“Dai batteri a Bach”, i soliti errori di Daniel Dennett

Nel suo ultimo libro, “Dai batteri a Bach. Come evolve la mente” (2018), il filosofo Daniel Dennett ricicla vecchie analogie materialiste tra cervello e computer (modello computazionale). Ecco perché sbaglia.


 

Un “cerchio quadrato”.

Questo dovremmo pensare ascoltando le affermazioni materialiste di chi dice di aver “spiegato la mente umana”.

Il filosofo Peter Geach disse che l’unica domanda meritevole sarebbe: “Quanto è stato nascosto l’errore?”.

Ecco, nel caso di Daniel Dennett, non  molto bene.

Nel suo ultimo libro, Dai batteri a Bach. Come evolve la mente (Raffaello Cortina Editore 2018), ricicla vecchi dogmi materialisti.

 

“Dai batteri a Bach”, cosa dice il libro di Dennett

Per chi non lo conoscesse, Dennett è un famoso filosofo e scienziato cognitivo, docente alla Tufts University ed uno degli ultimi residui dei cosiddetti nuovi-atei, il gruppo di rampanti intellettuali che fino ad alcuni anni fa abusò di alcune interpretazioni filosofiche sulla scienza per screditare la fede religiosa paragonandola a una patologia mentale.

Nel suo ultimo libro, From Bacteria to Bach and Back (in italiano Dai batteri a Bach. Come evolve la mente, 2018), il filosofo ripropone le stesse identiche tesi di cinquant’anni fa, dimostrando una tenacia e una coerenza incredibile.

Un abbraccio letale all’anacronistico materialismo, per il quale non può esserci alcun aspetto della natura non riducibile a cieche forze fisiche.

«Per lui», ha osservato il filosofo e teologo progressista David Bentley Hart, «il quadro meccanicistico è assoluto, convertibile con la verità in quanto tale, e qualsiasi cosa sembri sfuggire alla sua logica non può mai essere più che una mostruosità dell’immaginazione».

 

“Dai batteri a Bach”, la falsa analogia cervello-computer.

Il filosofo e cognitivista americano rimane in particolare ancorato al modello computazionale che vuole un’analogia tra cervello e computer, dove la mente è semplicemente una sorta di “interfaccia” tra il computer e il suo “utente”.

Una ingenuità sostenerlo ancora oggi, quando è chiaro ormai che il cervello non vive solo di funzioni, di ragionamenti e di processi logici, come avviene per un computer convenzionale, ma le sue “operazioni” contemplano anche innumerevoli approssimazioni, un’infinità di valutazioni arrischiate, e si alimenta di un gran numero di convinzioni scarsamente controllabili.

Anche per questo, nel suo “Dai batteri a Bach” -commenta Bentley Hart-, «Dennett fallisce in modo spettacolare».

«I computer sono prodotti di progettisti umani», ha spiegato invece il filosofo Edward Feser, docente al Pasadena City College, «quindi non ha senso cercare di spiegare la mente in termini di computer poiché l’esistenza di un computer stesso presuppone l’esistenza di una mente che progetta».

Eppure, per Dennett, l’immagine scientifica è l’unica che corrisponda alla realtà, mentre l‘immagine manifesta (cioè come la realtà appare direttamente ai nostri sensi), al contrario, sarebbe una raccolta di illusioni utili, modellate dall’evoluzione per farci interagire con i nostri ambienti.

Basterebbe prendere sul serio Dennett e chiedergli: perché presumere che l’immagine scientifica sia vera mentre l’immagine manifesta (cioè il mondo come esiste nella mente cosciente) un’illusione quando, dopo tutto, l’immagine scientifica è una supposizione della ragione, dipendente dalle decisioni sui metodi di indagine, mentre l’immagine manifesta si presenta direttamente a noi come una realtà indubitabile, ineluttabile ed eminentemente coerente in ogni singolo momento della nostra vita?

Questa domanda farebbe crollare da sola tutte le tesi antiquate di Dennett contenute in “Dai batteri a Bach”.

 

La coscienza? Un’illusione. Ma Dennett si contraddice.

Un’altra riproposizione contenuta in “Dai batteri a Bach” è l’idea materialista che la coscienza sarebbe, anch’essa, solo un’altra “illusione dell’utente”.

Quel che non si può materialisticamente spiegare, non esiste, è pura illusione. Siamo alle solite.

Ma Dennett non riesce a tenere a bada le contraddizioni che crea.

La scienza naturale, in nome della quale il cognitivista espone le sue varie teorie, si basa in definitiva sull’evidenza empirica fornita dall’esperienza cosciente. Però, se l’esperienza cosciente è “illusione dell’utente”, ne consegue che anche le basi della scienza empirica sono illusorie. Ciò priverebbe il cognitivista del suo dispositivo retorico preferito.

Il tentativo di ridurre i fenomeni dell’esistenza mentale ad una storia puramente fisica è stato provato molte volte e finora ha sempre fallito. Non si spiega perciò l’insistenza di Dennett nel perseverare per questa strada, se non per il fatto che l’accantonamento del neodarwinismo meccanicista potrebbe rischiare di portare ad una disattenta vigilanza contro ogni intrusione da parte di “cause superiori”.

In “Dai batteri a Bach”, ogni volta che Dennett trova alcuni aspetti della mente che il materialismo non può spiegare, come l’idea di uno scopo, il sé, il libero arbitrio, il significato, l’esperienza soggettiva cosciente…è costretto a concludere che si tratta semplicemente di una irreale illusione.

Non gli è mai venuto il dubbio che sia il materialismo ad essere falso?

«Per lui ciò che è reale è solo ciò che il materialismo può spiegare», ha osservato infatti il filosofo Feser. «Il materialismo è vero perché può spiegare tutto ciò che c’è da spiegare sulla mente; e ciò che non può spiegare non deve essere reale, perché il materialismo è vero. Bene, il suo ultimo libro, “Dai batteri a Bach”, è la dimostrazione che Dennett può rimanere su questa giostra per centinaia di pagine senza avvertire le vertigini».

 

Dennett risponde ai suoi critici.

Consapevole della scarsa accettazione delle sue tesi in ambito accademico e non solo, in “Dai batteri a Bach” Dennett replica ai suoi critici accusandoli di essere dominati da “paura”, “illusioni” ed “amore al mistero”. Afferma che essi trovano semplicemente le sue opinioni come “inquietanti“.

«Effettivamente ha ragione», ha concluso il filosofo statunitense Feser. «Una raffica costante di falsi artifici, di non sequitur, di straw man argument, di attacchi ad hominem e di altre fallacie manifeste può davvero essere inquietante, specialmente se provengono da un filosofo professionista».

La redazione

8 commenti a “Dai batteri a Bach”, i soliti errori di Daniel Dennett

  • Alx ha detto:

    Mel’ ero perso.
    Mi fiondo in libreria.

    • Mandi ha detto:

      Dovresti studiare qualcosa di meglio, sai? Altrimenti rimani al vecchiume di Dennett.
      Consiglio questo: https://www.amazon.it/coscienza-Contributi-specialisti-neuroscienze-neurologia/dp/8896378680

      • Alx ha detto:

        Vecchiume ?
        Quanto vecchio, più di 2000 anni ?

        • Mandi ha detto:

          No in ambito scientifico una tesi degli anni ’50 si ritiene vecchia soprattutto se è stata screditata come lo è di fatto l’approccio materialistico alla coscienza.
          Un trattato storico-morale come invece è la Bibbia (per valorizzare la tua provocazione sciocca) è invece eterno e continuamente valido, proprio perché non tratta di tematiche scientifiche.

          • O Cinese ha detto:

            Ogni tanto compaiono i troll ateisti con i loro commenti da bambinelli

            • Jack ha detto:

              Eppure vedrai che prima o poi qualcuno con obiezioni mature e argomentate arriverà 🙂

          • Dario ha detto:

            Buona risposta, Mandi. Solo mi permetto di aggiungere un piccolo elemento: la Bibbia mantiene sempre la sua attualità perchè la natura umana in sostanza è immutabile, quindi lo sono anche i suoi grandi interrogativi esistenziali e le risposte fornite ad essi dal testo biblico.

  • CarloMarko22 ha detto:

    La scienza non può dire nulla sull’esistenza dell’anima, perché la sua origine è divina. Anche coloro che hanno queste idee materialiste e riduzioniste, questo non confuta l’esistenza dell’anima umana.