L’affidabilità storica dei Vangeli, risposta alle obiezioni più comuni
- Ultimissime
- 05 Mar 2017
Durante il 2016 l’associazione americana The Best Schools ha messo a confronto per diversi mesi due importanti studiosi del Nuovo Testamento, Bart D. Ehrman, docente di Religious Studies presso l’University of North Carolina, e Michael R. Licona, docente di Teologia presso la Houston Baptist University.
Ehrman è forse il principale studioso di livello con un punto di vista scettico sull’attendibilità storica del Nuovo Testamento, grazie a questo confronto abbiamo anche scoperto che è stato tra gli allievi preferiti di Bruce Metzger, uno dei più importanti biblisti cristiani del secolo scorso. Licona, invece, anch’egli molto noto e apprezzato nell’ambito accademico, sostiene il punto di vista contrario. In questo articolo abbiamo raccolto ampie sintesi dei loro interventi.
Innanzitutto andremo a smontare un mito su B.D. Ehrman: leggenda vuole che si sia allontanato dalla fede cristiana evangelica a causa dei suoi studi biblici. Lui stesso tuttavia ha chiarito le cose nella sua intervista iniziale: «Quando ho iniziato ad insegnare alla Rutgers University a metà degli anni 1980 mi è stato chiesto di preparare una lezione sul problema della sofferenza, così come presentata in diverse parti della Bibbia […]. Allora ero un cristiano profondamente impegnato. E ho continuato ad esserlo per anni dopo. Ma ho cominciato a lottare a fondo con il problema della sofferenza […] e sono arrivato ad un punto in cui non credevo avesse più senso. Non potevo più credere che ci fosse un Dio che si preoccupava del suo popolo ed era attivo nel mondo, intervenendo e rispondendo alle preghiere, e contemporaneamente l’esistenza di un bambino innocente che muore di fame ogni cinque secondi. Ad un certo punto ho smesso di credere».
Per quanto riguarda M. Licona, nella sua intervista iniziale appare chiaro l’opposizione all‘infallibilità delle Scritture, ovvero all’errato convincimento (sostenuto da diversi evangelici, protestanti e dai Testimoni di Geova) che tutto ciò che afferma la Bibbia sia privo di errore. Non è così, «l’infallibilità biblica non è il fondamento della fede cristiana; Gesù lo è. Se Gesù è risorto, il cristianesimo è vero, anche se dovesse risultare che la Bibbia non è accurata in ogni dettaglio».
Entriamo ora nel merito delle tre grandi obiezioni avanzate da B.D. Ehrman e dalle tre risposte date da M. Licona.
1) OBIEZIONE: DISCREPANZE TRA I QUATTRO EVANGELISTI.
Prima di affrontare la prima obiezione, Ehrman ha tenuto a premettere che «i Vangeli, le loro storie e le azioni di Gesù sono sempre state e sempre saranno a me cari. Tra le altre cose, ho sempre cercato di rendere i valori che promuovono e l’etica che insegnano il centro della mia vita morale, e io incoraggio a fare altrettanto. Senza dubbio sono i libri più importanti che siano mai stati scritti, per me sono i libri più importanti della nostra civiltà e per la mia vita. Ciò non significa però li ritenga sempre storicamente accurati. Al contrario, anche se contengono preziose informazioni storiche sulla vita e la morte di Gesù, essi contengono anche una buona dose di materiale che non è storico». Rispetto a questo materiale non storico, Ehrman ha comunque precisato che «solo perché non è accaduto nella storia, non significa che non possa essere “vero” in qualche altro senso. Potrebbe essere un tentativo da parte dell’autore di trasmettere una “verità” su Gesù che è importante per la sua comprensione di lui».
«I Vangeli certamente contengono informazioni di importanza storica su Gesù», ha proseguito lo studioso scettico americano, citando come esempio le «ottime ragione storiche sul suo arrivo a Gerusalemme per celebrare la cena pasquale, sull’aver fatto arrabbiare i leader ebraici e romani, sull’essere stato arrestato e processato da Ponzio Pilato, essere stato trovato colpevole di tradimento contro lo Stato, ed essere stato crocefisso». Ma, «molti dettagli dei racconti evangelici non possono essere corretti». In particolare, Ehrman cita le contraddizioni sull’ultima cena contenute nel racconto di Marco (per il quale era la cena pasquale) e nel vangelo di Giovanni (per il quale il pasto si è svolto a mezzogiorno ed era il giorno di preparazione alla Pasqua). «Giovanni ha cambiato un dato storico per trasmettere una verità», è stato il commento dello studioso. «E’ l’unico che parla di Gesù come “l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, cioè come l’agnello pasquale tanto che nel vangelo di Giovanni egli muore lo stesso giorno in cui gli agnelli pasquali vengono massacrati nel tempio, nel giorno di preparazione per la Pasqua». Il problema, secondo Ehrman, è che «questo genere di cose succede dappertutto nei Vangeli», creando il materiale non storico di cui parlava.
Ehrman elenca quelle che ritiene essere le discrepanze tra i diversi vangeli, anche rispettive ai racconti della resurrezione (quante donne c’erano al sepolcro? La pietra era già rotolata via o la fanno spostare loro? Gesù appare ai discepoli a Gerusalemme come si legge nel vangelo di Luca, o in Galilea, come scrive Matteo? ecc.), concludendo così: «se i testimoni sono in contrasto gli uni con gli altri di volta in volta, non possono essere ritenuti affidabili». Forse la discrepanza più significativa riguarda la cacciata dei mercanti dal Tempio che avviene, per Marco alla fine della vita di Gesù, per Giovanni all’inizio. Ma lui stesso precisa che si tratta in gran parte di dettagli, «piccole, piccole differenze […]. So che alcuni di voi stanno leggendo queste istanze di discrepanze e non sono affatto impressionati».
RISPOSTA: DETTAGLI CHE NON ALTERANO L’ATTENDIBILITA’ STORICA.
Prima di entrare nel dettaglio della risposta, Licona ha premesso che «se consideriamo “storicamente affidabile” un documento solo se è privo di errori, allora dobbiamo considerare inaffidabile tutta la letteratura antica». Gli storici romani Sallustio e Tacito, ad esempio, hanno «spostato gli eventi dal loro contesto originario, trapiantandoli in un altro al fine di evidenziare un particolare aspetto», ma senza «distorcere intenzionalmente “verità”». Licona è d’accordo sul fatto che Giovanni abbia modificato la data e l’ora della crocifissione per enfatizzare il punto teologico che Gesù è il nostro agnello pasquale, definendolo un espediente letterario «utilizzato anche da storici greci, romani ed ebrei», aggiungendo che solo perché un testo utilizza dei dispositivi letterari «non significa che deve essere automaticamente classificato come letteratura piuttosto che come storia». Non è solo il genere biografico di quel tempo che permetteva queste piccole modifiche per comunicare meglio la verità, anche nel film Apollo 13 (1995), ad esempio, elogiato per la sua accuratezza storica, il regista ha reso molto più difficile la vita degli astronauti di quanto realmente accaduto, mettendo in bocca ai protagonisti parole mai dette realmente (come la famosa frase: “Il fallimento non è contemplato!”).
Inoltre, ha proseguito lo studioso cristiano, dato che «tra 1000 anni ci sarà un diverso modo di scrivere e raccontare, sarebbe ingiusto se gli storici del futuro considerassero inaffidabile la storia dei primi anni del ventunesimo secolo, solo perché oggi non abbiamo gli stessi standard di scrittura che avranno loro». Per questo occorre «pensare all’attendibilità storica alla luce delle convenzioni letterarie appartenenti al genere storico dell’epoca in cui è stato scritto», e non attraverso «le moderne convenzioni che richiedono una precisione quasi forense». Ovviamente, questo non significa «che l’autore non avrebbe potuto includere un piccolo numero di storie leggendarie, ma che una larga maggioranza di ciò che viene riportato è vero. Ad esempio, Svetonio è considerato uno dei migliori storici di Roma e consideriamo la sua “Vita dei Cesari” storicamente affidabile nonostante abbia usato in modo a volte indiscriminato le fonti e inserito, di tanto in tanto, storie leggendarie». Naturalmente, ha voluto precisare, «la “licenza artistica” ha i suoi limiti e alcuni autori sono andati così lontani che riteniamo inaffidabile ciò che hanno scritto».
Secondo Licona, «se leggiamo i Vangeli dal punto di vista dei dispositivi compositivi utilizzati da alcuni dei più fini biografi storici di quel periodo, la maggior parte delle contraddizioni tra i vangeli si scioglie, tra cui la maggior parte di quelle citate da Ehrman». Si, «ci sono alcune differenze che rimangono per le quali non ho alcuna spiegazione, ma anche queste non alterano la sostanza complessiva delle storie in cui appaiono». Tutti sanno, ad esempio, che il Titanic è affondato, ma i sopravvissuti si sono contraddetti l’un l’altro: alcuni hanno detto di aver visto la nave rompersi in due prima di affondare, altri giurarono che è affondata intatta. «Come avrebbero potuto sbagliarsi?», si è chiesto lo studioso. «E’ stata la notte più terrificante della loro vita, guardavano intensamente una nave lunga 800 piedi e sentivano le urla di chi era ancora a bordo, amici, familiari e colleghi. Non so come hanno fatto a sbagliarsi, ma nessuno ha citato le testimonianze contraddittorie concludendo che il Titanic non è affondato! La differenza riguardava un dettaglio periferico che non cambia l’essenza della storia e coloro che hanno ascoltato le loro testimonianze apprendevano il nocciolo accurato di ciò che era accaduto nel suo complesso. Allo stesso modo, praticamente tutte le differenze nei Vangeli riguardano dettagli periferici. Non ci sono vangeli che riferiscono che Gesù non è stato crocifisso o che la tomba era occupata dal cadavere di Gesù o che non è risorto».
Se andiamo oltre ai dettagli controversi, ha spiegato il prof. Licona, e considerando che gran parte di quanto descrivono riceve conferma dalle fonti non cristiane e dalle lettere di Paolo, «abbiamo ragione di credere che gli evangelisti non erano né troppo indiscriminati nell’uso delle loro fonti né troppo creduloni». Certo, «non possiamo escludere che alcune storie dei Vangeli contengono leggende o abbellimenti», ma certamente tutti e quattro «presentano un ritratto simile di Gesù come Figlio unico e divino di Dio, che è venuto a portare il regno di Dio, offrire la salvezza, che fu crocifisso, e sconfisse la morte». Infatti, chi è abituato a studiare «come gli storici più antichi riportano gli stessi eventi e li confronta a come vengono riportate le storie su Gesù, osserva chiaramente che le somiglianze tra i quattro vangeli sono a dir poco notevoli rispetto a come altri storici antichi riportano gli stessi eventi». Eppure «Ehrman vorrebbe che i racconti siano privi di qualsiasi licenza compositiva che alteri i dettagli. Questo requisito esclude non solo i Vangeli, ma tutta l’antica letteratura storica e rende il termine “storicamente affidabile” privo di significato». Perciò, concludendo, «la domanda non è se i Vangeli sono di “ispirazione divina”, “infallibili” o “senza alcun errore.”, ma se risultano storicamente affidabili sulla vita, gli insegnamenti e la risurrezione di Gesù. L’attendibilità storica non richiede che tutto quanto riportato dagli autori si è verificato esattamente come descritto, né che gli autori non debbano aver incluso un piccolo numero di storie leggendarie, abbellimenti, o errori. “Attendibilità storica” significa che una grande maggioranza di ciò che viene riportato è vero nella misura in cui i lettori ottengono il nocciolo accurato di ciò che si è verificato. I Vangeli, essendo conformi a questo, sono storicamente affidabili».
2) OBIEZIONE: TRADIZIONE ORALE POCO ATTENDIBILE, SI MODIFICA NEL TEMPO.
Nella seconda grande obiezione, il prof. Ehrman ha sostenuto che «i Vangeli sono stati scritti da cristiani altamente alfabetizzati, di lingua greca e che vissero 40-65 anni dopo la morte di Gesù. Non erano testimoni oculari degli eventi, perché essi appartenevano per la maggior parte alle classi inferiori, erano analfabeti e contadini della Galilea rurale di lingua aramaica» e «gli studiosi si sono resi conto che gli autori evangelici hanno acquisito le loro storie di Gesù dalla “tradizione orale”, cioè, dai racconti su Gesù che erano entrati in circolazione con il passaparola dal momento della sua morte. I Vangeli sono stati scritti tra il 70-95 d.C., da 40 a 65 anni dopo gli eventi che raccontano, e ciò significa che gli scrittori evangelici stanno riportando storie che sono state raccontate mese dopo mese, anno dopo anno, decennio dopo decennio, tra i cristiani di tutto l’impero romano, in luoghi diversi, in tempi diversi, anche in lingue diverse. Le storie quasi certamente sono cambiate nel corso del tempo. Ecco perché ci sono così tante differenze tra di loro».
RISPOSTA: LE FONTI DEGLI EVANGELISTI ERANO DIRETTE.
Secondo Licona, la tradizione orale era in realtà ben sottoposta al vaglio della chiesa primitiva. Infatti, ha spiegato, «un numero significativo di studiosi moderni del Nuovo Testamento, forse anche una maggioranza risicata, afferma che la fonte utilizzata da Marco è stato uno dei discepoli più vicini a Gesù, Pietro, mentre Luca si è rifatto a Paolo (con il quale aveva viaggiato) e la fonte primaria di Giovanni era un testimone oculare, uno dei discepoli di Gesù». Quindi, ha avvertito, «non è affatto vero che Marco, Luca e Giovanni sono i destinatari di storie su Gesù che erano state tramandate da qualche centinaio di persone prima di arrivare a loro». Inoltre, mentre Plutarco scrisse le sue Vite parallele (raccolta di biografie) a circa 150-200 anni dalla morte dei protagonisti, «con le date più ampiamente accettate dagli studiosi moderni, i Vangeli sono stati scritti nel giro di soli 35-65 anni dagli eventi che pretendono di descrivere. Quando i Vangeli sono stati scritti, in particolare i Sinottici, la gente che sapeva cosa era realmente accaduto era ancora in vita».
Inoltre, anche accettando l’analfabetismo di gran parte dei dodici apostoli, «gli autori evangelici avrebbero potuto essere aiutati da uno scriba che scriveva sotto la loro supervisione. Paolo ne ha fatto spesso uso, così come hanno fatto Cicerone e Bruto, anche se erano altamente istruiti». Bisogna anche considerare, aggiungiamo noi, che il substrato aramaico è «riflesso nei quattro Vangeli», tanto che diversi detti «sono proprio estranei all’ebraico e al greco» (cfr. J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol. 1, Queriniana 2006, p. 261-263): bisogna quindi ricontestualizzare l’obiezione di Ehrman sulla lingua utilizzata e parlata dagli autori degli scritti evangelici, che sembra essere la stessa utilizzata da Gesù e dai testimoni oculari degli eventi.
Per quanto riguarda la tradizione orale, essa è risultata essere abbastanza affidabile dai lavori sulla conservazione delle antiche tradizioni su Gesù trovate nei Vangeli, realizzati da diversi studiosi: Birger Gerhardsson, Samuel Byrskog, Kenneth Bailey, James DG Dunn, Werner Kelber ed Eric Eve. Noi stessi, ha aggiunto Licona, ricordiamo perfettamente eventi accaduti decine di anni fa, «sopratutto quando quei fatti si sono svolti in un contesto ricco di emozione e/o importanza personale, venendo fissati nella memoria in modo vivido». I primi cristiani, che oltretutto appartenevano ad una cultura orale, vennero sconvolti dall’insegnamento inedito di Gesù (ne siamo stupiti noi ancora oggi), lo osservarono «guarire i paralitici, i ciechi, i lebbrosi, gli indemoniati, lo videro camminare sull’acqua, confrontarsi con i leader ebrei, essendo crocifisso e poi risorgere. Una tale esperienza con Gesù avrebbe influenzato chiunque, tanto da rimanere fissata nella memoria per tutta la vita». Essi, inoltre, viaggiarono con lui di città in città, sentendolo predicare quotidianamente e, ovviamente, «non ci si aspetta che Gesù predicasse un sermone inedito in ogni villaggio, ma che utilizzasse una decide di prediche da adattare al tipo di pubblico, esponendo i suoi insegnamenti attraverso parabole e linguaggio iperbolico, facile da ricordare. I discepoli avranno ascoltato questi insegnamenti molte volte, correggendosi tra loro quando vennero inviati a predicare da Gesù. Si può capire come tale processo potrebbe aver facilitato la capacità dei discepoli di Gesù di ricordare ciò che egli insegnava, anche a distanza di molti anni».
3) OBIEZIONE: GESU’ NON HA MAI DETTO DI ESSERE DIO.
La terza obiezione di Ehrman si è basata sull’identità di Gesù, ha infatti affermato: «Se il Gesù storico davvero non predicò dicendo di essere Dio in terra, c’è qualcos’altro che poteva forse dire di più significativo? Questa sarebbe la cosa più sorprendente che, concettualmente, avrebbe potuto dire. Eppure, come si spiega il fatto che tali parole non si trovano in nessuna delle nostre fonti precedenti a Giovanni? La spiegazione più probabile è che Gesù in realtà non ha detto queste cose. Si può certamente pensare che le parole di Gesù riportate da Giovanni siano teologicamente vere, cioè che in realtà Gesù era Dio in terra. Ma, storicamente, queste non sono probabilmente le cose che Gesù ha effettivamente detto di se stesso».
Inoltre, Ehrman ha accennato ad una tesi che ripete spesso nei suoi libri: «La mia opinione è che i primi seguaci di Gesù lo ritenevano un uomo, venendo poi a credere che era stato risuscitato dai morti. Col passare del tempo, altri cristiani cominciarono a pensare che Gesù non era originariamente un essere umano, ma che era stato un essere divino per tutta la vita, e hanno quindi sviluppato una teologia dell’incarnazione. Sto dicendo che il cristianesimo è iniziato con un’esaltazione cristologia e poi ha sviluppato una incarnazione cristologia».
RISPOSTA: GESU’ HA SCELTO DI RIVELARSI IN MODO PROGRESSIVO.
L’errore di Ehrman, secondo Licona, è non aver considerato che «la prima letteratura cristiana conosciuta è stata scritta da Paolo, il quale certamente ha creduto che Gesù era Dio in modo non diverso da quanto lo si attesta nel Vangelo di Giovanni». I racconti evangelici mostrano che Gesù svela la sua divinità in modo lento e progressivo, quasi pedagogico ed enigmatico. Un caso è esemplificativo: «In Marco 2,1-12, i capi ebrei accusano Gesù di blasfemia per aver perdonato i peccati di un paralitico, poiché solo Dio può perdonare i peccati. La risposta di Gesù si può riassumere in questo modo: “Questo è corretto. Solo Dio può perdonare i peccati!”». Allo stesso modo, Gesù compie miracoli che tutti sapevano essere possibili solo a Dio, «quando viene riconosciuto il genere biografico del Vangelo di Marco, è del tutto evidente che il ritratto che fa Marco di Gesù è quello di un essere che è, in un certo senso, Dio. E questo è il punto di vista anche di Paolo, che scrisse prima di Marco e di Giovanni».
Tornando a ciò che scrive Paolo e confrontandolo con Giovanni, Licona ha sintetizzato così: «Paolo predicò che Gesù preesisteva in forma di Dio, ancor prima di assumere un corpo umano (Fil 2, 6-11; cfr Gv 1, 1-2, 9,14); Paolo predicò che Gesù è il creatore dell’universo (1 Corinzi 8,6; Col 1,16 cfr. Giovanni 1,3,10). Paolo predicò che Gesù ha ricevuto lo stesso titolo e l’onore di Dio, il quale ha condiviso con il Figlio la gloria (Fil 2,9-11; cfr Is 45,23; Gv 17,5)». Concludendo, «si nota che questi insegnamenti sono chiari paralleli nel vangelo di Giovanni. E quando si aggiunge che allo stesso modo Marco ha a sua volta presentato Gesù come Dio in un certo senso, si osserva un ritratto coerente di Gesù, presentato da tutti loro, anche se con differente enfasi».
Sia il prof. Ehrman che il prof. Licona hanno parlato di molte altre cose nel loro confronto, ma per un maggior ordine abbiamo estratto soltanto gli argomenti più importanti di entrambi. Un dibattito ad alto livello, come ci auguriamo possa accadere prima o poi anche in Italia.
Tags:
- affidabile
- affidabili
- affidabilità
- attendibilità
- bibbia
- bibbia storia
- confronto
- contraddizioni
- contraddizioni vangeli
- discepoli
- Ehrman
- evangelisti
- fonti storiche
- gesù
- gesù storico
- licona
- memoria
- nuovo testamento
- storici
- storicità
- testamento
- testimoni oculari
- tradizione
- tradizioni
- vangeli
- vangeli fantasia
25 commenti a L’affidabilità storica dei Vangeli, risposta alle obiezioni più comuni
Ottimo articolo , ottima sintesi!
Grazie, bellissimo lavoro.
Cito dall’articolo “Tornando a ciò che scrive Paolo e confrontandolo con Giovanni, Licona ha sintetizzato così: «Paolo predicò che Gesù preesisteva in forma di Dio, ancor prima di assumere un corpo umano (Fil 2, 6-11; cfr Gv 1, 1-2, 9,14); Paolo predicò che Gesù è il creatore dell’universo (1 Corinzi 8,6; Col 1,16 cfr. Giovanni 1,3,10). Paolo predicò che Gesù ha ricevuto lo stesso titolo e l’onore di Dio, il quale ha condiviso con il Figlio la gloria (Fil 2,9-11; cfr Is 45,23; Gv 17,5)». Concludendo, «si nota che questi insegnamenti sono chiari paralleli nel vangelo di Giovanni. E quando si aggiunge che allo stesso modo Marco ha a sua volta presentato Gesù come Dio in un certo senso, si osserva un ritratto coerente di Gesù, presentato da tutti loro, anche se con differente enfasi”.
A questo direi di aggiungere quella che è forse la più esplicita confessione della Divinità di Cristo da parte di San Paolo, e cioè Rm 9,15 (enfasi mia)
“Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.”
Gli altri passi citati, come quello della lettera ai Colossessi o ai Corinzi o anche il passo sulla preesistenza della lettera ai Filippesi, sono letti da alcuni come riferentesi a Gesù inteso come “angelo incarnato” o comunque un essere si divino e partecipante alla Creazione ma non Dio nel vero senso della parola.
Tralasciando che quegli esegeti ovviamente sbagliano (essendo solo il Magistero della Chiesa che può dare una lettura corretta ai passi, teologicamente, ed essendo che in loro si vede una nefasta influenza bultmaniana), quel passo della lettera ai Romani è il più chiaro di tutti, e chi lo contesta è costretto affermare che “Dio benedetto nei secoli” si riferisse al Padre e non al Figlio, interpretazione ridicola e che è accolta (guardacaso) solo dalla “traduzione del nuovo mondo” dei Testimoni di Geova.
La grande maggioranza degli esegeti (anche non cattolici o non cristiani) invece interpreta il passo della lettera ai Filippesi come riferente ad una vera preesistenza di Gesù, e il passo della lettera ai Romani come riferente a Gesù come Figlio, cioè come Dio.
Cito inoltre Richard Bauckam, uno degli studiosi neotestamentari più importanti (enfasi mia in neretto anche qui ) http://www.forananswer.org/Top_JW/Richard_Bauckham.pdf
“In my view high Christology was possible within a Jewish monotheistic context, not by applying to Jesus a Jewish category of semi-divine intermediary status, but by identifying Jesus directly with the one God of Israel, including Jesus in the unique identity of this one God. I use the term ‘unique identity’ as the best way of speaking of the uniqueness of God as generally conceived in early Judaism. The concept of identity is more appropriate, as the principal category for understanding Jewish monotheism, than is that of divine nature. In other words, for Jewish monotheistic belief what was important was who the one God is, rather than what divinity is.”
“The early Christian movement, very consciously using this Jewish theological framework, created a kind of christological monotheism by understanding Jesus to be included in the unique identity of the one God of Israel.”
“Thus the earliest christology was already in nuce the highest christology. All that remained was to work through consistently what it could mean for Jesus to belong integrally to the unique identity of the one God”.
“If Jesus was integral to the identity of God, he must have been so eternally. To include Jesus also in the unique creative activity of God and in the uniquely divine eternity was a necessary corollary of his inclusion in the eschatological identity of God. This was the early Christians’ Jewish way of preserving monotheism against the ditheism that any kind of adoptionist Christology was bound to involve. Not by adding Jesus to the unique identity of the God of Israel, but only by including Jesus in that unique identity, could monotheism be maintained. This applies also to the worship of Jesus, which certainly began in Palestinian Jewish Christianity. This expressed the inclusion of Jesus in the unique identity of the sole Creator of all things and sole Sovereign over all things.”
“Jesus himself is the eschatological manifestation of YHWH’s unique identity to the whole world, so that those who call on Jesus’ name and confess Jesus as Lord are acknowledging YHWH the God of Israel to be the one and only true God. It becomes clear that Paul’s purpose is to include Jesus in the unique identity of the one God, not to add Jesus to the one God as a non-divine agent of God, for Jesus can manifest the unique identity of the one God and receive the universal acknowledgement of that God’s sole lordship only if he himself belongs to the unique identity of God.”
“In Romans 10:9-13 Paul propounds a christological version of Jewish eschatological monotheism, such that confessing Jesus as Lord or calling on the name of the Lord Jesus is tantamount to acknowledging YHWH as the one and only God. In this context there is nothing incidental or unconsidered about Paul’s identification of ‘the name of YHWH’ in Joel 2:32 as the name of Jesus. It is the climax of a clear statement of christological monotheism, which makes a very serious identification of Jesus with YHWH.The identifying name YHWH names Jesus as well as God his Father and in such a way that they are certainly not two gods. As Rowe puts it well, Paul’s God and the God of Israel are the same God only if YHWH is so identified with Jesus and Jesus with YHWH that the first two commandments are not violated.”
Qua Bauckam spiega che, per Paolo, Gesù è Dio, non un “semi-dio”, un angelo o comunque una creatura, ma proprio Dio.
E ora arriviamo all’inno di Filippesi, che tratta della preesistenza di Gesù
“Therefore it does not mean that Christ only begins to belong to the divine identity at his exaltation. Rather only one who already belonged to the divine identity could occupy this position of eschatological supremacy. It is part of the function of the opening words of the passage (2:6), which I understand, [color=red] with the majority of scholars, as depicting the pre-existence of Christ, to make clear his identity with the one God from the beginning.
“The pre-existent Christ has equality with God; the issue is his attitude to it. He elects to express it, not by continuing to enjoy the ‘form of God’ (morfh’/ qeou’), which is the visible splendour of divine status in heaven,31 but by exchanging this glorious form for the humble status of the human form (morfh;n douvlou) on earth (2:7).”
“As a final comment on Philippians 2:6-11, it is worth noting the possibility that the exegesis of Isaiah 45:23 that lies behind it distinguished two divine subjects in that verse. In the Septuagint (MT is different) it reads: ‘By myself I swear, righteousness shall go out from my mouth, my words will not be frustrated: that to me every knee shall bow and every tongue shall confess to God (ejxomologhvsetai … tw’/ qew’/, v.l. ojmei’tai … to;n qeovn).’ The speaker is YHWH (v 18), but in this verse he speaks not only of himself (‘to me every knee shall bow’) but also in the third person of ‘God’ (‘every tongue shall confess to God’). When he quotes this verse in Romans 14:11, Paul seems to take advantage of this possibility of distinguishing two divine subjects, identfying ‘the Lord’ (YHWH) as Jesus and ‘God’ as the Father.”
E ora arriviamo a 1 Cor 8:5-6
1 Corinthians 8:5-6
“But he goes on to give in verse 6 a fuller monotheistic formulation, which is remarkable in that, while it follows the structure of Jewish monotheistic assertions, it also incorporates Jesus Christ into the unique divine identity. This is probably Paul’s most explicit formulation of what we have called christological monotheism. That Paul has here produced a Christian version of the Shema‘ has now rightly been recognized quite widely,41 but the fully decisive way in which he has here included Jesus in the Jewish definition of the unique identity of the one God can be appreciated only in the light of the account of Jewish monotheism that we offered in the first section of this paper”.
” Contrary to what many exegetes who have not sufficiently understood the way in which the unique identity of God was understood in Second Temple Judaism seem to suppose, by including Jesus in this unique identity Paul is precisely not repudiating Jewish monotheism, whereas were he merely associating Jesus with the unique God he certainly would be repudiating monotheism“.
Qua Bauckam, parlando di 1 Cor 8:5-6 (” in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra – e difatti ci sono molti dèi e molti signori -,per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo,min virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a Lui”) pone l’accento sul ruolo del Cristo nella creazione, ruolo che non avrebbe potuto avere se non fosse Dio.
Infstti prosegue
“In the uniquely divine role of creating all things it was for Jewish monotheism unthinkable that any being other than God could even assist God (Isa 44:24; Sir 42:21; 4 Ezra 3:4; 6:6; Josephus, C. Ap. 2.192; Philo. Opif. 23).45 But <to Paul's unparalleled inclusion of Jesus in the Shema‘ he adds the equally unparalleled inclusion of Jesus in the creative activity of God. No more unequivocal way of including Jesus in the unique divine identity is conceivable, within the framework of Second Temple Jewish monotheism”.
“The fact that in Romans 11:36 all three prepositions apply to God, whereas in 1 Corinthians 8:6 one of them applies to Christ, does not mean that they no longer all describe the Creator’s relationship to the whole of creation. On the contrary, it means precisely that Christ is included in this relationship as the instrumental cause of creation”.
“The purpose of what is said about Jesus Christ in 1 Corinthians 8:6 is not primarily to designate him the ‘mediator’ (a not strictly appropriate term in this context, but frequently used) of God’s creative work or of God’s salvific work, but rather to include Jesus in the unique identity of the one God. [color=red]Jesus is included in God’s absolutely unique relationship to all things as their Creator. The purpose of the whole verse in its context is strictly monotheistic.”
Spero di aver fornito dati interessanti, visto il tema dell’articolo e i riferimenti alla cristologia paolina. 🙂
@Vincent
Sulla cristologia paolina, non essendo un esegeta, ho sempre avuto qualche problema.
Quando ad esempio dice: ” in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra – e difatti ci sono molti dèi e molti signori ” sembra uscire dal monoteismo e andare in una sorta enoteismo.
Inoltre, pur in alcuni passi ammettendo la divinità consustanziale del Figlio ‘A quale dei suoi angeli Dio ha mai detto, tu sei mio Figlio oggi ti ho generato?’), in altri sembra mostrare una supremazia ontologica del Padre (‘Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre’, qua sembra che la perfetta consustanzialità sia un dono del Padre in virtù del sacrificio del Figlio).
Insomma, a me sembra che Paolo non avesse ancora perfettamente le idee chiare, non solo sulla consustanzialità, ma addirittura in qualche passo come in quello sopra citato, sul monoteismo stesso.
Molto più chiaro ed elaborato nel monoteismo e nella consustanzialità è secondo me il Prologo del vangelo secondo Giovanni, dove è netta l’influenza paolina, ma a distanza di un po’ di tempo più chiara ed elaborata.
Ma, ripeto, non sono un esegeta e dunque le mie sono solo considerazioni per capire meglio, nulla più.
@Licurgo
“Quando ad esempio dice: ” in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra – e difatti ci sono molti dèi e molti signori ” sembra uscire dal monoteismo e andare in una sorta enoteismo.”
No beh, Paolo era rigidamente monoteista, il tempo dell’ebraismo “monolatrico” era passato da lungo tempo. Quando parla dei “molti dei e molti signori” si riferisce ai falsi dei venerati dai pagani, non a caso anche la Sacra Scrittura è chiara in questo, quando afferma “tutti gli dei delle genti sono demoni” (Sal 95,5).
Perciò si, degli altri “dei” esistono, in quanto i demoni esistono e si sono fatti venerare come dei in molteplici occasioni, basti pensare a Baal (primo libro dei Re 18,20-39) che è un demonio, o a Moloch e ai sacrifici umani che richiedeva.
Questi esseri spirituali, che sono stati venerati come dei, esistono a tutti gli effetti, perciò non è scorretto, tenendo presente che “tutti gli dei delle genti sono demoni” (Sal 95,5), dire che “esistono molti dei e molti signori”.
“Inoltre, pur in alcuni passi ammettendo la divinità consustanziale del Figlio ‘A quale dei suoi angeli Dio ha mai detto, tu sei mio Figlio oggi ti ho generato?’), in altri sembra mostrare una supremazia ontologica del Padre (‘Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre’, qua sembra che la perfetta consustanzialità sia un dono del Padre in virtù del sacrificio del Figlio).”
Beh anche Gesù sembra affermare qualcosa di simile a San Paolo
Mt 28,16-20
“In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Ora, quando Paolo parla di esaltazione e Gesù afferma che “gli è stato dato ogni potere in cielo e in terra ” si riferisce all’uomo Gesù, alla Sua natura umana, che è stata anch’essa glorificata nella divinità del Figlio (del Verbo consustanziale al Padre) con la Sua Resurrezione.
Perciò non è la consustanzialità ad essere oggetto di dono dal Padre al Figlio, ciò sarebbe impossibile in quanto:
1) il Figlio stesso è Dio;
2) Dio è semplice e immutabile, non può cambiare.
Il dono del Padre al Figlio è l’esaltazione del Gesù uomo, della Sua natura umana.
“Molto più chiaro ed elaborato nel monoteismo e nella consustanzialità è secondo me il Prologo del vangelo secondo Giovanni, dove è netta l’influenza paolina, ma a distanza di un po’ di tempo più chiara ed elaborata.”
Il discepolo che Gesù amava è certamente più chiaro, non a caso è definito, se non erro, il vero teologo tra gli apostoli. San Paolo come sapienza teologica ha comunque poco da invidiare a San Giovanni, secondo me.
Grazie della spiegazione, peraltro molto convincente.
Grazie a te, Licurgo.
Aggiungo due cose, Licurgo: nella Scrittura sono davvero tanti i passi in cui i demoni vengono qualificati come “divinità”, cioè dei. 1 Re 11,5-7 ad esempio scrive
” Salomone seguì Astarte, divinità dei Sidoni, e Milcom, l’abominevole divinità degli Ammoniti ”
Astarte è Astaroth e Milcom è Moloch, entrambi sono due tra i demoni più potenti. Come vedi però vengono classificati come “divinità”.
San Paolo ribadisce il concetto in maniera ancora più esplicita, in 1 Cor 10,20-21 ” Ciò che i Gentili sacrificano, è sacrificato ai demoni e non a dio. Or, io non voglio che voi siate in comunione coi demoni. Non potete bere il calice del signore e il calice dei demoni; né potete partecipare alla mensa del signore e a quella del diavolo” .
Perciò ecco, direi che è proprio confermato che Paolo avesse le idee abbastanza “chiare” in merito. 😉
Sissì, mi aveva convinto subito perchè ricordavo anche io vagamente (ho avuto un’educazione decisamente laica) riferimenti paolini agli dei come demoni e ora mi hai confermato.
Tuttavia nelle scritture cristiane mi pare ci sia anche un punto di grande apertura, quando parlando di un tale che scacciava demoni senza avere consciuto Gesù, il maestro rispose di lasciarlo stare: ‘Chi non è contro di me è con me’. Mi scuso per i vaghi riferimenti ma vado a memoria.
Questo forse vuol dire che il cristianesimo non è a priori ostile all’esistenza di altri culti come fonti parziali di verità e ispirazione (ovviamente sempre parziali altrimenti il monoteismo cristiano cadrebbe in contraddizione con se stessi), quindi probabilmente lì è una forte condanna dell’idolatria, perchè quei culti erano molto legati a divinità ‘cattive’. L’ostilità all’idolatria, e non a priori di altre religioni più fondate sul bene, è d’altronde una certa contiguità col monoteismo ebraico e i sette punti noachici di grande apertura da una parte ma di condanna decisa dell’idolatria dall’altra.
Esattamente, infatti anche il Vaticano II ha riconosciuto, in altri culti, fonti parziali di verità e ispirazione (pur mantenendo fermo che chi si salva si salva grazie a Cristo sempre e comunque perché è, a sua insaputa, legato alla Chiesa invisibile) per l’appunto la condanna era verso l’idolatria dei demoni.
Cito Lumen Gentium 15 e 16
15. “La Chiesa sa di essere per più ragioni congiunta con coloro che, essendo battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l’unità di comunione sotto il successore di Pietro [28]. Ci sono infatti molti che hanno in onore la sacra Scrittura come norma di fede e di vita, manifestano un sincero zelo religioso, credono amorosamente in Dio Padre onnipotente e in Cristo, figlio di Dio e salvatore [29], sono segnati dal battesimo, col quale vengono congiunti con Cristo, anzi riconoscono e accettano nelle proprie Chiese o comunità ecclesiali anche altri sacramenti. Molti fra loro hanno anche l’episcopato, celebrano la sacra eucaristia e coltivano la devozione alla vergine Madre di Dio [30]. A questo si aggiunge la comunione di preghiere e di altri benefici spirituali; anzi, una certa vera unione nello Spirito Santo, poiché anche in loro egli opera con la sua virtù santificante per mezzo di doni e grazie e ha dato ad alcuni la forza di giungere fino allo spargimento del sangue. Così lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo desiderio e attività, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo Pastore [31]. E per ottenere questo la madre Chiesa non cessa di pregare, sperare e operare, esortando i figli a purificarsi e rinnovarsi perché l’immagine di Cristo risplenda più chiara sul volto della Chiesa.
I non cristiani e la Chiesa
16. Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch’essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio [32]. In primo luogo quel popolo al quale furono-dati i testamenti e le promesse e dal quale Cristo è nato secondo la carne (cfr. Rm 9,4-5), popolo molto amato in ragione della elezione, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (cfr. Rm 11,28-29). Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non e neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna [33]. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo [34] e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita. Ma molto spesso gli uomini, ingannati dal maligno, hanno errato nei loro ragionamenti e hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore (cfr. Rm 1,21 e 25), oppure, vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale. Perciò la Chiesa per promuovere la gloria di Dio e la salute di tutti costoro, memore del comando del Signore che dice: « Predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), mette ogni cura nell’incoraggiare e sostenere le missioni.”
Quando si parla di “ignorare senza colpa” non ci si riferisce al semplice “non aver sentito la predicazione cattolica”, ma all’essere incolpevolmente convinti che la Verità sia nel proprio culto (o magari nell’ateismo, o nel deismo ecc ). Queste persone, se conducono una vita retta, possono essere legate alla Chiesa invisibilmente (cosa necessaria perché extra Ecclesiam nulla salus) e salvarsi.
Scusate se mi intrometto…
Si deve fare anche attenzione al valore semantico di certe parole nelle varie lingue, soprattutto antiche.
Non ricordo quale termine greco abbia usato San Paolo nel parlare di dei, ma faccio un esempio veterotestamentario.
Il termine elohim è uno dei più abusati… nel senso che spesso viene indicato da certi “teologi”, spesso atei, come indice di un politeismo ebraico.
Parte della confusione deriva dal fatto che elohim sarebbe un plurale (uso il condizionale perché linguisticamente la cosa non è così semplice).
In realtà, elohim ha un significato molto ampio, va da Dio (YHWH), a divinità, potenze spirituali, angeli, fino anche uomini potenti, re.
Il fatto è che quando elohim è riferito a Dio (YHWH) i verbi sono coniugati sempre al singolare, quando si parla di spiriti o dei di altre religioni, al plurale.
Un termine simile non esiste in italiano e spesso le traduzioni come “dei” lascia a desiderare e crea confusione. Andrebbe precisato il contesto e tradotto di volta in volta nel modo appropriato… ma non sempre e facile.
Purtroppo, molti esegeti della domenica, pensano di poter fare le pulci alla Bibbia con questi argomenti, ignorando del tutto la linguistica, la storia, la filologia, l’archeologia e via dicendo e basando le loro elucubrazioni su traduzioni approssimative, comunque non pensate per farci sopra ricerca esegetica o teologica.
In tali casi forse sarebbe meglio rassegnarsi al fatto che alcune parole (elohim, YHWH, amen, etc.) sono intraducibili… meglio lasciarle in originale ed aggiungere una nutrita nota a piè di pagina.
Tornando a Paolo, andrebbe chiarito quale termine greco usa e il senso del termine all’epoca in cui scriveva. Infatti, in un mondo greco-romano il termine è ben diverso da come noi possiamo comprenderlo, ormai “fuorviati” dal monoteismo cristiano la cui influenza è certamente forte, anche per chi si dichiari ateo.
Infatti, la concezione di divinità nell’antichità e ben diversa da quella moderna (in Occidente) plasmata da due millenni di teologia cristiana.
D’altronde il termine eloha è giudice, e si pensa che il plurale Elohim per indicare il Dio uno e unico biblico sia un plurale di astrazione, che si rende ‘il sommo legislatore’, che è proprio della lingua semita, almeno così si reputa da alcuni.
Però Paolo in greco scriveva ed è in greco che si deve ragionare.
Penso che abbia usato il termine ‘theos’, plurale ‘theoi’, che indicava gli dei del politeismo greco, e che nella resa greca dell’ebraico e dell’aramaico, divenne al singolare e senza articolo (per indicare l’esclusivismo) Theos per indicare YHWH.
Va anche detto, se non mi tradisce la memoria, che Aristotele nella metafisica usò theos (non ricordo se con o senza articolo) parlando dell’atto puro.
Giusto.
Ho citato elohim come esempio eclatante… ma secondo me, ad un greco-romano theoi suonava molto diversamente da come suona a noi dei. Infatti, il significato di un termine dipende dal contesto storico e culturale.
I greci avevano un pantheon di divinità decisamente antropomorfe. Per dirla con un termine moderno esseri più simili a supereroi che a Dio come noi lo intendiamo. Esseri spesso passionali comunque con alcuni limiti.
Il concetto di Dio per gli ebrei è un pensiero molto più astratto ed complesso. YHWH è prima di tutto un essere a sé… mi ricordo di aver letto da qualche parte il termine a-sé-itudine (un po’ brutto) per cercare di rendere il termine kadosh (solitamente tradotto con santo).
La tradizione cristiana ha certamente plasmato la nostra visione di divinità in senso completamente trascendente, tanto che, secondo me, comprendere la divinità di Cristo è per noi arduo… e mi immagino cosa avranno penato i primi cristiani provenienti dall’ebraismo.
Paolo, pur scrivendo in greco, secondo me aveva ben chiara la differenza tra Theos e theoi e probabilmente i suoi primi lettori la “sentivano” meglio di noi questa differenza.
Come appunto un Ebreo sente la differenza tra elohim e Elohim…
Convengo, tuttavia, se si parla non dell’area romana ma dell’area di tutto l’Impero, esistevano già forti contatti con comunità ebraiche e col giudaismo (così come, di converso, quest’ultimo era entrato in contattto con l’ellenismo e la romanità), c’erano anche pagani convertiti al giudaismo. D’altronde, anche a Roma, l’evemerismo classico degli dei stava perdendo di forza e entravano culti più soteriologici.
Per cui, nel II secolo, penso che gli elementi per distinguere le varie situazioni anche molti cittadini romani o di cultura greca li potessero avere.
Concordo… osservazioni molto interessanti, grazie.
Giusto.
Ho citato elohim come esempio eclatante… ma secondo me, ad un greco-romano theoi suonava molto diversamente da come suona a noi dei. Infatti, il significato di un termine dipende dal contesto storico e culturale.
I greci avevano un pantheon di divinità decisamente antropomorfe. Per dirla con un termine moderno esseri più simili a supereroi che a Dio come noi lo intendiamo. Esseri spesso passionali comunque con alcuni limiti.
Il concetto di Dio per gli ebrei è un pensiero molto più astratto ed complesso. YHWH è prima di tutto un essere a sé… mi ricordo di aver letto da qualche parte il termine a-sé-itudine (un po’ brutto) per cercare di rendere il termine kadosh (solitamente tradotto con santo).
La tradizione cristiana ha certamente plasmato la nostra visione di divinità in senso completamente trascendente, tanto che, secondo me, comprendere la divinità di Cristo è per noi arduo… e mi immagino cosa avranno penato i primi cristiani provenienti dall’ebraismo.
Paolo, pur scrivendo in greco, secondo me aveva ben chiara la differenza tra Theos e theoi e probabilmente i suoi primi lettori la “sentivano” meglio di noi questa differenza.
Come appunto un Ebreo sente la differenza tra elohim e Elohim…
Quindi un evento storico che non è mai accaduto non significa che non sia storico , è “diversamente” storico ovvero può essere reale in un altro senso che ha importanza storica..
del resto l’autore avrebbe potuto includere un “piccolo numero” (un TOT) di storie leggendarie (cosi tanto per dare piu credibilità al tutto) ma possiamo stare assolutamente sicuri che “tutto il resto” è vero…
e il tutto ben “vagliato” dalla stessa chiesa!
Ah ecco, ok… adesso è tutto chiaro, grazie per aver precisato cosa s’intende per “affidabilità storica dei Vangeli”, veramente ottimo articolo.
A proposito… non l’avete scritto nel vostro articolo, ma Luca Marco e in particolare Matteo non sono nemmeno gli autori dei vangeli che sono giunti in forma anonima, sempre storicamente parlando.
Ma in fondo ormai dopo questo articolo .. che importanza ha distinguere tra finzione e realtà?
L’importante… è credere!
SEMPRE!
Ogni personaggio storico del mondo antico ha beneficiato di resoconti con alcuni “abbellimenti”, caro Giovanni.
In compenso, la cosa più importante, quella su cui tutto regge o cade, cioè la Resurrezione di Cristo, è la spiegazione più probabile per spiegare la nascita e la diffusione del cristianesimo e soprattutto degli apostoli e di San Paolo (che era un persecutore della Chiesa, inizialmente), per il semplice fatto che le spiegazioni alternative sono non meno miracolose e “incredibili”, visto che si richiederebbe che gli apostoli si siano fatti uccidere per ciò che sapevano lucidamente essere falso o che abbiano avuto tutti allucinazioni ultrarealistiche, talmente convincenti da convincere pure San Paolo, un nemico della Chiesa, che avrebbe avuto le medesime allucinazioni.
In un modo o nell’altro la nascita del cristianesimo e il comportamento degli apostoli non è spiegabile senza credere in un evento miracoloso, poi trai tu le tue concousioni.
Vincent Vega,lieto di fare la tua conoscenza. Ho letto spesso molti tuoi interventi su questo sito e ne sai parecchio di storia del Cristianesimo. Spero innanzitutto che su questo sito potremo stringere amicizia,ma vorrei anche farti qualche domanda. Tu in molti interventi affermi che gli storici hanno confermato molti passi riguardanti i vangeli,ma giusto un mese fa ho letto visto la recensione del libro di Mauro Pesce e Adriana Destro “La morte di Gesù” in cui viene detto che dopo la morte di Gesù, la sua vita e le informazioni su di lui sono state rielaborate da uomini e quindi Gesù non sarebbe come lo conosciamo. Inoltre in molti libri viene detto che la frase di Gesù riguardante la fondazione della chiesa è materiale redazionale. Spero tu mi possa dare chiarimenti in merito,perchè molte persone con cui ho parlato mi hanno dato l’impressione che la ricerca storica sui Vangeli stia mettendo a dura prova la nostra fede. Cordialissimi saluti
Diciamo che, se ho ben compreso l’articolo, ciò che interessava agli estensori delle Scritture era di riportare il messaggio teologico-morale (la relazione tra l’uomo e Dio e tra l’uomo e il resto del creato, in particolare i suoi simili, e la sua finalità); le vicende narrate sono di “accompagnamento”: sono sì riportate, ma non sono più importanti del messaggio e dettagli secondari possono essere sacrificati, purché ciò serva a far comprendere ancor meglio il messaggio.
Vincent Vega
[QUOTE]Ogni personaggio storico del mondo antico ha beneficiato di resoconti con alcuni “abbellimenti”, caro Giovanni.[/QUOTE]
e infatti la sotriografia deve distinguere proprio tra ciò che è storico, ciò che non lo è, cosa è propaganda, ecc..
e il problema per il cristianesimo è che sono proprio questi abbellimenti su cui si fonda il vangelo!
[QUOTE]In compenso, la cosa più importante, quella su cui tutto regge o cade, cioè la Resurrezione di Cristo […] visto che si richiederebbe che gli apostoli si siano fatti uccidere per ciò che sapevano lucidamente essere falso “[/QUOTE]
perchè lo avrebbero saputo lucidamente?
Farsi uccidere per una causa non è certo una dimostrazione che quella causa sia reale nè giusta!
Inoltre la logica del martirio c’è sempre stata nella religione ebraica..
del resto anche Mosè non ha certo parlato con un cespuglio di fuoco, nè Maometto ha parlato per unmese con entità soprannaturali, per non parlare di chi sifaceva volontariemnte uccidere perplacare l’ira degli dei o per ogni altra propria convinzione…
[QUOTE]o che abbiano avuto tutti allucinazioni ultrarealistiche[/QUOTE]
ti ricordo che le “visioni” sono state aggiunte a posteriori nei vangeli, ovviamente per rafforzare il racconto, uno di quei tanti abbellimenti che appunto come tu dimostri, costituiscono le basi del vangelo e che spronano ad una fede cieca che asua volta giustifica il martirio in un circolo vizioso.
Mansueto
[QUOTE]Diciamo che, se ho ben compreso l’articolo, ciò che interessava agli estensori delle Scritture era di riportare il messaggio teologico-morale (la relazione tra l’uomo e Dio e tra l’uomo e il resto del creato, in particolare i suoi simili, e la sua finalità);
le vicende narrate sono di “accompagnamento”[/QUOTE]
mi fa piacere checonsideri i miracoli (compresa la resurezione) un “accompagnamento”, il problema però è quando questi racconti inventati rappresentano la base della dottrina.
Manipolare arbitrariamente un testo con racconti di fantasia fatti passare per veri significa imbrogliare.
E il messaggio teologico espresso nella bibbia è fortemente immorale, a partire dell’uccisione degli infedeli.
La bibbia intoduce per prima nella cultura dell’uomo la logica jihadista.
E a me fa piacere vedere che, pur di sostenere la tua tesi preconcetta, hai citato solo la parte del mio intervento che potevi travisare (volutamente? Questo non lo so). Difatti io continuavo parlando di dettagli “secondari”, ossia i dettagli che non hanno direttamente a che vedere col messaggio: il giorno esatto in cui avvenne l’ultima Cena, ad esempio, cambia qualcosa per la salvezza dell’uomo? Per i miracoli la prima cosa da sapere è che gli evangelisti non li hanno riportati tutti (vedi ultimo versetto del Vangelo di Giovanni) e che quindi quelli che hanno inserito nei Vangeli li hanno selezionati. Qual era il criterio di questa selezione? Prendere gli episodi che davano un insegnamento, in quanto ritenevano che se Dio sospende le leggi fisiche che Egli stesso ha creato lo fa per render chiaro qualcosa di utile; il discorso sulla “soprannaturalità” lasciava il tempo che trovava perché
1)a un evento soprannaturale una persona ci crede a stento se ne è testimone (vedi Tommaso che non crede a Cristo risorto e vuole mettere le dita nelle ferite), figurarsi se lo sente solo raccontare! Quindi, tentare di convincere le persone servendosi del racconto di eventi soprannaturali sarebbe inutile anche se quegli eventi fossero accaduti realmente. Chi vuole ingannare in genere cerca di non fare ricorso a racconti sul soprannaturale perché un inganno, per essere credibile, deve contenere elementi facilmente credibili. Poi, chi ti inganna lo fa perché vuol trarre un qualche profitto da te, cosa che l’insegnamento stesso del Vangelo, per come strutturato, non permette (se vuoi te ne elenco le ragioni, ma per ora non voglio allungare l’intervento).
2)le persone dell’epoca avevano l’umiltà di credere, non avendo creato loro le leggi fisiche, di non conoscere l’esatto confine tra cosa è spiegabile come semplice fenomeno naturale e cosa no (vedi il miracolo del bastone di Mosè tramutato in serpente, replicato nelle apparenze dagli egiziani), quindi l’unico modo per distinguere un messaggio divino da un evento qualunque era il significato che esso portava. Non si riconosce Dio dai miracoli, ma i miracoli da Dio.
3)nel nuovo Testamento si parla anche di “fenomeni soprannaturali” eseguiti da demoni (“il demonio che si traveste da angelo di luce”), entità che vogliono il male dell’uomo, quindi far leva unicamente sul soprannaturale per invitare alla conversione è controproducente se poi si accenna a quanto sopra.
4)chi crede in Dio crede anche che quest’ultimo abbia creato le leggi di natura e che possa perciò manifestarsi anche tramite esse, quindi non ha indispensabilmente bisogno di eventi soprannaturali per credere, possono essere al massimo ulteriori conferme.
Prendi il popolo ebraico e l’umanità in generale come un bambino con i capricci tipici della sua età e Dio come il suo genitore, per insegnargli a vivere bene e togliergli i capricci cosa deve fare? Fargli presente in una sola volta ogni singolo errore che può commettere in vita? No, l’inesperto bambino la prenderebbe come un’imposizione, impossibile da seguire perché troppo distante dalla sua vita attuale e si sentirebbe trattato come uno stupido perennemente incapace di far bene. L’unica strada è quella di correggerlo poco per volta, di manifestarsi poco per volta (anche l’articolo dice che Gesù scelse di rivelarsi in modo progressivo).
Non metto link perché non so se posso, comunque ti invito a leggere il quesito “Perché abbiamo un Dio diverso tra antico e nuovo testamento” sul sito di Amici Domenicani, credo sia una esauriente risposta; puoi cercare anche “violenza antico testamento” per altre risposte per una visione più generale. Ecco, hai mai fatto caso che i Testi sacri esistono da millenni e sono stati letti da milioni di individui? E ti sei mai chiesto se di quel singolo episodio biblico che ti è parso brutto non si sia già interrogato qualcuno di quegli individui traendone una conclusione diversa?
Che strano, ci sono persone su internet che affermano che se l’Impero romano è caduto è colpa dei cristiani al potere e alla loro non voglia di combattere i barbari, benché spesso pagani anch’essi, per seguire il “porgi l’altra guancia”. Tu invece affermi che il cristianesimo ha una logica jihadista. E’ proprio vero, pur di mettersi contro il cristianesimo si ricorre a tutto e al contrario di tutto. 🙂
Questa è una grossa inesattezza. Le apparizioni (ben diverse dalle visioni) non sono state aggiunte dopo, ma sono già ben presenti dall’inizio della predicazione. Prima Lettera ai Corinzi, capitolo 15, dal versetto 3: secondo gli studiosi le parole di Paolo, scritte intorno alla metà del 50, riprendono una tradizione antichissima e risalente agli appena successivi alla morte di Gesù. Dunque, tutto si può dire, ma non che le apparizioni siano state inserite dopo. Qui chi non crede ha un serio problema da affrontare: il giustificare razionalmente come sia possibile che persone convinte di aver visto qualcuno risorto (convinzione immediata, sulla quale basavano la loro predicazione) siano state disposte a farsi ammazzare. Unica minima ipotesi che regge è quella delle allucinazioni. La buona fede dei discepoli è praticamente acclarata, la loro immediata convinzione delle apparizioni altrettanto. Al pari, chiaramente, della tomba vuota necessaria alla diffusione di una simile diceria (come d’altronde conferma Matteo sul finire del suo Vangelo citando l’episodio delle guardie).
xMansueto
e come fai a sapere quali sono inventati e quali no?
certo, ogni indizio può essere valutato per capire se il fatto è reale o meno
per questo il vangelo non ha credibilità storica, è un testo manipolato ad arbitrio dei cristiani
bene, apprendo che la resurrezione lascia il tempo che trova!
è assolutamente il contrario: nessuno ha mai mostrato in un contesto controllato un evento sopranaturale!
ed è proprio per questo che i miracoli non possono esistere:
se dio avesse realmente compiuto anche un solo miracolo avrebbe violato il libero arbitrio perchè come dice la chiesa stessa non si potrebbe più credere liberamente e non avrebbe più senso la parola “fede”..
Questo dimostra anche che Cristo non può aver compiuto miracoli: è inutile non scendere dalla croce quando davanti a tutti ha fatto resuscitare un morto e fatto apparire dal nulla oggetti non credi?
Ah, sei la tipa multinick delle lenzuolate, me lo potevi dire subito, risparmiavo a scriverti. Chiedo agli altri: quando mi imbatto in uno dei nick di costei come faccio a capirlo prima? Almeno evito di alimentare un troll.