Non giudicare! Ma Gesù non l’ha mai detto…

“Giudicare le persone è sempre sbagliato”. Oltre al fatto che è una frase auto-confutante, essendo essa stessa un giudizio morale, chi la pronuncia ha la pretesa di riportare un pronunciamento evangelico. Ma è falso. Infatti, ha ricordato don Francesco Carensi, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, il Vangelo insegna piuttosto la «correzione fraterna, che è al cuore della vita ecclesiale», assieme all'”ammonire i peccatori”, come ha affermato Papa Francesco.

E allora, come spiegare quel famoso discorso della montagna? In esso Gesù di Nazareth insegna: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello» (Matteo 7,1-5).

La stessa domanda è stata rivolta al filosofo William Lane Craig, il quale ha giustamente risposto di leggere la frase evangelica con attenzione: «È evidente che Gesù sta semplicemente insegnando ai suoi discepoli a non essere ipocriti» e non a “non giudicare”. Ovvero: verifica di non stare commettendo tu stesso l’errore che recrimini all’altro, solo allora -dice Gesù- «ci vedrai bene per» correggere il fratello. Lo stesso Gesù, infatti, «espresse durissime condanne verso i farisei, dimostrando che era disposto ad esprimere giudizi morali su altre persone». Infatti, si potrebbe dire che Gesù stesso ha anche “precisato”: «Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio» (Gv 7,24).

La capacità di giudizio, infatti, come abbiamo già spiegato, è espressione della moralità, cioè è fondamentale per discernere il bene dal male, per correggere se stessi -innanzitutto- e gli altri. Che non significa condannarci o condannarli senza appello, questo è l’errore. Condanna e giudizio non sono sinonimi. Anche San Paolo, infatti, invita a «correggervi l’un l’altro» (Rm 15,14) perché, ha concluso don Carensi, «la correzione fraterna è una declinazione della misericordia».

La redazione

13 commenti a Non giudicare! Ma Gesù non l’ha mai detto…

  • Max De Pasquale ha detto:

    Giusto 🙂

  • Meister Eckhart ha detto:

    Mi pare che la parte più rilevante della citazione sia proprio questa: perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Che poi non è altro che una versione della regola aurea valida in tutte le circostanze. Quindi il significato (abbastanza ovvio) è: siate equanimi e non prevenuti nel vostro giudizio e giudicate con lo stesso senso di giustizia con il quale desiderate essere giudicati voi.
    Capirlo mi sembra facile, applicarlo molto meno.

  • Sebastiano ha detto:

    Bisognerebbe far leggere questo articolo a tutti quelli (preti compresi) che si fanno scudo del famoso “chi sono io per giudicare” (e dimenticano peraltro la seconda parte) al fine di tacitare la propria “capacità di giudizio…..espressione della moralità”.

  • Giulio Quaresima ha detto:

    Articolo interessante. Permettetemi però un’osservazione. Se è vero che Gesù non proibisca il giudizio, mi sembra però che faccia di tutto per metterci in guardia dai pericoli insiti nel farsi giudice.

    Il motore che ci deve spingere è la carità. La correzione fraterna, infatti, è sì un giudizio, ma emesso nell’interesse della persona che si sta giudicando: per questo dovrebbe essere compiuta nel modo più riservato possibile.

    Gesù invece ci mette in guardia dal metterci in cattedra a giudicare pubblicamente gli altri, e ci spinge a guardare sempre prima i nostri peccati: l’episodio dell’adultera è illuminante in questo senso. Ripeto, la carità dev’essere al centro: nel momento in cui mi metto a giudicare, dovrei sempre chiedermi: sto giudicando per il bene della persona giudicata o per gonfiare il mio ego? lo sto facendo per farmi prossimo o per dividere?

    • andrea g ha detto:

      Sono abbastanza d’accordo, se lei, Giulio, per “carità” intende il suo significato
      ultimo: conoscenza.
      La sostanza mi sembra questa: si giudica il peccato, ma non il peccatore,
      il che non è un bizantinismo da salotto, ma una sostanziale avvicinamento
      alla Verità.
      Se DIO mi da la grazia di essere sincero con me stesso, riconosco infatti
      che potrei essere io quel peccatore, e quindi non giudico lui, ma solo la
      sua azione.
      E’ ciò che ci insegna il Cristo nell’episodio dell’adultera-

    • andrea g ha detto:

      “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”-

      • andrea g ha detto:

        La Carità ha assunto, nel corso dei secoli, un significato superficiale
        che non è quello che gli assegna la Sacra Scrittura.
        Dice infatti San Paolo:
        “E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato,
        ma non avessi la Carità, niente mi gioverebbe”.

  • Alessandro ha detto:

    La capacità di giudizio nel senso di sapere discernere il bene dal male è un principio fondamentale, giudicare il prossimo come viene comunemente inteso è una cosa diversa. Per dirla in altre parole, la differenza tra giudicare il peccato e non il peccatore penso sia quella che ci sfugge più spesso nella vita di tutti i giorni.
    Il valore del Cristianesimo non è solo quello di promuovere lo sviluppo delle virtù nell’uomo ma riuscire a farlo in un modo che sia comprensibile al fratello che ci sta davanti, altrimenti questa comunicazione diventa fine a se stessa e più per gonfiare il proprio ego invece che di servire. Si rischia di apparire solo arroganti, allontanare chi ci ascolta o ancora peggio farlo allontanare dagli insegnamenti di Gesù. Ho conosciuto troppi cristiani che dietro la motivazione dell’ammonimento nascondevano disprezzo e aggressività. Questo non solo non è cristiano, ma tante volte questi stessi cristiani si sono rivelati ipocriti. Non c’è cosa più bella di riuscire a trasmettere la virtù attraverso l’esempio, allora anche senza dire nulla una persona può rendersi conto che può fare di meglio e auto correggersi, è l’esempio che anche i Santi ci danno.

  • Antonio L. ha detto:

    C’è scritto non giudicate, però lui giudica quindi si contraddice, ma va bene lo stesso, la coerenza non è importante. Basta “reinterpretare” in modo opportuno.

    C’è scritto siate poveri:

    «Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi»

    ma la chiesa persegue sempre la massima ricchezza e il massimo potere ma va bene lo stesso, la coerenza non è importante.

    C’è perfino scritto:

    ” E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10 E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo”

    (cioè se stesso)

    ma voi chiamate non solo padre ogni prete ma addirittura santo padre il papa e perfino quando è ancora in vita, ma ormai abbiamo capito che lo scopo è creare una religione per i propri scopi, dove si possa dire tutto e il suo contrario purchè sia utile a giustificare un potere illimitato.

    E poi ci sono sempre gli omosessuali da condannare..

    • Mister R. ha detto:

      Antonio L.

      Non esiste nessuna contraddizione, la spiegazione la puoi trovare nei commenti precedenti.

      Sempre con la solita storia: “Ma la Chiesa è…..”

      Le classiche affermazioni di chi non conosce la S.S. Trinità e parla…

      Gesù non ha mai detto una parola sugli omosessuali.

  • Andrea2 ha detto:

    Articolo preciso e corretto. Ritengo che molti problemi nascano dall’usare il verbo “giudicare” per due cose ben diverse.
    C’è il giudizio terreno “Il ladro, arrestato in flagrante; è stato giudicato per direttissima e condannato a tre mesi” che è compito di Cesare e che si basa su leggi che, pur ispirate a principi universali non mutevoli, possono cambiare col tempo. Questo giudizio riguarda solo il corpo della persona.
    E c’è il giudizio divino “al termine dei tempi si avrà il Giudizio Universale” che è compito di Dio e che si basa su leggi eterne ed immutabili. Questo giudizio riguarda l’anima della persona.
    Quello che non dobbiamo emettere è il secondo tipo di giudizio ma ciò non significa che non dobbiamo ammonire i peccatori ed insegnare agli ignoranti che sono delle opere di misericordia spirituale per non solo lo possiamo fare ma lo dobbiamo fare (e questo è il motivo per cui si cerca di rispondere ai disturbatori che infestano questo sito).
    Non dobbiamo però pensare di doverli convertire noi (sarebbe un atto di superbia), una volta che li abbiamo ammoniti la nostra coscienza è a posto. Per questo motivo le vecchie Bibbie pre-Internet, ancora dotate di un corposo ed utilissimo indice analitico, raggruppavano i numerosissimi episodi inerenti a questo tipo di giudizio non sotto la voce “giudicare” ma sotto “correzione fraterna”.
    P.S. Non chiedetemi nulla, non rispondo ad alcuno a causa della continua presenza di “disturbatori seriali” infantili (scrivono sempre Dio, Cristo, il Papa, ecc. minuscolo sperando di dar fastidio) e pigri (quando fanno il copia incolla di una frase contenente le parole Dio, Cristo, il Papa, ecc. non fanno la fatica di cambiare la maiuscole in minuscole).

  • Sissi ha detto:

    Ok. Una cosa sola: il pericolo opposto potrebbe essere giustificare tutto per giustificare se stessi. Non è tutto lecito, non è tutto colpa, non è tutto sbagliato. Molti errori non sono tali, ma sono errate visioni moralistiche che spingono a guardare l’errore in tutto. Piuttosto dal mio stesso difetto potrei avere maggiore comprensione e compassione per la debolezza e spinta alla crescita nella fraternità per ricominciare su nuove basi, per il confronto e la correzione di se stessi e del prossimo. Ma questo ha bisogno di umiltà, senso pratico e onestà. Non tutti sono pronti ad ammettere che si può camminare sapendo di avere in comune non qlcs di cui andare fieri, ma qlcs di cui fare attenzione insieme.C’è sempre il fare i conti con la scomodità di doversi sentire in difetto nella scoperta di essere coinvolti in una colpa piuttosto che non poter essere al di sopra di essa anche se solo un pochino per non stare nella posizione scomoda di chi è accusato. A nessuno piace accusarmi e accusare o sentirsi accusato. È solo una questione di percezione : se l’altro è mio fratello nel senso più vero della parola non ho da temere una colpa può essere condivisa e corretta dalla reciproca osservanza alla virtù. Se l’altro è un nemico allora bisogna difendersi e non apparire vulnerabili: o superiori o non colpevoli. Non è questo l’amore di Cristo