Il popolo argentino è contro l’aborto: in maggioranza le donne (52% vs 39%)
- Ultimissime
- 23 Lug 2018
Prosegue in Argentina, al Senato, il dibattito sulla legalizzazione dell’aborto. Alla Camera c’è già stato il voto favorevole, si attende il risultato finale l’8 agosto. Un momento storico e delicato per il popolo argentino che, secondo un recente sondaggio, è maggiormente contrario alla legalizzazione. Donne e giovani, in particolare.
L’indagine è stata realizzata da Ipsos: il 49% degli intervistati ha espresso la propria opposizione alla legalizzazione dell’interruzione di gravidanza, mentre il 40% si è mostrato favorevole. L’11% non ha scelto né l’una, né l’altra opzione.
Il rifiuto della legalizzazione, si legge anche, è maggiore tra le donne rispetto agli uomini. Tra le persone con redditi più bassi, tra i giovani, tra gli abitanti dell’interno del Paese rispetto a quelli dell’area metropolitana e tra coloro che approvano il mandato del presidente cattolico Mauricio Macri rispetto a chi lo disapprova. Presidente che ha risposto negativamente alla richiesta della Conferenza Episcopale Argentina di porre il veto in caso di vittoria del “si”. E un sacerdote lo ha, per questo, minacciato di scomunica. La Chiesa argentina, guidata da mons. Víctor Fernández, nuovo arcivescovo di La Plata e definito “teologo di Papa Francesco”, sta sensibilizzando con coraggio le coscienze in favore della vita, chiedendo la protezione della madre e del bambino.
Entriamo nel dettaglio di due dati importanti: il 52% delle donne argentine è contraria alla legalizzazione dell’aborto, contro il 39% che ha espresso parere favorevole. Tra i giovani compresi tra 18-29 anni, la contrarietà alla legalizzazione è del 52%, così come del 45% di coloro che avevano dai 30 ai 44 anni. In caso di vittoria dei no-life, l’aborto sarà liberalizzato fino alla 14 settimana di gravidanza. Nessun limite di tempo, invece, in caso di stupro, pericolo di vita della donna e impossibilità di vita extrauterina del feto.
Ampia diffusione ha avuto il coraggioso intervento del deputato di sinistra Luis Gustavo Contigiani, del Frente Progresista Cívico y Social, che ha invitato i suoi colleghi ad opporsi alla legalizzazione: «non c’è nessun argomento, nessun motivo per eliminare una vita in Argentina. Non può essere una nostra decisione. Non posso dissociare la mia lotta per la giustizia sociale, per lo sviluppo del nostro paese, per i più deboli per l’uguaglianza delle opportunità da quella per il diritto alla vita di chi si trova nel ventre di una madre. Io pretendo di essere coerente! Non c’è un atto più rivoluzionario che difendere la vita».
La redazione
108 commenti a Il popolo argentino è contro l’aborto: in maggioranza le donne (52% vs 39%)
Ma il problema non è essere eticamente pro o contro l’aborto. E’ prendere atto che l’aborto è un fenomeno vecchio quanto l’umanità, e che un divieto sancito dalla legge non lo farà scomparire con un puff. Semplicemente aumenteranno gli aborti clandestini, ed oltre al feto morirà anche la donna che lo porta in grembo. Bell’affare per i pro-vita.
La legge non è coscienza, non è etica, non è tantomeno convinzione religiosa: è o dovrebbe essere strumento razional-pragmatico di risoluzione di un problema.
Razionalmente, nessun divieto, finanche penalmente sanzionato, così come nessuna misura di sostegno alla maternità, cui i pro-vita pure fanno pieno affidamento, potranno impedire che avvengano aborti in clandestinità.
Pragmaticamente, la legge dovrebbe scegliere il male minore, qualora non sia possibile altrimenti. L’ottica della riduzione del danno, checché possa dire qualcuno, è una grande conquista della storia della civiltà.
L’aborto è un male? Sì, certo.
E’ eliminabile? No, tantomeno con un divieto.
Può essere un male ancora maggiore? Sì, quando avvenga in condizioni sanitarie carenti che mettano in pericolo la vita della donna.
Può, inversamente, questo male essere ridotto? Sì, attraverso l’accesso a strutture sanitarie qualificate.
Il resto è cattiva coscienza. Meglio, il tentativo di far entrare una ideologia etica in un campo che non è il suo.
piero, mi sapresti indicare in cosa si differenzia, ovviamente dal punto di vista etico, il mio seguente ragionamento dal tuo?
Il problema non è essere eticamente pro o contro l’omicidio. E’ prendere atto che l’omicidio è un fenomeno vecchio quanto l’umanità, e che un divieto sancito dalla legge non lo farà scomparire con un puff. Semplicemente aumenteranno i morti perché gli omicidi avverranno in mezzo alla gente e moriranno persone che non centrano niente.
La legge non è coscienza, non è etica, non è tantomeno convinzione religiosa: è o dovrebbe essere strumento razional-pragmatico di risoluzione di un problema.
Pragmaticamente, la legge dovrebbe scegliere il male minore e dovrebbe fare in modo che, se qualcuno deve ammazzare qualcun altro, lo possa fare senza mettere a rischio la vita di altre persone che non centrano niente: la riduzione del danno, checché possa dire qualcuno, è una grande conquista della storia della civiltà.
L’omicidio è un male? Sì, certo.
E’ eliminabile? No, tantomeno con un divieto.
Può essere un male ancora maggiore? Sì, quando avvenga in mezzo ad una folla di persone che nulla hanno a che spartire con la persona che deve essere uccisa.
Può, inversamente, questo male essere ridotto? Sì, consegnando la vittima direttamente nelle mani del suo assassino e collaborando affinché l’omicidio avvenga in modo da far soffrire chi deve essere ammazzato nel modo più veloce e meno doloroso possibile.
Il resto è cattiva coscienza. Meglio, il tentativo di far entrare una ideologia etica in un campo che non è il suo.
E’ molto semplice, Lorenzo.
Sempre da un punto di vista razional-pragmatico, una legge che vieta l’omicidio ha l’effettivo di limitarlo enormemente, attraverso la minaccia di una pesantissima sanzione afflittiva.
Con l’aborto questo non avviene.
O vuoi mettere in carcere le donne che abortiscono clandestinamente? (19 milioni ogni anno nel mondo, fonte Lancet, mica pizza e fichi).
Che fai? Metti in carcere il medico? Ecco allora che spuntano le mammane.
E meno male che te lo aveva precisato: “ovviamente dal punto di vista etico”.
Ma per evitare di rispondere ti sei rifugiato in quello “razional-programmatico”, ovvero: siccome non si riesce a limitare il fenomeno lo rendiamo legittimo (prima) e reclamabile come diritto (poi).
Ma chissà perché allora lo percepisci come un male…
Ma scusa, tu VERAMENTE pensi che ci sia qualcuno che eticamente ritiene l’aborto una cosa bella?
Invece te la faccio io una domanda: cosa ritieni ETICAMENTE migliore: che una donna abortisca tra i ferri di una mammana o in un ospedale?
Oh, non svicolare, non mi dire “ritengo eticamente migliore che quella donna non abortisca” Tu non sei quella donna.
Si, per esempio per tale Chiara Lalli (della tua congrega), che ci pubblica i libri tentando di nascondere la tragedia che l’aborto si porta dietro.
La tua domanda è una non risposta alla mia, che ti ripeto: perché ritieni che l’aborto sia un male?
Oltretutto, se io non sono quella donna, tu non sei quel bambino al quale vien impedito di nascere. O te n’eri scordato che esisteva pure lui?
Amico mio, io non faccio parte di nessuna congrega, e ti ripeto ancora, poi se vuoi capire capisci, sennò lascia perdere, nessuno considera l’aborto un bene, perché è comunque un atto contro la potenzialità di una vita.
La differenza tra me e te è che tu dai l’accento su “vita”, coerentemente definendo omicida la donna che pone fine anche ad un genoma di pochi giorni privo di sistema nervoso, io do l’accento su “potenzialità”.
Ma anche chi considera un genoma o un feto come “vita potenziale” e non come “vita” tout court, non considera comunque l’aborto un atto eticamente bello, stanne certo.
Tornando a te, gradirei se rispondessi alla domanda: cosa ritieni ETICAMENTE migliore: che una donna abortisca tra i ferri di una mammana o in un ospedale?
Sei contraddittorio: se l’aborto è semplicemente “un atto contro la potenzialità di una vita” (appunto: “un genoma di pochi giorni (e perché non un feto di 90 giorni? perché assomiglia troppo al bambino?) che male c’è a compierlo? Dove sta il dramma se quella non è una vita vera e propria? E perché mai una legge dovrebbe preoccuparsi delle “potenzialità”?
Non giocare con le parole. La potenzialità di una vita, come ho definito il processo prenatale, ma avrei potuto definirlo in altro modo, non è non-vita. Non è una cosa astratta. E’ comunque un organismo umano in evoluzione. Chiunque, sopprimendolo, sa di fare una cosa eticamente riprovevole. Ora c’è chi, come te, ritiene che non vi sia differenziazione di responsabilità etica tra il sopprimere un embrione, un feto o un neonato, trattandosi comunque di un assassinio. Ma anche chi questa differenziazione la fa, stanne certo, non arriva al grado zero di responsabilità etica.
Facciamo così, se non ti piace la definizione di aborto come atto contro la potenzialità di una vita, chiamiamolo come atto contro un organismo umano in evoluzione.
Tornando a te, cosa ritieni ETICAMENTE migliore: che una donna abortisca tra i ferri di una mammana o in un ospedale?
Signor Piero, permetta l’intromissione.
Non ha senso porsi la domanda se eticamente è “migliore” abortire tra i ferri di una mammana o abortire in ospedale… per il semplice fatto che lei continua sistematicamente (secondo me) a “vedere” il problema unicamente dal punto di vista della donna gravida e non dal punto di vista di “tutti” i soggetti che dovrebbero essere interessati da una eventuale scelta (donna, feto, uomo e società).
Il quarto soggetto (cioè la società) è fondamentale nel “fissare paletti” ed è fondamentale per “far ritenere legalmente giusto o non giusto” il procurato aborto attraverso leggi e l’utilizzo del servizio sanitario nazionale. Tenga conto però che c’è sempre una parte della società contraria e non vedo perchè a) debba essere eliminata l’obiezione di coscienza, non vedo perchè b) venga pagata la IVG ANCHE con la quota parte delle tasse di chi è contrario e soprattutto non vedo perchè c) venga a considerarsi TSO gratuito l’IVG essendo privo di correlazione pubblica col resto della società.
Ma c’è anche il terzo soggetto (l’uomo) discriminante di tante cose, ma soprattutto per capire se la gravidanza è frutto di “un errore” o frutto di uno stupro (unico caso secondo me, insieme al rischio vita per la donna, perchè sia “giusta” l’IVG … come era prima della 194 del resto…).
Poi c’è ovviamente il primo soggetto: la donna … certamente non il soggetto più debole e indifeso ma quello che dovrebbe “accettare” di sopportare il carico di dolore fisico e psicologico maggiore in caso di gravidanza pervenuta per “errore” e non voluta ma da portare a termine.
Infine da ultimo (che gli abortisti stoicamente si riguardano bene dal considerare…) abbiamo il feto. Cosa possiamo dire del feto?
1) ci siamo passati TUTTI (perchè a chi subisce una IVG viene levato il diritto di nascere?);
2) è il soggetto più debole (non può difendersi, non può prendere posizione, può solo “scostarsi” all’arrivo del ferro del chirurgo ginecologo…);
3) è il soggetto di difficile discriminazione in quanto parte “lesa”. Da cosa dipende la sua “salvezza”? Due settimane dal concepimento? Dieci settimane dal concepimento? 19,345999 settimane dal concepimento? “Anche” dopo la nascita (basta venga ammazzato subito…) come propone quel cialtrone di Peter Singer?
Migliaia di anni di storia umana ci hanno differenziato dagli animali. Tra le persone consapevoli ormai è di BASE il concetto che l’essere più debole va difeso senza se e senza ma, e a PRIORI. Come mai il principio non è applicabile al feto? L’IVG, escludendo stupro e rischio vita per la gravida, è ineludibilmente una ATTO di sopraffazione di un essere più debole da parte di un essere più forte.
Poi vorrei farle una ultima domanda: ritiene giusto che in alcuni Paesi (in Italia … non manca molto) non nascano più bambini down? Tanto per sapere… se la risposta è NO si è risposto da solo sul perchè è “eticamente” errato il procurato aborto (in qualunque situazione si concretizzi…), se la risposta è SI consideri gli sviluppi di questo assurdo piano inclinato attivato dalla legalizzazione, praticamente senza limiti, del procurato aborto pubblico.
Diciamola papale papale: escludendo la donna a nessuno interessa una mazza della faccenda: il FETO non può far nulla e finisce in pattumiera; l’UOMO è contento perchè non può essere “responsabilizzato” a dare il suo contributo; la SOCIETA’ è “grata” perchè le spese diminuiscono man mano che aumenta l’ “eliminazione” delle persone più complesse da gestire. Guardando invece la DONNA ci si accorge che 1) è molto più sola di prima; 2) dei suoi problemi post IVG non frega nulla al resto del mondo; 3) da portatrice di vita diventa ufficialmente portatrice di morte.
“eticamente”? E’ una ridicolaggine (infantile, peraltro), come dire: “cosa ritieni più etica, la pena di morte per impiccagione o quella tramite ghigliottina?”
Ma che paragoni fai?
Vedo che ti stai arrampicando sugli specchi pur di non ammettere che il nascituro è una persona umana. Infatti ti attacchi alle definizioni di “potenzialità”, ma non ti accorgi della falla: quando questa “potenzialità” diventa “atto”? Quando nasce? E dunque fino ad allora non è una persona?
Signor Giuliano, secondo la sua visione per quale motivo in caso di stupro l’aborto dovrebbe essere concesso? Il feto è innocente in ogni caso, sia in caso di concepimento consenziente sia in caso di violenza. Cominciamo a fare feti di serie A e B?
Se il feto è una persona a tutti gli effetti, sarebbe giusto o no che una donna che abortisce volontariamente e premeditatamente venga condannata alla stessa pena prevista per l’omicidio premeditato, sia pure con la concessione di tutte le attenuanti del caso?
Se lei, come mi sembra, è persona di buon senso e di buon cuore, mi risponderà: beh, no, non sarebbe giusto.
Solo che poi tocca spiegare perchè non è giusto.
E si ha un bel daffare a conciliare questo moto di coscienza autentica con il principio da cui si è partiti, cioè che il feto è una persona a tutti gli effetti. Non vi sarebbe motivo infatti per non condannare la donna che ha abortito, causando la morte di una persona (feto=persona), a vent’anni.
Non sarà, invece, che l’emergenza spontanea di un moto di coscienza autentica, quale quello di provare ribrezzo nei confronti di una condanna a vent’anni per una donna che ha abortito, mette in crisi il principio feto=persona e lo fa rivelare come una sovrastruttura?
Un’altra cosa, signor Giuliano.
Portando alle estreme conseguenze logiche l’equiparazione tra embrione, feto e persona, se ne deduce che non v’è alcuna differenza ontologica tra “infanticidio premeditato mediante avvelenamento” e “pillola dei cinque giorni dopo”.
Se ne deduce che la ragazza che fa uso della pillola dei cinque giorni dopo dovrebbe essere condannata all’ergastolo (pena prevista per un omicidio pluriaggravato).
Per PIERO
******secondo la sua visione per quale motivo in caso di stupro l’aborto dovrebbe essere concesso? Il feto è innocente in ogni caso, sia in caso di concepimento consenziente sia in caso di violenza******
La differenza è che non c’è alcun nesso eziologico di “responsabilità” fra concepimento e condotta della donna (che ha subito una violenza). In caso di violenza si dovrebbe far di tutto per fare in modo che la gravidanza si concluda (il feto ovviamente non ha alcuna colpa di essere stato concepito…) ma occorre molta sensibilità in rapporto alla stato della gravida. Se proprio non se ne viene fuori non si può imporre una gravidanza non voluta (e questo è comprensibile) ma soprattutto “imposta” alla donna dai fatti contingenti e non a seguito di errori o leggerezze della coppia (e anche questo fa la differenza). Non ci sono feti di serie B e di serie A; ciò di cui si parla è una conseguenza di fatti a cui umanamente non può darsi “normale” soluzione (soluzioni “eccezionali” potranno esserci in futuro a seconda dell’evoluzione della scienza medica… ma questo è un altro discorso).
*******Se il feto è una persona a tutti gli effetti, sarebbe giusto o no che una donna che abortisce volontariamente e premeditatamente venga condannata alla stessa pena prevista per l’omicidio premeditato, sia pure con la concessione di tutte le attenuanti del caso?******
Nel caso di gravidanza accorsa per “errore” o poca “responsabilità” certamente la persona che ha eseguito materialmente il procurato aborto dovrebbe rispondere di omicidio mentre la donna (salvo casi reiterati) dovrebbe rispondere almeno di omicidio colposo in quanto parte essenziale del contesto. Ma direi il problema non si pone; le ricordo che la 194 è (pare) avvalorata dalla “maggioranza” dei nostri connazionali e quando ciò accade o la maggioranza non ha cognizione di cosa sia esattamente una IVG (notoriamente il “lavoro sporco” viene eseguito dai chirurghi ginecologi) o semplicemente non ha alcun interesse sulle potenzialità e/o diritti di chi sta crescendo (insomma … grande ignavia ed ipocrisia).
******E si ha un bel daffare a conciliare questo moto di coscienza autentica con il principio da cui si è partiti, cioè che il feto è una persona a tutti gli effetti*****
Guardi che è lei a “girare” inultilmente i discorsi. Non si deve aver paura delle conseguenze se si è convinti che il feto è una normale fase della vita di un individuo (condizione necessaria e sufficiente per il “prima”, ovvero il concepimento, e il “dopo” ovvero nascita, svezzamento, adolescenza, vita adulta, vecchiaia, ecc…
******Non sarà, invece, che l’emergenza spontanea di un moto di coscienza autentica, quale quello di provare ribrezzo nei confronti di una condanna a vent’anni per una donna che ha abortito, mette in crisi il principio feto=persona e lo fa rivelare come una sovrastruttura?*****
Non scriva queste cose signor Piero, le ricordo che siamo persone e non animali. Le persone hanno la consapevolezza e posseggono conoscenza della reltà attraverso la scienza. Se la condanna deriva da un atto illecito (che consapevolezza, scienza, leggi dell’uomo, ecc… mettono a nudo…) non bisogna aver paura delle conseguenze e lavorare piuttosto affinchè le coppie affrontino con responsabilità il sesso e le gravidanze indesiderate non accadano.
*****Portando alle estreme conseguenze logiche l’equiparazione tra embrione, feto e persona, se ne deduce che non v’è alcuna differenza ontologica tra “infanticidio premeditato mediante avvelenamento” e “pillola dei cinque giorni dopo”. Se ne deduce che la ragazza che fa uso della pillola dei cinque giorni dopo dovrebbe essere condannata all’ergastolo (pena prevista per un omicidio pluriaggravato)****
Certamente stiamo parlando di interventi “artificiali” post conepimento che annullano il concepimento. E la logica porta a conseguenze viste in precedenza.
Signor Piero, le conseguenze di equiparare embrione con feto e con persona vengono da se una volta preso atto che effettivamente i tre ammassi di materia organica di cui stiamo parlando sono la stessa cosa in quanto appartenenti ad un ineludibile e non separabile percorso di formazione+sviluppo+vita+morte. C’è molta ipocrisia ed ignavia nel risolvere la questione semplicemente perchè i primi due “ammassi di materia organica” non possono difendersi ne prendere posizione; probabilmente è questo l’aspetto pù “vergognoso” del problema. Dopodichè ognuno la “pensa” o “può pensarla” come vuole… in democrazia vince la maggioranza… e sul perchè abbia vinto la maggioranza, sul caso specifico dell’IVG, penso che ognuno abbia anche il diritto di farsi le proprie opinioni.
Questo principio e’ il cavallo di battaglia di tutto co’ che si vorrebbe legalizzare, ma i dati smentiscono.
Hai sviato il discorso sulle pene connesse ad un eventuale reato di aborto, ma non hai minimamente risposto alla mia domanda:
– se “da un punto di vista razional-pragmatico” la legge sull’aborto non è criticabile perché sceglie il male minore,
– perché “da un punto di vista razional-pragmatico” dovrebbe essere criticabile una legge che, sull’omicidio, sceglie il male minore?
Ma che hai scritto, uno scioglilingua? Ti stai incartando: una fantasiosa legge sull’omicidio che scegliesse l’altrettanto fantasioso male minore da te individuato, è ovviamente criticabile, e grazie.
E ti ho anche spiegato perché, e te lo rispiego: la legge che punisce l’omicidio con severissime pene detentive è efficacemente in grado di combattere il MALE MAGGIORE. La legge, qualsiasi legge che vorrebbe punire l’aborto non è in grado di combattere un bel niente, né il “male maggiore” (l’aborto in sé) né il “male minore” (l’aborto in condizioni di sicurezza sanitaria”.
Premesso che la legge è efficacemente in grado di combattere l’omicidio forse solo nei tuoi sogni, dove avrei scritto che la legge dovrebbe punire con il carcere la donna che pratica l’aborto: io credo che un contributo di almeno 10-20 mila euro per ogni figlio porterebbe pressoché a zero la soppressione degli esseri umani prima della loro nascita.
Sì sì bell’idea: io darei anche 10-20mila per tutti quelli che non ammazzano nessuno, portando pressoché a zero la soppressione degli esseri umani dopo la loro nascita.
Questa tua risposta dimostra che non conosci affatto le problematiche legate all’aborto e che parli solo per convinzioni edeologiche di natura satanica.
Questa tua risposta dimostra che non conosci affatto le problematiche legate all’aborto e che parli solo per convinzioni ideologiche di natura satanica.
La tua risposta dimostra inoltre che, nel tuo mondo di valori, 10-20mila euro sono molto molto più importanti della vita di un essere umano: non mi dire che anche tu, come molti, saresti disposto ad ammazzare un persona per solo qualche centinaio di euro?
Ah, ironia, questa sconosciuta…
Se tu affermi che l’unico modo per fermare l’aborto sarebbe l’arresto della madre ed io ti ribatto che l’aborto può benissimo fermato con incentivi economici, quando tu mi rispondi in modo ironico io sono portato a capire che tu ritieni la cosa non fattibile: se mi sono sbagliato, sono ben contento che anche tu ritenga quella degli incentivi economici un modo utile a limitare grandemente l’aborto.
…appunto…nonostante la sua regolamentazione legale, l’aborto è aumentato a dismisura perché si ragiona in termini di maggior accesso alla possibilità di realizzarlo. ..Le pare giusto, Piero? Altro che “male minore”…Sei milioni di bimbi uccisi in Italia dal 1978 ad oggi con la regolamentazione legale. ..Avremo risolto ampiamente il problema dell’invecchiamento del nostro disgraziato paese…E delle nostre pensioni future…
Stavo per chiederti perché ritieni che l’aborto sia un male ma Lorenzo mi ha preceduto scrivendo di più e di meglio.
Vediamo se stai sul punto centrale della faccenda o se svicoli di lato…
Nemmeno il più fervente sostenitore della 194 ritiene l’aborto un bene.
Così come gli antiproibizionisti non ritengono che sia un bene drogarsi.
Vogliamo eliminare del tutto l’aborto?
Non sarebbe impossibile, tecnicamente.
Obblighiamo tutte le donne in età fertile a sottoporsi settimanalmente ad un controllo di gravidanza.
Le donne che risultano gravide vengono immediatamente schedate, e ovviamente obbligate a portare a termine la gravidanza.
Si dirà: abnorme compressione dei diritti di libertà, riservatezza ecc.
Ma il diritto alla vita non viene prima di tutto? Allora, coerentemente, gli attivisti pro-vita sostengono questa soluzione definitiva.
Sbagliato: ci sono non pochi “ferventi sostenitori” che, ancora oggi, ritengono che l’aborto sia più o meno come tagliarsi la pellicina delle unghie. Tant’è che alcuni spingono affinché l’aborto sia eseguibile senza limiti temporali.
Ma non hai ancora risposto: perché ritieni che l’aborto sia un male?
Ma chi, come, dove, quando? Sei anche sessista: vallo a dire alle donne che hanno abortito, se è come tagliarsi una pellicina.
La tua è una visione manichea: chi sostiene la 194 è un mostro senza cuore.
Si, per esempio per tale Chiara Lalli (della tua congrega), che ci pubblica i libri tentando di nascondere la tragedia che l’aborto si porta dietro.
La tua domanda è una non risposta alla mia, che ti ripeto: perché ritieni che l’aborto sia un male?
Oltretutto, se io non sono quella donna, tu non sei quel bambino al quale vien impedito di nascere. O te n’eri scordato che esisteva pure lui?
Per errore ho postato la stessa risposta due volte in posti diversi.
A quest’ultima tua domanda rispondo che forse sei troppo giovane per ricordare la campagna che fecero i radicali e circo annesso, tutta a colpi di “l’aborto è come l’operazione dell’appendicite” e infarcita delle cifre più inverosimili (“ogni anno più di un milione di aborti clandestini”), poi rivelatesti clamorosamente fasulle.
In ogni caso non hai ancora avuto il coraggio di rispondere a una domanda semplicissima: perché ritieni che l’aborto sia un male?
Te l’ho ripetuta almeno quattro volte. Se non vuoi rispondere basta che lo dici.
Ti ho risposto sopra, e sto attendendo la tua di risposta. Se non vuoi rispondere basta che lo dici.
Stime inverosimili sul numero di aborti clandestini e comunque in condizioni “unsafe” ce ne sono da una parte e dell’altra. Io personalmente do per buone le stime di Lancet (sai cos’è?) che per il 2017 parla di 25 milioni di aborti in condizioni unsafe. Non numeri marginalissimi, dunque.
Carissimo, io mi riferivo alle cifre bufalotte sparate in campagna referendaria dai promotori dell’aborto libero.
E’ tutto controllabile (e consegnato alla storia). Dai un’occhiata qui:
Ti ho risposto pure io.
Piero ti racconto una cosa: nel 1981 anno in cui ci furono ben due referendum sull’aborto (uno per abolire la legge e uno al contrario, voluto dai radicali. per renderlo ancora più libero). Avevo quattordici anni all’epoca e ne parlavamo a scuola con la professoressa di scienze (atea). Una classe intera pro aborto io compresa, come ci giustificavano la cosa? Beh fino a tre mesi mica è vita è un grumo di cellule…. e poi l’aborto mica è una passeggiata per una donna, se una donna lo fa avrà i suoi motivi. Quindi come vedi te lo giustificavano anche in funzione del fatto che era un’esperienza dolorosa: se una donna arriva ad abortire significa che l’esigenza di farlo è ben superiore al dolore che questo poi le comporterà, di conseguenza è giustificato. Altro episodio, molti anni dopo, finita la scuola siamo in ambito lavorativo. La sorella della mia collega, con già due figli, rimane incinta e medita di abortire. Persone con scarsa istruzione entrambe pensano di andare dal medico (la sorella l’accompagna) convinte che avrebbe praticato l’aborto lì per lì nello studio. Il medico ovviamente le indirizza presso una struttura ospedaliera. Parliamo della vicenda fra me e la mia collega la quale dichiara, testuali parole, ma si è una scocciatura dover abortire pero’ dai alla fine è un grumo di cellule e io annuisco convinta, perchè allora ne ero convinta anche io. Quindi è chiaro che se ti fanno il lavaggio del cervello convincendoti che abortendo stai piu’ o meno facendo un intervento per la rimozione dell’appendicite (o come rimuoversi una pellicina) come fai poi a farti problemi etici e a considerarlo per quello che è, un omicidio appunto.
Guardi, ciò che scrive non sta in piedi per niente. Non rispondo ad ogni singola frase. Le faccio solo presente che il suo punto di vista, guida delle cose ( non corrette ) che scrive, è sbagliato o quantomeno carente:
1.I SOGGETTI SONO DUE: la DONNA e il BAMBINO. Abbiamo DUE persone che chiedono di vedere riconosciuta la loro dignità ( che non sta a lei, a una maggioranza, a un parlamneto, a un premio nobel o a dei ragionamenti porre)e che chiedono di vedere tutelato il loro diritto umano fondamentale: il diritto alla vita.
2.IL NASCITURO, il bambino è VIVO, CRESCE ed è INNOCENTE e INERME. L’uccisione di un innocente e inerme non può MAI essere ritenuta lecita.
3.Una legge che attenta alla vita di un essere umano innocente NON E’ UNA LEGGE è il tradimento della legge stessa.
entrando nella sua logica, che non condivido e che non è razionalmente giustificabile, mi domando come come può l’uccisione di un innocente essere considerata un male minore!!!
4.Il fatto che la sua preoccupazione verta su questioni igenico-sanitarie e sulla qualità della modalità di esecuzione è di una tristezza infinita.
5. le faccio presente che NONOSTANTE LE LEGGI abortiste la questione degli aborti clandestini non è risolta.Inoltre parlare di aborti clandestini è sempre più anacronistico dati gli odierni pesticidi umani, che vanno configurando un “aborto fai da te”. Infine sti aborti clandestini sono riverberi delle campagne disoneste di anni fa.
6.Le auguro un miracolo: guardare la realtà onestamente.
Vai a debellare il male, Andrea.
Fatti sostenitore di una legge che obbliga tutte le donne a controllo settimanale di gravidanza.
“L’uccisione di un innocente e inerme non può MAI essere ritenuta lecita.” Giusto. Quindi chi se ne frega se instauriamo uno stato di polizia. E’ per la difesa della vita.
Lo “stato di polizia” compare nella sua ottica, non nella mia. Non mi sono espresso in merito alle soluzioni. Se proprio ho dato qualche elemento onesto da prendere come punto di partenza.l’ambito giuridico, le leggi etc non le considero minimamente una soluzione della questione. Per me l’ ideale è che rimanga sta legge 194 ( pessima, disonestà etc) e che non la applichi nessuno. Il problema, e qua si va su cose serie e difficili da risolvere, è perchè si arriva ad abortire? perchè ci ritroviamo con leggi assurde come la 194? Perchè oggi si arriva a rivendicare quello che è un delitto, un diritto?Qual’è l’ origine di una tale realtà “perversa”(nel senso che si arriva aconfondere il bene con il male)?
per me(qui siamo nell’ambito di opinioni fondate, prima eravamo in un ambito più oggettivo), il problema è l’indidualismo odierno, il soggettivismo per cui ognuno ha la sua verità e ciò che importa è essere forti per imporla agli altri.
Dall’altra parte c’è anche un “problema di sguardo”, non si coglie più la bellezza profonda della vita. Lei stesso “sente” che l’aborto è un male ma non coglie tutta la profondità di questo male o, vivecersa, non coglie tutta la bellezza e l’alta dignità della vita nascente.
Chissà, magari lei troverà soluzioni valide a questo dramma, che “sento” lei non accetta.
un saluto e in bocca al lupo.
Le faccio i complimenti.A questo punto della discussione in genere si finisce a parlare di preti pedofili e dell’attico di Bertone!!! : )
p.s.
Eh no, Andrea: non puoi dire “le leggi non le considero minimamente una soluzione della questione”.
In questo topic si parla della “LEGALIZZAZIONE dell’aborto”. Un tema giuridico, cioè. Se sei venuto per produrti nei tuoi discorsi di etica aulica, sei off-topic.
Piuttosto constato che il tuo ideale “è che la 194 rimanga e non la applichi nessuno”. Cioè, punti al 100% dei medici obiettori?
No,intendo 100 % di donne che non abortiscono….!impossibile?probabile,peró si può andare verso quella direzione. Dal punto di vista giuridico ritengo di aver già espresso al primo post….
La legalizzazione dell’aborto ha creato una cultura della morte per cui si arriva a pensare che ciò che è legale è giusto. …Non ha diminuito ma ha aumentato il numero di morti, costituito da bimbi innocenti…Altro che “etica del male minore”…diffusione di atteggiamenti superficiali da parte di ragazzine e non, nei confronti della relazione uomo-donna…
La legalizzazione dell’aborto avrà forse diminuito il numero di donne morte, quando non era legale, per aborto clandestino. ..ma ha aumentato il numero di uccisioni di bimbi innocenti…creando l’equazione legale uguale giusto, tramite il libero accesso ad esso…Dal 1978 ad oggi 6 milioni di bimbi ammazzati, in Italia ; avremo risolto il problema della denatalità, ergo dell’invecchiamento del nostro disgraziato paese e delle sue possibilità di pensione…Oltre che evitato l’abominio dell’uccisione dell’innocente, di fronte a Dio;vale per i credenti ma anche per chi ha una retta coscienza educata dalla legge naturale…vale per chi non vuole privarsi della dignità dell’essere uomini e donne autentici…
L’aborto è un omicidio, giusto?
Perché allora non punire la donna con la stessa pena prevista dall’ordinamento per l’omicidio?
Perché fare due pesi e due misure tra aborto e omicidio, a livello di sanzione penale, quando in tutti e due i casi la vittima è un essere umano, ucciso volontariamente?
Condanniamo la donna che abortisce a vent’anni!
Se un pro-vita sostenesse questa tesi, lo ammirerei, veramente, per la coerenza.
Chi di voi sostiene questa tesi?
Ah, per favore non tirate fuori attenuanti ecc. perché per un omicidio premeditato (l’aborto lo sarebbe in pieno) l’omicida vent’anni se li becca comunque anche con tutte le attenuanti del mondo.
****Perché allora non punire la donna con la stessa pena prevista dall’ordinamento per l’omicidio? Perché fare due pesi e due misure tra aborto e omicidio, a livello di sanzione penale, quando in tutti e due i casi la vittima è un essere umano, ucciso volontariamente? Condanniamo la donna che abortisce a vent’anni! Se un pro-vita sostenesse questa tesi, lo ammirerei, veramente, per la coerenza. Chi di voi sostiene questa tesi? Ah, per favore non tirate fuori attenuanti ecc. perché per un omicidio premeditato (l’aborto lo sarebbe in pieno) l’omicida vent’anni se li becca comunque anche con tutte le attenuanti del mondo.****
Certo che bisogna parlare di attenuanti. E’ un principio giurisprudenziale attivo da quando l’umanità ha fatto i primi vagiti sul diritto. E certamente non è la stessa cosa il procurato aborto di una donna matura, priva di problemi economici e consapevole, insieme al suo partner, di ciò che può comportare l’atto sessuale, in rapporto al procurato aborto di una ragazzina lasciata sola a se stessa o peggio ancora con la famiglia che le “impone” scelte destinate in ultima analisi a creare “problemi” esclusivamente a lei (oltre che al feto verso il quale ovviamente il disinteresse è sovrano visto che non può neanche “farsi notare”). Il problema non è il procurato aborto, il problema e fare in modo che non si arrivi alla gravidanza indesiderata (educazione, responsabilità, valori, consapevolezza, diritto, legislazione, ecc.. ecc…). E certamente la “soluzione” post concepimento non è la 194; attualmente almeno una donna su 4-5 in gravidanza richiede il procurato aborto. Sono numeri terribili. E le conseguenze sono altrettanto terribili (ad esempio interi Stati che stanno diventano Paesi Down-Free…) e imprevedibili alla distanza (concetto del piano inclinato).
Non ha capito, sig. Giuliano.
Per un infanticidio premeditato, di solito c’è l’ergastolo.
Vent’anni sarebbe la pena risultante in caso venissero concesse tutte le attenuanti del mondo.
Ora, mi risponde?
Sente equo condannare la donna che abortisce a vent’anni di carcere?
E’ lei che propugna l’equazione feto=persona.
Non sono io che propugno l’equazione feto=persona… E’ la REALTA’ delle cose, la banale constazione che di li ci siamo passati tutti, l’ovvia considerazione che “feto” è una fase della vita perchè per conseguire la vita adulta ci vuole l’adolescenza e per conseguire l’adolescenza ci vuole lo svezzamento e per avere lo svezzamento ci vuole la nascita e per avere la nascita ci vuole un feto in crescita e per avere un feto in crescita ci vuole il concepimento. “Eliminare” il feto vuol dire “privare” il feto della sua libertà di nascere… anche perchè NON è il feto responsabile del “suo” essere stato concepito. La 194, dal punto di vista squisitamente logico ed etico (non giuridico) ha senso solo se “ipotizziamo” il feto come “grumo di cellule”, ipotizziamo il feto “proprietà” indisponibile della donna gravida, ipotizziamo che il feto non sia una fase della vita ma un passaggio privo di correlazione con quello che era prima o con quello che potrebbe diventare dopo (insomma … il classico incidente di percorso .. valutazione più o meno conscia nel 99% dei casi).
Per l’infanticidio premeditato ci vuole l’ergastolo, è vero, ma è anche vero che decidere di ammazzare qualcuno visivamente in carne ed ossa è una cosa, “cercare” di abortire magari senza nessuno che ti dia una mano, quando la paura ti assale, quando ci si sente SOLI, non sapendo operativamente come avvenga la procedura e soprattutto non avendo la più pallida idea di come la donna può sentirsi dopo, è un’altra.
E’ inutile addurre improbabili correlazioni o reciproche valutazioni che non possono che essere incongrue fra “reati” diversi quali E’ (sempre) l’infanticidio e SAREBBE (nella maggior parte dei casi) l’eliminazione di un feto (ipotizzando non ci sia la 194 in quest’ultimo caso…). E comunque non è che essere dalla parte di un ipotetico “giusto” dipende esclusivamente dalle leggi originate dal patto sociale che tiene unite le persone; se fosse così automatica la faccenda la “conta democratica” annullerebbe a priori la libera e arbitraria sensibilità di ogni singolo individuo. Tante volte la “conta democratica” diventa il tappetino dove nascondere ignavia, più o meno velata vigliaccheria, menefreghismo, egoismo, false verità, disinteresse, superficialità, “sono affari di altri”, ipocrisia, ecc… Sullo specifico e in riferimento alla 194, evidentemente, io e lei abbiamo “sensibilità” e “verità” diverse nel nostro animo; ad ognuno le sue conclusioni.
Caro Giuliano,
perdonami, ma a me sembra che tu sia uno di quei “antiabortisti di facciata” cui ho fatto riferimento.
Prima giustifichi l’aborto per stupro, che è altrettanto ingiustificabile.
Adesso inizi a dire che l’aborto non è un infanticidio premeditato, perché c’è “la paura che ti assale”, perché “ci si sente soli”, perché “non c’è nessuno che ti dia una mano” ecc.
A parte che non è sempre vero. Ci sono donne che non sono sole, che hanno chi le dà una mano e che abortiscono lo stesso.
In ogni caso l’essere sole, impaurite ecc. possono essere delle attenuanti, non delle esimenti.
Non credo che definiresti qualcosa di diverso da un omicida una persona che, pure sola, impaurita e senza aiuto, uccide VOLONTARIAMENTE e PREMEDITATAMENTE.
Devo pensare che in realtà intimamente ritieni che il feto non sia vita umana a tutti gli effetti?
L’aborto per stupro a mio parere è giustificabile (ovviamente la questione deve essere ben contestualizzata…); infatti NON c’é alcun collegamento fra il comportamento della donna e il relativo concepimento.
Lo si può chiedere, e si può dare tutte le forme di aiuto che si vuole, ma non si può certo “pretendere” che una donna controlli la propria paura e la propria limitatezza dopo aver subito una delle più vergognose forme di violenza. I colpevoli di uno stupro, a mio parere, dovrebbero essere colpiti dalla legge in modo molto più “forte” in quanto, oltre ad aver usato violenza verso una persona più debole (la donna) hanno “indirettamente” usato violenza ANCHE nei confronti dell’eventuale essere concepito in conseguenza dello stupro e per il quale, con molta difficoltà, si può arrivare, per quanto detto prima, alla salvezza del suo sviluppo prenatale.
Il discorso del “paura che ti assale” e il “sentiri sole” NON è fatto per andare a giustificare il procurato aborto; è fatto solo per far capire all’utente Piero un mio punto di vista. Non può paragonarsi tout cour, dal punto di vista giurisprudenziale, l’infanticidio di un adulto nei confronti di bambini al procurato aborto di ragazze attuato in determinate condizioni (qualora non ci fosse la 194 ovviamente). Dopodichè è implicito che il procurato aborto è e rimane ABOMINEVOLE (a mio avviso soprattutto perchè attuato imponendo la legge del più forte verso un essere più debole). La ringrazio di aver valutato un mio intervento; se guarda bene i miei interventi non troverà in alcuno che io ritenga il feto “non” vita umana. Anzi…
Non capisco, sinceramente, perché ritieni l’aborto per stupro giustificabile.
Per quale motivo il feto concepito a seguito di una violenza non dovrebbe avere gli stessi diritti di un feto concepito a seguito di un rapporto consensuale? Lo consideri un feto di serie B? “La paura e la limitatezza dopo aver subito una delle più vergognose di violenza” giustifica la soppressione di un essere umano indifeso e innocente?
Poi non ti ho chiesto il “punto di vista giurisprudenziale” sul paragone tra infanticidio premeditato e aborto. Ti ho chiesto il TUO punto di vista. Consideri o no, tu, non la giurisprudenza, l’aborto un infanticidio premeditato? Se sì, perché la donna che abortisce non dovrebbe essere considerata un’assassina e quindi soggiacere alla stessa pena prevista per l’omicidio, con o senza attenuanti?
Il valore del feto è inestimabile in quanto persona in fieri. Ma la gravidanza è un periodo in cui due persone percorrono un percorso insieme (la donna e il bambino). Se la gravidanza è conseguenza di uno stupro (non di un errore o di un “poco responsabile” approccio al sesso) come si può “pretendere” (in termini di rapporto “causa” –> “effetto”) che la donna attui una scelta di amore portando a termine la gravidanza? Sicuramente si può agire sulla donna con tutto il tatto e la delicatezza possibile, dando tutto l’aiuto possibile, ma è lei stessa e solo lei che può tentare di scindere l’atto di amore dall’atto di violenza che attiva la necessita dello stesso atto di amore. La “giustificazione” del procurato aborto in questi casi è conseguenza dell’impossibilità oggettiva di terzi di “intromettersi” con liceità etica sulle scelte della donna; questa intromissione può essere valorialmente “giusta” nel caso la gravidanza sia conseguente a leggerezza o irresponsabilità ma non certo nel caso in cui alla donna E al suo comportamento non può essere imputabile alcunchè. Non è questione di feto di serie “B” o di serie “A”; la cosa diventa obbligata perchè il percorso decisionale viene a trovarsi in una strada senza uscita. Per fare un paragone (parzialmente calzante)… Si parla tanto di “perdono” cristiano… ma penso sia condivisa la profonda ipocrisia che sottintende l’acquisizione dello stesso se non è “veramente” assimilato da chi vuol fare il gesto di perdonare (e uno lo può sapere solo entro il suo cuore). Le persone non sono macchinette…
Qualora la gravidanza oltre che non essere voluta non è correlabile ad un atto sessuale liberamente accettato e perseguito dalla stessa donna insieme al partner (come in conseguenza di uno stupro) non è sufficiente, secondo me, la garanzia del bene supremo del più debole a far prevalere l’ “obbligo” in capo alla donna di portare a termine la gravidanza. Detto in altro modo l’atto di amore richiesto alla donna dovrebbe comportare in qualche modo il dimenticare la violenza subita e quel che rimane comunque di percepibile in seguito a questa violenza (il concepito). Non è tanto la “paura” e la “limitezza” che prendono ogni donna in presenza di una gravidanza conseguente ad uno stupro a fare la differenza (come mi pare abbia capito lei del mio pensiero…) quanto il fatto che la gravidanza NON è conseguenza di un suo (della donna) libero approccio al rapporto sessuale.
Quanto a quello che Lei mi chiede… Mi pare di aver scritto ciò che penso in precedenza (in funzione di una mia considerazione rivolta all’utente Piero). Il termine “infanticidio predeterminato” è forte ma NON è comunque sempre il “caratterizzatore” unilaterale ed obbligatorio della soppressione di una vita in fieri (la realtà può essere anche complessa e occorre, talvolta, avere umiltà di approfondire le questioni e non di ingessarle di primo acchito sulle proprie convinzioni). Certamente la sopressione di un feto “preteso” dalla donna, qualora la gravidanza sia frutto di un agire poco responsabile e “leggero” (nel senso giustificabile dal “caso”, “è andata così”, ecc…) E’ una soppressione di una vita. Al limite, dopo reiterate situazioni (dal sito ISTAT emerge che l’IVG viene richiesta anche più volte in sequenza da certe donne) non é possibile non pensare che “assassinio” colposo non si tratta più ma piuttosto di assassinio “doloso”. In questi casi, anche non rari e se non ci fosse la 194, potremmo anche parlare di pene in qualche modo assimilabili a quelle correlate ad omicidio. La recidività difficilmente ha giustificazioni correlate a componenti oggettive di valutazione.
Detto questo, comunque, il problema messo in termini così “essenziali” è probabilmente non esaustivo e forse anche relativamente privo di significato. Inoltre si continua a parlare del “dopo” ma poco si parla del “prima” (ad esempio di come la nostra società tanto evoluta dia importanza alla “libera” espressione e del “libero” ed incondizionato accesso al sesso senza minimamente porsi il problema che la biologia ci ha consegnato un preciso scopo dell’atto, a cui si dovrebbe approcciare con più valorialità e più responsabilità).
Alla ragazzina che cerca l’IVG non legale (ipotizzando una Italia senza 194) nel processo di eventuale responsabilizzazione bisognerebbe tener conto anche del “contrappeso” di una società che ha concorso a farla crescere priva di valorialità e senso della vita altrui (qualunque forma e livello di sviluppo abbia). Come vede è difficile riassumere in due parole l’entità e la sostanzialità del reato di eliminazione di una vita in fieri.
Caro Piero,
ti rispondo sulla domanda da te posta se sia o meno o no giusto equiparare legalmente l’aborto all’omicidio.
E ti rispondo senza giri di parole: sì, la donna che abortisce è un’assassina e dovrebbe essere considerata come tale anche dalla legge, con la stessa pena prevista per l’omicidio. Nei casi più gravi (in assenza di attenuanti) con l’ergastolo, poiché è un vero e proprio omicidio premeditato.
In una cosa concordo con te: vi sono tanti antiabortisti di facciata. Se si reputa che la donna che abortisce non debba soggiacere alla stessa pena prevista per l’omicidio, implicitamente si riconosce che la vita umana nel grembo della donna sia un soggetto non meritevole della stessa tutela accordata al nato. Chiunque veda nella donna che abortisce, volontariamente e premeditatamente, qualcosa di diverso da un’assassina meritevole della massima pena detentiva non è un antiabortista.
Conosco libertari pannelliani che non si spinellano più perché non possono, ma eccome se lo desiderano e ritengono che faccia bene. Ti spiattellano studi di qui studi di là, e se lo si usa così è fico etc etc… E sono anche ideologicamente prevaricatori
@Stefano Vomero (che mi cita su faccialibro, dove io non ci sono):
constato il tuo puerile tentativo di mettermi in bocca parole che non ho mai detto: dove mai io avrei parlato di mammane (termine oltretutto ad effetto, visto che chi vuole abortire, lecitamente o illecitamente, oggi va in clinica) e di costrizioni non è dato sapere.
Che la vita sia una valore assoluto e primario lo capiscono anche i somari, visto che senza di essa decadono tutti gli altri diritti.
Se tu non credi che l’embrione sia vita umana, dovresti dire DA QUANDO secondo te la vita umana ha inizio. La questione non è affatto di dettaglio. Ma vedo che su questo glissate, da posizioni del “grumo di cellule” a “potenzialità” o altre corbellerie (ovviamente sotterrando quello che la medicina dice a proposito del feto). A voler essere coerenti, dovreste essere favorevoli all’aborto fino a un istante prima del concepimento. Qualcuno dei vostri lo è anche per il dopo nascita.
Proibire qualunque reato non è sufficiente ad impedire che avvenga, lo sanno anche gli studenti di diritto del primo anno delle superiori. E’ più efficace fare in modo che i reati, per quanto possibile, non avvengano, per esempio rimuovendo le cause che li provocano. Ma occorre in premessa riconoscerli come tali, non far finta che non lo siano.
Non commento il delirio sul “controllo settimanale”, si giudica da solo.
Mi rispondi anche tu?
In ossequio all’equazione embrione=feto=persona, senti equo condannare la donna che abortisce o che prende la pillola dei cinque giorni dopo alla pena prevista per l’infanticidio premeditato?
Rispondi sì o no, te ne prego, non vi sono altre risposte possibili.
Ma il feto è una vita umana o no?
Se, come sembra, tu ritieni che non lo sia, perché limitare l’aborto ai 90 giorni e non fino un momento prima della nascita?
Se non è una vita umana propriamente detta, non ha diritti e dunque non se ne viola alcuno.
Che problema c’è?
Oppure ritieni che ci sia un momento in cui da “potenzialità” diventa atto? E quando è collocabile questo momento?
E questo momento è stabilito per legge o è un fatto reale incontestabile (e la vita umana che da allora viene riconosciuta come tale ha gli stessi diritti delle altre vite umane o è una vita “minore”?)
Ti affanni tanto sul codice penale e delle possibili sanzioni ma curiosamente non parli mai della sentenza di morte senza appello per il bambino che nascerà.
A meno che tu non lo consideri una vita umana. Allora tutto è perfettamente lecito, persino l’aborto fino al giorno prima: non esiste una sola ragione obiettiva per vietarlo, e senza remore etiche, giacché non avrebbero alcun significato.
Sarebbe ora che tu rispondessi senza giri di parole e senza inventarti concetti vaghi ed evanescenti come “potenzialità” o “organismo umano in evoluzione”. Non stiamo discutendo di codice penale (il campo in cui vorresti portarti, presumibilmente per scodellare i “casi pietosi”): occorre definire i termini del problema, sennò discutiamo di nulla.
In ossequio all’equazione feto=nonpersona, ti senti di concedere il diritto di abortire fino il giorno prima della nascita?
Rispondi sì o no, non ci sono altre risposte possibili.
E prima rispondi anche alle domande.
Ti rispondo subito: no, ovviamente.
In tre mesi la donna hu tutto il tempo di accorgersi della gravidanza indesiderata ed abortire, se lo vuole.
Se aborto dev’essere, che almeno avvenga nella prima fase della gestazione.
Resto in attesa di sapere qual sia la pena che ritieni equa per la donna che compie un aborto a.k.a. infanticidio.
E perché mai non le dovrebbe essere concesso di abortire quando le pare e piace?
Perché mai devi mettere il limite dei tre mesi? Cosa succede di nuovo e inaspettato al 91° giorno?
Se il feto non è vita umana, qualsiasi opposizione è quantomeno illogica.
E meno male che te l’avevo chiesto esplicitamente di rispondere PRIMA alle altre domande, in particolare a questa: il feto è vita umana o no?
Non capisco che difficoltà hai ad ammettere questa cosa semplicissima.
Basta che tu mi dica che secondo te il feto non è vita umana e sei a posto, no?
Ma in tutti i casi, che lo sia o che non lo sia, non tirar fuori i tre mesi, non hanno alcuna logica, né morale né scientifica.
Ti ho già detto come la penso, provo a rispiegarti il tutto in maniera il più comprensibile possibile.
Nella tua visione manichea del mondo vedi i pro-choice considerare il feto come non-vita, come fosse qualcosa di alieno.
In altre parole, consideri i pro-choice come decerebrati, come coloro che credono che la vita nasce col parto e prima, puff, non c’è niente, nada, zero.
Nessun pro-choice ti dirà che il feto non è vita umana. Ti dirà, invece che è uno stadio di sviluppo della vita umana, un continuum che parte dall’unione di ovulo e spermatozoo e arriva sino al feto formato e capace di sopravvivenza al di fuori dell’utero materno.
Una volta capito questo, capirai anche che anche per i pro-choice l’aborto non è un atto eticamente “bello” o comunque eticamente “neutro”, perché va a colpire comunque uno stadio di sviluppo della vita umana, non uno stadio di non-vita.
Capirai, forse, anche che a differenza dello sviluppo della vita umana la legge non è un “continuum” ma deve comunque fissare paletti, termini, scadenze ecc. temporalmente discrete.
Non può la legge dire ad es. “l’aborto è consentito solo se il feto non ha sviluppato totalmente il suo SNC” perché sarebbe vaga, non cogente, inattuabile.
Ecco allora fissare un termine, su cui si può discutere quanto si vuole; ma un termine ci dev’essere, perché altrimenti la legge non sarebbe tale.
Tu dici “ma allora perché questo termine dev’essere di 90 giorni? Allora rendiamo possibile l’aborto fino alla nascita”.
Ed io ti rispondo: per nessun pro-choice, ma proprio nessuno, la soppressione di un feto poco prima della nascita ha lo stesso disvalore etico della soppressione di un embrione appena formato.
Semplicemente i pro-choice affiancano e contemperano il diritto dell’embrione a proseguire nel suo sviluppo con il diritto della donna, portatrice dell’embrione, ad autodeterminarsi, due diritti che possono essere confliggenti.
Per decidere quale dei due diritti in conflitto debba prevalere occorre fissare un termine.
Il termine di tre mesi è il termine, giusto o sbagliato che sia, in cui prevale il diritto all’autodeterminazione.
Passato questo termine, la legge ritiene che l’embrione, divenuto feto, debba essere salvaguardato anche contro la volontà della donna che lo porta in grembo.
In conclusione: il termine di tre mesi non è un termine di logico o scientifico, bensì un termine, peraltro ineludibile, di natura GIURIDICA.
Ora, tornando a te: sto aspettando ancora e invano la risposta: la donna che abortisce è un assassina? Deve essere condannata alla pena prevista per l’infanticidio premeditato (ergastolo salvo attenuanti)?
Tante parole (fumose) per non ammettere un’unica verità:
che il feto è vita umana, e il suo primo diritto – che è quello di vivere – supera qualsiasi altro “diritto” o “volontà”.
La cosa più triste è che tu accetti che questo diritto fondamentale sia regolato da una legge, tra l’altro con parametri che non hanno nulla di logico se non una mera convenzione, e non invece riconosciuto.
Vabbé, inutile continuare.
Comunque, visto che ti culli beato nell’eticità dei pro-choice per i quali – tuo dicere – il feto sarebbe vita umana, guarda qui:
https://www.uccronline.it/2012/03/03/ricercatori-della-consulta-di-bioetica-linfanticidio-e-lecito-come-laborto/
P.S.: la donna che abortisce – salvo il caso in cui sia in pericolo la sua vita, semplicemente uccide il bambino che porta in grembo, se riconosci che il feto è vita umana non puoi che concordare. Cosa debba prevedere la giurisprudenza? Non saprei, e non mi interessa più di tanto. Ciò di cui mi interessava discutere era il principio, le sanzioni le lascio ai giuristi.
“la donna che abortisce – salvo il caso in cui sia in pericolo la sua vita, semplicemente uccide il bambino che porta in grembo, se riconosci che il feto è vita umana non puoi che concordare. Cosa debba prevedere la giurisprudenza? Non saprei, e non mi interessa più di tanto. Ciò di cui mi interessava discutere era il principio, le sanzioni le lascio ai giuristi.”
Tu sei il più ipocrita di tutti.
Parli, pontifichi, discetti a destra e a manca e poi, quando ti si fa una domanda che non ti piace, non rispondi.
Guarda che non è necessario essere giuristi per capire che a reati di pari gravità debbano corrispondere pene di pari gravità.
Se ritieni l’aborto di pari gravità rispetto all’omicidio, e non può essere altrimenti visto che equipari l’embrione al neonato, che ci vuole a dire che anche la pena dev’essere di pari gravità?
Una laurea in giurisprudenza?
“Ciò di cui mi interessava discutere era il principio”
E aggiungo.
Se vuoi discutere del principio, devi esser pronto a discutere anche delle implicazioni logiche che il principio che vuoi difendere comporta.
Tu invece di queste implicazioni te ne freghi.
Ma forse non sei in grado di vederle, queste implicazioni; e allora te le indico io.
Dal principio secondo cui all’embrione dev’essere accordata la stessa, identica protezione che viene accordata al neonato, si IMPLICA che la stessa protezione debba esistere anche dal punto di vista penale; altrimenti non sarebbe identica.
Dal principio secondo cui embrione e neonato sono esseri di pari dignità, si IMPLICA che non vi sia differenza tra infanticidio premeditato e aborto.
NE CONSEGUE che la donna che abortisce debba essere punita con la stessa pena prevista per l’infanticidio premeditato, cioè l’ergastolo, salvo attenuanti, che non è detto vi siano.
Te la senti di difendere il tuo principio anche in queste ineludibili implicazioni? O salvi il principio e butti le implicazioni?
Tu e il resto dei tuoi sodali siete ridicoli, e proprio davanti al diritto.
Siete voi che vorreste stabilire la natura del reato partendo dalle possibili sanzioni, un capovolgimento tanto illogico quanto comodo, così evitate di discutere sul merito.
Sarebbe come stabilire la pena per un furto ma senza definire prima cos’è, o come se un medico prescrivesse medicina una medicina non in base alla diagnosi ma in base agli effetti collaterali.
Non che mi meravigli: tu e il tuo compare siete abilissimi sofisti quando si tratta di stabilire cos’è l’embrione, evitando accuratamente di ammettere che di vita umana si tratta (e di trarne le dovute conseguenze). E anche quando vi balenasse il dubbio, vi mettete al riparo di pseudoconsiderazioni legali del tipo “una convenzione ci deve pur essere” (ma evitate di comparare il diritto alla vita dell’embrione con gli altri (presunti) diritti della madre, accettando come fosse cosa normale che una convenzione (e perché 90 e non 120 o 270 giorni) stabilisca che una vita umana possa essere interrotta.
E’ come minimo paradossale che ti preoccupi “delle implicazioni” ma te ne impippi del punto di partenza da cui quelle implicazioni dovrebbero trarre fondamento.
Come costruire una casa partendo dal tetto.
Ridicola.
“Siete voi che vorreste stabilire la natura del reato partendo dalle possibili sanzioni, un capovolgimento tanto illogico quanto comodo, così evitate di discutere sul merito.”
Ma manco per niente.
Partendo dal tuo principio embrione=persona, arrivo a stabilire aborto=omicidio. Come vedi, ho stabilito la natura del reato e non sono partita dalle possibili sanzioni.
“E’ come minimo paradossale che ti preoccupi “delle implicazioni” ma te ne impippi del punto di partenza da cui quelle implicazioni dovrebbero trarre fondamento.”
Au contraire.
Se le implicazioni di un punto di partenza sono per me inaccettabili, ritengo inaccettabile il punto di partenza.
Tu, per difendere il tuo punto di partenza, delle implicazioni te ne freghi.
Io costruirò una casa partendo dal tetto.
Tu costruisci una casa senza tetto.
Perfetto. Non potevi esprimerti meglio.
Sicché giudichi della bontà o meno di un fondamento non in base a un criterio oggettivo ma in base a quanto le conseguenze siano o meno “accettabili”.
Ora è chiarissimo: se la realtà non si adegua all’ideologia, tanto peggio per la realtà.
Capito.
Sebastiano, quale parte del concetto “Se le implicazioni dell’equiparazione feto=persona sono per me inaccettabili, ritengo inaccettabile l’equiparazione feto=persona” non ti è chiara?
@Jeanine/piero (che sono la stessa persona, se non l’avete capito):
e tu che ne sai che implicazioni ci potranno mai essere, magari tra un centinaio d’anni, oppure semplicemente per ignoranza? Hai la sfera di cristallo?
Per esempio, accetteresti che una abortisse perchè non vuole figlie femmine?
O perchè affetto da un ipotetico “gene gay”?
Janine, tutto è perfettamente chiaro, lo avevo già detto.
Se hai tempo, spiegalo anche a Piero…
Ti ho già risposto tre volte, senonché il sito non mi pubblica le risposte (queste e quelle di altri articoli).
Fuoco amico? Moderazione?
Boh. In compenso mi sono stufato.
Adieu.
E sopratutto:
Visto che per gli attivisti pro-vita aborto e infanticidio sono la stessa cosa, perché nessuno, NESSUNO di loro, nelle esternazioni pubbliche, nelle manifestazioni, nelle piazze, ha il coraggio di tirarsi fuori dall’ipocrisia e dire urbi et orbi che la donna che abortisce deve farsi vent’anni di carcere?
Ah, dici che incrinerebbe leggerissimamente l’appeal dei movimenti pro-vita?
Più o meno la stessa cosa che accadrebbe ai pro-aborto se si decidessero ad ammettere una volta per tutte che, non considerando vita umana quella del feto, l’aborto andrebbe liberalizzato fino al giorno prima della nascita.
Giusto per parlare di ipocrisia.
Hai testè ammesso che i movimenti pro-vita sono ipocriti, quanto i “pro-aborto”.
La discussione, per me, finisce qui.
Però, caro Sebastiano, così dicendo ammetti implicitamente che i movimenti pro-life siano ipocriti almeno quanto i pro-aborto.
Sinceramente non capisco questa paura di dire la verità.
Se come me credi fermamente che il feto sia vita umana e non qualcosa di diverso, non puoi non definire la donna che abortisce un’assassina. Perché mai dovrebbe allora cavarsela con una pena diversa da quella prevista per l’omicidio?
Nonsi, ho risposto con un’ipotesi ad un’altra ipotesi (“cosa accadrebbe se…”).
Ma il tizio, a quanto pare non vedeva l’ora di levarsi dall’angolo della risposta che non ha mai dato: il feto è vita umana si o no?
L’aborto è omicidio, solo che è un omicidio del tutto particolare in quanto e la soppressione di una vita umana unica ed irripetibile prima della sua, almeno ufficiale, nascita.
Lo stato intende tutelare la vita umana fin dal suo inizio, o solo da un determinato momento, o solo a determinate condizioni? Sono problemi di chi opera per attuare determinate scelte e non certamente di chi, come può, vi si oppone.
Riguardo poi all’eventuale pena da infliggere alla donna che abortisce, debbo prendere atto che conosci poche donne che abbiano abortito: lo sapevi che maggior parte di loro si porta dentro, spesso molto ben dissimulato, un “senso di colpa per la maternità mancata” che le condiziona per tutta la vita?
Sul controllo settimanale di gravidanza:
Perché sarebbe un delirio, scusa?
E’ l’unico modo per far calare il numero di aborti in tempi rapidissimi praticamente a zero.
Sarebbe invasivo, ma nemmeno troppo. Dieci minuti a settimana il tempo richiesto alle donne in cambio di ottantamila vite salvate ogni anno.
Non so tu, ma se esistesse un modo per ridurre a zero gli omicidi in cambio di dieci minuti a settimana del nostro tempo ne sarei strafelice e aderirei senza riserve.
La soluzione migliore non è moltiplicare i controlli tecnici, ma insegnare a scuola che ogni vita umana ha lo stesso valore in qualunque stadio si trovi.
E se dal controllo risulta che è gravida che fai: l’aborto?
E se la donna diventa feconda nei giorni successivi e la settimana dopo risulta gravida che fai: l’aborto?
Sintesi dell’articolo: in un paese cattolico, metà degli abitanti non sono cattolici. Se qualcuno la legge diversamente, mi corregga, dispostissimo al confronto.
La vita non è un valore confessionale.
Solitamente la Chiesa ottiene privilegi dai governi sbattendo in faccia percentuali. Troppo facile sbandierare quelle dei battesimi, attestati di fede di chi è capace solo di poppare e cacarsi addosso. Forse i dati riportati in questo articolo sono un po’ più centrati con la consapevolezza della libera scelta, no?
metà e metà, più o meno…
Sulla Chiesa puoi sragionare come vuoi, fatto sta che la vita non è un valore confessionale, ma umano e naturale. La cosa spaventosa è infatti vedere che non venga riconosciuto proprio a livello legislativo-razionale, per tutti.
Ho letto con passione tutta la discussione, una delle più interessanti che mi sia capitato di leggere sull’argomento.
E devo concordare con chi ritiene che a sostenere la difesa della vita a tutti i costi, sin dal momento del concepimento, si arrivi quale conseguenza logica ineludibile a considerare l’aborto un assassinio ANCHE dal punto di vista penale.
Non c’è via di uscita.
Se il feto, o ancor prima l’embrione, ha pari diritti e dignità rispetto al nato, chi uccide tramite aborto dev’essere condannato alla stessa pena di chi uccide un nato. Condannandolo ad una pena più lieve, “implicitamente si riconosce che la vita umana nel grembo della donna sia un soggetto non meritevole della stessa tutela accordata al nato”, come è stato scritto.
L’altra conseguenza logica ineludibile è che dovrebbe essere condannata per “infanticidio premeditato” anche la donna che fa uso della pillola dei cinque giorni dopo, visto che la difesa della vita a tutti i costi non permette di differenziare tra embrione con pochi giorni di vita e feto in via avanzata di formazione.
A propugnare la difesa della vita ad ogni costo sin dal momento del concepimento e la pari dignità dell’embrione rispetto al nato quindi si arriva NECESSARIAMENTE, non c’è scampo, a considerare la donna un’omicida e a propugnare, coerentemente, una legislazione talmente restrittiva e afflittiva da non trovare riscontro in nessuna parte del globo civilizzato.
Probabilmente nemmeno nello Stato della Chiesa preunitario l’aborto veniva penalmente considerato alla stregua dell’omicidio.
Il signor Giuliano, che pure appariva di idee moderate, tanto da ritenere lecito l’aborto a seguito di stupro, alla fine, sia pur tra mille distinguo e concedendo a noi donne il “bonus” della derubricazione del primo aborto da omicidio doloso a omicidio colposo (derubricazione inspiegabile, visto che anche il primo aborto, come i successivi, rimane atto volontario e cosciente da parte della donna, non è determinato da imprudenza o incuria – delitto colposo – ma da una volizione) è stato costretto ad ammettere che: sì, la donna che abortisce dovrebbe essere condannata per omicidio (a “pene assimilabili”, come dice lui). Posizione che ritengo aberrante, ma almeno coerente (ma mi auguro che il signor Giuliano abbia detto questa cosa solo per vano amor di coerenza e non perché crede veramente in quello che ha scritto).
Altri, pur sollecitati, non hanno risposto.
Perché non hanno risposto?
I casi sono due:
– o credono fermamente che la donna che abortisce, anche mediante l’assunzione della pillola dei cinque giorni dopo, dovrebbe essere condannata per omicidio, e non hanno il coraggio di dirlo;
– o sentono, in loro coscienza, che questa conclusione appare aberrante.
Ma se la conclusione è aberrante, e visto che questa conclusione è conseguenza NECESSARIA e INELUDIBILE del postulato di partenza (difesa della vita ad ogni costo e piena equiparazione dei diritti e della dignità dell’embrione e del feto rispetto al nato), sarebbe necessario mettere il postulato in discussione.
Eh no, non c’è circonlocuzione gesuitica che tenga. Non si può salvare il postulato e buttare la conclusione logica. Si può cercare di ignorarla, di sottacerla. Ma allora si è degli ipocriti.
Per risolviamo la questione della “mancanza di vie d’uscita” basta considerare il feto a) una PROPRIETA’, da cui la “proprietaria” può unilateralmente ed insindacabilmente decidere cosa fare dello stesso; basta considerare il feto
b) un GRUMO DI CELLULE ovvero banale e amorfo materiale biologico “rognoso” per il SSN che deve pure spendere soldi per eliminarlo a rifiuto e deve pure “diventar matto” a convincere i medici a fare “lavori” che non vorrebbero fare (senza considerare alcuni medici rognosi che pure, logorroicamente, continuano a ricordare strani discorsi sull’obiezione di coscienza e “puttanate” simili), basta considerare il feto c) frutto di un banale ERRORE (è capitato… che ci vuoi fare?) per non rammaricarsi dopo di chiamarlo figlio della colpa (come si diceva un tempo non tanto lontano…) ovvero per credere ancora nella favoletta che è permesso nascere solo perchè si è desiderati, amati e voluti (ma a senso unico ovviamente…). Dal punto di vista della donna basta solo ricordare che non si può essere obbligati a diventare “macchinetta incubatrice” di un essere non voluto, che la fatica e il rischio è solo della donna e che è irrilevante l’eventuale comportamento non responsabile che ha portato al concepimento. Basta ricordare che tutti hanno convenienza a che esista una legge come la 194: 1) l’ometto può tirarsi fuori da potenziali responsabilità senza neanche rischiare riprovazione e/o stigma; 2) la società è contenta di un lecito e pulito “meccanismo” che priva la collettività di potenziali fonti di spesa improduttiva e senza prospettiva (disabili e down); 3) a quella cattivona di Natura viene data una pragmatica “risposta” perchè compromessa dalla impertinente “colpa” di aver consegnato, durante l’attività sessuale, 3a) alla donna la possibilità di essere generatrice di vita e 3b) al maschio l’ineluttabile constatazione di essere comunque fecondo e compromettente portatore di semi. Ma soprattutto è contenta la donna che con la 194 può liberamente scegliere/decidere, senza rischiare la vita con mammane e analoghi ma anche senza la possibilità, col senno di poi, di poter ritornare sui propri passi al momento in cui arriva l’esatta consapevolezza della conseguenza della stessa decisione… che quando una “roba” è legale la “roba” non può che essere giusta, o no?
E si, il vero problema sono i segnali stradali e le possibili “paurose” contravvenzioni (non c’è via d’uscita dice la signora Jeanine…) eppure quando si “compra” la macchina si pretenderebbe pure di pensare di essere liberi di fare quello che si vuole (per le strade).
Faccio copia incolla della risposta che ho dato sopra a Pietro e poi amplio il discorso
L’aborto è omicidio, solo che è un omicidio del tutto particolare in quanto e la soppressione di una vita umana unica ed irripetibile prima della sua, almeno ufficiale, nascita.
Lo stato intende tutelare la vita umana fin dal suo inizio, o solo da un determinato momento, o solo a determinate condizioni? Sono problemi di chi opera per attuare determinate scelte e non certamente di chi, come può, vi si oppone.
Riguardo poi all’eventuale pena da infliggere alla donna che abortisce, debbo prendere atto che conosci poche donne che abbiano abortito: lo sapevi che maggior parte di loro si porta dentro, spesso molto ben dissimulato, un “senso di colpa per la maternità mancata” che le condiziona per tutta la vita?
Aggiungo che, quando si forma l’embrione, inizia una stretta collaborazione tra il nuovo essere umano ed il fisico della madre finalizzata ad ottimizzare il passaggio allo stato fetale ed alla sua crescita fino alla nascita: ovviamente al fine che tutto si svolga nel modo ottimale, le leggi natura hanno fatto in modo che anche il cervello della madre sia portato a difendere il concepito fino alla sua nascita, ed ovviamente poi anche oltre.
Tuttavia essendo il nostro cervello facilmente manipolabile, anche il cervello di una gestante può essere portato ad agire contro natura, e di questo ne approfittano coloro che sono favorevoli all’aborto al fine di convincere una madre a sopprimere il proprio figlio prima ancora che nasca: la colpa dell’omicidio è allora di chi ha convinto la donna, per motivi sociali, economici o di opportunità, all’aborto o della donna? Perché si dovrebbe punire la donna che è solo l’anello debole di una catena che spaccia per diritto la soppressione di un essere umano vivente unico ed irripetibile?
Lorenzo: “L’aborto è omicidio, solo che è un omicidio del tutto particolare ecc. ecc. bla bla”
Ecco, come previsto, le prime circonlocuzioni gesuitiche.
Lorenzo: “anche il cervello di una gestante può essere portato ad agire contro natura, e di questo ne approfittano coloro che sono favorevoli all’aborto al fine di convincere una madre ecc. ecc.”
Solito argomento sessista, che vede la donna essere inferiore facilmente suggestionabile, preda delle influenze altrui, priva di autonoma capacità decisionale.
Stammi a sentire: se una donna LIBERAMENTE e COSCIENTEMENTE, SENZA ESSERE INFLUENZATA DA NESSUNO, abortisce, secondo te dovrebbe essere equiparata a una omicida anche dal punto di vista penale?
Quali sono, secondo te, i motivi per cui una donna che uccide un feto, che secondo te è la stessa cosa di una persona, dovrebbe godere di una pena minore rispetto all’infanticida?
E siccome non risponderai, o risponderai con altre circonlocuzioni gesuitiche, a quale categoria appartieni:
– a quelli che credono fermamente che la donna che abortisce, anche mediante l’assunzione della pillola dei cinque giorni dopo, dovrebbe essere condannata per omicidio, e non hanno il coraggio di dirlo;
– o a quelli che sentono, in loro coscienza, che questa conclusione appare aberrante?
Per Jeanine.
Fino al 1975 il procurato aborto era un disvalore, anche in ambito giuridico. L’aborto era SANZIONATO dalle norme del titolo X del libro II del codice penale (se le vada a vedere se vuole…). In realtà la giurisprudenza consolidata di fatto aveva “legalizzato” da tempo (con sentenze…) il procurato aborto qualora lo stesso venisse attuato per SALVARE la gravida e quando gravi ragioni di salute della gravida lo richiedessero. Questo secondo aspetto avveniva non di rado in quanto non era difficile riscontrare una causa giustificativa dello “stato di necessità” (ex art. 54 del Codice Penale). Quindi fino al 1975 il procurato aborto era considerato ILLECITO ma di fatto si rinunciava quasi sistematicamente all’applicazione della pena in presenza di circostanze verificabili. In definitiva si procedeva alla soppressione del feto qualora la gravidanza comportasse danno accertato o pericolo grave accertato alla salute della gravida (già prima della 194 quindi, in certi casi e a seguito di sentenze, prevaleva la vita della donna rispetto a quella del feto…).
Ma evidentemente non bastava, una parte della società impose che venisse legittimata completamente l’IVG (adducendo le note motivazioni: a) quella degli aborti clandestini (quanti? con che frequenza? bho… nessuno lo sapeva esattamente), quella secondo la quale b) solo le donne ricche potevano abortire (?… ebbè… la “giustizia” sociale ha il suo peso…o no?), quelle secondo cui c) la donna non può diventare una macchinetta da riproduzione se non vuole portare a termine la gravidanza (?… dell’altro “incomodo” che non può difendersi ovviamente NESSUNA considerazione…), d) la non meno nota e dissacrante motivazione secondo la quale “l’utero è mio e lo gestisco io” e altre amenità varie, ecc…) e … si arrivò così alla 194.
La 194 è una delle legislazioni più permissive del mondo in termini di procurato aborto. All’inizio le IVG legali erano oltre il valore di 250.000 anno, ora si attestano intorno a 95.000 anno ma, più o meno, il rapporto fra donne che richiedono l’IVG e le donne in gravidanza varia da circa 1 su 4 a circa 1 su 5 (negli ultimi anni, secondo me, si sta “abbassando” questo rapporto ovvero, detto in altri termini, la quota parte di donne gravide che annualmente richiedono l’IVG sta aumentando…).
Ricordato questo a suo beneficio, a mio parere:
1) la situazione “giuridica” più giusta era quella pre 1975 (l’IVG era considerata “reato” ma per casi accertati si poteva, senza essere “toccati” dalla legge, richiedere e ottenere il procurato aborto);
2) non vedo perchè debba considerarsi “aberrante” che il procurato aborto, non giustificato nel senso accennato, non debba essere perseguito penalmente (qualora non esistesse la 194);
3) a livello di stigma sociale attualmente l’IVG è definitivamente “sdoganata” e ormai è diventata nella migliore dei casi 3a) l’ “estrema ratio” per “levarsi dai piedi” il frutto di un sesso approcciato in modo irresponsabile e nel peggiore dei casi è diventata 3b) “sistema” per eliminare alla fonte la nascita di persone disabili o down o comunque ritenute (unilateralmente) “scartabili” dalla stessa donna.
Ho sbagliato: non è “si sta abbassando” ma piuttosto “si sta alzando” … il rapporto per dato anno fra le donne che richiedono l’IVG e tutte le donne interessate da gravidanza nello stesso anno.
“La 194 è una delle legislazioni più permissive del mondo in termini di procurato aborto.”
Falso, semplicemente.
In almeno una quarantina di Stati è possibile abortire oltre la dodicesima settimana, non esiste obiezione di coscienza, la minore può abortire senza passare per il giudice tutelare, ecc. Se vuoi ti faccio l’elenco.
“non vedo perchè debba considerarsi “aberrante” che il procurato aborto, non giustificato nel senso accennato, non debba essere perseguito penalmente (qualora non esistesse la 194)”.
Non essere ipocrita.
Non si parlava di semplice perseguibilità penale, ma dell’opportunità di punire la donna che abortisce con la stessa pena prevista per l’infanticidio premeditato. Non rigirare la questione.
TU STESSO hai detto che sarebbe giusto dare alla donna che abortisce la pena prevista per l’omicidio (salvo il “bonus” del primo aborto che magnanimamente hai accordato).
Ora che fai, ti rimangi quello che hai detto? Ti sei finalmente accorto che sarebbe aberrante (l’equiparazione della pena prevista per l’aborto a quella prevista per l’omicidio, non la perseguibilità penale)?
Lei dovrebbe stare più attenta a tacciare di falsità le persone in riferimento a ciò che scrivono. Io ho scritto “una delle più permissive); certamente in giro per il Mondo si può trovare qualche “situazione” peggiore (vorrei ben dire…). Ma in Italia, ad esempio, è possibile richiedere la IVG in certi casi anche fino alla 20/22-esima settimana… Ed è vero che il ginecologo può esercitare l’obiezione (almeno finora…) ma non può sollevare obiezione di coscienza allorquando l’intervento sia indispensabile per salvaguardare la salute della gravida.
E, se devo essere sincero, è un po’ seccante l’accusa ridicola (secondo me) e poco contestualizzata (secondo me) di essere ipocrita. E’ LEI che ha scritto: “se una donna LIBERAMENTE e COSCIENTEMENTE, SENZA ESSERE INFLUENZATA DA NESSUNO, abortisce, secondo te dovrebbe essere equiparata a una omicida anche dal punto di vista penale? Quali sono, secondo te, i motivi per cui una donna che uccide un feto, che secondo te è la stessa cosa di una persona, dovrebbe godere di una pena minore rispetto all’infanticida?”. Lei stessa poi, qui sopra, scrive “Ti sei finalmente accorto che sarebbe aberrante (l’equiparazione della pena prevista per aborto a quella prevista per omicidio, non la perseguibilità penale)?”. Come vede la questione era un po’ più generica; mi pareva di aver capito che, qualora non ci fosse la 194, lei ritiene aberrante la perseguibilità penale tout cour … piuttosto che la perseguibilità penale legata specificatamente all’infanticidio. Comunque faccio venia e diciamo … che non ha capito bene dove voleva arrivare…
Vediamo comunque cosa “diceva” il titolo X libro II:
*********
Art. 545. Aborto di donna non consenziente. Chiunque cagiona l’aborto di una donna, senza il consenso di lei, è punito con la reclusione da sette a dodici anni.
Art. 546. Aborto di donna consenziente. Chiunque cagiona l’aborto di una donna, col consenso di lei, è punito con la reclusione da due a cinque anni. La stessa pena si applica alla donna che ha consentito all’aborto. Si applica la disposizione dell’articolo precedente: 1) se la donna è minore degli anni quattordici, o, comunque, non ha capacità d’intendere o di volere; 2) se il consenso è estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero è carpito con inganno.
Art. 547. Aborto procuratosi dalla donna. La donna che si procura l’aborto è punita con la reclusione da uno a quattro anni.
Art. 548. Istigazione all’aborto. Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato preveduto dall’articolo precedente, istiga una donna incinta ad abortire, somministrandole mezzi idonei, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Art. 549. Morte o lesione della donna. Se dal fatto preveduto dall’articolo 545 deriva la morte della donna, si applica la reclusione da dodici a venti anni; se deriva una lesione personale, si applica la reclusione da dieci a quindici anni. Se dal fatto preveduto dall’articolo 546 deriva la morte della donna, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni; se deriva una lesione personale, è della reclusione da tre a otto anni.
Art. 550. Atti abortivi su donna ritenuta incinta.Chiunque somministra a una donna creduta incinta mezzi diretti a procurarle l’aborto, o comunque commette su lei atti diretti a questo scopo, soggiace, se dal fatto deriva una lesione personale o la morte della donna, alle pene rispettivamente stabilite dagli articoli 582, 583 e 584. Qualora il fatto sia commesso col consenso della donna, la pena è diminuita.
…
Art. 555. Circostanza aggravante e pena accessoria. Se il colpevole di uno dei delitti preveduti dall’articolo 545, dalla prima parte e dal secondo capoverso dell’articolo 546, dagli articoli 548, 549, 550, dalla prima parte dell’articolo 552 e dall’art. 553 è persona che esercita una professione sanitaria, la pena è aumentata. Nel caso di recidiva, l’interdizione dalla professione sanitaria è perpetua.
*****
Come vede c’era la “perseguibilità penale” e in qualche modo assimilabile all’omicidio colposo attuale (si va da 6 mesi a 5 anni attualmente, in caso di omicidio colposo….). MA la vecchia normativa non prendeva in considerazione la “reiteratività” del procurato aborto… da cui avrebbe senso secondo me passare anche da “colposo” a “doloso” in quanto la reiteratività sottintendende dolo e non colpa (come ho scritto in altra parte di questo post). In ogni caso stia tranquilla.. vedrà che nessuno le leverà la sua bella e amata 194 e nessuna conseguenza “aberrante” è all’orizzonte (dorma tranquilla). Ormai la finestra è aperta e gran parte dei valori sono andati persi; quel che rimane è l’ipocrisia (in questo caso proprio di ipocrisia si tratta) di permettere di dar seguito alla scelta del più forte in danno al più debole e far passare questa possibilità come principio di civiltà.
Per Jeanine.
Lei dovrebbe stare più attenta a tacciare di falsità le persone in riferimento a ciò che scrivono. Io ho scritto “una delle più permissive); certamente in giro per il Mondo si può trovare qualche “situazione” peggiore (vorrei ben dire…). Ma in Italia, ad esempio, è possibile richiedere la IVG in certi casi anche fino alla 20/22-esima settimana… Ed è vero che il ginecologo può esercitare l’obiezione (almeno finora…) ma non può sollevare obiezione di coscienza allorquando l’intervento sia indispensabile per salvaguardare la salute della gravida.
Per Jeanine.
E, se devo essere sincero, è un po’ seccante l’accusa ridicola (secondo me) e poco contestualizzata (secondo me) di essere ipocrita. E’ LEI che ha scritto: “se una donna LIBERAMENTE e COSCIENTEMENTE, SENZA ESSERE INFLUENZATA DA NESSUNO, abortisce, secondo te dovrebbe essere equiparata a una omicida anche dal punto di vista penale? Quali sono, secondo te, i motivi per cui una donna che uccide un feto, che secondo te è la stessa cosa di una persona, dovrebbe godere di una pena minore rispetto all’infanticida?”. Lei stessa poi, qui sopra, scrive “Ti sei finalmente accorto che sarebbe aberrante (l’equiparazione della pena prevista per aborto a quella prevista per omicidio, non la perseguibilità penale)?”. Come vede la questione era un po’ più generica; mi pareva di aver capito che, qualora non ci fosse la 194, lei ritiene aberrante la perseguibilità penale tout cour … piuttosto che la perseguibilità penale legata specificatamente all’infanticidio. Comunque faccio venia e diciamo … che non ha capito bene dove voleva arrivare…
Per Jeanine.
Precisato quanto sopra vediamo comunque cosa “diceva” il titolo X libro II:
*********
Art. 545. Aborto di donna non consenziente. Chiunque cagiona l’aborto di una donna, senza il consenso di lei, è punito con la reclusione da sette a dodici anni.
Art. 546. Aborto di donna consenziente. Chiunque cagiona l’aborto di una donna, col consenso di lei, è punito con la reclusione da due a cinque anni. La stessa pena si applica alla donna che ha consentito all’aborto. Si applica la disposizione dell’articolo precedente: 1) se la donna è minore degli anni quattordici, o, comunque, non ha capacità d’intendere o di volere; 2) se il consenso è estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero è carpito con inganno.
Art. 547. Aborto procuratosi dalla donna. La donna che si procura l’aborto è punita con la reclusione da uno a quattro anni.
Art. 548. Istigazione all’aborto. Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato preveduto dall’articolo precedente, istiga una donna incinta ad abortire, somministrandole mezzi idonei, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Art. 549. Morte o lesione della donna. Se dal fatto preveduto dall’articolo 545 deriva la morte della donna, si applica la reclusione da dodici a venti anni; se deriva una lesione personale, si applica la reclusione da dieci a quindici anni. Se dal fatto preveduto dall’articolo 546 deriva la morte della donna, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni; se deriva una lesione personale, è della reclusione da tre a otto anni.
Art. 550. Atti abortivi su donna ritenuta incinta.Chiunque somministra a una donna creduta incinta mezzi diretti a procurarle l’aborto, o comunque commette su lei atti diretti a questo scopo, soggiace, se dal fatto deriva una lesione personale o la morte della donna, alle pene rispettivamente stabilite dagli articoli 582, 583 e 584. Qualora il fatto sia commesso col consenso della donna, la pena è diminuita.
…
Art. 555. Circostanza aggravante e pena accessoria. Se il colpevole di uno dei delitti preveduti dall’articolo 545, dalla prima parte e dal secondo capoverso dell’articolo 546, dagli articoli 548, 549, 550, dalla prima parte dell’articolo 552 e dall’art. 553 è persona che esercita una professione sanitaria, la pena è aumentata. Nel caso di recidiva, l’interdizione dalla professione sanitaria è perpetua.
*****
Per Jeanine.
Come vede quaranta anni fa c’era la “perseguibilità penale” e in qualche modo assimilabile all’omicidio colposo attuale (si va da 6 mesi a 5 anni attualmente, in caso di omicidio colposo….).
MA la vecchia normativa non prendeva in considerazione la “reiteratività” del procurato aborto… da cui avrebbe senso secondo me passare anche da “colposo” a “doloso” in quanto la reiteratività sottintendende dolo e non colpa (come ho scritto in altra parte di questo post).
In ogni caso stia tranquilla.. vedrà che nessuno le leverà la sua bella e amata 194 e nessuna conseguenza “aberrante” è all’orizzonte. Ormai la finestra è aperta e gran parte dei valori sono andati persi; quel che rimane è l’ipocrisia (in questo caso proprio di ipocrisia si tratta) di permettere di dar seguito alla scelta del più forte in danno al più debole e far passare questa possibilità come principio di civiltà.
Oh, ecco.
Come vedi, anche prima della 194 l’aborto era punito in maniera molto più lieve rispetto all’omicidio.
Quindi anche prima della 194 la tutela accordata all’embrione era minore rispetto a quella del neonato.
Quindi anche quella legislazione, dal punto di vista dei pro-life, sarebbe stata ingiusta.
Quindi i pro-life dovrebbero battersi non solo per l’abrogazione della 194, ma per una legge che equipara pienamente l’aborto all’omicidio.
Quindi il ritorno alla legislazione precedente sarebbe per i pro-life solo una soluzione di compromesso.
Ma allora perché nessuno, dico NESSUNO in questa discussione ha avuto le pxxxe (voglio essere sessista anch’io) di dire chiaramente che chi abortisce dovrebbe essere condannato alla pena prevista per l’omicidio?
Tu l’hai fatto, ma mi sembra che adesso ti tiri indietro.
Ma cosa andiamo… per approssimazioni successive? Deve leggere questi post per sapere come sono le cose?
1) omicidio colposo attualmente è fra 6 mesi e 5 anni (il procurato aborto era “colpito” con pene variabili fra 1 e 4 anni). Come vede… non c’è niente da “vedere”, sempre di valutazione penale di un “omicidio” si tratta;
2) certamente la tutela dell’embrione era inferiore a quella del neonato (e questo è anche spiegabile però…) ma cosa cambia con quello di cui stiamo scrivendo?
3) i pro-life farebbero la firma potendo ritornare alla vecchia legislazione (con alcuni piccoli emendamenti che però nulla hanno a che fare con la “quantificazione” della pena…);
4) non so per cosa i pro-life dovrebbero battersi (son cose che scrive LEI)… ma il problema non si pone nei termini da LEI posti perchè l’aborto per i pro-life non può che essere un omicidio (ci sta ancora pensando?….);
5) non so cosa i pro-life pensino della legislazione precedente ma sicuramente farebbero “a cambio” subito (potendo);
6) il procurato aborto dovrebbe essere “colpito” con pene correlate al reato di omicidio (secondo gradazione enne volte espressa…) e qualora venisse meno la 194. Ha bisogno di un certicato in bollo per prendere atto che un pro-life non potrebbe vederla diversamente? Cosa c’entrano le palle?
7) non ho cambiato una virgola sul mio pensiero; soprattutto non vedo perchè dovrei nascondere il fatto che il procurato aborto è una vergogna perchè fa prevalere il più forte in danno al più debole (e relative conseguenze).
In ogni caso stia tranquilla (ripeto).. vedrà che nessuno emenderà la 194 (sicuramente a breve) e nessuna conseguenza “aberrante” è all’orizzonte (ripeto). Come scrissi prima ormai la finestra è aperta e gran parte dei valori sono andati persi; rimane l’ipocrisia (quella vera) per la quale mi pare ci sia massimo disinteresse da parte sua. Quindi il discorso si chiede.
Guarda che la pena prevista per la donna dalla legge previgente alla 194 (da 1 a 4 anni) era per l’aborto DOLOSO, non COLPOSO.
In altre parole, l’aborto DOLOSO – almeno per ciò che riguarda la donna – veniva colpito meno duramente dell’omicidio COLPOSO.
Cioè era considerato più grave uccidere un uomo PER SBAGLIO anziché un feto PER SCELTA.
Non mi sembra che la legge previgente avesse chissà quale considerazione per il feto, non trovi?
E allora perché i pro-life dovrebbero “fare la firma” per tornare alla vecchia legislazione, se non per un compromesso al ribasso?
“il procurato aborto dovrebbe essere “colpito” con pene correlate al reato di omicidio (secondo gradazione enne volte espressa…) e qualora venisse meno la 194. Ha bisogno di un certicato in bollo per prendere atto che un pro-life non potrebbe vederla diversamente?”
Sì, ho bisogno di un certificato in bollo, perché non ho visto UN pro-life dire PUBBLICAMENTE che la pena per l’aborto dovrebbe essere quella del reato di omicidio. Strano, eh? Eppure come dici tu non potrebbe vederla diversamente, no?
Strano pure che l’aborto non è “colpito con pene correlate al reato di omicidio” in nessuna parte del mondo, no?
Per Jeanine.
****Guarda che la pena prevista per la donna dalla legge previgente alla 194 (da 1 a 4 anni) era per l’aborto DOLOSO, non COLPOSO. In altre parole, l’aborto DOLOSO – almeno per ciò che riguarda la donna – veniva colpito meno duramente dell’omicidio COLPOSO.****
Da dove deriva questa sua valutazione? Cioè da dove deriva questa sua costatazione che l’articolo che puniva la donna che si procurava l’aborto aveva i connotati di “aborto doloso”? In ogni caso non faccia confusione fra aborto (doloso/colposo) e omicidio (doloso/colposo)….
****Cioè era considerato più grave uccidere un uomo PER SBAGLIO anziché un feto PER SCELTA.****
Questo è vero in parte (piccola differenza fra l’entità delle pene)… ma non deriva dalla valutazione che le ho proposto degli ex articoli del titolo X libro II.
***Non mi sembra che la legge previgente avesse chissà quale considerazione per il feto, non trovi?****
No guardi… proprio non ci siamo. Abortire era considerato reato. Non c’è altro da dire. E la normativa esisteva in ambito penale proprio perchè la giurisprudenza ancora dava importanza al feto. Con la 194 evidentemente non è così; quando una cosa è 1) “legalmente permessa” e la decisione 2) “non può essere impugnata” (neanche dall’ometto seminatore…) il soggetto che soccombe viene a perdere qualsiasi importanza e rappresentantività al cospetto di tutti.
****E allora perché i pro-life dovrebbero “fare la firma” per tornare alla vecchia legislazione, se non per un compromesso al ribasso?****
Perchè la finestra è aperta. L’ignavia ha preso il sopravvento. Il “valore” della vita è andato (giuridicamente) scemando. Perchè il lavoro sporco è “scaricato” (pur se non voluto) su soggetti che prima non potevano (medici) e nessuno sa cosa sia “veramente” un procurato aborto se non la donna che lo richiede (MA solo in termini di “rimorso” o “trauma” post operatorio… non perchè “visivamente” abbia visto lo schiacciamento o il risuccchio del feto). Insomma ci sono mille motivi per cui sarà impossibile nel breve o medio periodo pensare ad una revisione della 194. Forse c’è da sperare nelle prossime generazioni… bah… Rimango dell’idea che il pro-life medio ci farebbe la firma (con qualche emendamento come le scrivevo… ovviamente).
**** perché non ho visto UN pro-life dire PUBBLICAMENTE che la pena per l’aborto dovrebbe essere quella del reato di omicidio. Strano, eh? Eppure come dici tu non potrebbe vederla diversamente, no?****
Questo lo scrive lei… Comunque l’uso della terminologia giuridica adatta alla fattispecie, ancorchè giusta o sbagliata, non cambia la sostanza delle cose.
****Strano pure che l’aborto non è “colpito con pene correlate al reato di omicidio” in nessuna parte del mondo, no?*****
Questo ancora lo scrive lei… Le ho (di)mostrato la corrispondenza in termini di entità della pena, almeno per la situazione italiana. Questo basta a dare “soluzione” alle valutazioni che continua a fare (secondo me, ovviamente). Aborto = soppressione (gratuita) di una vita, anche forzando l'”indoratura” del dolce per dare diversa visibilità (quindi introducendo ipotetiche terminologie giuridiche difformi o diverse) nulla toglie alla sostanza della questione. Per la legislazione in giro per il mondo faccia una piccola ricerca lei… non ci vuole molto. Non si aspetti però che l’aborto, dove viene ancora “colpito”, venga “colpito” solo perchè non si può indagare sul fatto che il feto abbia accettato o meno di essere stato concepito.
Giuliano, sei un ignorante, saccente e presuntuoso.
Ma io che parlo a fare con uno che non capisce la differenza tra reato doloso e colposo e pretende pure di avere ragione?
Ma è questa la media culturale dei pro-life?
Ma sai le risate che si stanno facendo chi ti legge?
Per il tuo bene, Giuliano, smettila di renderti ridicolo.
Io lascio la discussione, di me non c’è bisogno. Vi state massacrando da soli.
Per Jeanine
Dove sei Jeanine? Perchè offendi e te ne vai?
Prima di “massacrarmi da solo” volevo comunque chiudere con una delle tante considerazioni circa il perchè la 194 andrebbe perlomeno emendata. Se l’aborto volontario ritorna ad essere punito come delitto (con le più volte citate differenziazioni a seconda della gravità e della reiteratività…) verrebbe “fissato” un valore non disponibile e superiore a quello della convenienza del singolo. In altri termini al cittadino (in questo caso alla donna in stato di gravidanza correlata però ad “accadimenti” non conseguenti a stupro e comunque non in pericolo di vita) andrebbero caricati doveri “di giustizia” che travalicano la propria soggettiva facoltà di autodeterminazione. Solo così si può garantire il preliminare diritto di difesa al soggetto più debole rispetto al soggetto più forte; “concetto” base di qualsiasi moderna società.
Uno dei concetti “cardine” che avviò la 194 fu la constazione che, per essere il procurato aborto comunque un ineluttabile punto di arrivo per tante donne, “bisognava” legalizzarlo in modo che la pratica clandestina sparisse e scemasse il rischio sanitario per la vita della stessa donna. Ma, anche se molti anni son passati, rimane sempre la constatazione che una legge per natura non può che influenzare la coscienza e le scelte dei cittadini e quindi non può che essere ingannevole, oltre che assurdo, che il contenuto della stessa legge derivi banalmente dalla deduzione di un fatto assodato. E difatti i primi anni di applicazione della 194 videro una forte impennata di IVG mentre col tempo il rapporto fra aborti e nati vivi andò via via diminuendo fino ai valori minimali dei nostri anni (diminuzione conseguita probabilmente solo perchè anticoncenzionali e pillole abortive post concepimento hanno ridotto le richieste di IVG in struttura sanitaria… e nel secondo caso sempre di aborto si tratta comunque).
Vuoi risposte più chiare?
– L’embrione e un essere vivente appartenete al genere “Homo”, specie “Homo Sapiens”, e quindi la sua soppressione è omicidio.
– Le leggi di natura sono le leggi di natura e, se per te sono sessiste, proponi di cambiarle per votazione democratica.
– Se una donna LIBERAMENTE e COSCIENTEMENTE, SENZA ESSERE INFLUENZATA DA NESSUNO, abortisce, ammazza un “persona” (Individuo della specie umana, senza distinzione di sesso, età, condizione sociale e sim., considerato sia come elemento a sé stante, sia come facente parte di un gruppo o di una collettività) che non è in grado di difendersi in alcun modo e che dipende in tutto e per tutto dalla persona che la ammazza.
– A parte taluni casi estremi di donne che affermano di abortire per il piacere che procura loro la soppressione di un essere umano vivente o altre che lo fanno perché il pancione al mare è antiestetico, ribadisco che le donne ricorrono all’aborto quando vi sono spinte da ragioni psicologiche, economiche o sociali e quindi, per valutare quale dovrebbe essere la loro pena, bisognerebbe poter stabilire quanto era libera la loro scelta, senza mai dimenticare però che, normalmente, la donna si porta dentro per tutta la vita il ricordo struggente di quel figlio mai nato.
“Se una donna LIBERAMENTE e COSCIENTEMENTE, SENZA ESSERE INFLUENZATA DA NESSUNO, abortisce, ammazza un “persona””
Quindi, avendolo fatto LIBERAMENTE, COSCIENTEMENTE, SENZA ESSERE INFLUENZATA DA NESSUNO, e perciò SENZA ATTENUANTI, dovrebbe prendersi l’ergastolo come l’infanticida, no?
Perché non hai il coraggio di dirlo?
Perché continui a blaterare?
Io ritengo che l’aborto fatto volutamente e scientemente si peggio dell’infanticidio.
Quindi dillo, no?
Avanti, fa’ quest’ultimo passo.
Coraggio.
Dì che la donna che abortisce volutamente e scientemente si merita l’ergastolo.
Se per te le persone che uccidono un altro essere umano, indipendentemente dalle cause e dalle circostanze, dalle aggravanti e dalle attenuanti, meritano tutte ed indistintamente il massimo della pena è la norma e non un’aberrazione giuridica, hai ragione: per quanto mi riguarda, io una stupidita giuridica del genere nemmeno la concepisco.
Riguardo poi a cosa sia veramente l’aborto, qui puoi trovare informazioni ed immagini (se avrai il coraggio di guardarle):
https://www.quival.it/societa/aborto.html
Trovo inoltre meno colpevole una madre che, al limite, ammazza il proprio figlio guardandolo in faccia,
che non una madre che fa morire il proprio figlio per smembramento senza peraltro voler vedere come il figlio le viene estratto dalla pancia pezzo a pezzo.
“Trovo inoltre meno colpevole una madre che, al limite, ammazza il proprio figlio guardandolo in faccia,
che non una madre che fa morire il proprio figlio per smembramento senza peraltro voler vedere come il figlio le viene estratto dalla pancia pezzo a pezzo.”
Quindi, essendo per te l’aborto più grave dell’infanticidio, la donna che abortisce, coscientemente e volontariamente, senza circostanze attenuanti, merita a maggior ragione l’ergastolo, che è già previsto per l’infanticidio?
Giusto?
Ma ci sei o ci fai?
E’ più grave l’infanticidio di una donna che ammazza il proprio figlio che tiene in braccio schiacciandolo perché inciampa in un marciapiede
o una donna che abortisce perché vuole andare al mare ed il pancione le rovinerebbe la linea?
“E’ più grave l’infanticidio di una donna che ammazza il proprio figlio che tiene in braccio schiacciandolo perché inciampa in un marciapiede
o una donna che abortisce perché vuole andare al mare ed il pancione le rovinerebbe la linea?”
Ti ripeto la domanda a cui non vuoi rispondere, aggiungendo una specificazione che apparirebbe superflua anche ad un bambino:
essendo per te l’aborto più grave dell’infanticidio, la donna che abortisce, coscientemente e volontariamente, senza circostanze attenuanti,non la donna che ammazza il proprio figlio che tiene in braccio schiacciandolo perché inciampa in un marciapiede, merita a maggior ragione l’ergastolo, che è già previsto per l’infanticidio?
Visto che persisti a non capire che ogni omicidio, aborto compreso, è diverso da caso a caso e che io ti ho detto, ripetuto e ribadito che, a motivo delle circostanze, e non solo della volontà dell’autore, risulta talvolta più grave l’aborto mentre talvolta risulta più grave l’infanticidio, ed ho affermato che solo una persona stupida pretende di parificare casi giuridici diversi, debbo ritenere che proprio ci sei.
Piuttosto cosa mi dici delle foto, se le hai avuto il coraggio di guardarle, dove si vedono pezzi di braccia, di gambe, di tronchi e di teste di bambini abortiti?
Lorè, perdi tempo.
Questa, come Piero (ma più esplicita) è quella che
Capito?