Quando Umberto Eco difese laicamente il crocifisso nelle scuole
- Ultimissime
- 19 Feb 2017
Un anno fa moriva il semiologo italiano Umberto Eco, lo salutammo ricordando il suo inquieto animo di laico-cristiano, seppur senza nascondere le critiche che gli rivolgemmo a causa delle sue infelici uscite verso Benedetto XVI.
Ad un anno dalla sua morte abbiamo scoperto un suo intervento su Repubblica dell’ottobre 2003 in occasione di una delle tante polemiche sorte sull’esposizione del crocifisso nelle scuole, in cui riconobbe che «qualsiasi nuovo decreto della Repubblica che eliminasse il crocifisso per ragioni di laicità dello stato si scontrerebbe contro gran parte del sentimento comune».
Umberto Eco e il crocifisso: “non è un favoritismo verso una religione”.
La sua riflessione non fu affatto banale, né un mero schierarsi pro o contro. La consideriamo invece un’ottima replica, dal punto di vista prettamente laico, a chi obietta che l’esposizione del crocifisso cristiano sia un “favoritismo” verso una particolare religione, discriminando di conseguenza tutte le altre. E’ una sciocchezza. «Esistono a questo mondo degli usi e costumi, più radicati delle fedi o delle rivolte contro ogni fede, e gli usi e costumi vanno rispettati», spiegava Eco. «Per questo se visito una moschea mi tolgo le scarpe, altrimenti non ci vado. Per questo una visitatrice atea è tenuta, se visita una chiesa cristiana, a non esibire abiti provocanti, altrimenti si limiti a visitare i musei. Io sono l’essere meno superstizioso del mondo e adoro passare sotto le scale, ma conosco amici laicissimi e persino anticlericali che sono superstiziosi, e vanno in tilt se si rovescia il sale a tavola. E’ per me una faccenda che riguarda il loro psicologo (o il loro esorcista personale), ma se devo invitare gente a cena e mi accorgo che siamo in tredici, faccio in modo di portare il numero a quattordici o ne metto undici a tavola e due su un tavolinetto laterale. La mia preoccupazione mi fa sorridere, ma rispetto la sensibilità, gli usi e costumi degli altri».
La croce è un fatto di antropologia culturale, la risposta di Eco al musulmano Adel Smith.
La croce, intendeva dire, al contrario di altri simboli e di altre religioni, ha segnato la storia culturale e spirituale dell’Europa e dell’Italia, è un “uso e costume” nazionale e/o continentale che merita il “favoritismo”. Si può non condividere questa riduzione, ma è il suo laico ragionamento. «Le reazioni addolorate e sdegnate che si sono ascoltate in questi giorni, anche da parte di persone agnostiche, ci dicono che la croce è un fatto di antropologia culturale, il suo profilo è radicato nella sensibilità comune». Eco se la prese in particolare con il musulmano integralista Adel Smith, morto nel 2014, che lottò apertamente contro i crocifissi pubblici. «Se un musulmano vuole vivere in Italia, oltre ogni principio religioso, e purché la sua religiosità sia rispettata, deve accettare gli usi e costumi del Paese ospite. Non capisco perché nei paesi musulmani non si debba consumare alcool, ma se visito un paese musulmano bevo alcool solo nei luoghi deputati (come gli hotel per europei) e non vado a provocare i locali tracannando whisky da una fiaschetta davanti a una moschea. E se un monsignore viene invitato a tenere una conferenza in un ambiente musulmano, accetta di parlare in una sala decorata con versetti del Corano».
Eco invitava così ad un’integrazione tollerante, anche se tale termine «è usato anche in senso spregiativo (io ti tollero anche se ti ritengo inferiore a me, e proprio perché io sono superiore), ma il concetto di tolleranza ha una sua storia e dignità filosofica e rinvia alla mutua comprensione tra diversi». Sottolineando che la difesa del crocifisso non è una battaglia religiosa, in quanto «anche eliminando i simboli religiosi dalle scuole, questo non incide sulla vitalità dei sentimenti religiosi». Si rammaricava anche che il crocifisso si è «sciaguratamente laicizzato, e non da ora. Crocifissi oltraggiosamente tempestati di pietre preziose si sono adagiati sulla scollatura di peccatrici e cortigiane, e tutti ricordano il cardinal Lambertini che, vedendo una croce sul seno fiorente di una bella dama, faceva salaci osservazioni sulla dolcezza di quel calvario. Portano catenelle con croci ragazze che vanno in giro con l’ombelico scoperto e la gonna all’inguine. Lo scempio che la nostra società ha fatto del crocifisso è veramente oltraggioso, ma nessuno se ne è mai scandalizzato più di tanto». Tornando quindi alla questione centrale: «Invito a Adel Smith, dunque, e agli intolleranti fondamentalisti: capite e accettate usi e costumi del paese ospite», concluse Eco. «E invito agli ospitanti: fate sì che i vostri usi e costumi non diventino imposizione delle vostre fedi».
Quando il rabbino Weiler difese il crocifisso davanti alla Grande Camera Europea.
Molte delle argomentazioni di Eco trovano riflesso nella grande difesa al crocifisso nelle scuole italiane che il rabbino Joseph Weiler, professore di diritto presso la New York University, fece davanti alla Grande Camera europea nel 2010, in rappresentanza ufficiale degli stati Italia, Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Federazione Russa e San Marino. «Il secolarismo non è una scelta neutrale», disse l’eminente giurista ebreo. «La laïcité, non è una categoria vuota che significa assenza di fede, è una posizione politica, rispettabile, ma certamente non “neutrale”. Un muro denudato per mandato statale è una chiara posizione non neutrale, è anti religiosa. Allo stesso modo, un crocefisso sul muro potrebbe essere percepito come coercitivo. C’è quindi bisogno di tenere conto della realtà politica e sociale dei diversi luoghi, della sua demografia e della sua storia: l’Italia senza crocefisso non è più l’Italia. Così l’Inghilterra senza “God Save the Queen”».
La redazione
6 commenti a Quando Umberto Eco difese laicamente il crocifisso nelle scuole
Sulla base di logiche così semplici e contemporaneamente così profonde, a suo tempo avrebbe dovuto essere accolto l’appello di Giovanni Paolo II per la citazione delle radici cristiane nel preambolo della costituzione europea. Ma il laicismo conduce una guerra cieca contro il cristianesimo, non un sano confronto.
l’Unione Europea uscita dal Trattato di Maastricht è una costruzione massonica, basterebbe ricordare i nomi dei protagonisti. Per fortuna la Costituzione Europea è stata affondata dai francesi e dagli olandesi, sorte che toccherebbe anche all’Unione se i popoli potessero liberamente esprimersi, come accaduto in Gran Bretagna.
Esattamente, Germano, ma non mi meraviglierei più di tanto che un organismo sovranazionale, plutocratico e filo massonico, come l’Unione Europea, non contempli un briciolo di radici cristiane nella propria costituzione.
Mi meraviglio che non sia la nostra Costituzione Italiana a contemplarle, soprattutto se consideriamo che quando fu redatta, (70 anni fa), l’Italia era ancora un paese nettamente e profondamente cristiano, avente una popolazione culturalmente autoctona e non ancora contaminata da immigrati afro-arabo-islamici.
La vergogna è che la Costituzione Italiana venne fatta senza tener minimamente conto dell’antico retaggio culturale e religioso della popolazione.
NON DIMENTICHIAMO che, nel bel mezzo del Secondo Conflitto Mondiale, quando il Duce era caduto e il Re si era messo al sicuro col suo governo, la popolazione si appellò a Papa Pio XII, come unico punto di riferimento nazionale rimasto a Roma.
Questo è il Cristianesimo, la sola cosa che rimane, quando governi, governanti, costituzioni e organismi internazionali, non valgono più nulla.
Queste considerazioni di Umberto Eco sono semplici ed efficaci. Da ricordare, per quando serviranno.
E’ preferibile chi difende il crocifisso come il simbolo di una cultura ormai scristianizzata
o chi rifiuta il crocifisso perché gli causa problemi di coscienza?
Bella domanda!
Mi porta a pensare le volte che sono a messa, durante il momento dell’Eucarestia, mentre osservo chi se ne sta seduto e chi, invece, si reca alla comunione: è più onesto in coscienza, colui che va alla mensa, o colui che se ne rimane seduto?
😉