario.

Sullo stesso tema è intervenuta anche l’Accademia nazionale di medicina francese, optando per «una grande prudenza medica» ed invitando «alla più grande riserva nel loro uso», soprattutto per i «numerosi effetti indesiderati, per non dire delle gravi complicazioni, che possono derivare da certe terapie disponibili».

 

Polonia
Nel gennaio 2022 è stata approvata (227 vs 214) la legge Czarnek che aumenta i controlli sui corsi e le attività scolastiche che potrebbero veicolare contenuti ideologici e diseducativi, come l’identità di genere e controversi corsi di educazione sessuale.

La redazione

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Colonia “elimina” la cattedrale, ultima follia della cancel culture

Cancellate le guglie della cattedrale, simbolo cittadino da secoli, dal logo della città di Colonia. Il pretesto è un ammodernamento per i social network, la realtà è la rimozione di qualunque simbolo ritenuto politicamente scorretto.

 
 
 

Cancellare ciò che è politicamente scorretto.

E’ questo il principio della cancel culture, la nuova era del progresso.

La stanno vivendo gli abitanti di Colonia, nella Germania occidentale, il cui simbolo è stato cancellato dal logo della città dopo secoli.

Si tratta della maestosa cattedrale, il monumento più importante della città e il più visitato dell’intero paese.

Magnifica espressione dell’architettura gotica e, fino a ieri, anche il simbolo della città stessa.

Peccato che la nuova logica del mondo odi l’identità e tutto ciò che ritiene “politicamente scorretto”, come un simbolo religioso.

 

La cattedrale di Colonia cancellata dal logo cittadino.

Così il Comune di Colonia cambierà il logo cittadino ritenendolo “obsoleto” e non più adatto al mondo del web e degli smartphone (nella foto i due loghi, in alto quello precedente).

Questo è ovviamente il pretesto, in realtà l’unica cosa che è stata cancellato sono le guglie della cattedrale, il resto è rimasto sostanzialmente identico.

Un’iniziativa che ha suscitato polemiche e la preoccupazione di molti tedeschi. «Mi chiedo se sia così bello far sparire la cattedrale», ha detto Robert Kleine, decano della cattedrale.

Su Welt il caporedattore Dagmar Rosenfeld scrive: «I tempi cambiano, così fa lo spirito del tempo. Nessuno lo sa meglio di noi abitanti di Colonia». «Le bellissime guglie della cattedrale non entreranno più in contatto con cose amministrative così brutte come biglietti e lettere ufficiali, forse è addirittura una piccola consolazione», commenta amaro.

Un altro opinionista, Lucas Wiegelmann, è più arrabbiato: «In futuro Colonia vorrà fare a meno delle due guglie della cattedrale nel logo della città. Motivo ufficiale: un’estetica più moderna. Ma il messaggio che viene inviato va più in profondità: Chiesa e cristianesimo appaiono come un fastidio che potrebbe offendere. Questo è devastante».

Anche l’ex sindaco, Fritz Schramma, si è mobilitato contro la cancellazione, invitando gli abitanti della città a mobilitarsi.

L’attuale sindaco, Henriette Reker, sommersa dalle critiche, ha comunque comunicato che «il cambiamento è qualcosa di definitivo, non ci saranno ulteriori modifiche» seppur abbia rincuorato che la cattedrale resterà visibile su manifesti, opuscoli, avvisi e post sui social media come “caratteristica di comunicazione ricorrente”.

 

Il “rispetto” ed il sano concetto di laicità.

Curioso però che questa cancellazione avvenga mentre il consiglio comunale abbia da poco autorizzato le 35 moschee della città ad utilizzare gli altoparlanti esterni per invitare alla preghiera musulmana tra le 12:00 e le 15:00.

Il sindaco di Colonia ha dichiarato su Twitter che questo sarebbe un «segno di rispetto», sottolineando che suonano anche le campane del duomo di Colonia.

Certo, ma come spiegato dal rabbino Joseph Weiler quando difese il crocifisso davanti alla Corte Europea, il giusto principio di laicità non richiede la stessa preferenza a tutte le espressioni religiose ma solo a quelle che hanno rilevanza storica, religiosa e culturale all’interno di un determinato Paese.

Per fare un esempio concreto, nessuno si sognerebbe di imporre le guglie della cattedrale della città di Rabat (Marocco) nel logo cittadino, sarebbe un’ingiustizia verso la storia e la cultura non cristiana di quel paese. Per lo stesso motivo, è un’ingiustizia ideologica cancellarle dal logo di Colonia.

Inoltre, bisognerebbe osservare che dai campanili di Colonia non si odono proclami come “Allahu akbar (Allah è grande) e «non c’è dio all’infuori di Allah», come invece annuncia il muezzin dagli altoparlanti tedeschi.

 

La cancel culture, nuova moda progressista.

E’ curioso poi sentir parlare di “rispetto” da un sindaco in preda all’ideologia woke e che per primo non rispetta la storia e la cultura del suo paese.

E’ sbagliato anche solo cercare una logica nella cancel culture, bollata perfino dall’Economist come arma della “illiberal left” (sinistra illiberale).

Quell’ansia di abbattere statue, chiese e monumenti in nome di un bene supremo indistinto e politicamente corretto. «Un pensiero unico, pericoloso, costretto a rinnegare la storia e riscriverla in base a categorie contemporanee», ha denunciato Papa Francesco.

Siamo fiduciosi, comunque. La cattedrale saprà sopravvivere anche alle illiberali mode contemporanee ed ai prossimi dieci loghi della città.

La redazione

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