Trans nei carceri femminili, stupri assicurati

Trans in carcere. Nel Regno Unito possono essere trasferiti nelle prigioni femminili le persone che dicono di essere “in un corpo sbagliato”. Ma si sono verificate alcune prevedibili conseguenze, non tenute in considerazione per convenienza ideologica.

 

Quello che è successo nella prigione femminile di New Hall, nel nord dell’Inghilterra, è significativo di come molti stati occidentali siano disposti a trascurare i diritti delle donne pur di non limitare desideri e capricci del mondo arcobaleno.

In molti avevano protestato per la volontà di trasferire le persone transessuali, uomini che si ritengono “nati in corpi sbagliati”, nelle carceri femminili, preoccupati per la sicurezza delle carcerate. Tra essi anche Andrea Albutt, presidente della Prison Governors Association: «Ho visto le donne molto spaventate nella situazione di qualcuno che ha un corpo maschile, ma si identifica come una donna, che entra in una prigione femminile o che potenzialmente può entrare in una prigione femminile». Ma tali voci non sono state prese in considerazione e, in molti casi, liquidate come “transfobiche”. Tuttavia, è proprio quanto si è puntualmente verificato.

Uno stupratore trans ha aggredito sessualmente quattro donne nel carcere inglese tra settembre e novembre dell’anno scorso. Il suo nome è Stepehn Wood ed è stato condannato e incarcerato per aver aggredito sessualmente un bambino. Dopo aver iniziato la riassegnazione di genere, si è fatto chiamare Karen White e gli è stato concesso il trasferimento in una prigione femminile, dove ha aggredito sessualmente quattro donne. Le autorità si sono giustificate con le nuove regole del Servizio penitenziario, le quali impongono che «un detenuto deve essere messo in prigione in conformità con il suo genere legalmente riconosciuto», e non quello biologicamente assegnato.

Alcune femministe sono state invece subito indagate per “crimine d’odio” quando, qualche settimana prima, avevano protestato tramite adesivi rosa a forma di falli maschili con lo slogan: “Le donne non hanno il pene. Questo non è un discorso di odio, non è transfobia, è un semplice dato di fatto biologico”. Gli adesivi sono stati apposti dai membri delle ReSisters di Liverpool, le quali hanno dichiarato di volere sensibilizzare in merito alla «potenziale minaccia ai diritti e ai diritti delle donne», che vengono calpestati dalle legge sul riconoscimento di genere.

La notizia è stata inclusa nel dibattito statunitense sulla concessione che i trans utilizzino il bagno opposto al loro sesso biologico, dando ragione alle preoccupazioni del senatore repubblicano Ted Cruz: «Se la legge dice che qualsiasi uomo può entrare nel bagno delle donne, nel bagno di una bambina perché semplicemente dice che in quel momento si sente come una donna, allora stiamo aprendo la porta ai predatori sessuali». Ed è ciò che è avvenuto, anche in questo caso: la nuova politica dei bagni scolastici aperti ai transgender ha già portato allo stupro di una studentessa.

Anche l’editorialista del quotidiano britannico The Spectator, James Kirkup, ha sorprendentemente commentato:

«C’è una ragione per cui quasi tutte le società nella storia umana moderna hanno tracciato linee che differenziano gli adulti con corpi maschili da adulti con corpi femminili. Sono gruppi diversi, con caratteristiche diverse. Indipendentemente dalle parole che usiamo per descriverle, le persone con corpi maschili si comportano in modo diverso rispetto a quelli con corpi femminili, e le persone di corpo maschile possono rappresentare una potenziale minaccia per la dignità e la sicurezza delle persone di sesso femminile. Ecco perché abbiamo prigioni riservate a uomini e prigioni riservati alle donne. La distinzione tra persone di sesso maschile e persone di sesso femminile non riguarda solo le convenzioni sociali, riflette le loro differenze fisiche fondamentali e le implicazioni di tali differenze. Abbiamo prigioni femminili per la stessa ragione per cui abbiamo servizi igienici femminili, spogliatoi per donne, ostelli per donne. E’ per tenere le donne al sicuro da quelle persone con un corpo maschile che potrebbero fare loro del male. Questi sono i principi in gioco quando si tratta della gestione dei prigionieri transgender, ed in particolare delle persone che nascono maschi e hanno corpi maschili e affermano di identificarsi come donne. Così com’è, il sistema carcerario consente ad alcune persone che si adattano a quella descrizione di alloggiare nelle carceri femminili, confinati con detenute donne. Questo è qualcosa che ha turbato alcuni medici, personale carcerario, gruppi di donne».

La correttezza politica e/o ideologica effettivamente apre scenari pericolosi e, per timori di essere nel mirino delle associazioni Lgbt, anche i numerosi oppositori rifiutano di prendere posizione. Così ad esempio è avvenuto sempre nel Regno Unito quando una coppia omosessuale è stata lasciata libera di abusare sessualmente dei bambini a loro affidati perché gli assistenti sociali -a conoscenza dei fatti- temevano di essere accusati di discriminazione e omofobia se avessero inoltrato denunce e segnalazioni.

La redazione

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