«I Sessantottini? Delusi dalla mancanza di senso, ma noi più anestetizzati di loro»
- Ultimissime
- 21 Ago 2018
Una ribellione antropologica, una protesta sulla mancanza del senso della vita. Ma, almeno loro e a loro modo, si ribellavano. Noi? Completamente anestetizzati. Così riflettono sul Sessantotto tre storici di livello (il video più sotto), valorizzando l’ideale sessantottino, senza giustificare lo sfascio generazionale che ne seguì. E la ribellione di quegli anni ha provocato danni immensi proprio perché non trovarono una risposta a questo urlo disperato.
Si parta da una constatazione: negli ultimi trent’anni nessuno ha mai visto proteste studentesche che non fossero -imbeccate dalla politica- richieste di maggiori finanziamenti o strutture migliori, nulla di più. Ma a tema, in quegli anni, c’era la vita, il significato del lavoro, dell’autorità, dell’esistenza. Oggi nessuno metterebbe in piazza lo smarrimento esistenziale. «La ribellione generazionale è una richiesta sul significato della vita e sul senso delle cose, sul fondamento della società occidentale», spiega Eugenio Capozzi al Meeting di Rimini, ordinario di Storia contemporanea all’Università “Suor Orsola Benincasa” Napoli.
«L’Europa e l’Occidente hanno vissuto per secoli su una promessa della modernità, delle magnifiche sorte progressiste, che poi si è attuata in tante forme: rivoluzione scientifica, illuminismo, la democrazia, il socialismo ecc. Tutto questo è andato di pari passo con l’erosione delle basi della civiltà europea, l’etica cristiana, il senso della comunità che era nato con il cristianesimo. Questo ha portato ad una destabilizzazione dell’Occidente e ai totalitarismi, in seguito si è cercato di rincollare il tutto con le democrazie del benessere. Si è creduto che dando il welfare, dando gli elettrodomestici e il consumismo si sarebbero risanate le piaghe. Ma dopo Auschwitz, dopo i Gulag non erano queste le risposte e i Sessantottini hanno avuto il merito di aver messo a tema questa gigantesca ipocrisia: “vi rendete conto che è venuto meno il collante della comunità e della civiltà?”, ci dicono».
Ovviamente, però, gli stessi rivoluzionari del’ 68 non hanno saputo produrre questo collante e le loro grida non hanno generato nulla proprio per la mancanza di un collante, che già non c’era più. L’unico frutto di quegli anni -ha proseguito lo storico- è stata l’ideologia del “vogliamo tutto” e del “puoi essere quello che vuoi”.
«Oggi si è affermata una classe dirigente che si è dotata di questa ideologia: l’individuo può puntare ad una forma di onnipotenza, grazie alla tecnica. Non c’è più comunità. La richiesta di senso è seppellita e paradossalmente siamo più ipocriti di quanto lo eravamo 50 o 60 anni fa. E non c’è più un’idea di rivoluzione contro questo se non la cieca rivolta contro le élite, dire che sono “cattive”. Che poi è il populismo. Siamo nel pieno della disgregazione di una società che punta soltanto all’affermazione individuale e così non si ricostruisce la comunità e non si risponde a quella domanda radicale dei Sessantottini a cui nemmeno loro avevano saputo rispondere. Cinquanta anni dopo non abbiamo fatto saputo fare passi avanti».
Sono riflessioni cruciali per comprendere l’attualità. Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea e di Sistemi politici europei all’Università LUISS “Guido Carli” di Roma, concorda completamente con questa analisi:
«I Sessantottini sono i più fortunati nella storia del genere umano, c’è un benessere crescente e spazi di libertà inediti. Eppure c’è rabbia e contestazione, sentono questo vuoto, sentono il fallimento dei tentativi del Novecento di ricostruire la società tramite la politica. “Dio è morto, benissimo. Ma come lo soddisfo il mio desiderio di assoluto, di liberazione?”, si chiedono. La politica ha fallito, la classe operaia ha fallito, l’idea di Nazione ha fallito…”Che faccio? Soddisfo i miei istinti”. Sesso, droga, viaggi, sensazioni, emozioni, l’espansione al massimo della propria soggettività ma partecipando ad un’azione collettiva. E’ una enorme contraddizione: il rivoluzionario è un puritano, è disposto a morire per qualcosa di cui nemmeno beneficerà. Altro che sesso e droga e soddisfazione immediata! Qui fallisce il Sessantotto e tutte le generazioni successive: non ci sono più risposte che non siano “fate quello che vi pare, ciascun per sé”. Questa è la tragedia della nostra generazione. Il Sessantotto è stato la denuncia del fallimento di tutte le risposte politiche e l’estremo tentativo di trovare una risposta politica, che fallirà essa stessa nel giro di qualche anno”.
Edoardo Bressan, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Macerata, accenna una risposta nel finale. La stessa che già a quei tempi, alcuni cattolici impegnati (lui cita Gioventù Studentesca, quindi don Giussani) proposero ai Sessantottini. Le stesse forze che cambiano il mondo sono quelle che cambiano il cuore dell’uomo, e il cambiamento personale è possibile solo davanti ad una Presenza che attrae e trae fuori da se stessi, dando una prospettiva di eternità alla vita. Così il soggettivismo radicale emblema di quegli anni fu proprio l’antitesi della possibile rinascita.
Qui sotto il video dell’incontro
La redazione“
23 commenti a «I Sessantottini? Delusi dalla mancanza di senso, ma noi più anestetizzati di loro»
Bravi.
Se pensate di poter sostituire il sessantotto riproponendo ciò che la storia ha condannato definitivamente (il cristianesimo), credo che andrete incontro ad un disastro ancora peggiore. Non che difenda il sessantotto, che in fondo è figlio dell’assolutismo cristiano in tema di visioni del mondo, tuttavia a forza di dai e dai, e non c’è paragone con la tensione di un credente convinto, qualcosa della ridondanza con la quale si parteggia per la propria fede, sparirà; me lo auspico, lo spero anche per me!
Il fatto che il cristianesimo causa secolarismo sia in crisi non toglie nulla alla sua forza rivoluzionaria per il bene di tutti. Corsi e ricorsi. Quando si finirà ad attaccarsi al pensiero debole , al relativismo ecc e se ne vedranno i funesti risultati si ritornerà…all’ovile purificati. Parola di Gesù Cristo: la chiesa non morirà. Lei ha bisogno di conoscere un po meglio il cristianesimo e non ragionare alla Voltaire
E’ un dato di fatto che nazismo, comunismo, fascismo e 68 sono stati spazzati dalla storia, il cristianesimo ancora resiste
Un conto è la chiesa, altro conto è la religione. Si può dire che la religione sia in uno stato di vita apparente, mentre la chiesa avrà vita fin che avrà denaro.
Il problema della religione è che è un prodotto obsoleto, praticamente impossibile da rinnovare: in altre parole è un problema di marketing, è come voler
rilanciare le lampade a petrolio. È difficile innestare una vecchia mitologia in un terreno pervaso di conoscenze in antitesi.
Prodotto obsoleto? Una bella o brutta battuta a secondo dell’importanza e senso che gli si da. Le religioni cercano di dare un senso alla vita, rispondere ai fondamentali problemi dell’uomo: chi sono, cosa ci sto fare qui, dove vado ecc.L’alternativa è il materialismo che non ha bisogno di risposte, almeno dicono loro, tanto tutto finisce con la morte. Per questo non tramonteranno mai.Possono essere sostituire dalla superstizione vera o altre pratiche ben poco ortodosse. Poi bisogna distinguere. Ci sono religioni chiamate naturali che possono drasticamente cambiare o sparire con il tempo. Ci sono religioni orientali che sono più filosofie che vere religioni e che comunque danno delle risposte interessanti ai quesiti senza mai forse convincere o essere esaurienti almeno nei fondamenti. Poi ci sono religioni che pretendono essere rivelate, ebraismo, cristianesimo e islam. L’islam non regge ad una minima critica storica, cosa che mai si permettono di fare i mussulmani. Non sono paragonabile Gesù Cristo e Maometto. Rimangono ebrei e cristiani. Verrà anche che gli ebrei si convertiranno con il tempo. Rimarrà il cristianesimo o meglio il cattolicesimo in prima istanza. Può essere, anzi è quasi certo che la Chiesa come struttura attuale decadrà, il messaggio cristiano e quindi il cattolicesimo continuerà per poi riprendersi alla grande. Corsi e ricorsi della storia. Quello che è valido o vero non tramonta mai.
E ciò che sento venire da dentro!
La tua certezza che la storia abbia condannato definitivamente il cristianesimo mi sembra un’affermazione già sentita e risentita: hai qualche prova che la tua presunta certezza non sia una delle molteplici supposizioni sull’ormai prossima ed ineluttabile fine del cristianesimo che si susseguono da ormai un paio di millenni?
Pensare che Voltaire aveva profetizzato che il cristianesimo sarebbe morto in vent’anni. Poi prima di morire chiese di confessarsi da un amico frate, il quale ebbe poi grossi problemi coi superiori, poiché Voltaire era scomunicato!
Il problema nasce quando si confonde un proprio desiderio
con la realtà; ma ci saranno sempre persone che non desiderano
riconoscerla (la realtà): è l’immaturità esistenziale che
diventa slogan (visto che siamo in zona 68)-
È un dato di fatto che il cristianesimo ha perso i suoi dogmi da tempo e che personalità intellettuali di grosso calibro nell’ottocento abbiano decretato la sua fine. Quello che però è eterno nel cristiano, lo spirito, quello non morirà mai… da non confondersi con lo spirito santo. Cristo è stato un grande simbolista che ha considerato il peccato un’assurdità e che ha vissuto la sua vita così come è morto, dando un esempio di come ci si deve comportare, cosa che nessuno ha praticato. Si è scambiato tutto ciò per un comando al quale obbedire (la messa), e con questo si è già decretata la sua fine ab origine: i cristiani han reso impossibile il cristianesimo!
Il cristianesimo ha perso i suoi dogmi? Non scherziamo . Sugli intellettuali dell,800 tipo Voltaire bisogna conoscerlo bene oltre al divismo dì cui si sono ammantati e vedrà che sono spesso impostori
Ma stai veramente parlando del cattolicesimo o stai facendo confusione con qualcos’altro?
Una cosa è la tradizione della chiesa, altra cosa è la vita di Cristo. La prima è la storia del cattolicesimo, la seconda… non c’è storia ma dovrebbe essere quella dei cristiani.
Prima di risponderti vorrei capire meglio: puoi chiarire?
Il cristianesimo prima del cattolicesimo e Cristo prima della Chiesa: l’uno e l’altro senza questa e quello, se possibile…
Ricniamo per i credenti e non , questo passo della lettera di san Paolo ai Romani :
11:[1] Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino.
[2] Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio. O non sapete forse ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele?
[3] Signore, hanno ucciso i tuoi profeti,
hanno rovesciato i tuoi altari
e io sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita.
[4] Cosa gli risponde però la voce divina?
Mi sono riservato settemila uomini, quelli che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal.
[5] Così anche al presente c’è un resto, conforme a un’elezione per grazia.
[6] E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia.
[7] Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti,
[8] come sta scritto:
Dio ha dato loro uno spirito di torpore,
occhi per non vedere e orecchi per non sentire,
fino al giorno d’oggi.
[9] E Davide dice:
Diventi la lor mensa un laccio, un tranello
e un inciampo e serva loro di giusto castigo!
[10] Siano oscurati i loro occhi sì da non vedere,
e fà loro curvare la schiena per sempre!
Emil Cioran, un ateo intelligente (cioè consapevole
della tristezza della vita senza Dio), così parla
del 68, che praticamente osserva dalla finestra:
“Al di là degli studenti completamente privi di esperienza politica,
c’è una mancanza di buon senso semplicemente stupefacente (…),
un comportamento infantile, una capacità di infervorarsi
che sfiora la digressione e persino il delirio» (15 giugno).
Analisi acuta: il 68 altro non è stato che un surreale
tentativo di massa di “scavalcare” le naturali
logiche della crescita umana, di evitare il dolore
della vita e passare direttamente al “paradiso in terra”.
Stupefacente.
A scelta, si può ridere o piangere-
Le parole di Cioran sono tratte da una lettera
scritta a George Bălan-
Mah…noi saremo più anestetizzati dei 68ini?
Forse invece siamo più maturi e profondi e di fronte allo “smarrimento esistenziale” si cerca una risposta vera. Basata su responsabilità e impegno. Evitando quindi di scendere in piazza urlando slogan infantili, drogandoci e picchiando chi la pensa diversamente.
Certo, questo approccio non gode della copertura mediatica di cui ha goduto il movimento del 68, il quale è stato descritto come se tutti i cittadini italiani di quegli anni, anche giovani, avessero partecipato e avessero condiviso le istanze.
Lo dico perché quando si parla di 68ini ci si dimentica sempre la stragrande maggioranza silenziosa degli studenti che in quegli anni frequentava l’Università, le scuole o le piazze e, rigettando gli slogan e i comportamenti dei 68ini “ufficiali”, fra mille ostacoli è riuscita a laurearsi, a lavorare o mettere su famiglia. Gli stessi che negli anni successivi, poi, hanno contribuito a far crescere l’Italia lavorando. Completamente ignorati dalla narrazione mediatica che descriveva l’intera gioventù del 68 come impegnata a soddisfare i propri istinti. Purtroppo la narrazione suddetta è stata a senso unico.
I 68ini “ufficiali”, ossia quelli che nel 68 scendevano in piazza urlando “vietato vietare”, e che poi negli anni 70, 80 e 90 venivano portati ad esempio come cittadino italiano medio, oltre ad essere ora magari piazzati in qualche università o in qualche casa editrice o redazione giornalistica, farebbero meglio, oltre a rivedere le proprie posizioni di allora, cosa che in parte alcuni fanno, a ritirarsi a vita privata. Cosa che avrebbero dovuto fare già dal 1969.
l ‘ 68 lo ho vissuto da maggiorenne e lo posso raccontare. Un periodo di massima confusione, di contestazionedi tutto e tutti ,di desiderio di libertà in ogni campo senza mai una idea sana e chiara alternativa. Chi allora faceva l’università fu colpito dal voto politico e si trovò una laurea che per anni veniva rifiutata in ambito privato. Guardavano l’anno di laurea prima di assumerti! Vent’anni dopo incontrai un professore che fu un sessantino sfegatato.. Mi dichiarò quanto confusi erano e sopratutto quanti ideali si frantumarono proprio perchè strampalati. Non bisogna certo chiederlo a Campana. Un dato è certo. Il ’68 ha rovinato la scuola italiana.
Il vero 68 lo fecero studenti ed operai cecoslovacchi,
dove si viveva ancora sotto il plumbeo clima stalinista.
L’invasione sovietica a schiacciare la domanda
di elementari libertà di espressione.
Il tutto nel silenzio assordante dei sessantottini nostrani-