Luciano Canfora: pietà per la falsa Ipazia, non per gli ucraini
- Ultimissime
- 17 Mar 2022
La Storia non ha tempo per una donna ucraina che perde il figlio. E’ la tesi del noto intellettuale comunista Luciano Canfora, schieratosi dalla parte di Putin. Lo stesso filologo che diversi anni aderì alla ricostruzione leggendaria sulla morte di Ipazia d’Alessandria.
Il noto filologo italiano Luciano Canfora sta ricevendo durissimi attacchi da parte di numerosi intellettuali.
Non hanno tutti i torti. Noto accademico italiano e comunista, Canfora si è schierato a favore di Vladimir Putin e dell’invasione militare dell’Ucraina.
«Definire aberranti le dichiarazioni di Canfora è un eufemismo», <em>ha commentato Alberto De Bernardi, professore di Storia all’Università di Bologna. «Canfora non ha ancora smaltito ideologicamente la fine del comunismo e il crollo dell’Unione Sovietica, confondendo Putin e la Russia di ora, una dittatura ultranazionalista, con la tradizione già tragica del comunismo, con cui non ha nulla a che vedere».
«La sua sovrapposizione dei fatti», ha concluso lo storico, «squalifica una persona come Canfora che ha tutti gli strumenti culturali per capire bene cosa sta accadendo».
Luciano Canfora e la sorte dell’Ucraina.
Il passaggio più disumano dell’intervista a Canfora è stato intercettato ottimamente da Renato Farina su Libero, ma anche Maurizio Crippa su Il Foglio e Antonio Polito sul Corriere.
Ci riferiamo alla lamentela del noto intellettuale per la copertura mediatica della guerra in Ucraina, indispettito del fatto che vengano intervistati «i passanti», cioè i profughi in fuga dai bombardamenti.
«Io vorrei notizie sull’andamento del conflitto, perché la storia di una Irina che perde il bambino è un caso particolare e basta», ha dichiarato.
La Storia non perde tempo dietro ad una inutile donna a cui muore il figlio, sono problemi suoi. E basta. E’ la disumanità totale di questo giudizio che lascia sbigottiti e che ha fatto vergognare perfino Luigi Manconi, su Repubblica.
«In queste quattordici parole», ha commentato Farina, «c’è la formula tragica del veleno che ha ammazzato milioni e milioni di poveri cristi in nome di un futuro migliore, per cui lecito sacrificare il singolo, il suo destino irripetibile».
E’ inevitabile lo scandalo di quest’affermazione di Canfora, radicalmente in antitesi con le basi morali della società cristiana.
Luciano Canfora e il mito di Ipazia.
E’ curioso pensare che il comunista Luciano Canfora si spese invece a favore di Ipazia d’Alessandria, filosofa e matematica vissuta nel V secolo d.C. nota per il suo certamente terribile omicidio, con uno zelo talmente alto da dare credibilità a ricostruzioni storicamente false.
Il tutto è stato dettagliatamente spiegato nel nostro dossier storico su Ipazia, mostrando le conclusioni dei principali studiosi che si sono occupati della vicenda.
Per sintetizzare, la filosofa d’Alessandria venne tragicamente uccisa da alcuni fanatici (cristiani, probabilmente) a seguito di una diatriba politica tra il vescovo Cirillo ed il prefetto della città, il cristiano Oreste. La donna pagò con la vita la vicinanza a quest’ultimo.
L’unica fonte contemporanea ai fatti è quella del cristiano Socrate Scolatico, ammiratore di Ipazia, che parla di movente politico e non accenna ad alcuna responsabilità diretta da parte del vescovo Cirillo.
Tuttavia, dopo 13 secoli, a partire dal XVIII secolo, gli illuministi trasformarono Ipazia in un mito razionalista vittima del fanatismo cristiano. Un grande contributo lo diede il falsario Edward Gibbon nel suo celebre (quanto storicamente screditato) Declino e caduta dell’Impero romano (1776), dove inventò l’agiografia di Ipazia “martire della scienza”.
Le bugie di Canfora sulla morte di Ipazia.
A questa leggenda anticattolica ha creduto perfino Luciano Canfora, che definì Ipazia una «scienziata alessandrina», morta in quanto «donna e notevole scienziata, colpevole di non voler essere cristiana ma assertrice della filosofia e della scienza greca»1L. Canfora, Cirillo e Ipazia nella storiografia cattolica, OpenEdition Journals 2010.
Per sostenere questo, Canfora fu costretto a scartare l’unica fonte contemporanea per appoggiarsi a Damascio, che scrisse un secolo dopo i fatti. Eppure è noto che tale autore falsificò il resoconto e scrisse un romanzo più che una ricostruzione storica, inventandosi perfino l’aspetto estetico di Ipazia, descrivendola come bellissima e giovane (peccato che al momento della morte avesse circa 60 anni).
Oltretutto, come dimostriamo nel dossier, Ipazia non fu affatto una “scienziata” (scrisse solo commenti su pensatori precedenti), si inspirava alla dottrina neoplatonica che influenzò notevolmente proprio lo sviluppo della filosofia cristiana (nessuna contraddizione dunque con il pensiero cristiano), tanto che tra i suoi discepoli vi furono alcuni futuri vescovi, come Sinesio di Cirene (e continuarono a stimarla anche da vescovi).
Infine, Ipazia non fu né la prima né l’ultima studiosa donna (tanto meno “la prima donna matematica”). Secoli prima di lei vissero Aspasia, Diotima, Arete, Ipparchia e Panfila di Epidauro. Più vicino a lei, si può citare Sosipatra. Dopo di lei Asclepigenia ed Edesia insegnarono ad Atene e Alessandria, non provocando alcun turbamento nel popolo cristiano.
Come ha spiegato Moreno Morani, direttore del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Medioevo all’Università degli Sudi di Genova, Ipazia venne semplicemente identificata (a ragione o torto) come la causa principale dell’attrito tra due autorità cristiane (quella religiosa e quella politica) e pagò con la vita, in una città in cui era abituale risolvere per strada le questioni spinose, spesso con la violenza (il patriarca cristiano Proterio d’Alessandria morì anch’egli in un agguato avvenuto nel 457 d.C.).
Paradossale che Luciano Canfora abbia voluto aderire a ricostruzioni fantasiose sulla morte di Ipazia d’Alessandria mentre non ha dimostrato alcun cenno di pietà verso la morte, reale, del popolo ucraino.
La redazione
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