Cosa dà valore all’uomo? Un filosofo, un teologo e uno scienziato non sanno rispondere

Valore dell’uomo e della vita. Tre rappresentanti del pensiero umano non hanno risposte, basterebbe leggere i profondi giudizi di don Luigi Giussani per riemergere dalla nebbia dell’esistenza e della mancanza di risposte.

 

Ci lamentiamo spesso del relativismo assoluto in cui vivono i giovani. Eppure, come dare loro torto quando si legge un lungo dialogo tra tre rappresentati del pensiero umano che riflettono sul “valore dell’uomo” senza che si cavi un ragno dal buco? Se questi sono gli adulti, poi non stupiamoci.

Qual è l’unità di misura dell’umanità? E chi — o che cosa — definisce l’uomo? Su questo si sono confrontati il frate domenicano Peter Hunter, docente al collegio di Blackfriars a Oxford, il fisico Guido Tonelli, docente alla Normale di Pisa e l’antropologo Silvano Petrosino dell’Università Cattolica di Milano. Ci mancherebbe, qualche spunto interessante è emerso: «spesso ci convinciamo che la misura dell’uomo sia, per esempio, il godimento. O il potere. Ma è un inganno», ha introdotto Petrosino, «l’uomo resta irrimediabilmente abitato da una misura che non riesce a misurare». Nonostante il promettente inizio, la conversazione si è rivelata sterile anzi, controproducente, almeno quando Tonelli ha affermato che bisogna «capire che il valore dell’uomo non è stabilito dal suo denaro o dal successo, ma dalle sue azioni nei confronti delle comunità, siano esse locali o globali, dalle soluzioni che trova ai problemi, dalle sue scoperte e visioni».

Ecco ricomparire l’utilitarismo: hai valore se sei utile, se produci azioni, se trovi soluzioni, se scopri, se sogni. L’uomo avrebbe valore solo in quanto partecipa al flusso della realtà, così come il dito ha valore solo perché è parte del corpo e solo se è capace di muoversi o indicare.

Eppure il prof. Petrosino aveva aperto la strada alla risposta: l’uomo trova dentro sé una misura. Un altro docente della Cattolica di Milano, un teologo di nome Luigi Giussani, se avesse partecipato al dibattito sicuramente si sarebbe inserito affermando: «La scelta dell’uomo è: o concepirsi libero da tutto l’universo o schiavo di ogni circostanza». E’ questa scelta che determina il valore umano, di ogni uomo: che sia utile o non utile alla società, non importa. Per concepirsi libero, non riducibile all’ingranaggio universale, c’è solo un modo: «La superiorità dell’io si fonda sulla dipendenza diretta dal principio che gli dà origine e dà origine a tutto, cioè da Dio. La grandezza e la libertà dell’uomo derivano dalla dipendenza diretta da Dio, condizione per cui l’uomo realizzi e affermi sé».

L’uomo è definito, inizia a dire io quando si percepisce in rapporto con l’Eterno, in grado di vedere se stesso all’interno di un significato, di un disegno. Un essere voluto e amato, così inizia l’affermazione di sé. Come il bambino, che non si può affermare o concepire senza la madre. «Ciò significa», proseguì Giussani, «che senza quel rapporto il singolo uomo non ha possibilità di avere un volto suo, indistruttibile, d’eterna durata; non ha cioè possibilità d’essere persona, di rappresentare quindi un ruolo inconfondibile nel cammino del mondo, d’essere protagonista nel disegno totale».

Questo è anche uno dei grandi insegnamenti di Gesù agli uomini: ha educato il loro senso religioso. Infatti, «la religiosità cristiana non sorge come gusto filosofico, ma dall’accanita insistenza di Gesù Cristo che vedeva nel rapporto col Padre l’unica possibilità di salvaguardare il valore della singola persona. La religiosità cristiana sorge come unica condizione dell’umano» (L. Giussani, All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli 2013).

La redazione

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25 commenti a Cosa dà valore all’uomo? Un filosofo, un teologo e uno scienziato non sanno rispondere

  • giuliano ha detto:

    Molto interessante. Grazie Redazione.

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  • Tommasodaquino ha detto:

    Un vero peccato che lo studio dell’economia teorica, a causa soprattutto dei nefasti totalitarismi del secolo scorso, sia oggi diventata di fatto la scienza che studia le soluzioni economiche degli stati. Quanto ci sarebbe da scrivere solo su questa parola “valore”. La parola più usata e quella meno compresa tanto che la si confonde con “prezzo”. Eppure quando si chiede di prezzare oggetti o azioni che si ritengono fondamentali non si sa rispondere. Quando il cuore viene toccato si rivela l abisso tra queste due parole. L impossibile tentativo di racchiudere la parola valore in un numero la svuota completamente del suo significato. Che valore avrebbe l uomo se nemmeno Dio ha valore? Se Dio non vale almeno un giorno della settimana, una preghiera al mattino o alla sera perché il mio io dovrebbe avere un valore? Oggi si è convinti che non vale la pena credere, né pregare, ma perdere la propria vita nel ricercare ricchezza e successo si. Allora succede che tutto ciò che non è prezzabile non viene considerata qualcosa di valore.

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    • Klaud ha detto:

      Nessuna cosa al mondo ha un prezzo o un valore proprio: il prezzo-valore si crea secondo l’interesse di chi desidera l’oggetto. Da oggettivo a soggettivo.
      Anche l’oggetto ‘dio’ soggiace a questa regola: quante divinità sono state valorizzate e poi sono uscite dal mercato, come un qualunque televisore analogico?
      Che valore avrebbe l uomo se nemmeno Dio ha valore?… L’uomo ha sempre un valore, però succede che dia più valore all’immagine che vede nello specchio.
      È un errore cercare solo successo e ricchezza (ma chi? io vedo solo una massa di ignoranti arrancanti e disperati) ma la soluzione non è credere e pregare.
      La chiesa si è ritagliato un ruolo egemonico come unica fonte della morale: manca un’alternativa.

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      • Tommasodaquino ha detto:

        Se non aveva capito il contenuto bastava scrivere “non ho capito il contenuto, può spiegarlo?” Ed io le avrei risposto volentieri. Perché lo sa che quello che ha scritto non c entra nulla con il mio post?

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    • giuliano ha detto:

      Oggi si è convinti che non vale la pena credere, né pregare, ma perdere la propria vita nel ricercare ricchezza e successo si. Allora succede che tutto ciò che non è prezzabile non viene considerata qualcosa di valore.

      Concordo. Poi, in realtà la vita può anche fare la differenza. Basta una comunicazione del medico circa la presenza di un imprevisto tumore, basta la perdita di una persona cara, basta talvolta anche il semplice rifiuto di una persona che vorresti tua e la sicumera di aver capito tutto sui perchè del tutto si scioglie come neve al sole e ci si scopre nudi ed impotenti, necessitanti di qualcosa che non si riesce a ricomprendere. In ogni caso, a mio parere, non può esistere vita umana senza, anche occasionario, rapporto con il trascendente; se la “situazione” che avvalora questa considerazione non arriva si è solo macchinette prive di libertà ed in preda agli automatisti del contesto ambientale e sociale circostante. Dopo per carità, esistono persone che si definiscono o si considerano fieramente E “sicuramente” “non credenti”; è un lusso secondo me (buon per loro), e ci sta ovviamente. Ognuno è libero di fare e pensare ciò che vuole, ma è proprio in questa considerazione che forse stà l’ineluttabilità a non richiudersi su certe scelte definitive.

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      • Klaud ha detto:

        Ma è possibile che la vostra visione della vita sia tutta nella visione della morte?! Ma per favore!…
        Macchinette prive di libertà: e chi sarebbero quelli pieni di libertà? voi, che siete legati a tutte le regole e i dogmi della chiesa?
        Forse dove abiti tu è pieno di orde di atei furiosi e sitibondi di peccato, ma dove vedi persone così vuote di valori?
        Casi molto recenti hanno dimostrato che persone molto bigotte non si sono fatte scrupolo di fregare i dipendenti o una cinquantina di milioni…
        Quindi parlate dei peccati, non dei peccatori, come andate sostenendo in continuazione. Non credente non è automaticamente ‘senza valori’ o ‘senza spiritualità’.
        Credo che esista anche un inferno per i generalizzatori! 😆
        L’ultima frase mi pare un ossimoro, ma forse intendo male io, comunque le scelte definitive rimangono tali fin che sono sorrette da discrete convinzioni.
        Non è che, come molti pensano, l’ateo è uno che non vuole che dio esista.

        (stà = sta)

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        • giuliano ha detto:

          Ma è possibile che la vostra visione della vita sia tutta nella visione della morte?! Ma per favore!…
          Siamo a corto di argomenti vedo. Chi ha detto che tutto è correlato alla morte? E se anche fosse così (cosa non vera) dove starebbe il problema?

          Per il resto io non ho detto che l’ateo è “privo di valori”, ho scritto che “è privo di libertà” in quanto (soprattutto) si fa condizionare dal contingente e dall’esperienziale nella sua visione della vita. Inoltre non può avere “spiritualità” in senso stretto in quanto non può esistere spiritualità se la conseguenza della stessa trova ragione (sempre nell’ateo) nei meri rapporti chimico-biologici che governano la sensibilità delle persone.
          Il problema non è l’ateo che “non vuole che Dio esista” ma l’ateo che “pretende” che Dio non esista (pretesa assolutamente non giustificabile nell’ambito della valorialità che normalmente lo contraddistingue, quindi c’è anche un pelino di implicita ipocrisia). Del resto è normalmente l’ateo (o presunto tale) che spocchiosamente classa le persone e riduce immancabilmente le persone bigotte e devote a razza inferiore… Per chi vuole intendere intenda…

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          • alessandro pendesini ha detto:

            Il problema non è l’ateo che “non vuole che Dio esista” ma l’ateo che “pretende” che Dio non esista (pretesa assolutamente non giustificabile nell’ambito della valorialità che normalmente lo contraddistingue, quindi c’è anche un pelino di implicita ipocrisia). Del resto è normalmente l’ateo (o presunto tale) che spocchiosamente classa le persone e riduce immancabilmente le persone bigotte e devote a razza inferiore
            Giuliano
            Sono sempre nell’attesa che qualcuno di “straordinariamente eccezionale”, un super Einstein, ad esempio, possa dimostrare l’esistenza di una qualsiasi divinità ! Semmai sono i credenti monoteisti che PRETENDONO da millenni, senza l’ombra di una prova, l’esistenza di un dio, e non gli atei.
            Quando sarete in grado di dimostrare chiaramente, pertinentemente la sua esistenza, è probabile che non possa fare a meno di diventare a mia volta -volendo essere coerente e senza nessun problema- CREDENTE !

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            • giuliano ha detto:

              Non è possibile (per fortuna aggiungo io…) dimostrare l’esistenza di una entità giustificatrice del tutto, che entro di se racchiuda l’inizio e la fine, ecc… La differenza fra un credente e un ateo sta paradossalmente proprio nel fatto che il primo non si pone il problema e apre onestamente il proprio cuore, il secondo invece si fa condizionare dal contesto esperienziale e chiude a priori la possibilità di fare questo passo. Come dicevo in precedenza, ancora paradossalmente, è nuovamente l’ateo che si autolimita la libertà perchè prendere atto unicamente dell’esperienzialità e dell’immanente ciò comporta.
              Quanto alla scienza, sappiamo ambedue di avere anche qui idee profondamente diverse: per lei la scienza diventa talmente importante da arrivare addirittura a giustificare tutta la realtà, per me la scienza è solo una grande ed imprescindibile possibilità dell’uomo che tanto può su una sacco di cose ma nulla può su quelle più importante: dare giustificazione della nostra consapevolezza, della nostra diversità rispetto alle altre creature, della causa prima del tutto, ecc…

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              • alessandro pendesini ha detto:

                La differenza fra un credente e un ateo sta paradossalmente proprio nel fatto che il primo non si pone il problema e apre onestamente il proprio cuore

                dare giustificazione della nostra consapevolezza, della nostra diversità rispetto alle altre creature, della causa prima del tutto, ecc…
                Giuliano
                Anziché “aprire il cuore”, o le meningi, sarebbe utile utilizzare la corteccia frontale per cercare di capire i meccanismi profondi dai quali scaturiscono i nostri comportamenti ma anche-a volte-convinzioni irrazionali o asurde !

                In noi convivono diversi livelli di elaborazione delle informazioni sul mondo in cui ci troviamo, che organizziamo partendo da stimoli fisici raccolti attivamente dai nostri apparati sensoriali. Una parte di queste informazioni è veritiera, ed è quella elaborata dal nostro cervello inconscio, che, di fatto, ci tiene in vita e produce le scelte (o direttamente o a livello di possibilità). Un’altra parte delle informazioni, quella elaborata consapevolmente, è prevalentemente falsa. Non si contano gli studi di psicologia sperimentale da cui risulta che manipoliamo l’informazione che emerge dalla coscienza. Ci rappresentiamo meglio di come siamo, tendiamo a denigrare gli altri (soprattutto se non fanno parte della nostra cerchia sociale), diventiamo più falsi e manipolatori. Quando ricopriamo posizioni di potere, ci consideriamo moralmente superiori e siamo di regola ipocriti, ci illudiamo di avere sotto controllo o di sapere prevedere l’evolvere di una situazione, costruiamo teorie sociali per rilevare gli imbrogli a nostro danno (e allo stesso tempo per imbrogliare gli altri) e inventiamo dei falsi racconti personali. E l’elenco potrebbe continuare.

                Domanda : Realisticamente : potremmo tentare di costruire un’etica rivolta all’uomo senza tener conto della natura umana?

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                • giuliano ha detto:

                  La natura umana è un fatto. Un’etica rivolta al bene dell’uomo è una opportunità. La discriminante in questi discorsi è prendere atto che non siamo “solo” animali, che dal punto di vista anche logico non ha senso ritenere che la nostra consapevolezza e il perchè del tutto abbiano ragione di essere su risposte deducibili solo dall’esperienzialità e dal determinismo. Lei si considera e si accontenta di essere il risultato di qualche composto inorganico ed organico primitivo combinato in modo complesso? Buon per lei, continui a pensarla così e appoggi le sue sicurezze assolute sulla scienza (che ricordo è solo un mezzo).
                  Detto questo, ribadisco che non può esistere etica senza tener conto non tanto della natura ma soprattutto dell’inspiegabilità della nostra consapevolezza. E anche se la consapevolezza fosse, per assurdo e banalmente, il risultato di qualche interazione elettrochimica neuronale non cambia la questione: quando si percepisce l’infinito non ci si può limitare al finito (soprattutto se il finito non riesce a dare ragione definitiva al perchè del tutto).

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                  • alessandro pendesini ha detto:


                    non siamo “solo” animali,

                    Lei si considera e si accontenta di essere il risultato di qualche composto inorganico ed organico primitivo combinato in modo complesso? Buon per lei, continui a pensarla così e appoggi le sue sicurezze assolute sulla scienza (che ricordo è solo un mezzo).

                    quando si percepisce l’infinito non ci si può limitare al finito (soprattutto se il finito non riesce a dare ragione definitiva al perchè del tutto).
                    Giuliano

                    Ritenere che un uomo –quindi : una scimmia epifenomenale della specie umana- sia un essere soprannaturale (creatura divina, NON ANIMALE per eccellenza) è un errore che ha portato alla pazza idea dell’uomo padrone della natura ! Che doveva conquistarla e controllarla.
                    Isolare la vita dalla materia è un’idea folle e che, inoltre, già da tempo si è dimostrata falsa !
                    Posso (oserei ?) farle notare che NON esiste una sostanza biologica diversa dalle sostanze fisico-chimiche, o una discontinuità tra sostanze fisico-chimiche e biologiche !

                    Contrariamente a cio’ che afferma, la SCIENZA NON HA LA PRETESA DI POSSEDERE « SICUREZZE O VERITA ASSOLUTE », ed è proprio per questo che possiamo aver fiducia nella scienza. LA VERITA ASSOLUTA, SEMMAI, PRETENDONO AVERLA TUTTI COLORO CHE CREDONO IN ENTITA FANTASMATICHE, MITI, NARRAZIONI O RACCONTI ASSURDI !

                    Posso chiederle quando parla dell’infinito cosa intende dire o dimostrare, rimanendo nel razionale, evitando retoriche teologiche o metafisiche ?

                    Non dobbiamo dimenticare –ripeto- che è imparando a rinunciare a delle credenze gradevoli ma false, o più generalmente a poter distinguere tra i nostri desideri e la realtà, che passiamo dall’infanzia all’età adulta.

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                    • giuliano ha detto:

                      Io non ho scritto che l’Uomo è essere soprannaturale…
                      Io non ho mai scritto che la scienza pretende di possedere “sicurezze o verità assolute”…
                      Chi aspira al divino, per definizione non può essere nelle condizioni di possedere la verità assoluta (la Fede prima di tutto è fiducia…).

                      Pendesini, ho capito che “legge” in italiano e “pensa” in francese, ma o non riesco proprio a capire, ovvero mi serve troppo tempo per decifrare fra le righe, cosa vuol significare con l’ultimo intervento. Pazienza.

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      • Tommasodaquino ha detto:

        Ohhh. L unico post di risposta pertinente al discorso. Esattamente è il trascendente che valorizza l immanente. La quantificazione dell’immanente è il prezzo, ovvero il rapporto di un’oggetto con un altro.

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        • giuliano ha detto:

          Ti ringrazio Tommaso. Spero che tu riesca un tantino a semplificare i ragionamenti che posti, sempre profondi ma anche criptici e/o complessi. Un saluto.

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  • Sisco ha detto:

    Se viviamo in una società di valori condivisi non possiamo ragionare come Tommasodaquino il quale vuole proteggere i suoi valori personali dall’incomprensione del mondo. I valori debbono essere condivisi per trovare un prezzo nella società. Isolarsi non serve a nulla, che sia una religione o un partito, aumenta solo il disagio personale e non fa vedere più in faccia la realtà.

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    • Tommasodaquino ha detto:

      Il problema è che la parola valore assume il significato in base al soggetto. Per la stragrande maggioranza della gente prezzo e valore sono sinonimi. Il mio punto di vista cerca di guardare al significato della parola valore senza attribuiti qualificativi. Quelli cui si riferisce lei sono fattispecie fisiche a cui il soggetto attribuisce un valore. Da questo punto di vista è ovvio che siano diversi e cmq non inficia con la parola valore

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      • Sisco ha detto:

        Oh frate dominicano, perchè ti ostini a fare l’imprenditore? Lascia perdere non è il tuo mestiere!

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        • Tommasodaquino ha detto:

          Lo sa che questo post non c’entra nulla con quello precedente? Lo sa che anche fondare un’ordine religioso è un’impresa, nel vero senso della parola?

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  • Sebastiano ha detto:

    Non ho capito cosa ha detto il frate domenicano…

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    • Sisco ha detto:

      Io si!

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      • Sebastiano ha detto:

        Perbacco, hai la sfera di cristallo? Perché io dall’articolo non l’ho mica dedotto…

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        • Sisco ha detto:

          Mi hai aiutato tu per indovinarlo, quando hai parlato di frate dominicano ho anche capito che Tommaso d’Aquino era un dominicano; io non lo sapevo! Comunque aiutato è una parola disadatta alla questione che ho per la mente e riguardante un “problema” di Nietzsche riguardo la deduzione e l’indovinare. In pratica si tratta di una questione di gusto oltre che di stile di pensiero: dedurre incasina e basta, indovinare vuol dire centrare in pieno il problema, problema…?! Ma certe parole sono poco adatte a disegnare il quadro individuato con questa questione.

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  • alessandro pendesini ha detto:

    «La scelta dell’uomo è: o concepirsi libero da tutto l’universo o schiavo di ogni circostanza»

    in grado di vedere se stesso all’interno di un significato, di un disegno…….
    d’essere protagonista nel disegno totale»….


    La religiosità cristiana sorge come unica condizione dell’umano»
    ………Dice l’articolo

    –E chi sapebbe colui che puo’ ritenersi libero di scegliere ? Quindi evitare i determinismi interni, soventi inconsci, ma anche esterni che lo influenzano ?….L’uomo è determinato, anzi « condannato » a scegliere !
    Qualcuno ha pensato che una volta abbandonata la nozione di libertà, accede immediatamente, senza sforzo, senza inganno linguistico, senza esortazione umanistica, senza trascendenza, alla nozione di TOLLERANZA ?
    In altre parole : il sentimento (o illusione) di « libertà », si concepisce solo dall’ignoranza di ciò che ci fa agire.

    –Quale sarebbe questo « disegno », da quali ragionamenti o deduzioni razionali emerge questo preteso e osannato « disegno totale» ?

    –Perché dovrei credere che la religiosità cristiana (cattolica in questo caso) sia l’unica, la vera, l’assoluta, e che le altre religioni siano false ? E per quale motivo sarebbero false ?

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    • Brunello ha detto:

      All’ultima domanda, Alessandro, ti avevo già risposto qualche tempo fa…ma vedo che ripeti sempre le stesse cose…

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