«Il ritorno di Dio? Inevitabile, l’uomo ha in sé un richiamo trascendente»

 
 
di Claudio Risé*
*psicoterapeuta junghiano
 
da La Verità, 05/08/18
 

Sulla religiosità oggi, e su chi abbia a no diritto di parola su simboli e riti religiosi, c’è grande confusione in Italia dovuta anche a disinformazione. Lo stereotipo corrente, più volte ripetuto dai grandi media, è che la religione e i suoi simboli non interessano quasi più nessuno. Ci viene spiegato fino alla noia che il mondo sviluppato si occupa d’altro: soldi, divertimento, status, insomma le cose che “contano”. Il resto è bigottismo in via di scomparsa.

È la tesi della “secolarizzazione”. Il mondo ha ormai imparato a fare a meno di Dio, e va avanti, più o meno tranquillamente, per conto suo. Un’ipotesi proposta ormai da più di 230 anni, quando la Rivoluzione francese fece abbattere le statue sacre per sostituirle con quelle della dea Ragione, ed è ormai smentita, come vedremo, da dati internazionalmente noti e accettati. Tanto che il filosofo ufficiale della postmodernità, Jürgen Habermas, ha chiesto di parlare ormai di post secolarizzazione  […].

L’essere umano ha bisogno d’altro, oltre ai soldi e a consumi più o meno splendenti. In particolare ha bisogno di amare e di sentirsi amato da un Altro che lo ricambi da una dimensione più alta ed eterna, e che tutte le culture del mondo chiamano Dio, in forme diverse. È il provvidenziale aspetto della psiche umana che in occidente si è sempre chiamato “anima” (senza ascoltare la quale anche il corpo non sta tanto bene) a cercare instancabilmente Dio e la sua forza. Ed è alla ricerca dell’anima che Orfeo suonava il suo flauto per i boschi della Grecia, non ancora amministrata dalla troika, ma già testimone della nascita della poesia, della cultura e della bellezza di questa parte del mondo. Sì: è da quelle parti che si trovano anche le nostre radici, bibliche, greche, cristiane di cui ci parlò sapientemente Benedetto XVI. Ritrovarle ci fa bene, anche se nella modesta Carta dell’Unione europea non se ne parla affatto (ma non importa).

Il ritorno di Dio che pose fine alla secolarizzazione non avvenne di colpo. Era già per un bisogno religioso che verso la metà degli anni Sessanta (assai prima del 1968), migliaia di giovani occidentali lasciarono le case dei loro indaffarati genitori per una ricerca più alta (senza troppa paura del basso) attraverso la meditazione, la ricerca di sé e quella del sacro. Era l’epoca del Concilio Vaticano II e l’interesse delle chiese cristiane andava alle «verità orizzontali», come le chiamò il teologo Jean Guitton: la pace, i diritti, le libertà, la scienza. Molti di quei giovani intuivano però che da nessuna di quelle categorie pratiche sarebbe scaturito il cambiamento di rotta di cui essi sentivano l’esigenza: mancava l’asse verticale della croce, quello diretta verso l’alto. Lo cercarono (di solito senza trovarlo) nei conventi fra le vette dell’Himalaya, nelle meditazioni, anche tra santoni a volte variopinti; almeno ci provarono. Come già riconobbe lo storico Augusto del Noce, la stessa contestazione giovanile nacque più tardi «dal riconoscimento che la società opulenta porta l’alienazione al suo grado massimo» (L’epoca della secolarizzazione, edizioni Aragno) e dal tentativo di superarla.

Il bisogno rimasto insoddisfatto fu poi di lì a qualche anno riproposto con ostentata superficialità dalla pubblicità, più versatile e a suo modo profonda delle diverse chiese. I «trend setter», gli osservatori di tendenze, molto più informati con i loro sondaggi della fumosa teoria illuminista della secolarizzazione (presa sul serio anche da alcune chiese cristiane), sapevano infatti perfettamente che per moltissimi giovani Gesù era più interessante di qualsiasi altro «brand» e che in fondo avrebbero davvero voluto seguirlo. Così lanciarono, nella primavera del 1973, i jeans Jesus con stampato sul sedere: «Chi ama mi segua». L’Osservatore Romano ci fece un corsivo indignato. Anche Pier Paolo Pasolini sembrò caderci con uno «scritto corsaro» sul Corriere della Sera. In cui peraltro acutamente annunciava che da quel manifesto il capitalismo «forniva agli uomini una visione totale e unica della vita», dal corpo al consumo a Dio, e non avrebbe più saputo che farsene della Chiesa. Come più o meno avvenne. Però siccome PPP oltre ai toni profetici un po’ profeta lo era (come i veri poeti), riconobbe anche che forse questa storia ci parlava del futuro. Forse chiamando i calzoni Jesus e stampandoci sopra «Chi mi ama mi segua», il capitalismo intuiva anche che la sequela di Cristo sarebbe passata da lì, dalla sazietà del consumo, più che dai discorsi sui diritti o sulla scienza fatti dal Concilio. E lo stesso PPP vide in ciò la punizione, la «nemesi della Chiesa per il suo patto col Diavolo»: il consumismo materialista.

Fatto sta che i popoli tornarono davvero a seguire Dio, e non solo nel mondo cristiano. Di lì a pochi anni, in Iran il regime occidentalizzato dello Scià di Persia fu rovesciato dall’ajatollah Khomeini, che lo sostituì con uno Stato teocratico, tutt’ora al potere. Negli Usa si diffusero, anche tra i giovani cristiani libertari, movimenti come i Promise keepers, i mantenitori della promessa, che si sposavano solo dopo aver fatto una solenne e pubblica promessa di mantenere il vincolo matrimoniale rinunciando alla possibilità del divorzio, arrivando a ottenere che in molti Stati federali questa venisse registrata ufficialmente. Insomma contro il «vogliamo tutto» si chiedevano vincoli, per ricostruire identità. Un processo che continua oggi, nel mondo e anche in tutto l’Occidente, rinnovando continuamente la ricerca di nuovi modi di affermazione. Inoltre i Paesi non occidentali avevano dimostrato che la secolarizzazione non era indispensabile allo sviluppo economico e alla modernizzazione, che si verificavano a ritmi molto elevati anche in società prevalentemente religiose come l’India, o Singapore dove anzi la religiosità si intensificava con lo sviluppo. Credere in Dio non significava affatto restare poveri e affamati.

Fu però dopo la caduta del muro di Berlino e dell’Unione sovietica che la secolarizzazione entrò in crisi in tutto il mondo. Il «ritorno di Dio» era ormai evidente, e riconosciuto dalla sociologia religiosa, dai sondaggi condotti ovunque per verificarla, e dalla scienza politica. Il fenomeno non fece piacere alla maggior parte dei vecchi politici, formati fin dall’inizio del secolo scorso sull’ipotesi di un graduale e inarrestabile sviluppo dell’ateismo. Il ritorno di Dio non deve però sorprendere: l’osservazione psicologica mostra con precisa evidenza (in Carl Gustav Jung, Edmund Husserl, Karl Jaspers e tanti altri), che l’uomo ha in sé un forte richiamo trascendente, che si esprime ad esempio nei suoi ideali. Quando non lo ascolta (o viene impedito di farlo) soffre e si ammala. Inoltre ha bisogno di appartenenze più significative e interessanti della tessera del supermercato, che lo aiutino a riconoscere la sua identità e il senso della sua esistenza. Tra questi aspetti identitari quello religioso è fra i più potenti, e ne trascina con sé molti altri. Non è un caso, ad esempio, che alla fine del Novecento, quando dopo la prima ubriacatura di globalizzazione secolarizzata si ricostituirono le antiche nazioni inglobate dall’ex Jugoslavia comunista, il criterio principale nello stabilire i confini fu subito quello dell’appartenenza religiosa. Come ha scritto Marco Rizzi, in quell’occasione: «la religione maggioritaria ha determinato i confini degli Stati» (La secolarizzazione debole, edizioni Il Mulino). Anche in Europa, alla fine del secolo scorso, nazioni e identità religiose stavano già rinascendo.

La Russia post sovietica per prima cominciò presto a ritrovare dopo 70 anni di comunismo ateo gli aspetti religiosi e trascendenti della propria identità, assieme con la propria storia, i propri confini e i propri simboli. In quel Paese ciò ha enormemente rafforzato sia la partecipazione religiosa, che la Chiesa cristiana ortodossa e lo Stato. La Cina, con i suoi attuali dirigenti, se è impegnata nella riproposizione del pensiero taoista, e della visione morale e religiosa di Confucio e dei sui allievi. Non tutti, però, furono contenti della fine della secolarizzazione. In Occidente le più sconcertate furono appunto le due autorità che dall’epoca della «morte di Dio» in poi avevano amministrato l’intera questione religiosa: lo Stato con i suoi partiti tradizionali, e le chiese «sbilanciate a favore del secolarismo», come ha sottolineato il filosofo Marcello Pera in un’intervista a questo giornale (del 5 aprile 2018). Oggi, se la maggioranza degli intervistati da Pew research e tanti altri dichiara tranquillamente di credere in Dio, e moltissimi assicurano di sentirsi rafforzati da un rapporto personale forte con il sacro, la meditazione e la preghiera, significa che la religione è ormai uscita da quell’angolo riservato in cui l’avevano confinata gli accordi tra le diplomazie degli Stati secolarizzati e le burocrazie ecclesiastiche. Ciò però scompagina vecchie abitudini, tradizionali pigrizie e recenti comodità. È più facile far funzionare la Chiesa come una onlus che stare al passo con uno spirito santo che, come dice il Vangelo di Giovanni: «nessuno sa dove viene e dove va», ma è proprio ciò che i fedeli cercano.

Spesso però i sacerdoti non hanno più una relazione diretta né con le lingue in cui la parola biblica e evangelica è stata trasmessa, né con le tradizioni rituali e mistiche che possono sopperire a una sua vacillante interpretazione. Come lamentano molti fedeli: si comportano come assistenti sociali. Ciò però non c’entra con il cristianesimo, dove fin dall’inizio Gesù ammoniva Giuda, l’amministratore-traditore, che protestava per il dispendio dell’olio versato sul suo corpo prima della Passione: «I poveri li avrete sempre con voi, ma non avrete più me» (Marco 14, 1-11). Povertà e ricchezza riguardano la libertà umana; ma è nel rapporto personale con Cristo che si gioca il destino dell’uomo. Come aveva intuito Jean Guitton, le «verità orizzontali» pace, diritti, scienza e «le cose come stanno» hanno disabituato i ministri della fede alla fatica di frequentare l’altro, difficile, asse della croce, quello verticale, con (ad esempio) le sue tensioni in alto verso il futuro (personale e collettivo), e, in basso verso il profondo, il passato e la tradizione. La straordinaria dinamicità del cristianesimo sta invece da sempre nel coniugare le due direzioni, orizzontale e verticale, al centro delle quali sta l’uomo.

Il risveglio della fede come sentimento diffuso e popolare non ha in sé nulla di necessariamente divisivo. Come hanno dimostrato gli studi sulla guerra, al contrario di quanto spesso si sostiene, solo meno del 10% dei principali conflitti è stato provocato da motivazioni religiose. È un fatto però che questa fede ritrovata ed esigente è più complicata da amministrare di consuetudini opportunistiche o devozioni superficiali. Nel cristianesimo in particolare il ritorno di Dio fa invece appello a quella «creatività» non convenzionale cui richiamava Benedetto XVI. Certo è che le ideologie universalistiche del 1700 e le loro fantasie onnipotenti di sostituire Dio e le sue tradizioni nazionali con una «dea Ragione» buona per tutti hanno fatto il loro tempo. Sul piano esistenziale, in modi di vita orientati sempre di più dall’invadenza dell’economia e dalla tecnica, le credenze religiose rappresentano per gruppi sempre più numerosi l’alternativa possibile alle logiche spersonalizzanti dei mercati e disumanizzanti delle tecniche; a cominciare da quelle per la riproduzione artificiale.

Sul piano antropologico riemergono le antiche realtà dei popoli, i territori, le nazioni, le loro culture; e il loro Dio, che può convivere con tutti a patto di venire rispettato. Il nostro è l’uomo-Dio morto sulla croce. L’unico a essere risorto.

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20 commenti a «Il ritorno di Dio? Inevitabile, l’uomo ha in sé un richiamo trascendente»

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  1. Armen ha detto

    con tutto il rispetto per il vostro psicoterapeuta junghiano le questioni di coscienza e le opinioni religiose personali non sono all’ordine del giorno. La marcia dei diritti civili e della laicizzazione procede spedita. Pertanto potete andare @ffanculo.

    • lorenzo ha detto in risposta a Armen

      Quanta rabbia: lo sapevi che la rabbia fa male alla salute?

    • Hugo ha detto in risposta a Armen

      Grazie, ma le tue questioni di coscienza e le tue opinioni religiose non mi interessano. Che la laicizzazione proceda spedita lo si vede dall’imbarbarimento della società, ovviamente è tutta e sempre una coincidenza per te. Il dio caso ti accompagni e puoi andare in pace, fratello.

    • Sebastiano ha detto in risposta a Armen

      E ti pareva che non spuntasse quello dei “diritti civili”.
      Mai però che lo si veda organizzare manifestazioni contro l’Arabia Saudita o contro la Cina (giusto per citare due fra le peggiori dittature che si accaniscono contro i suoi stessi mantra).
      Vabbè, è la codardìa dei pusillanimi, buoni solo a blaterare insulti.

    • Annalisa ha detto in risposta a Armen

      Contro l’acidita’consiglio il Malox e pregherò x te .

  2. Armen ha detto

    PS Pennetta hai in serbo qualche nuova vaccata sui vaccini ? dai facci ridere…:)

  3. Max De Pa ha detto

    Devo leggere con attenzione questo articolo. Mi viene da pensare, comunque, che i popoli meno religiosi hanno tassi di riproduzione mediamente piu’ bassi di quelli piu’ religiosi. Forse l’individualismo, che ci fa compiere certe scelte di vita, e’ anche nemico della religione.

    In altre parole: popoli troppo “atei” finiscono per scomparire, soppiantati da quelli ancora credenti.

    • extra ha detto in risposta a Max De Pa

      Max De Pa, per forza succede cosi se quasi tutta elite dell’occidente è come commendatore Armen (vedi il suo commento sopra) che ha una relazione speciale con i culo, e per questo non fa figli, e non lascia che i altri fanno perché elite ha i freni del comando in mano.

    • Patrizia ha detto in risposta a Max De Pa

      Questa è la prova che la selezione naturale e l’evoluzione esistono e funzionano, i soggetti “anormali” e nocivi alla specie si estinguono, e quelli migliori si moltiplicano e proseguono a popolare il mondo.

      • extra ha detto in risposta a Patrizia

        Patrizia, non è male come idea, soltanto c’è un problema non tropo considerato. L’idea tua è stata vera durante il corso di storia, però nel contesto di oggi, di fine dalla storia, non vale. Per esempio i romani hanno accettato la sfortuna di scomparirsi e di lasciare il posto a popoli più prolifici, perché non avevano altra possibilità, era costretti ad accettare la sorte, non potevano ribellarsi contro la cattiva sorte. Mentre i americani di oggi possono, perché hanno le bombe termonucleare le quali possono essere messi a funzione anche da un faccia da culo Armen con biberon in bocca.

  4. Emanuele ha detto

    La religiosità, la spinta al trascendente, il senso del sacro, sono caratteristiche peculiari dell’uomo, inteso come specie.

    Privare l’uomo della religione sarebbe come privarlo dell’arte, della musica, della scienza, dello spirito di avventura, della logica.

    Il risultato non sarebbe quello di avere un uomo migliore, come molti filosofi e politici moderni credevano, ma di avere un uomo meno umano, perché privo di un comportamento tipico della sua specie.

  5. andrea g ha detto

    Il livore dell’ateista non può non essere tale: dopo essersi autoconvinto
    di aver trovato la ‘luce’ (“tutto viene dal nulla e ad esso ritorna”)
    -con tanto di complesso di superiorità-, egli realizza che, nella realtà,
    la parodia della religiosità su cui aveva scommesso la propria esistenza
    -l’adorazione del dio/nulla- non si concretizza per niente, mentre,
    in compenso, prende consapevolezza che la propria vita sta volando via
    a grandi passi.
    Nevrosi, rabbia, astio: inesorabile-

    • Klaud ha detto in risposta a andrea g

      *… La legge della conservazione della massa è una legge fisica della meccanica classica,
      che prende origine dal cosiddetto postulato fondamentale di Lavoisier, che è il seguente:

      « Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma »…*

      Dovresti rivedere le tue opinioni sul nulla secondo gli atei. Secondo te.

  6. Dario ha detto

    Anche io sono d’accordo sul fatto che la regione abbia fatto il suo corso. Essendo il Cristianesimo più liberale e non severo come l’Islam quando la società si è liberalizzata lo ha facilmente messo da parte. Tempo due generazioni al massimo ed i cristiani anche solo per nome saranno estinti in occidente. Non che io ne sia contento, dato che dobbiamo molto ad esso in termini sociali e coesivi, ma la verità è ben triste.

    • andrea g ha detto in risposta a Dario

      Non male, “due generazioni”, così, gli ateisti che vivono come un incubo
      l’esistenza dei cristiani possono sperare di vedere realizzato il loro sogno.
      La speranza serve a tirare avanti.

  7. Enigma ha detto

    Certo …..arrivati alla frutta ci sara’ il dolce…

    La Religione del Nuovo Ordine Mondiale…

    O le religioni new age, con miscugli tribali, riti ascetiche e vudu’….

    Insomma si preferirà l’illuminismo vedrete…

    Quando si stava meglio quando si stava peggio.

    • Dario ha detto in risposta a Enigma

      Eh non so, sicuramente purtroppo si perderà una grossa fetta della cultura occidentale, ma credo che così sarà. La maggior parte delle persone in Italia è antireligiosa e anticlericale proprio nella terra fulcro del Cristianesimo (infatti alcuni stranieri pensano che siamo ultra-religiosi), non immagino all’estero.

  8. Max De Pasquale ha detto

    Purtroppo l’accesso al sito è molto stranamente bloccato !
    Spiacente dirle che le sue filosofiche affermazioni non mi hanno convinto più di tanto ; anzi mi rendo conto quanto sia ignaro nella branca neuroscientifica….
    Come diceva Valery, “la confusione mentale è patologica quando siamo soli, ma considerata normale se siamo in tanti”……

    Io invece mi rendo conto di quanto lei non voglia capire un po’ di logica fondamentale, come quella che ho espresso piu’ sopra, quando questa cozza contro i suoi pregiudizi.
    Come diceva Tucidide, ““Their judgment was based more on wishful thinking than on a sound calculation of probabilities; for the usual thing among men is that when they want something they will, without any reflection, leave that to hope, while they will employ the full force of reason in rejecting what they find unpalatable.”. (History of the Peloponnesian War)

    Quindi non sono qui per cercaere di farle comprendere, perche’ lei non vuole comprendere. Ma per evitare che qualche poveretto si convinca di cio’ che lei dice.

    Molti credenti moderni e, a volte, anche non credenti si comportano come se il discorso scientifico e il discorso filosofico-religioso si svolgono su dei piani diversi, uno si occupa dei fatti e l’altro del significato o valore…..Capisca chi puo’

    Appunto. Affermare che sono le stesse cose e’ filosofia, non scienza.

    Inoltre sembra ignorare, o finge d’ignorare che attualmente sappiamo, ad esempio, che vedere è attivare una folla di neuroni dell’area visiva V1, parte posteriore del cervello fino alla sua parte anteriore, modificando il loro stato elettrico. Ascoltare e percepire le parole significa attivare altri circuiti che collegano ampie aree della corteccia temporale ad altri un poco ovunque nella corteccia e a quelli della fonazione. Ricordare è riattivare questi circuiti grazie al lavoro di stabilizzazione svolto nelle loro sinapsi, con l’aiuto dell’ippocampo. Apprezzare, gioire, amare, temere o sognare è attivare altri circuiti corticali, limbici e ipotalamici. È l’auto-percezione da parte del cervello di uno stato neuronale.

    My point stands.

    Tutto avviene esclusivamente nelle cellule. Non esiste un supercervello, un homunculus o un’anima che riceve tutto questo e forma il pensiero. È l’insieme del cervello che pensa. L’idea di un’anima, di uno spirito o coscienza senza cellule che farebbe tutto questo non ha senso e, quindi, un’anima che sopravvivrebbe e potrebbe, senza materia, disporre delle funzioni di un cervello non ne ha ugualmente nessuno. Di questo non esiste l’ombra di una prova RAZIONALE !

    Carissimo, che meccanismi fisici molto complessi, interessanti, ed assolutamente giusti da studiare, accadano quando vediamo, appreziamo, gioiamo, amiamo, temiamo, sogniamo, ecc nessuno lo ha negato, anzi; i filosofi aristotelico-tomistici l’avevano gia’ intuito, capito e messo nero su bianco 700 anni fa. L’ho scritto tante volte in questa discussione, ma lei non lo vede, perche’ non lo vuole vedere.
    Ma come ho gia’ detto, gli stati mentali non possono essere studiati come i segnali chimici elettrici nei nostri neuroni, perche’ io non posso entrare nella mente di un’altra persona per compiere misure. Cio’ che accade dentro la mente di un’altra persona e’ impoderabile rispetto alla biochimica. E non sappiamo cosa venga prima: se pensare, apprezzare, gioire, amare, temere o sognare, oppure la fisica. Lei non lo puo’ sapere per certo. Possiamo assumere che la fisica venga prima del pensiero, ma questa e’ un’assunzione che non e’ dimostrabile (vedi sopra).

    Poi l’affermazione che qualcosa di immateriale non esista, abbia pazienza, e’ stata gia’ abbondantemente messa in crisi da Francesco Santoni qualche anno fa (https://www.uccronline.it/2012/09/22/a-proposito-dellanima-risposta-a-chiara-lalli/) . Le consiglio di andarsi a rivedere quella discussione e non a ripetere a pappagallo sempre le stesse cose, sperando di ottenere qualche risultato.

    Alcuni filosofi a lei molto cari, inclusi gli Heideggeriani più devoti, concludono che la fisica non è in grado di descrivere gli aspetti più fondamentali della realtà e la squalificano come modalità ingannevole di conoscenza……

    Che non possa descrivere alcuni aspetti piu’ intimi, non c’e’ nulla di scandaloso. Che cosi’ la squalifichino, e’ un’opinione che non mi appartiene, ne’ appartiene ai filosofi che io conosco.

    E dimenticano che troppo spesso in passato ci siamo resi conto che sono le nostre intuizioni immediate che sono imprecise o errate: se fossimo rimasti con queste visioni filosofiche puramente illusorie, continueremmo a pensare che la terra è piatta e che il sole gira intorno ad essa…..

    Si tranquillizzi; i filosofi seri usano i dati sperimentali per le loro considerazioni. Pensi che erano stati i grandi astronomi dell’antichita’ come Tolomeo a proporre, dati e calcoli alla mano, che il Sole girava intorno alla Terra.
    Ah, scusi… pensavo che volesse fare una considerazione piu’ matura, non che volesse gettare del fango sopra le persone con cui non e’ d’accordo!

    NB -Le intuizioni, ripeto, provengono dalla nostra esperienza limitata, dalla nostra ignoranza. Affidarsi alle intuizioni immediate, piuttosto che ai risultati di un esame collettivo, razionale, attento e intelligente, non è saggezza: è la presunzione del piccolo vecchio che rifiuta di credere che il vasto mondo oltre Il villaggio in cui ha sempre vissuto possa essere diverso da quello che ha sempre conosciuto…..
    Per governare la natura, bisogna cercare di capirla, e, per questo, osservarla, sperimentarla, non di certo sacralizzarla !

    Certamente. I grandi scienziati ed i grandi filosofi sono stati dei grandi pensatori, che non si sono certamente affidati ad intuizioni immediate.

    Per il resto, nessuno sacralizza la Natura. 2500 anni fa, un popolo nell’odierno Medio Oriente capi’ che non la si doveva deificare in nessuna maniera. Questa e’ una delle ragioni per cui la Scienza e’ nata da chi ha accolto quel messaggio.

    Cordialita’.

    • Max De Pasquale (Max) ha detto in risposta a Max De Pasquale

      Chiedo scusa agli altri utenti del sito per questa “invasione”. Per un po’, ne’ io ne’ Alessandro Pandesini potevamo postare i nostri interventi nella discussione precedente, partita da una intervista a Roger Penrose. Lui ha provato su FB, io ho provato a scrivere in questa pagina, dedicata ad un nuovo argomento.

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