«Aiutiamo i migranti a casa loro». Se a dirlo è mons. Zuppi, arcivescovo di Bologna
- Ultimissime
- 20 Giu 2018
Il tema immigratorio è al centro del dibattito pubblico, seguendo l’attività del ministro Salvini. Eviteremo di immergerci nel calderone dei commentatori di una situazione tanto complessa quanto poco adatta alla grossolanità dei social network, dove inutilmente si scannano i buonisti del “dentro tutti” e i cattivisti del “fuori tutti” (interessante l’editoriale di Antonio Polito). Guerriglia social cui partecipano purtroppo moltissimi cattolici, con toni tanto volgari che si fatica a credere.
Vorremmo continuare a respingere le accuse che la Chiesa sta ricevendo sopratutto da molti suoi “figli dissidenti”, secondo i quali starebbe sponsorizzando un’immigrazione selvaggia ed irregolare. Della posizione di Papa Francesco abbiamo parlato in più occasioni, citiamo soltanto una frase riassuntiva: «Un approccio prudente da parte delle autorità pubbliche non comporta l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti, ma implica valutare con saggezza e lungimiranza fino a che punto il proprio Paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione».
Oggi segnaliamo una recente intervista ad un arcivescovo definito dalla stampa “bergogliano”, quello di Bologna. Si parla in queste ore delle parole del ministro Salvini sulla popolazione rom, e mons. Matteo Zuppi -che conosce bene i campi di Roma-, riconosce: «È giusto anche che si superino i campi rom, che sono in condizioni inumane». Ma non ritiene che le ruspe siano la soluzione, spostano soltanto il problema e «vanificano mesi di sforzi educativi».
Il passaggio più interessante, però, è questo: «al ministro dell’Interno direi che è giusto porre l’Europa di fronte alle sue responsabilità e occorre il dialogo per trovare una soluzione! Occorre continuare a salvare in mare chi è pericolo, anche perché ciò ci rende più forti e credibili nell’esigere soluzioni. Bisogna fare attenzione al linguaggio che si usa. Un ministro deve farsi capire, certo, ma anche usare modi istituzionali. Gli direi che occorre investire seriamente in Libia per la pace e i diritti umani. E poi che bisogna aiutare i Paesi di origine dell’immigrazione, ma non con un piano di aiuti spot. Serve una strategia seria per convincere i giovani a restare. Occorre continuare i corridoi umanitari, realizzati con successo da Sant’Egidio, Chiesa cattolica e protestante, che coniugano umanità e sicurezza».
Braccia aperte e accoglienza cristiana -nei limiti del possibile- a chi è in difficoltà, ma la soluzione è aiutare i migranti a non partire. Ovvero, la “versione cattolica” del famoso motto leghista “aiutiamoli a casa loro”, scandito da Matteo Salvini in campagna elettorale. Qualcuno si stropiccerà gli occhi, ma un anno fa fu ancora più esplicito il segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin: «il discorso dell’”Autiamoli a casa loro” è un discorso valido, nel senso che dobbiamo aiutare veramente questi Paesi nello sviluppo, in modo tale che la migrazione non sia più una realtà forzata».
A sua volta, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Gualtiero Bassetti, ha dichiarato: «La gente non deve essere costretta a partire. Dobbiamo promuovere la mentalità per cui si creino condizioni per cui essi possano restare». Mentre don Gianni De Robertis, direttore generale di Migrantes, ha citato le parole di papa Francesco e Benedetto XVI: «la prima libertà deve essere quella di non essere costretti a lasciare il proprio Paese».
Dov’è quell’endorsement clericale all’immigrazionismo incontrollato del quale tanto ci si indigna sui blog della sedicente “resistenza cattolica”?
AGGIORNAMENTO 20/06/18, ore 17
Papa Francesco ha rilasciato un’intervista. Sul tema immigratorio ha appoggiato la critica della Conferenza Episcopale Statunitense alla separazione dei bambini immigrati dai loro genitori. Rispetto al “caso Aquarius”, ha invece affermato: «Credo che non si debba respingere la gente che arriva, si devono ricevere, aiutare e sistemare, accompagnare e poi vedere dove metterli, ma in tutta l’Europa. L’Europa deve fare un lavoro di educazione e investimenti in Africa per evitare l’immigrazione alla radice».
AGGIORNAMENTO 20/06/18, ore 21
In un comunicato di Caritas Italiana si ribadisce la medesima posizione di mons. Zuppi: «Lasciare il proprio Paese e vivere da rifugiato non piace a nessuno, così come mettere la propria vita, e quella della propria famiglia, in mano a trafficanti di esseri umani. Nessuno lo farebbe se fosse libero di restare nel proprio Paese. In un mondo in cui il numero di sfollati a causa di guerre e ingiustizie aumenta, occorre aumentare anche l’impegno per rimuovere le cause che generano questi sfollati. La comunità internazionale è chiamata a risolvere, o quanto meno intervenire in maniera concreta su guerre, carestie, povertà, calamità e ridurre la forbice delle diseguaglianze. Nel contempo i governi dei Paesi di arrivo di migranti e rifugiati sono chiamati a impegnarsi su politiche capaci di sviluppare integrazione, un processo non breve né tantomeno facile. Inoltre il ritorno dei rifugiati dovrebbe idealmente diventare parte di una più ampia strategia per lo sviluppo e la ricostruzione postbellica, che favorisca processi di riconciliazione e protezione dei più vulnerabili. Ma invece che investire su questi processi, i leader dei Paesi più ricchi del mondo sembrano sempre più interessati a investire sulla paura e sulle fortificazioni».
La redazione
21 commenti a «Aiutiamo i migranti a casa loro». Se a dirlo è mons. Zuppi, arcivescovo di Bologna
Ho letto al volo l’ultima intervista citata nell’articolo (De Robertis), magari in giornata leggo le altre.
Mi ha colpito una frase: “Nello stesso tempo ognuno ha il diritto di muoversi perché la terra è di tutti, non di alcuni sì e di altri no. Vorremmo che il concetto di libertà di partire, di emigrare, valesse a 360 gradi”
Ovviamente una frase non spiega completamente una tesi o un pensiero, però spesso è indicativa del modo di pensare.
Secondo me, il problema di fondo sta proprio in questo incipit “ognuno ha il diritto di muoversi perchè la terra è di tutti”.
A mio parere è falso. Non è affatto vero che la terra è di tutti.
Se Tizio possiede una casa o un appartamento, quello non è di tutti, ma esclusivamente di Tizio. Se Tizio abita all’interno di una collettività – chiamata “stato” – l’insieme delle proprietà private di quello stato sono di proprietà dei singoli cittadini e di nessun altro, mentre i beni statali sono di proprietà di tutti i cittadini collettivamente (gestiti dallo stato). Anche in questo secondo caso, quindi, quei beni non sono di tutti. Ma piuttosto sono di ciascun cittadino di quello specifico stato. I cittadini di altri stati non possono accampare alcun diritto su quei beni.
Sempre per dimostrare che non è affatto vero che “la terra è di tutti” io, ad esempio, italiano non posso decidere di stabilirmi in Canada o in qualsiasi altro paese esterno alla UE a mio piacimento, senza dover dare spiegazioni. Questo perchè ciascun paese si è dato delle regole ben precise su chi e come accogliere.
Questi limiti sono giustificati non per egoismo ma per garantire la pacifica convivenza fra i concittadini e, in fondo in fondo, per tutelare le fasce più deboli e povere del paese di “accoglienza”.
ES: Se io sono un residente regolare del paese “x” (a prescindere dalla mia cittadinanza) e il paese X, secondo la logica “la terra è di tutti”, “accoglie” tutti coloro che decidono che X è il paese dove vogliono risiedere, i danni che subirò da questa politica scelta dal mio stato saranno inversamente proporzionali alla mia ricchezza.
Se sono molto ricco e potente, in grado di garantirmi autonomamente una certa tranquillità – es. istituti di vigilanza privata fuori casa, casa in quartieri esclusivi, trasporti privati, sanità privata, scuole private ecc – allora tale politica, fino a che non esplode a livello generale, non mi coinvolgerà pressochè per niente. Ciononostante è comunque ingiusto, in quanto non capisco perchè io, residente regolarmente nel paese X, sia costretto a garantirmi la sicurezza e la sanità (a prescindere dal reddito che guadagno). Discorso ancora più grave è se invece sono povero, o anche semplicemente “normale”, quindi casa in un quartiere popolare/residenziale, sanità statale, trasporti statali ecc. La “politica” suddetta in questo caso mi provocherà fin da subito un notevole disagio. Ad esempio spaccio sotto casa, preoccupazioni per l’incolumità mia e dei miei familiari, disagi nei trasporti per andare a lavoro, lunghe attese per la sanità, rifiuto di assegnazione dei servizi sociali, problemi scolastici dei figli eccecc.
Ripeto, una frase estrapolata da un’intervista può voler dir tutto o niente. Probabilmente è una frase che poi lo stesso intervistato avrebbe voluto contestualizzare ma non è stato possibile per motivi di spazio.
E’ purtroppo vero anche, però, che ci sono organizzazioni che credono fermamente a questa teoria, ossia che tutti hanno il diritto ad emigrare, la terra è di tutti ecc ecc (es no borders).
Ho scritto queste poche righe solo per mettere in guardia che da un incipit, superficialmente giusto ma profondamente sbagliato, potrebbero sorgere numerosi errori (tra l’altro pagati, in primis dai più poveri).
Oppure, per capire dove il mio ragionamento è sbagliato.
PS: l’editorialista del Corriere si chiama Polito, non Politi.
Mi dispiace ma non me la bevo, il papa come una quantità abnorme di preti ha remato contro troppo spesso allontanando me come altri dal Cattolicesimo con le sue idee ipocrite sull’immigrazione. Complimenti al prete in questione che ha capito come funziona il mondo ma ormai il danno è fatto.
Quindi ti sei allontanato dal cattolicesimo perché qualche prete (e il Papa, ma quando??) ha una posizione contraria alla tua sull’immigrazione. Quindi avevi ben pochi altri motivi per dirti cattolico…il cattolicesimo è per te un partito politico dove stracciare la tessera quando “non si è d’accordo”. Probabilmente cattolico non lo sei mai stato. Ma questa è la tua vita e non voglio giudicarti da una confessione.
Addiritura mi chiedi quando il papa ha preso una posizione contraria alla mia e a quella del popolo Italiano? Semplice: quasi ogni giorno, anche ieri in occasione dell’ennesima giornata internazionale del rifugiato. Ricordo ancora quando attaccò Trump e la sua volontà di implementare un muro già esistente quando il Vaticano ne é attorniato, ricordo le decine di dichiarazioni contro i populismi e la decisione di fermare l’accoglienza e molto altro. Se mi chiedi se mi sono allontanato dal Cattolicesimo perché ho una posizione FORTEMENTE contraria per quanto riguarda una tematica importantissima la risposta è sì perché non mi faccio dire cosa pensare da quella che ritengo una massa di ipocriti che da una parte predicano e spendono soldi per l’accoglienza altrui e dall’altra si servono di gendarmi muniti di taser e mitragliatori. Ergo so se posso definirmi Cattolico se chi è a capo del Cattolicesimo rema contro costantemente alla risoluzione del problema migratorio…
Riguardo ai migranti, qualcuno ha detto che ci troviamo di fronte alla “cinesizzazione del lavoro” in europa: il capitalismo cinese infatti insegna che, se si vuole ottimizzare il guadagno minimizzando la spesa, è possibile abbassare il costo del lavoro moltiplicando i possibili lavoratori in modo che questi siano disposti a lavorare anche solo per poter mangiare.
La “cinesizzazione del lavoro”, rispetto allo schiavismo, presenta indubbi vantaggi: gli schiavi infatti, a differenza di coloro che accettano di lavorare per non morire di fame, non dovevano solo essere sfamati, ma dovevano anche essere alloggiati e mantenuti in buona salute al fine di non perdere il capitale la forza lavoro e, quindi, costavano al “padrone” molto più di quanto non costi oggi un lavoratore migrante.
Anche se taluni affermano che i migranti fanno oggi i lavori che rifiutano gli italiani, la verità è che i datori di lavoro possono oggi permettersi di proporre paghe da fame perché qualcuno, disposto ad accettarle, è sempre possibile trovarlo: e pensare che taluni alti prelati, dimentichi che il “Defraudare la giusta mercede a chi lavora” è uno dei “quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio”, si rendono complici e benedicono questo traffico di esseri umani che nulla ha da invidiare al tanto vituperato traffico degli schiavi.
Il parallelo che lei traccia tra antico e nuovo schiavismo
(considerando quello nuovo addirittura peggiore, sotto molti aspetti)
è, allo stesso tempo, agghiacciante e perfetto-
Quello che mi fa più rabbia è che tutto questo viene fatto sfruttando abilmente il mascheramento con coloro che veramente hanno bisogno di aiuto e protezione.
L’ endorsement clericale all’ immigrazionismo che tanto ci indigna , e che soprattutto ha avuto effetti molto pratici sul voto degli italiani a marzo, e’ semplicemente il fatto che nove su dieci
Gli interventi del Papa sono su come gli Stati dovrebbero accogliere i migranti . La domanda di tanti cittadini italiani e’ la seguente: perche’ il Papa fa politica? Perche’ entra a gamba tesa sulle decisioni dei Presidenti e edegli Stati rispetto ai migranti?? Un papa che fa politica e per di piu’ Schierato con una sola parte politica non piace a tanti italiani, anche cattolici.
L’ italiano medionon rimbecillito dalla propaganda pensa che ci sia una ossessione o una fissazione dell’ attuale Pontefice sul tema dei migranti. E questa ossessione non sembra
Dettata solo da motivi religiosi, ma appunto politici.
Ma certo al papa del cattolico italiano medio non importa nulla: interessa solo il cattolico illuminato e progressista convertito all religione universale mondialista.
Cioe’ quello rimbecillito dalla propaganda.
1) L’accoglienza è una tematica di morale cristiana (ricordi il Vangelo?), quindi il Papa ricorda ai cattolici che sì, si dovrebbe accogliere i migranti e non respingerli. Però aggiunge di farlo per quanto è possibile, coinvolgendo tutta l’Europa.
2) Perché il Papa fa politica? La fanno da sempre, i Papi, è a voi tradizionalisti va bene quando si oppone alle leggi sull’utero in affitto, sull’aborto, sulle nozze gay, sui crocifissi nelle scuole ecc. Il Papa può fare politica solo quando la pensa come “voi” (inteso complottisti-sedevacantisti).
3) Il Papa parla tanto di immigrazione perché è il cuore del dibattito internazionale in questo momento, esattamente come ne sei ossessionato tu per motivi politici e non religiosi.
4) Il Papa parla al mondo, non al singolo staterello.
Ma sopratutto perché predica accoglienza no Borders con gli Stati degli altri e il Vaticano è circondato da una cinta muraria sorvegliata da gendarmi muniti di fucili e al suo interno fanno spazzare via i clochard per “pubblico decoro”?
Ho ricevuto questo messaggio, mi sembra (sia detto ironicamente, ma non tanto) interessante e ve lo rilancio:
A margine, e più in tema con l’articolo, vorrei capire alcune cose:
a) in cosa consistono “i corridoi umanitari, realizzati con successo da Sant’Egidio, Chiesa cattolica e protestante, che coniugano umanità e sicurezza”?
In particolare, questi “corridoi” sono a senso unico (in entrata) o prevedono la percorrenza anche in senso inverso (in uscita) per coloro (circa il 70%, stando ai dati dei ministeri) che non hanno i requisiti previsti dalle leggi (in parole spicciole: non scappano da guerre, persecuzioni o carestie) o per coloro che, pur essendo stati accolti non hanno alcuna intenzione di rispettare le leggi, la cultura e la tradizione del paese che li ospita?
[Il problema non è banale, giacché se vige solo il diritto di entrare…]
b) riguardo al “non si debba respingere la gente che arriva, si devono ricevere, aiutare e sistemare, accompagnare e poi vedere dove metterli, ma in tutta l’Europa”, il grosso (se non quasi l’esclusivo) problema sta appunto in quel “POI”. E ci sta in ordine a:
– chi paga per tutta la macchinetta: ricordo sommessamente che per i comuni inoccupati/disoccupati italiani, quelli senza cassa integrazione o altri ammortizzatori sociali, lo stato non ci mette il classico becco di un quattrino (e ne ho esperienza diretta in famiglia), al contrario dei famigerati 35 euro/die;
– cosa fare di coloro che, una volta salvati dalle acque (cosa OBBLIGATORIA, beninteso e a scanso di equivoci), pretendono non solo di restare (requisiti o meno) ma anche di instaurare le loro usanze extra legem (vedi i quartieri e i tribunali shariatici di tante città del nord europa, e c’è anche di peggio);
– cosa fare se gli altri stati (a buon diritto, visto che ognuno è libero di legiferare in casa sua) non sono disponibili ad accogliere altri (e per motivi che possono essere perfettamente legittimi, quali il preservare l’ordine pubblico e la stabilità economica dei suoi cittadini)? Gli muoviamo guerra (mascherata da sanzioni economiche)?
Giusto per riaffermare che la situazione è piuttosto complessa e va parecchio al di là del “salviamoli e basta, poi gli altri si arrangeranno” (in stile ONG), o del delirante “questi ci servono perché ci pagheranno le pensioni” (in stile ubriacone funzionario dell’inps).
Saluti
Quelle che poni sono questioni molto tecniche di cui si dovrebbe occupare la politica. I corridoi umanitari di Sant’Egidio sono ovviamente di “sola andata”. Arrivano i profughi, i volontari italiani li danno in carico alla rete umanitaria delle chiese cristiane d’Europa…recentemente ha aderito anche il Principato di Monaco: https://www.santegidio.org/pageID/30284/langID/it/itemID/25836/Il-Principato-di-Monaco-sostiene-i-Corridoi-Umanitari.html
Se i problemi che pongo “sono questioni molto tecniche di cui si dovrebbe occupare la politica”, non si capisce allora perché se ne occupi la Chiesa. Le dichiarazioni di prelati e associazioni (religiose ma non solo) fanno “politica” o sono solamente chiacchiere da salotto?
E quale “politica” poi? Quella dei partiti?
Di specificatamente “tecnico”, poi, vedo assai poco: si tratta di stabilire – in chiaro e senza tanti giri di parole – se chi arriva ha i requisiti per essere accolto e tutelato o non li ha. E, una volta stabilito che non li abbia (sempre quel 70% di quanti arrivano, piaccia o non piaccia), cosa occorre fare per impedire che continui a rimanere nello stato italiano a spese dei cittadini italiani (e degli altri immigrati regolari, che lavorano e pagano le tasse).
A meno che non si dica – sempre in chiaro e senza tanti giri di parole – che chiunque può entrare e rimanere in italia, e che i confini sono una burletta, più o meno come lo stato che dovrebbe tutelarli.
Prima che intervenga il/la solito/a invasato/a a darmi dello xenofobo (se non di peggio), dico chiaramente che chi scappa da guerre e persecuzioni HA TUTTO IL DIRITTO DI ESSERE ACCOLTO (e, per quello che ho capito dal link, mi stanno BENISSIMO i corridoi alla Sant’Egidio, giacché – almeno a prima vista – non sembrano il classico “per ora prendiamoli poi si vedrà”).
Non mi stanno affatto bene invece i proclami, anche di tanti porporati, della serie “prendiamoli, teniamoli – chiunque essi siano – e poi se ne incarichi lo stato”. Sembra quello che vuole fare l’elemosina ma chiede i soldi all’amico. Il buon Samaritano aveva soldi suoi, ogni tanto è bene ricordarsene.
Papa Francesco ha rilasciato un’intervista… : “Separare i bambini dai genitori come accade con i migranti al confine col Messico è «immorale». Lo dice Papa Francesco in un’intervista con il vaticanista Phil Pullella dell’agenzia Reuters, dicendosi contrario alla decisione presa dall’amministrazione Trump di separare le famiglie di coloro che cercando di entrare negli Stati Uniti… ”
Perché qualcuno di quella corte dei miracoli che saltella gaya attorno al nostro Santo Padre non lo ha informato che la decisione “di separare le famiglie di coloro che cercando di entrare negli Stati Uniti” non è una “decisione presa dall’amministrazione Trump” ma è una legge dell’amministrazione Obama a cui Trump, firmando proprio oggi il decreto per tenere unite le famiglie di immigrati clandestini, ha posto rimedio?
http://www.foxnews.com/politics/2018/06/18/years-backlash-obama-policy-on-illegal-immigrants-children-was-also-slammed-by-critics.html
“Nel contempo i governi dei Paesi di arrivo di migranti e rifugiati sono chiamati a impegnarsi su politiche capaci di sviluppare integrazione, un processo non breve né tantomeno facile”
Nell’articolo iniziale (senza aggiornamenti) si diceva
“Braccia aperte e accoglienza cristiana -nei limiti del possibile- a chi è in difficoltà, ma la soluzione è aiutare i migranti a non partire.”
Si sosteneva che di fatto il moto leghista “aiutiamoli a casa loro” era di fatto, da sempre, un “moto” cattolico. Cosa che condivido in pieno.
Quello che ora, post-aggiornamenti, non capisco è: se si parla di accoglienza nel limite del possibile, come si può chiedere ai paesi di arrivo di impegnarsi solo nello sviluppo di politiche di integrazione, senza fare alcun cenno al contrasto dell’immigrazione clandestina?
L’integrazione – che sarebbe interessante definirla una volta per tutte – dovrebbe avere fra i suoi destinatari ESCLUSIVAMENTE i profughi e gli immigrati regolari. Gli immigrati irregolari, invece, non dovrebbero essere integrati, ma solo espulsi.
Questa impostazione non esclude affatto salvare in mare tutti (regolari e irregolari), garantire i diritti umani a tutti (regolari e irregolari) e quant’altro.
A parte il linguaggio esageratamente “politico” (opinione personale), a mio parere “investire sulle fortificazioni” è uno dei modi per garantire l’accoglienza nel limite del possibile e garantire quindi l’integrazione di chi davvero ne ha diritto.
Però, visto che sono certo di non aver la verità in tasca, qualche persona buona riesce a spiegarmi come e quando è giusto espellere una persona da una paese?
Se, invece, non è giusto espellere a prescindere. Ottimo. Ho capito la tesi. Però questa tesi non prevede il cosiddetto “limite del possibile”.
Per chi volesse leggere il rapporto della Caritas
http://www.caritasitaliana.it/materiali/Mondo/mor_naf/ddt38_giordania2018.pdf
Alcuni concetti non li condivido. Forse molti. Mi ha colpito però una cosa: non viene mai citato nè Gesù Cristo, nè l’evangelizzazione.
Credo che questo dovrebbe far riflettere su un pericolo, denunciato molte volte dal santo padre, che corre un certo mondo clericale: diventare una ong.
Niente di male, capiamoci. Non sono fra quelli che ritengono le Ong una cosa, a prescindere, negativa. Anzi.
Mi piacerebbe una discussione libera da ideologie varie in cui ci si chiede quale genere di “salvezza” viene proposta dalla chiesa attuale (Caritas compresa) a tutte le persone (immigrati compresi)?
Perchè se la “salvezza” proposta è rappresentata da una piena integrazione, dall’abbattimento dei muri e delle discriminazioni, dal lavoro e casa per tutti e altre cose simili, molto condivisibili, temo che abbiamo un bel problema.
Lo dico da ignorante. Magari sbaglio.
PS. a pag. 26 il direttore Caritas della Giordania dice: «Ci portiamo addosso 70 anni di guerre e rifugiati. Dalla crisi del ’48 ad oggi odio, guerre, morti, inimicizie non si contano più. Così come i soldi spesi per porvi rimedio. L’opera sociale e l’assistenza ai rifugiati sono diventate un business in Medio Oriente. Tanti, troppi
uomini si sono arricchiti sul dolore generato dalla guerra. Noi di Caritas Giordania abbiamo scritto al Santo Padre sottolineando che non chiediamo i soldi per l’assistenza umanitaria, ma la pace; sia papa Benedetto, con un supporto di oltre un milione di dollari dall’inizio del conflitto siriano, che papa Francesco hanno generosamente dato una mano al nostro popolo nel sostegno ai profughi. Ma questo non basta. È arrivato il momento che la Chiesa cattolica faccia qualcosa per promuovere la pace. Nel mondo siamo milioni di cristiani cattolici, ed è tempo che promuoviamo delle azioni concrete per la pace».
La domanda quindi è: come arriviamo concretamente alla pace? tramite l'”integrazione” o tramite l’annuncio del Vangelo.
E’ questo il nocciolo della faccenda e credo rappresenti ciò che dovrebbe distinguere una ong (molto spesso arteficie di opere meritorie) dalla Chiesa.
Si parla di un fenomeno cosi’ tragico e complesso di cui non si conosce neanche la “punta”…
Il comunicato della Caritas di cui al “AGGIORNAMENTO 20/06/18, ore 21” è un tipico esempio di come si mischiare le carte per dar ad intendere cose che non sono:
– è’ assolutamente vero che “Lasciare il proprio Paese e vivere da rifugiato non piace a nessuno… Nessuno lo farebbe se fosse libero di restare nel proprio Paese. In un mondo in cui il numero di sfollati a causa di guerre e ingiustizie aumenta, occorre aumentare anche l’impegno per rimuovere le cause che generano questi sfollati”;
– ma si omette di dire che la stragrande maggioranza di questi sfollati e rifugiati non si allontanano più di tanto dal loro paese e trovano sistemazione in grandi campi profughi solitamente posizionati nei paesi confinanti a quello da cui si fugge: i profughi istriani, del Biafra, i palestinesi, i siriani…;
– la motivazione per cui questi profughi non si spostano più di tanto è che non vogliono abbandonare la speranza di rientrare al più presto nelle loro case ed inoltre, avendo perso quasi tutto, non hanno certo i soldi per rivolgersi ai “trafficanti di esseri umani”: questi profughi debbono quindi essere aiutati li dove sono e vanno rimosse, anche con la forza, le ragioni che li hanno costretti alla fuga;
– è vero che ci sono delle eccezioni nelle persone più abbienti, in coloro che abbandonano il loro paese per motivi di lotta politica o addirittura in chi scappa per i crimini per cui è ricercato, ma sfido chiunque a dimostrare che la stragrande maggioranza dei “migranti” non sono persone appartenenti alla classe media del loro paese che inseguono il sogno di un maggior benessere economico, sogno in gran parte sponsorizzato ed alimentato da coloro che lucrano sul costo del lavoro: e chi vorrebbe spacciare gli immigrati economici irregolari per profughi, si rende complice sia dei trafficanti di esseri umani, sia di chi sfrutta i lavoratori.
Detto questo, al fine di sgombrare il campo da eventuali accuse di non mettere in pratica l’insegnamento di Cristo, vorrei far notare che opero presso la Caritas, con grande gratificazione per i rapporti umani instaurati, nell’accoglienza dei detenuti, in gran parte extracomunitari.
Caro Lorenzo,
il pistolotto finale di quel comunicato (“…i leader dei Paesi più ricchi del mondo sembrano sempre più interessati a investire sulla paura e sulle fortificazioni”), che fa tanto “siamo contro i poteri forti”, qualunque cosa voglia dire, nasconde ben di peggio: la stragrande maggioranza di coloro che fuggono e arrivano da noi sono musulmani che fuggono da paesi musulmani, spesso non per guerre o persecuzioni ma perché abbagliati dal miraggio dell’eldorado italo-europeo dove tutto ti è concesso, e che non chiedono affatto di essere accolti da altri paesi musulmani.
I paesi da cui vogliono andar via sono malgovernati (eufemismo assai pesante) da decenni, se non da secoli, da musulmani stessi (la scusa della cattiva coscienza colonialista è merce sempre più avariata).
Fra i cosiddetti “Paesi più ricchi del mondo” figurano anche quelli, tipo l’Arabia Saudita, che non hanno mai firmato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ma che le congreghe di compagni di merenda dell’ONU hanno avuto la sfacciataggine di mettere a capo delle Commissioni per il rispetto dei diritti umani.
Come aver messo i topi a far la guardia al formaggio.
C’è anche una cosa ben più grave che taluni non vedono: la migrazione di molti mussulmani è finanziata da talune ricchissime onlus dei paesi del golfo al solo fine di espandere l’islam in europa.
Le vedono, stanne certo, così come vedono l’enorme proliferazione di moschee con i soldi qatarioti o sauditi.
Solo che non si può dire sennò passi da islamofobo (che di questi tempi è quasi come omofobo) e contrario alla “ricchezza del multiculturalismo” (che non si capisce cosa voglia dire).
La cosa spiacevole è che fra i turiferari di questo silenzio islamicamente corretto ci sono anche uomini di chiesa.
Mah….