«Sono guarita dall’anoressia perché ho iniziato a credere nell’Eucarestia»

eucarestia e anoressiaLa giornalista Emily Stimpson è una apprezzata scrittrice americana, autrice di un un blog intitolato The Catholic Table, dove si trovano ricette culinarie e racconti di vita.

Il rapporto con il cibo è però stato molto conflittuale per lei, che per un lungo periodo è stata vittima dell’anoressia, incapace di superarla. Recentemente Emily ha raccontato di soffrire di questa malattia da quando aveva 16 anni, nessun medico è mai riuscita ad aiutarla. «Odiavo il mio corpo, mi sentivo grassa e vedevo il cibo come un mezzo per controllare il mondo», ha ricordato. «La mia battaglia con il cibo era un’aggrovigliamento di insicurezze e ansietà, situazione aggravata da una visione materialistica dell’universo».

Era cresciuta come cattolica, ma come gran parte delle persone se ne era disinteressata, abbagliata da richiami più mondani. I pensieri distruttivi che continuamente le venivano, «il mio corpo è un problema, il cibo è il nemico», l’hanno spinta però ad andare oltre la superficie, cercando risposte anche esistenziali sul suo essere al mondo. Ed il tutto nasce, come sempre, da un incontro umano, mai da un ragionamento o una idea personale. «Dopo sei lunghi anni che non entravo in chiesa», ha infatti ricordato, «un collega mi ha aiutato a trovare la mia strada verso casa. Era la Messa, dove ho ricevuto Cristo come cibo. Il pane è diventato il corpo. Il vino è diventato il sangue. Questo è stato il rapporto più intimo che ho avuto con Lui. Fu così che ha realmente dato la sua vita per me».

La giornalista si è infatti accorta che accostandosi giorno dopo giorno all’Eucarestia, durante la celebrazione della Messa, essa diventava anche una terapia efficace verso l’anoressia. «Ho trascorso mesi ad andare a Messa ogni giorno, sapendo che la risposta doveva essere lì, anche se non riuscivo a capire il perché. Ho iniziato spontaneamente ad informarmi, sul catechismo e sulla fede cattolica».

Nessuna magia, semplicemente la conversione ha cambiato il modo di guardare il mondo e se stessa: «prendere l’Eucarestia ha contribuito a modificare il modo di vedere il mio corpo e la mia vita», ha spiegato. «Mi sono vista come immagine di Dio, il mio corpo come tempio dell’anima, luogo di cui dovevo prendermi cura. Ho iniziato ad apprezzare le mie curve femminili come segno fisico della mia anima femminile. L’Eucaristia ci nutre con la vita di Dio, ci rafforza nei momenti di prova, ci conforta nei momenti di dolore, guarisce le ferite e ci riempie della gioia di Cristo. Tutto quello che potevo fare era cadere in ginocchio in segno di gratitudine e ammirazione per Lui».

Una bella e fresca testimonianza del fatto che la partecipazione alla Messa e l’accostamento al sacramento dell’eucarestia non sono semplici riti sociali, come ritengono gli antropologi. Per noi cattolici è il più potente gesto con cui Gesù letteralmente assimila a sé, anche fisicamente, i suoi, anche in questa terra. L’Eucarestia, ha scritto il domenicano Antonio Royo Marin, «è l’inizio di una comunione con Lui sia fisica che spirituale, cioè totale. Il lavoro della vita è far vivere quella Carne e quel Sangue nel proprio sangue e nella propria carne» (A.R. Marin, Teologia della perfezione cristiana, Paoline 1987, p. 541). Quello che è riuscita a fare Emily Stimpson, divenendo, grazie alla sua malattia, testimonianza per tutti.

La redazione

7 commenti a «Sono guarita dall’anoressia perché ho iniziato a credere nell’Eucarestia»

  • Giancarlo ha detto:

    E’ Il più grande miracolo perchè ha capito che la vita è ciò che è l’Eucaristia: un dono

  • Vincent Vega ha detto:

    “un collega mi ha aiutato a trovare la mia strada verso casa. Era la Messa, dove ho ricevuto Cristo come cibo. Il pane è diventato il corpo. Il vino è diventato il sangue. Questo è stato il rapporto più intimo che ho avuto con Lui. Fu così che ha realmente dato la sua vita per me”.

    “Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
    Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». (GV 6,48-58)

    • Fabio ha detto:

      Caro Vincent, la domanda amletica che mi pongo da molto tempo e che rivolgo anche a te, in quanto sei molto più ferrato di me sulle tematiche spirituali e teologiche è la seguente: chi è veramente degno di mangiare di quel pane e bere di quel vino?

      Perché è sì vero, che chi ne mangia e beve, resusciterà dai morti ed avrà la vita eterna, ma è altrettanto vero, che chi banchetta indegnamente a quella mensa, si condanna da solo.

      Ma quali sono realmente i pensieri, le parole, gli atti ed omissioni che rendono impura o indegna una persona a partecipare all’eucarestia?
      Un lieve rancore verso qualcuno?
      Un pensiero balzano verso Dio?
      Una litigata con un famigliare o con qualsiasi altra persona?
      Un atto di negligenza od indifferenza verso il prossimo?
      Uno stimolo sessuale che si trasforma in autoerotismo o semplice desiderio di far l’amore con qualche donna vista su una rivista o alla televisione?
      Un’imprecazione non voluta al Cielo?
      Una rabbia latente verso qualcosa o qualcuno che ci ha fatto un torto o che ci ha ipotecato negativamente la vita?
      Che cosa ci rende veramente indegni di quella mensa, a tal punto di preferire rimanersene seduti e sconfitti tra mille pensieri, (come accade spesso a me), anziché parteciparvi?

      Sono veramente migliori di coloro che se ne rimangono seduti, quelle persone che si recano alla mensa del Signore?

      Se ciò che conta realmente e solamente, è partecipare all’eucarestia, che cosa ne sarà, quindi, di quella moltitudine di cristiani la quale non si sente mai degna di riceverla, o che nel dubbio e nella paura di autocondannarsi, se ne rimane seduta?
      E degli atei ed agnostici, che ne sarà di loro?

      Che ne sarà di un uomo dall’innata sensibilità ed altruismo verso il prossimo, ateo, agnostico o cristiano che sia, il quale, per qualsiasi motivo, decidesse onestamente di astenersi dal ricevere l’eucarestia?
      Morte eterna, pur se il suo cuore fosse umile?

      Scusami della tempesta di domande a cui ti ho sottoposto, ma vorrei solamente sapere quante possibilità avrei per salvarmi dall’oblio eterno, giacché io non faccio altro che ripetere ogni volta: “Signore, io non son degno di partecipare alla tua mensa, ma dii soltanto una parola, ed io sarò salvato.” E poi, solitamente, rifletto tra me: son qui, seduto da solo in fondo alla chiesa e mi sento come una specie di ospite indesiderato.

      Non aver fretta a rispondermi, caro Vincent, poiché ti lascio tutto il tempo occorrente, ma soprattutto, dall’alto della tua sapienza teologica e sensibilità umana fuori dal comune, rispondimi come se tu fossi Cristo. Sì, lo dico davvero. Perché ho fede che Lui t’illumini la mente per me, allo stesso modo di come io lo feci per altre persone, su altri temi, nel corso della mia vita.

      • Vincent Vega ha detto:

        Beh Fabio, adesso non esageriamo, sarà ben difficile per me risponderti come se fossi Cristo, purtroppo non sono nemmeno per sbaglio vicino alla Santità di alcuni padri della Chiesa e Santi.

        Cerco di risponderti in maniera ordinata

        “Ma quali sono realmente i pensieri, le parole, gli atti ed omissioni che rendono impura o indegna una persona a partecipare all’eucarestia?”

        Secondo la dottrina della Chiesa ciò che proibisce ad una persona di partecipare all’Eucaristia è il peccato mortale, cioè un atto compiuto con piena avvertenza e deliberato consenso verso i dieci comandamenti.

        Perciò essere in Grazia al momento della ricezione della Comunione è, per così dire, il minimo, visto che comunque non ne siamo degni, come del resto diciamo anche a Messa “non son degno di partecipare alla Tua mensa, ma di soltanto una parola ed io sarò salvato”.

        Gli atti che hai menzionato mi sembrano in larga parte non voluti e/o premeditati, perciò non direi che addirittura causino il peccato mortale, da come li hai descritti, ma se c’è questo dubbio allora è sicuramente bene confessarsi prima.

        Passiamo al resto

        “Sono veramente migliori di coloro che se ne rimangono seduti, quelle persone che si recano alla mensa del Signore?”

        In realtà non è detto, ci sono persone che si recano a prendere la Comunione fregandosene di essere in Grazia oppure no, mentre ci sono molte persone fin troppo scrupolose che si astengono anche se non ce ne sarebbe bisogno.

        “Se ciò che conta realmente e solamente, è partecipare all’eucarestia, che cosa ne sarà, quindi, di quella moltitudine di cristiani la quale non si sente mai degna di riceverla, o che nel dubbio e nella paura di autocondannarsi, se ne rimane seduta?
        E degli atei ed agnostici, che ne sarà di loro?”

        Aspetta, secondo la Chiesa l’Eucaristia è un Sacramento molto importante, importantissimo, ma non è strettamente necessario ed indispensabile per la salvezza eterna. Prova ne è che Lumen Gentium riconosce la possibilità di salvezza anche per non cristiani e atei, perché la Grazia di Dio non è limitata ai Sacramenti, i Sacramenti sono il modo ordinario in cui agisce ma non è l’unico modo.

        È vero poi che Lumen Gentium 14 dice che “non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare”, ma questo va inteso non in senso assoluto, perché ci sono tantissime persone che pur avendo sentito la predicazione della Chiesa non sono riuscite, in buona Fede, a convincersi che in essa vi sia la pienezza della Verità.

        Le parole di Lumen Gentium 14 sono rivolte a chi, sapendo in coscienza che la Chiesa Cattolica è nel vero, rifiuta di entrarvi e di perseverare in essa, quindi Lumen Gentium si riferisce ad un rifiuto pienamente colpevole. Tanto è vero che poi Lumen Gentium 15 e 16 spiega che vi sono possibilità di salvezza per tutti, sia per i cristiani non cattolici che per i non cristiani.

        “Che ne sarà di un uomo dall’innata sensibilità ed altruismo verso il prossimo, ateo, agnostico o cristiano che sia, il quale, per qualsiasi motivo, decidesse onestamente di astenersi dal ricevere l’eucarestia?
        Morte eterna, pur se il suo cuore fosse umile?”

        Ti rispondo col Vangelo

        “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (MT 25,34-40)

        Queste erano persone che non conoscevano Gesù, dei non cristiani. Eppure si sono salvati perché il loro amore verso il prossimo era in realtà amore verso Dio. Chi ama il suo prossimo ama Dio, anche se non è consapevole o crede di rifiutare Dio. Ed ogni atto buono salvifico che compie viene dalla Misericordia di Dio, che con la Sua Grazia efficace agisce in lui, suscitando in luo il volere e l’agire (Fil 2,13).

        Certi atei in realtà sono eletti e certi cattolici in realtà sono reprobi.

        L’Eucaristia è importantissima, ma la Grazia di Dio non è limitata ai Sacramenti, ripeto. Un ateo può commettere un peccato mortale se compie un atto che lui sa, in coscienza, essere gravemente immorale, ma può anche lui tornare in Grazia pentendosene, e gli atti di amore verso il prossimo sono segno della Grazia di Dio che agisce in loro.

        Inoltre spesso la Misericordia di Dio raggiunge gli uomini nell’ora della morte in modo misterioso, facendo sì che accettino Dio anche se hanno vissuto una vita di peccato, tanto è grande la Misericordia divina.

        Non esiste dannazione per gli eletti, siano essi atei, cattolici, protestanti, induisti ecc, perché essi ascoltano la voce di Dio e Dio agisce in loro.

        Gesù è stato molto chiaro su questo nel Vangelo

        Gv6,44

        “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre” (Gv6,44).

        Gv 10,27-30
        “In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
        Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
        Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

        ” Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse il dolore o l’angoscia? La persecuzione o la fame o la miseria? I pericoli o la morte violenta?
        Ma in tutte queste cose noi otteniamo la più completa vittoria, grazie a colui che ci ha amati. Io sono sicuro che né morte né vita, né angeli né altre autorità o potenze celesti, né il presente né l’avvenire, nè forze del cielo né forze della terra, niente e nessuno ci potrà strappare da quell’amore che Dio ci ha rivelato in Cristo Gesù, nostro Signore.’ (Rm 8,35-39).

        Poi mi scrivi

        “Scusami della tempesta di domande a cui ti ho sottoposto, ma vorrei solamente sapere quante possibilità avrei per salvarmi dall’oblio eterno, giacché io non faccio altro che ripetere ogni volta: “Signore, io non son degno di partecipare alla tua mensa, ma dii soltanto una parola, ed io sarò salvato.” E poi, solitamente, rifletto tra me: son qui, seduto da solo in fondo alla chiesa e mi sento come una specie di ospite indesiderato.”

        Anche a me succede spesso, ma dobbiamo cercare di superare questi problemi. Ricordati che Gesù a Santa Faustina disse che ciò che Lo feriva di più, molto di più dei peccati, era la mancanza di fiducia di molti uomini nella Sua Misericordia

        Spero di esserti stato di aiuto in qualche modo, Fabio.

        • Fabio ha detto:

          Ciao Vincent, ti ringrazio per le risposte esaustive che mi hai dato.
          A quanto pare, leggendo il finale del tuo post, scopro che abbiamo anche pensieri simili.
          É confortante sapere di non essere soli tra tanti dubbi.

  • Gianfrancesco ha detto:

    La centralità dell’eucarestia nel mistero cristiano è determinante per spiegare i dogmi esperiti nel credo e nel prefazio. La realtà del sacrificio sulla croce passa in secondo piano rispetto a quello che successe quella notte sul monte degli ulivi. Il fatto che la transustanziazione del corpo di Cristo ancora oggi possa molto nelle coscienze di fedeli e atei dimostra che il cristianesimo non morirà mai. Quella notte un banale problema pratico divenne il cardine sul quale dei discepoli fecero la rivoluzione nell’impero romano. Dico banale perché in fondo non fu che questo il problema di Gesù quella notte: condividere o meno la sua cena; sul vino non ci sono dubbi, condivise a suo stesso scapito (“Padre, allontana da me questo calice”), ma il pane…
    E’ eloquente che la giornalista anoressica americana fondi proprio su questa “inconsistenza” la sua fede, che risolva proprio sul corpo di Cristo i suoi problemi di cibo, d’altronde è proprio su ciò che andava sottolineata l’incongruenza!

  • Mario ha detto:

    Vorrei far notare che il libro Teologia della perfezione cristiana non è di un monaco benedettino, ma di un frate domenicano e che il nome non è Royo Martin, ma Royo Marin.