«Sono cresciuta nel mondo Lgbt, avrei voluto una mamma e un papà»

La lettera aperta che qui sotto abbiamo tradotto è apparsa qualche tempo fa su The Federalist e ha attirato moltissima attenzione negli USA, senza però arrivare sui media europei. L’autrice è Heather Barwick, una giovane donna cresciuta con due mamme che ha voluto raccontare la sua esperienza rivolgendosi direttamente alla comunità gay, a cui è ancora molto affezionata.

 

di Heather Barwick
da The Federalist, 17/03/15

 

Comunità gay, io sono tua figlia. Mia madre mi ha cresciuto assieme alla sua partner dello stesso sesso negli anni ’80 e ’90. Lei e mio padre sono stati sposati per un periodo, lei sapeva di essere omosessuale prima di sposarsi, ma le cose erano diverse allora. Lo lasciò quando avevo due o tre anni perché voleva la possibilità di essere felice con qualcuno che veramente amava: una donna.

Mio padre non era un brav’uomo, non si è mai preoccupato di venire a cercarmi. Ho vissuto in una piccola casa accogliente nei sobborghi di una zona molto liberale. La partner di mia madre mi ha cresciuto come fossi sua figlia e sono stata ereditata dalla loro affiatata comunità di amici gay e lesbiche.

Ad ogni modo, sento ancora che le persone gay sono le mie persone. Ho imparato così tanto da voi. Mia avete insegnato ad essere coraggiosa, soprattutto nei momenti difficili. Mi avete insegnato empatia. Mi avete insegnato ad ascoltare. E come ballare. Mi avete insegnato a non avere paura delle cose che sono diverse. E mi avete insegnato a stare in piedi da sola, anche se questo significa isolarsi.

Sto scrivendo a voi perché sto uscendo dall’armadio: non sostengo il matrimonio gay. Ma non per le ragioni che pensate, non è perché siete gay. Vi amo tanto. E’ a causa della natura del rapporto dello stesso sesso. Ho sempre sostenuto il matrimonio gay, ma solo oggi con un po’ di esperienza e di distanza dalla mia infanzia sono in grado di riflettere sulle mie esperienze e riconoscere le conseguenze a lungo termine che i genitori dello stesso sesso genitori hanno avuto su di me. Ed è solo ora, mentre guardo i miei figli amare ed essere amati da loro padre ogni giorno, che io posso vedere la bellezza e la saggezza del matrimonio tradizionale e della genitorialità.

Alcuni bambini che crescono all’interno di un matrimonio omosessuale dicono che non gli importa non avere una madre o un padre. Che è lo stesso. Ma non lo è. Molti di noi, un sacco di vostri bambini, stanno male. L’assenza di mio padre ha creato un enorme buco in me e questa assenza mi ha fatto male. Ho amato la compagna di mia madre, ma un’altra mamma non è mai riuscita a sostituire il padre che ho perso.

Sono cresciuta circondata da donne che dicevano non volere o aver bisogno di un uomo. Eppure, da bambina, ho disperatamente voluto un papà. È una cosa strana e confusa andare in giro con questo inestinguibile e profondo dolore per un padre, per un uomo, in una comunità che dice che gli uomini sono inutili. Ci sono stati momenti che mi sono sentita così arrabbiato con mio padre per non essere lì con me, e poi altre volte mi sono sentita arrabbiata con me stessa per questo desiderio.

Non sto dicendo che non si può essere buoni genitori. Si può esserlo. Ne ho avuta una delle migliori. Non sto dicendo che essere cresciuti da genitori etero significa che tutto andrà bene. Sappiamo che ci sono tanti modi diversi per far crollare l’unità familiare e causare così sofferenza ai bambini: il divorzio, l’abbandono, l’infedeltà, gli abusi, la morte, ecc. Ma in generale, la migliore e più efficace struttura familiare è quella in cui i bambini vengono allevati sia dalla loro madre che dal loro padre.

Il matrimonio gay non si limita a ridefinire il matrimonio, ridefinisce anche i genitori. Promuove e normalizza una struttura familiare che necessariamente ci nega qualcosa di prezioso e fondamentale. E ci nega qualcosa di cui abbiamo bisogno e tanto desideriamo, mentre allo stesso tempo ci dice che non abbiamo bisogno di ciò che naturalmente desideriamo. Che saremo a posto. Ma noi non lo siamo. Stiamo male.

I bambini di genitori divorziati sono autorizzati a dire: “Ehi, mamma e papà, vi voglio bene, ma il divorzio mi ha schiacciato ed è stato così difficile. La mia fiducia in voi è in frantumi e mi ha fatto sentire come se fosse colpa mia. E’ così difficile vivere in due case diverse”. I bambini adottati sono autorizzati a dire: “Ehi, genitori adottivi, vi amo. Ma è davvero difficile per me. Soffro perché il mio rapporto con i miei progenitori si è rotto. Sono confuso e mi mancano, anche se non li ho mai incontrati”. Ma i figli di genitori dello stesso sesso non hanno la stessa voce. Non sono solo io, siamo così tanti come me. Molti di noi sono troppo spaventati per parlare e raccontare il nostro male e il nostro dolore, perché ci sentiamo come se nessuno ci stesse ascoltando. Nessuno desidera ascoltarci. Se diciamo che stiamo male perché siamo stati cresciuti da genitori dello stesso sesso, siamo ignorati o etichettati come nemici.

Ma non si tratta affatto di odio. Capisco il dolore per una etichetta che viene utilizzata per diffamare. So che siete stati veramente odiati e che realmente vi hanno ferito. Ero lì anch’io, durante le marce, quando c’era chi teneva dei cartelli con scritto: “Dio odia i froci” e “L’AIDS cura l’omosessualità”. Ho pianto e mi sono voltata con rabbia proprio lì, in strada con voi. Ma noi non vi stiamo dicendo queste cose.

So che questa è una conversazione difficile. Ma dobbiamo parlarne. Se qualcuno vuole parlare di queste cose difficili, lo faccia. Voi mi avete insegnato questo.

32 commenti a «Sono cresciuta nel mondo Lgbt, avrei voluto una mamma e un papà»

  • David ha detto:

    Un ragazzo subisce da bambino il divorzio dei propri genitori e va successivamente a vivere con la madre e dopo qualche anno il nuovo compagno della madre. Non vede più il suo padre biologico e questo le arreca molto dolore e soffre per la sua mancanza, nonostante il nuovo compagno della madre.
    La situazione da me descritta è esattamente uguale a quella della ragazza dell’articolo.
    Il problema non è tanto il sesso delle persone con cui il bambino cresce dopo il divorzio, ma il trauma del divorzio in sé e il distacco forzoso dal genitore biologico a cui era molto affezionato e legato.

    • David ha detto:

      *e questo gli arreca molto dolore

    • Galvano ha detto:

      Secondo il mio modesto e incompetente parere, la situazione descritta nell’articolo e quella del figlio di separati e divorziati non è uguale, anche se vi sono evidenti analogie.
      Mi pare più onesto richiamare all’attenzione il fatto che il papà non è uscito di scena, ma è stato deliberatamente rimosso dalla coppia di donne.
      Qui siamo davanti a una famiglia stile “mantide religiosa”.

  • Nemesis ha detto:

    Tra 3,2,1 il bimbo Otto oppure Flavio bello di papà diranno che la Barwick dice fesserie oppure che tutta questa testimonianza è in realtà un falso scritto dai cattivi e birichini cattolici di UCCR perché proteggono i bambini dai capricci degli adulti. Loro che invece sono i veri picciotti della morte e del nichilismo sono invece bravi e buoni, perché il sistema laico profetizza così (nel relativismo).

  • Fabrizia ha detto:

    David, credo che la ragazza stia dicendo che, oltre al trauma del divorzio, lei ha sofferto anche della mancanza di un padre. A lei non è stato concesso di conoscere il mondo attraverso gli occhi di un uomo, la voce di un uomo, l’esperienza di un uomo che è necessariamente “altro” che una donna. Credo che abbia mille volte ragione.

    • David ha detto:

      Io sono dell’idea che a mancarle non sia un padre, ma SUO padre, quello che l’ha abbandonata quando era bambina. Ne avrebbe sentito la mancanza anche se fosse cresciuta con un uomo ed una donna.
      Ce ne sono a bizzeffe di ragazzi che dopo il divorzio dei genitori non ne vedono più uno e che soffrono per la sua mancanza, nonostante vadano poi a vivere con uno dei genitori biologici e il suo nuovo compagno di sesso opposto.

      • Nemesis ha detto:

        Come fa a mancarle suo padre se ha detto che suo padre non era un brav’ uomo? è chiaro si riferisca ad un padre amabile, cosa che non ha avuto, non a suo padre, quello che l’ ha abbandonata.

      • andreii93 ha detto:

        Nell’infanzia il bambino crea la propria identità, che inevitabilmente sarà influenzata da quella dei suoi genitori. Natura vuole che siano un uomo e una donna: il piccolo crescerà acquisendo dentro di sé due differenti modi di vivere e di vedere le cose. Per sintetizzare molto: la “psicologia maschile” e la “psicologia femminile”. Se a questa ragazza è mancata la figura paterna, è chiaro che non si è potuta fare una grossa idea della “psicologia maschile”. E’ chiaro che non ha conosciuto l’Altro. Ora, non è un po’ rischioso privare – deliberatamente – un bambino della possibilità e del dovere di conoscere anche il nostro opposto? O si pensa davvero che nel mondo esiste un solo modello di essere umano, o peggio ancora che fare esperienza di un solo modello sia sufficiente?
        Poi ovvio che simili ferite occorrono anche in presenza di famiglie distrutte dal divorzio o in famiglie monogenitoriali. Però lì la frattura si crea dopo, non la si crea volontariamente dal principio.

    • Taigura Araphael ha detto:

      si. si evince praticamente solo quello che dici dalle parole di Heather Barwick.
      “A lei non è stato concesso di conoscere il mondo attraverso gli occhi di un uomo, la voce di un uomo, l’esperienza di un uomo che è necessariamente “altro” che una donna. ”

      molto belle anche queste tue parole….

      • Anai luis Zamora ha detto:

        Eppure si è sposata con un uomo e ha avuto dei figli, il che lascia chiaro intendere che la sua sessualità era comunque definita nel suo DNA. Non importa da quale famiglia veniamo, lei ha visto tra donne che si opponeva alla necesita della donna del uomo e ciò nonostante lei non ha amato una donna ma un uomo. Si è sentita ferita, male, è stata presa in giro o etichettata come omosessuale anche se non lo era sì accade, lo so bene, ma poi si impara ad essere forte a sopravvivere agli insulsi, e si va avanti. Sicuramente non è stata una bambina felice, ma esiste e si è fatta la sua vita. Un bambino vuole un padre? Una madre? Si, io volevo il mio che mi ha abbandonata prima ancora di nascere, ho sofferto, tanto. Mi ha marchiata? Sì tanto. Ma privare qualcuno di un figlio perché va conero una convinzione creata da una religione fatta apposta per sottomettere la società. No! Non è comprensibile, soprattutto perché non tutti i bambini apprendono la stessa tristezza ne vivono la vita nello stesso modo. Quindi? È diritto di tutti voler essere genitori, quella è una scelta, essere omosessuale non lo è, si nasce così, che lo sappiamo o no.

  • Taigura Araphael ha detto:

    parole meravigliose che esprimono esattamente la mia visione. piccola perla tra tanto lerciume dato sia dalla proiezione egoica di una parte del mondo lgbt, che spaccia l’egoismo per la tutela della libertà nei diritti, sia da una parte dei cattolici che lottano contro l’omogenitorialità aprioristicamente, solo per legittimare il loro fideismo di cui non frega niente a nessuno.

  • Gianfranco ha detto:

    Molti di noi sono troppo spaventati per parlare e raccontare il nostro male e il nostro dolore, perché ci sentiamo come se nessuno ci stesse ascoltando

    L’aggressività del mondo LGBT nei confronti di coloro che non la pensano allo stesso modo li porta ad etichettare come omofobo ogni avversario e ad intimorire i politici che temono questa etichetta. Questo è ciò che sta succedendo in Francia, in Spagna, in Irlanda ed in Italia.

  • Fabio ha detto:

    Io son stato fortunato ad avere dei genitori che si amavano e che mi hanno voluto bene, pur se mio padre venne a mancare prematuramente, quando io andavo ancora alle scuole medie.
    Ho avuto un padre che per me era come dio, protettivo e sensibile con me, galante e amorevole con mia madre. Da piccolo lo guardavo come un fans guarderebbe il proprio idolo e ne ammiravo il suo modo di fare con me, con mia madre e con le persone in generale, serbando in me il desiderio che una volta divenuto grande, io lo avrei eguagliato, o forse anche superato.
    Una figura maschile rassicurante, gentile, altruista e onnipresente in seno ad un nucleo famigliare, sia come marito, sia come padre, sta alle fondamenta dello sviluppo civile, morale ed emotivo di un bambino.
    Prima della scuola, prima della fede religiosa, è il padre/marito, il solo e vero educatore per i bambini, futuri uomini e donne del domani.
    Io son stato assieme a diverse ragazze le quali, a differenza di me, non ebbero l’emozione di avere dei padri amorevoli, ma anzi, aggressivi, menefreghisti, freddi o perversi, ed ho potuto constatare così i danni latenti ed incurabili che avevano procurato a livello del sub inconscio alle loro figlie: rancori mai assopiti, desiderio di veder quei padri crepare in solitudine e miseria, improvvisi sbalzi d’umore tra l’aggressività e il pianto, bizzarre fantasie sessuali, recidiva incapacità di mantenere stabile una relazione sentimentale, critica generalizzata verso il sesso maschile, incapacità a perdonare o a chiedere scusa alle persone.
    Sebbene non feci mai mancare a loro, quel qualcosa in più dal punto di vista della sensibilità, prendendomene cura e premura allo stesso modo di come avevo visto fare dal mio caro idolo paterno, il mal di vivere puntualmente riemergeva in loro.
    Un padre che violenta psicologicamente la propria bambina, o che non se ne frega assolutamente niente di lei, è un bastardo che ne sta facendo una futura donna con un demone interiore. Ma quel che è peggio, sono i cancri sociali che ne conseguono da questi rancori mai guariti e perciò latenti.
    L’uomo, in veste di marito e padre, deve essere un dio impeccabile, soprattutto agli occhi dei propri bambini e bambine.
    Il figlio maschio, guardando il proprio papà affettuoso e premuroso verso la mamma, deve nutrire l’intimo desiderio che una volta diventato grande, anche lui farà così con la compagna che troverà.
    La figlia femmina, invece, sentendosi protetta e amata dal proprio papà, non crescerà con l’intimo desiderio di fargliela pagare al primo uomo che incontrerà, ma anelerà a ricambiare su di lui il bene che da piccola avrà ricevuto.
    É la figura maschile, all’interno di una famiglia, che determina l’evoluzione o l’involuzione della società.

    • Francesco ha detto:

      Gentile Fabio quello che scrive lo trovo verissimo e mi ha molto colpito. Mi piacerebbe una volta sapere di più di suo padre, sentirle raccontare del rapporto che avete avuto, per la mia professione e non solo, è molto importante. Magari se vuole ci scambiamo il contatto.

    • Anai luis Zamora ha detto:

      Grazie. Hai scoperto i miei demoni.inmancabilmente triste. Senza pianto e senza sorriso

      • Fabio ha detto:

        Ciao Anai, ho letto attentamente il tuo lungo post e ne sono rimasto molto dispiaciuto.
        Le tue frasi mi hanno fatto ripensare alla mia ex fidanzata, quei suoi drammatici racconti su suo padre che mi lasciavano disorientato e turbato. Guardavo le fotografie di quando lei era bambina e le chiedevo: “Come poteva, tuo padre, non volerti bene? Come poteva aggredire quel visetto ingenuo e dolce che eri?”
        Non mi rispondeva mai. Si limitava ad abbassare lo sguardo.
        Una volta la vidi piangere silenziosamente, ma in una maniera da spezzarmi l’anima, (lei che non lo faceva mai), mentre le leggevo una poesia, da me creata, che trattava il difficile rapporto e il rancore tra una figlia oramai matura e suo padre quasi anziano. Mi disse di fermarmi, perché sembrava fosse la sua vita.
        Io avrei dato la mia vita per lei! Volevo ardentemente la sua felicità, il suo bene. Ma il lieto fine capita soltanto al cinema.
        Non ho mai potuto sopportare i padri-padroni, mai! Specie con le figlie, come se queste avessero qualche colpa speciale per non essere nate maschi.

  • little angel ha detto:

    Per fabio: si , perché la mamma serve solo a pulire i sederini dei bambini e coccolareli, vero ? No vabbbe , a parte gli scherzi , anche la mamma ha un ruolo molto importante nell’educ azione dei figli , non è solo il papà

    • Fabio ha detto:

      La figura maschile ha un ruolo preminente e di responsabilità maggiore, rispetto a quella femminile. É sempre stato così e sempre sarà, anche a dispetto di questo tempo balzano e passeggero che vorrebbe la donna sostituirsi nei ruoli maschili.
      É inverosimile che sia la donna a trainare il carro famigliare dal punto di vista economico. Per meglio dire, la cosa può anche avvenire, ma per un tempo determinato dovuto a ragioni non imputabili al marito.
      Certamente anche la donna, intesa come moglie e madre, gioca un ruolo educativo nello sviluppo emotivo dei figli, ma un padre dall’indole aggressiva o menefreghista nei confronti del nucleo famigliare, ha un effetto distruttivo nettamente superiore, rispetto a quello che potrebbe avere una madre.
      E come ho riportato nel mio esempio, quanto nell’articolo sopra esposto, guardacaso è sempre la figura maschile di padre e marito, che riemerge dal passato come quella parte assente o colpevole di omissioni o malefatte di varia natura.

      • claudia2674 ha detto:

        Il padre più importante della madre ?? Ma mi faccia il piacere…….Il rapporto che si crea in quei 9 mesi nella pancia è più forte di tutto e resisterà per tutta la vita. Inoltre quanti padri scappano allegramente ( compreso quello di mio figlio) ? Le posso assicurare che il trauma è di sicuro minore nel caso fosse stata la madre a rendersi irreperibile. Il padre di mio figlio si fa sentire una volta al mese con un messaggino squallidissimo ( tipo “ciao bello”)e le posso assicurare che mio figlio vive serenamente e benissimo lo stesso con me e i nonni materni.

        • Fabio ha detto:

          Claudia, dal tuo modo di rispondere alquanto sfacciato e mal celatamente aggressivo, deduco che oltre ad aver letto male e velocemente i miei post, (compresi quelli in risposta a Little Angel), tu non abbia proprio compreso il contesto.

          La mia analisi non deve essere intesa come una specie di arringa difensiva nei confronti del maschio, tanto meno volta ad esaltarne la sua figura.
          Leggi bene e con calma, per favore.
          É più una requisitoria d’accusa, mossa nei confronti di quei padri i quali non hanno saputo o che non sanno svolgere il loro importante ruolo, rendendosi così i soli responsabili d’innumerevoli danni psichici ai loro figli, ma soprattutto alle figlie, con tutte le ripercussioni che poi ne conseguono a livello sociale e antropologico.

          Giustamente tu descrivi il dramma e le malefatte di tuo marito e padre di tuo figlio, lo fai in maniera alquanto rancorosa, ed io non metto in dubbio che tu abbia delle buone ragioni per essere così, questo però dimostra che la figura del maschio, nel suo ruolo di marito e padre, gioca un ruolo preponderante all’interno di una famiglia e che quando essa è latitante, assente o negligente, diventa un malessere e un disorientamento che si ripercuote su tutti i membri famigliari per un tempo indeterminato. Senza fine, direi.

          Dici anche che tuo figlio vive sereno e sta bene con te e i suoi nonni. Non ho ragioni di dubitarlo, certamente darete a lui il meglio che potete, ma nessuno di voi potrà mai sopperire o sostituirsi alla figura del papà e che a tuo figlio, crescendo, mancherà sempre di più, anche se non ne parlerà con voi.

          Per cui ripeto quello che ho scritto nel mio post iniziale: prima della scuola, prima della fede religiosa, è l’immagine di padre e marito che l’uomo da di se, il vero e solo insegnamento morale e civile per i figli e le figlie, futuri adulti di domani.

  • little angel ha detto:

    Ciaooo Fabio , sono sempre io ….. Volevo farti questa domanda : Perché alcuni padri , scappano dalle loro responsabilita , se sanno di essere così importanti per i loro figli ? Il caso più comune è quello del ragazze to che una volta messa incinta la ragazza , se ne scappa , e solo dopo qualche anno tornano per farsi vedere dai figli…. io non la capisco questa cosa

    • Fabio ha detto:

      Purtroppo, Angel, se certi padri scappano, non sanno di essere importanti per i loro figli.
      Adorano il piacere fugace del coito, ma non il dovere che da esso ne consegue.
      É un vero peccato, che certi uomini si ritrovino padri senza volerlo, mentre altri che vorrebbero diventarlo, non trovino una persona emotivamente congrua per potersi realizzare.

  • beppino ha detto:

    Molto bella pur se super sdolcinata e pur se iper “snussante” lettera.
    Ma c’é poco da approfondire, ragionare, dialogare, ecc…; anche accettando acriticamente gli improbabili concetti del tipo “love is love” e amenità LGBT varie alla fine della fiera l'”omogenitorialità” comporta il banale e semplice problema di interferenza (CERCATA) con la LIBERTA’ delle (e tra) persone. E la parte debole é SEMPRE quella del neonato o del bambino; ed essendo parte debole DEVE avere la precedenza, DEVE ricevere rispetto a prescindere. Tra la privazione (imposta) ad un bambino della sensibilità maschile (o femminile) e il “garantire” ad una coppia di omosessuali la possibilità legale di crescere figli (o addirittura far nascere figli con tecniche discriminatorie e schiavistiche tipo utero in affitto) non penso ci voglia molto a definire quello che in ogni caso si configura come percorso eticamente obbligatorio. Non esistono “diritti” su questi argomenti; esistono sono ambizioni, aspirazioni, bisogni, del singolo… e come al solito nelle società moderne é solo chi può prendere posizione che alla fine riesce o riuscirà a concretizzare i propri desiderata. Creando, in questo caso come in altri casi, nuove e moderne tipologie di schiavitù.

  • claudia2674 ha detto:

    Io posso capirla questa ragazza, ma lei stessa dice che il padre non era un brav’uomo e se ne è fregato beatamente di lei ( come tanti padri del resto). Quindi a questo punto per lei madre gay o no non avrebbe fatto nessuna differenza per quanto riguarda la figura paterna.

    • lorenzo ha detto:

      Premesso che i casi reali e le loro sfaccettature sono molteplici e questi sono solo due esempi:
      – vi sono padri che abbandonano volontariamente la famiglia e madri che fanno crescere i figli nella convinzione che il proprio padre lo ha fatto controvoglia ma per il loro bene,
      – vi sono padri che vengono privati contro la loro volontà della famiglia e madri che fanno crescere i figli nella convinzione di essere stati abbandonati volontariamente dal loro padre.
      Sei proprio sicura che la madre di Heather Barwick non sia assimilabile al secondo esempio?

    • Fabio ha detto:

      Noto che tendi spesso a sottolineare le negligenze dei padri, infatti hai scritto “come tanti padri del resto.”
      Forse le madri sono esenti da malefatte?
      Se non altro le mie accuse ai padri sono mosse da ragioni oggettive e circostanziate, mentre in te sembra prendere piede una critica generalizzata verso il genere sessuale, tant’è vero che scrivi “per lei madre gay o no non avrebbe fatto nessuna differenza per quanto riguarda la figura paterna.”
      Chiedo, quindi: non è che per caso tu voglia svilire il ruolo paterno?

      • lorenzo ha detto:

        Credo parli di esperienze che l’hanno profondamente ferita: oltre a farle notare che nella vita esistono anche casi diversi non credo possa esserle mossa nessuna accusa.

        • Fabio ha detto:

          Infatti, Lorenzo, io non le ho mosso alcuna colpa, ma le ho soltanto posto una domanda a cui non ha avuto seguito una risposta.
          Che lei stia soffrendo, non lo metto in dubbio, ma il suo atteggiamento mi era parso piuttosto critico e generalizzato verso il maschio in generale.

          Se io mi mettessi qui a raccontare, di tutti i torti infami che ho subito da parte di alcune donne, credimi, in buona fede, che rischierei di generalizzare negativamente sull’intero genere femminile di questi anni, ma so che sbaglierei.

          Il più grave torto che si possa commettere ad una comunità o genere di persone, è quello d’intravedere nell’intero insieme, il male che in verità ci ha fatto una sola persona di loro.

          E comunque, stando alle cose che Claudia ha raccontato, io sono solidale con lei, proprio perché un uomo deve essere il principale buon esempio per la famiglia.

  • a-theós=a-éthos ha detto:

    Non pensavo avrei mai più postato un commento su questo sito, ma l’argomento sollevato da questo articolo è veramente fondamentale per i “mala tempora” che “currunt” e va riconosciuto che questo sito è uno dei pochi a dare coraggiosa continuità alla discussione critica contro le ideologie totalitarie dominanti.

    Le cose sono fatte in modo da porre un essere umano, dal suo primo costituirsi nel grembo materno, all’interno di una realtà bipolare, fatta di maschile e femminile.

    La questione primario a questo riguardo non è quella di individuare ed enumerare le caratteristiche che definiscono rispettivamente il maschile e il femminile, ma, ancora prima, comprendere che il senso stesso della bipolarità è l’inter-relazione. Come diceva Aristotele, l’essere umano è animale sociale, definizione che va calata innanzitutto nella relazionalità intrinseca alla distinzione primigenia tra maschile e femminile.

    Questi due poli, il maschile e il femminile, però, non sono entità astratte sussistenti in sé, quasi fossero idee platoniche aventi la propria più perfetta sussistenza in un mondo ideale altro dalla realtà concreta, ma sono SEMPRE realtà incarnate in individui. In altri termini la mascolinità e la femminilità non sono realtà sussistenti separatamente dai singoli maschi e dalle singole femmine in cui si realizzano. Per questo non sono costruzioni sociali o culturali, impiantabili o innestabili a piacimento su individui in sé neutri. Parte di questa ideologia gnostica dell’astrattezza del maschile e del femminile è anche la separazione tra mascolinità e femminilità biologiche dalla mascolinità e femminilità psicologiche, che, invece, pena la contraddizione della realtà, devono (anche se di fatto può non essere così, a causa di ciò che può non funzionare correttamente) andare di pari passo.

    Piccola parentesi: queste teorie gender sono gnostiche, perché l’intercambiabilità tra maschile e femminile sottende la neutralità gnostica, che è indistinzione totale tra i due principi. La vera distruzione rivoluzionaria (motivo per cui il marxismo gramsciano attualmente imperante [in unione al liberalismo libertario], anche se all’insaputa dei più, ha sposato in pieno questa ideologia) non è l’affermazione di un’identità omosessuale in contrapposizione ad una eterosessuale, ma la dissoluzione stessa della distinzione, appunto.

    Ora, i problemi sorgono proprio quando si confonde l’intrinseca relazionalità all’altro sesso, che appartiene sia al maschile che al femminile, con la “fluidità” stessa dell’essere maschio e dell’essere femmina. Il che configura una contraddizione, ossia un vero e proprio non senso. Infatti la nozione stessa di relazione implica l’esistenza di qualcosa che, essendo stabile nella propria diversità rispetto all’identità altrui, può, appunto, relazionarsi a tale identità diversa da sé (ossia può ricavare completamento nella relazione con il diverso da sé). La relazione, dunque, che è frequentazione del diverso, prevede necessariamente una propria identità stabile, perché altrimenti, mancando l’identità, mancherebbe anche (almeno uno) dei due poli della relazione e con ciò la relazione stessa diverrebbe impossibile o del tutto fittizia.

    La relazione tra uomo e donna, sia essa d’amore o no, si basa dunque sul completamento e l’armonizzazione delle due “diverse prospettive esistenziali” che distinguono l’esperienza di vita fatta come maschio da quella fatta in quanto femmina.

    Il riferimento del bambino al genitore del proprio stesso sesso è la ricerca del modello della propria identità, mentre la relazione con il genitore dell’altro sesso è la ricerca di ciò che la propria personalità o identità sessuale (consapevolezza psicologica dell’appartenenza identitaria al proprio sesso) può ricevere come completamento dall’altro sesso (il che costituisce anche una conferma “indiretta” di ciò che si è). Entrambi i genitori, dunque, a partire dalle loro distinte indentità contribuiscono a “confermare” la personalità dei loro figli, rassicurandoli, appunto, a partire dai loro due punti di vista diversi (ma complementari), sulla loro identità. Ma non è finita, poiché i genitori non agiscono solo in quanto singoli, ma anche, e sotto molti aspetti soprattutto, in quanto coppia, dando esempio (e costituendo dunque modello) di ciò che significa l’unione armoniosa delle diversità per il bene di tutti (genitori e figli).

    Questa è la sola vera “diversità” di cui i bambini affidati a coppie dello stesso sesso (che, appunto, non possono rappresentare modello di vera diversità, ma, anzi, ne costituiscono negazione) vengono derubati ed è per questo, e non a causa del solo trauma del divorzio o della separazione, che questa donna ha vissuto e subito il vuoto della figura maschile-paterna.