Benedetto XVI smonta il complotto: «mai subito pressioni. Francesco? Nuova freschezza»

«Benedetto XVI ha dato una risposta chiara e serena a tutte le elucubrazioni immotivate sulle ragioni della sua rinuncia al pontificato, come se fosse stata causata dalle difficoltà incontrate a seguito di scandali o complotti», ha dichiarato il suo fidato collaboratore e portavoce, padre Federico Lombardi, oggi non a caso presidente della Fondazione Ratzinger. «Di tutto ciò ora, sollecitato dalle domande di Seewald, Benedetto in prima persona fa piazza pulita con decisione, in modo ci auguriamo definitivo, parlando del cammino di discernimento con cui è giunto davanti a Dio alla decisione e della serenità con cui, una volta presa, la ha comunicata e attuata senza alcuna incertezza e non se ne è mai pentito».

Padre Lombardi si sta riferendo, come molti già sapranno, al lascito spirituale che il Papa emerito ha affidato ad un dialogo -l’ultimo risalente al maggio 2016- con il giornalista tedesco Peter Seewald, che poi è divenuto un libro: Ultime conversazioni (Garzanti 2016), uscito nel settembre scorso. A scanso di equivoci, il giornalista fin dall’introduzione ha voluto precisare che «il testo è stato approvato e autorizzato dal papa emerito» (p. 16). Se n’è parlato a lungo negli ultimi mesi, noi arriviamo soltanto ora dopo aver raccolto le varie reazioni, positive e negative, intervenendo per fornire alcuni chiarimenti a causa di una certa disinformazione che si è, anche questa volta, venuta a creare. L’articolo è suddiviso rispetto alle tematiche affrontate da Papa Benedetto XVI nel libro.

 

MOTIVI DELLA RINUNCIA DI BENEDETTO XVI.
Chi ha letto il libro ha intuito l’esplicita volontà del Papa emerito di chiarire, una volta per tutte, i motivi della rinuncia al papato, respingendo i complotti emersi in questi anni. «Attacco occulto», scriveva ad esempio nel 2014 lo scrittore Antonio Socci. «Fortissime pressioni», ripeteva nel 2015, aggiungendo: «del resto se aveva subito pressioni non poteva certo dirlo in maniera esplicita visto che così avrebbe invalidato l’atto a cui era costretto. Fin dal suo insediamento Benedetto aveva affermato: “Pregate per me perché io non fugga per paura davanti ai lupi”. È lecito chiederci chi fossero i “lupi” e cosa volessero». La reazione di Ratzinger è stata decisa: «Sono tutte assurdità. Nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero deluso o cose simili. Anzi, grazie a Dio, ero nello stato d’animo pacifico di chi ha superato la difficoltà. Lo stato d’animo in cui si può passare tranquillamente il timone a chi viene dopo» (p. 34, 35).

Il Papa emerito ci ritorna molte volte nel libro, forse consapevole di essere divenuto oggetto di strumentalizzazione: «una decisione simile non risulta facile e la si deve ponderare a lungo. Per me, tuttavia, è apparsa talmente evidente che non c’è stato un doloroso conflitto interiore […]. Era chiaro che dovevo farlo e che quello era il momento giusto» (p. 27). La decisione avvenne nell’estate 2012, dopo i faticosi viaggi in Messico e a Cuba e con in programma la Giornata mondiale della gioventù: «era chiaro che avrei dovuto dimettermi in tempo perché il nuovo papa andasse a Rio. Sapevo che non ce l’avrei fatta» (p. 28). Pentimenti? «No. No, no. Vedo ogni giorno che era la cosa giusta da fare. Era una cosa su cui avevo riflettuto a lungo, e di cui avevo anche a lungo parlato con il Signore» (p. 36). «Sono convinto», ha voluto ripetere, «che non si sia trattato di una fuga, e sicuramente non di una rinuncia dovuta a pressioni esterne, che non esistevano» (p. 45).

Si è parlato del tradimento da parte del suo aiutante di camera, Paolo Gabriele o dello scandalo Vatileaks: «No, non è assolutamente vero», ha ribadito il Papa emerito. «Al contrario, le cose erano state del tutto chiarite. Uno non può dimettersi quando le cose non sono a posto, ma può farlo solo quando tutto è tranquillo. Io ho potuto dimettermi proprio perché riguardo a quella vicenda era ritornata la serenità. Non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte» (p. 34). Lo ribadisce nuovamente, con piena consapevolezza: «Alle richieste non ci si deve piegare, naturalmente. È per questo che nel mio discorso ho sottolineato che io agivo liberamente. Non si può andar via se si tratta di una fuga. Non bisogna cedere alle pressioni. Si può andar via solo se nessuno lo pretende, e nessuno nel mio caso lo ha preteso. Nessuno. Fu una assoluta sorpresa per tutti» (p. 37).

E’ palpabile la lucidità di Benedetto XVI di smarcarsi dall’accusa di essere stato un facile burattino nelle mani di qualche potente ricattatore, non ci sta a veder calpestata la sua dignità in questo modo. Eppure, spiace dirlo, il giornalista di Libero ha commentato queste dichiarazioni riproponendo le sue tesi: le affermazioni di Ratzinger sono «assurde» e si è trattata della «fuga precipitosa» di un Papa di fronte ai lupi. Secondo Socci, ancora oggi Ratzinger non potrebbe parlare di tali pressioni ma come Pollicino avrebbe scelto di «disseminare il libro di segnali che aumentano il mistero», perché non potrebbe «rivelare come stanno veramente le cose». Sulla stessa linea anche Maurizio Blondet (giornalista tradizionalista, noto anche per alcune frasi inconcepibili sui neri e sugli ebrei), anche lui convinto che il Papa emerito abbia indecorosamente ceduto a fantomatici poteri forti (per lui le “potenze mondialiste finanziarie” e il Nuovo ordine mondiale): «L’Emerito nega di essersi dimesso sotto pressione», ha scritto. «Non ho letto il libro, ma mi aspettavo il contenuto. So, da voci interne, che Ratzinger stava subendo da mesi fortissime pressioni. Alcune voci mi hanno detto che questa ritrattazione è stata richiesta all’ex Papa con forti pressioni. Ma erano voci. Adesso invece ho la prova: la prova che Benedetto mente. Perché dichiara che non è sotto ricatto? Non è una Excusatio non petita? Per far capire che sotto ricatto effettivamente fu, ed è ancora?». Benedetto XVI mente, fa come Pollicino, le voci hanno detto…lasciamo il giudizio al lettore e al suo buon senso.

Segnaliamo anche l’intervento, decisamente più condivisibile, del vaticanista Aldo Maria Valli (celebrato recentemente da diversi tradizionalisti in quanto autore di alcune perplessità, contenute anche in un libro appena pubblicato, su dichiarazioni pubbliche di Francesco): «la sola idea che Ratzinger, il teologo Ratzinger, l’uomo che ha speso tutta la vita al servizio della Chiesa, abbia deciso, con una scelta di portata storica, di rinunciare al soglio per una questione di banche e di bancomat, mi sembra francamente inverosimile. Un papa come Ratzinger, non prende l’epocale decisione di ritirarsi solo perché il sistema bancario mondiale taglia fuori momentaneamente il Vaticano. Ratzinger, come ha sempre detto, ha rinunciato perché ha avvertito di non avere più le forze per governare adeguatamente». Valli si riferisce in particolare alla originale tesi di Blondet, secondo cui Ratzinger si sarebbe dimesso poiché «le potenze mondialiste avevano tagliato fuori la banca vaticana da SWIFT, il sistema di transizioni finanziarie globali. Difatti appena le telecamere ripresero l’elicottero con cui Benedetto XVI si ritirava a Castelgandolfo, il Vaticano fu ricollegato a SWIFT e i bancomat ripresero a funzionare». Blondet non cita alcuna fonte a sostegno di tali notizie, anche perché non c’è traccia di esse su internet (nemmeno sui motori di ricerca indipendenti, anche in lingua straniera): una cosa talmente grave non sarebbe mai passata sottotraccia. Eppure, a parte Blondet -conosciuto per l’alta sensibilità verso le cospirazioni giudaico-finanziarie- nessuno sembra essersene accorto.

 

CREDE DI ESSERE L’ULTIMO PAPA?
Su alcune frasi di Benedetto XVI è nata purtroppo una strumentalizzazione. A pag. 203 il giornalista Seewald ha infatti domandato al Pontefice emerito se si vede «l’ultimo papa del vecchio mondo o come il primo del nuovo?». Benedetto ha risposto: «entrambi. Io non appartengo più al vecchio mondo, ma quello nuovo in realtà non è ancora incominciato» . Ha quindi respinto l’idea che con Francesco la Chiesa sia ad una svolta epocale: «ora non azzarderei una simile affermazione. Tuttavia, è evidente che la Chiesa sta abbandonando sempre più le vecchie strutture tradizionali della vita europea e quindi muta aspetto e in lei vivono nuove forme. Di conseguenza la Chiesa deve trovare una nuova forma di presenza, deve cambiare il suo modo di presentarsi». A questo punto Seewald introduce la profezia di Malachia, molto amata da qualche complottista, secondo la quale il papato terminerebbe con il pontificato di Ratzinger: «e se lei fosse effettivamente l’ultimo a rappresentare la figura del papa come l’abbiamo conosciuto finora, domanda. Risposta di Ratzinger: «Tutto può essere. Probabilmente questa profezia è nata nei circoli intorno a Filippo Neri. A quell’epoca i protestanti sostenevano che il papato fosse finito, e lui voleva solo dimostrare, con una lista lunghissima di papi, che invece non era così. Non per questo, però, si deve dedurre che finirà davvero. Piuttosto che la sua lista non era ancora abbastanza lunga!» (p. 205).

La strumentalizzazione è arrivata dal giornalista di Libero, Antonio Socci, che -dopo aver tagliato l’ultima parte della risposta di Benedetto XVI dicendo di ritenerla una «battuta di alleggerimento»-, ha fatto sostenere al Papa emerito che lui sarebbe “l’ultimo Papa”. Leggendo il testo integrale si capisce che non è chiaramente così: si sta parlando di una forma, di un modo di essere Papa «come lo abbiamo sempre conosciuto», se si ritenesse davvero “l’ultimo Papa” come Socci gli ha fatto dire, allora non potrebbe riconoscere Francesco come suo successore. Inoltre si capisce chiaramente dall’atteggiamento ironico quanto poco peso Benedetto XVI dia alla “profezia” di Malachia, spiegando che era solo un modo inventato da qualcuno vicino a Filippo Neri per convincere i protestanti che il papato sarebbe continuato a lungo. Sarebbe sciocco prenderla alla lettera, ovviamente. Eppure…

 

STIMA PER PAPA FRANCESCO.
Molto belle le parole che Benedetto XVI riserva al suo successore, fin dal giorno dell’elezione: «Il modo in cui ha pregato per me, il momento di raccoglimento, poi la cordialità con cui ha salutato le persone tanto che la scintilla è, per così dire, scoccata immediatamente» (p. 39). E ancora: «È certo anche un papa che riflette, uno che medita sulle questioni attuali. Che non viva nel palazzo apostolico bensì a Santa Marta, dipende dal fatto che vuole sempre essere circondato dalla gente. Direi che questo si può ottenere anche su [nel palazzo apostolico, n.d.r.], ma è una scelta che mostra un nuovo stile. Forse io non sono stato abbastanza in mezzo agli altri, effettivamente. Ognuno deve avere il proprio temperamento. Ma trovo positivo che sia così diretto con gli altri. Mi chiedo naturalmente quanto potrà andare avanti. Per stringere ogni mercoledì duecento mani o più e via dicendo ci vuole molta forza. Ma questo lasciamolo al buon Dio» (p. 42).

Sempre restando sul diverso temperamento, «ognuno ha il proprio carisma. Francesco è l’uomo della riforma pratica. È stato a lungo arcivescovo, conosce il mestiere, è stato superiore dei gesuiti e ha anche l’animo per mettere mano ad azioni di carattere organizzativo. Io sapevo che questo non è il mio punto di forza. La verità è che non potevo intraprendere nessun tipo di operazione di carattere organizzativo a lungo termine. Ma ero anche del parere che non fosse il momento di farlo […]. Quando un papa inizia il suo pontificato a settantotto anni, non dovrebbe aspirare a grandi cambiamenti in una prospettiva a lungo termine, che egli stesso non sarebbe in grado di sostenere.» (p. 172, 173, 195).

Ha anche condiviso l’intento di Francesco di decentralizzare la Chiesa: «anch’io ho sempre desiderato che le Chiese locali siano il più possibile autonome e vitali, senza bisogno di assistenza da parte di Roma» (p. 43). Sbaglia anche chi parla di “rottura” tra i due pontificati: «Naturalmente si possono fraintendere alcuni punti per poi dire che adesso le cose vanno in modo del tutto diverso. Se si prendono singoli episodi e li si isolano, si possono costruire contrapposizioni, ma ciò non accade quando si considera tutto l’insieme. Forse si pone l’accento su altri aspetti, ma non c’è alcuna contrapposizione» (p. 44). La soddisfazione per Francesco è piena, con lui «c’è una nuova freschezza in seno alla Chiesa, una nuova allegria, un nuovo carisma che si rivolge agli uomini, è già una bella cosa» (p. 44).

Anche in questo urge un chiarimento dovuto, ancora una volta, alla reazione di Antonio Socci. Non potendo accettare la stima del Papa emerito al suo successore, ha sottolineato che si tratta di «interviste realizzate nei primi mesi di pontificato di Bergoglio (luglio e dicembre 2013, e febbraio 2014)», quando anche lui stesso guardava «positivamente a papa Bergoglio». Non è proprio così: come riferito dall’intervistatore, Peter Seewald, l’ultimo colloquio con Ratzinger è avvenuto il 23 maggio 2016 (p. 8), tanto che il libro è stato pubblicato quattro mesi dopo. L’approvazione di Benedetto XVI al lavoro finito è dunque necessariamente arrivata tra maggio e settembre 2016, se avesse cambiato idea rispetto al giudizio positivo di Francesco certamente, per l’amore alla verità che ha sempre dimostrato, avrebbe apportato correzioni, smussato gli elogi o precisato le sue dichiarazioni, o comunque tolto le espressioni di stima e unità di vedute. Così non è stato. Giustamente il vaticanista Aldo Maria Valli ha scritto: «quanto al giudizio di Benedetto sulla linea Bergoglio, sono certo che Ratzinger la pensa esattamente così. Quando afferma di apprezzare l’apertura e la disponibilità di Francesco verso le persone, è del tutto sincero». E ancora: «A un certo punto, con la solita schiettezza, Benedetto non rinuncia a mettere in guardia Francesco (quando dice che se un papa riceve troppi applausi c’è qualcosa che non funziona), ma ciò non toglie che veda davvero in Bergoglio il pontefice giusto per questa fase storica della Chiesa». Facciamo comunque notare che la pesante critica mediatica riservata quotidianamente a Francesco da parte di alcuni giornalisti, lo mette al sicuro dal ricevere solo applausi e dalla giusta raccomandazione del suo predecessore.

 

COMUNIONE RICEVUTA SULLA MANO E MESSA TRIDENTINA.
Molti cattolici di area tradizionalista dedicano spesso articoli e interi libri a spiegare perché sarebbe un sacrilegio ed un abominio ricevere l’Eucarestia con le mani invece che con la bocca. Anche su questo il Papa emerito ha avuto qualcosa da dire: «a San Pietro abbiamo cercato di mantenere inalterata la liturgia. La comunione in bocca non è un’imposizione, io ho sempre praticato entrambe le forme. Siccome però sulla piazza ci sono così tante persone che potrebbero fraintendere, che per esempio s’infilavano l’ostia in tasca, mi sembrava che questo fosse un segnale giusto» (p. 175). Entrambi i modi di ricevere l’Eucarestia, con la bocca o con le mani, sono accettati e praticati da Ratzinger.

Per quanto riguarda invece la concessione data di poter continuare a celebrare la messa tridentina: «era importante che ciò che prima per le persone era la cosa più sacra nella Chiesa non fosse di colpo del tutto proibita», ma comunque «il rito si deve evolvere. Per questo è stata annunciata la riforma. Ma l’identità non deve spezzarsi» (p. 180). Benedetto XVI non concesse il rito antico per una nostalgia personale, anzi, il rinnovamento (non fine a se stesso, ovviamente, come qualche progressista crede) è un tema costante nella parole del Papa emerito: «Bisogna rinnovare, e io ho cercato di portare avanti la Chiesa sulla base di una interpretazione moderna della fede. Nello stesso tempo c’è bisogno di continuità, bisogna garantire che la fede non subisca strappi, non lasciare che si frantumi» (p. 209).

 

ALTRE RELIGIONI E SINCRETISMO?
Una delle critiche ricevute da Francesco è di essere troppo conciliante con le altre religioni, tanto da essere ritenuto da alcuni sincretista e relativista. Eppure il giornalista Seewald ricorda nel libro le innovazioni di Ratzinger durante il suo pontificato: «Dopo Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, è il secondo papa a parlare in una moschea; è il primo a partecipare a una funzione religiosa protestante. Un gesto storico unico è la visita, la prima di un capo della Chiesa, alla città in cui operò Martin Lutero. Nomina un protestante presidente della Pontificia accademia delle scienze, anche questa una novità; porta un musulmano a insegnare alla Gregoriana» (p. 12).

A domanda diretta sulle altre confessioni, il Papa emerito ha risposto: «I protestanti stanno vivendo una grave crisi, com’è risaputo. La delusione naturalmente è lecita, ma chi conosce la realtà non dovrebbe aspettarsi che un’unificazione delle Chiese nel senso autentico della parola sia realizzabile. Dovrebbe impegnarsi perché ci si ascolti a vicenda e si impari gli uni dagli altri, perché non vada perduto proprio l’essenziale, la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio; e che da qui si parta per stabilire le direttive di fondo in funzione di un’intesa in ambito pratico» (p. 182). Non ci sembra vi sia molta differenza tra la posizione di Benedetto XVI e quella del suo successore.

 

ALLONTANAMENTO DI ETTORE GOTTI TEDESCHI.
Nel libro si affrontano anche le vicissitudini dello IOR: «è stato fin dall’inizio un grosso punto di domanda, e ho tentato di riformarlo», ha detto Ratzinger. «È stato importante aver allontanato la precedente dirigenza. Bisognava rinnovare i vertici e mi è sembrato giusto, per molte ragioni, non mettere più un italiano alla guida della banca. Posso dire che la scelta del barone Freyberg si è rivelata un’ottima soluzione» (p. 197). E’ stata una sua idea, quest’ultima? «Si», la risposta.

Anche su queste parole c’è stata polemica. Maurizio Blondet (assieme a Riccardo Cascioli e Giuseppe Rusconi) ha usato queste parole di Ratzinger come “prova” regina del fatto che il Papa emerito stesse mentendo (o sia costretto a mentire), in quanto il suo segretario personale, monsignor George Gaenswein, ha sostenuto in passato che Ratzinger «restò sorpreso, molto sorpreso per l’atto di sfiducia» a Ettore Gotti Tedeschi, capo dello IOR. A Blondet tuttavia ha replicato il vaticanista Aldo Maria Valli, facendo giustamente notare che la risposta di mons. Gaenswein fu ben più articolata e spiegò che, seppur Benedetto XVI fosse sorpreso dalla sfiducia verso Gotti Tedeschi, non volle volontariamente intervenire in suo sostegno. Dunque non si oppose all’allontanamento. Inoltre, la domanda di Seewald se fosse stata una sua idea era relativa alla nomina di Freyberg e non alla sfiducia dell’ex capo dello Ior. «Dunque sì, Benedetto fu sorpreso, e anche dispiaciuto, per la dura decisione del board dello Ior contro Gotti Tedeschi», ha concluso Valli, «ma, per rispettare la libertà e la competenza di quell’organismo, scelse di non intervenire, e in quel modo di fatto avallò la decisione di licenziare il banchiere piacentino». Nessun mistero o enigma, neppure qui.

 

CONCLUSIONE
«Un teologo e un Papa che si smarca dai cliché dei sedicenti “ratzingeriani”, fino a quelli che oggi, con caratteristiche patologiche e parossistiche, lo strumentalizzano quotidianamente per screditare il suo successore Francesco», è stato il giudizio del vaticanista Andrea Tornielli.

Purtroppo non sembra essere bastato: la reazione sui siti web tradizionalisti è stata dura nei confronti della dignità di Benedetto XVI: «Il libro mi sembra scritto dalla propaganda del successore. Non so più che pensare»; «Solo degli “sprovveduti” possono pensare che quello che si legge in quel libro sia parola di Papa BXVI, è evidente che non lo è per il semplice motivo che non è assolutamente un linguaggio che usa il Pontefice. I “carcerieri” di BXVI vogliono rattoppare un buco ma hanno prodotto uno squarcio ancora più ampio»; «È un libro che esce dopo un pressing contro Benedetto proprio nei giorni del suo 65 anniversario. Libro bufala, costruito o estorto». Altri lo hanno invece direttamente insultato. Ci sembra davvero fuori luogo considerare il Papa emerito un giocattolo nelle mani di altri, così come è inspiegabile come dei cattolici possano arrivare a dipingere la loro Chiesa peggio di qualunque libro anticlericale.

Eppure, ha concluso il vaticanista Aldo Maria Valli (citato ampiamente poiché, come già detto, è il nuovo riferimento del movimento antipapista), «a mio giudizio nel libro “Ultime conversazioni” c’è un Benedetto autentico, non falso o edulcorato. Un Benedetto che parla, come ha sempre fatto, per amore della verità e della Chiesa, e non perché costretto. E che chi vuol bene davvero a Benedetto XVI non deve strumentalizzarlo».

 

125 commenti a Benedetto XVI smonta il complotto: «mai subito pressioni. Francesco? Nuova freschezza»

  • Dario ha detto:

    Di nuovo complimenti, un articolo esauriente che dimostra come certi tradizionalisti siano pronti a distorcere tutto pur di attaccare l’attuale papa, Francesco.
    Sono davvero lieto che siete tornti a tutta birra;)
    Un solo appunto: alla fine del capitolo dedicato alla stima per Francesco, avete scritto che l’ultimo colloquio tra Ratzinger e Seewald è avvenuto il 23 maggio 2006^^

    • Igloo Igloo ha detto:

      Eh Dario, il problema è che qui hanno attaccato e distorto Bendetto xVI, non tanto Francesco!!!

  • beppino ha detto:

    Proprio un bell’articolo. Grazie del lavoro che fate.

  • Vincent Vega ha detto:

    Vabbè ma dicono che Benedetto XVI sarebbe coartato a dire queste cose, quindi non libero quindi, secondo loro, non le penserebbe realmente. 😀

    È così che ragionano.

    • Katy ha detto:

      Dicono anche che Elvis è ancora vivo e che l’uomo non è mai andato sulla Luna. Dicono anche che Socci difende la verità e che l’ultimo Papa valido risale a Pio X. E’ ovvio che l’articolo non è rivolto ai complottisti, sarebbe impossibile convincerli, ma alle persone di sana intelligenza.

      • Vincent Vega ha detto:

        Naturalmente.’

        P.s: Socci in realtà non è propriamente sedevacantista, nel senso che lui ritiene che il Papa sia ancora Benedetto XVI, e che l’elezione di Papa Francesco sia stata illegittima (e naturalmente ritiene che le smentite di Benedetto XVI stesso siano date sotto costrizione e quindi non valide), i sedevacantisti sono quelli che ritengono che da Papa Giovanni XXIII in poi ci siano stati solo antipapi e che l’ultimo Papa valido fosse Pio XII (non Pio X).

        Ma comunque sono d’accordo, sono impossibili da convincere.

        • Enrico ha detto:

          Be qualcuno sostiene che il Card Siri sia stato eletto papa e poi l’usurpatore Roncalli abbia rubato la cattedra a Gregorio XVII (Siri), costoro sostengono anche che la genealogia episcopale sia legittima solo per i vescovi a cui Siri abbia imposto le mani personalmente.

  • Max ha detto:

    Al di la’ del contenuto di questo articolo in particolare, spero che Joseph Ratzinger possa un giorno essere rivalutato anche dalle masse. Francesco e’ una persona diretta ed anche simpatica, quindi piace immediatamente di piu’. Ratzinger era una persona diversa, non tanto piu’ formale quanto piu’ accademica. Ma ho letto alcuni dei testi che egli aveva scritto, erano una gioia per l’intelletto oltre che per il cuore.

    Ma quando uno si fa una cattiva nomea…

    • Sophie ha detto:

      Ho appena finito di leggere “Gesù di Nazareth”, che capolavoro! Che cultura raffinata! Prossimo suo libro:”L’infanzia di Gesù”.

  • Tex ha detto:

    Magari secondo me andava specificato quello che aveva scritto Blondet nel suo articolo, ovvero del fatto che alla banca vaticana era stato bloccato il codice SWIFT, e che quindi non poteva compiere nessuna transazione finanziaria con carte di credito e affini, e che questo blocco era stato tolto non appena Benedetto XVI si era fatto da parte.
    Questo perchè altrimenti non si capisce il commento di Aldo Maria Valli quando dice “«la sola idea che Ratzinger, il teologo Ratzinger, l’uomo che ha speso tutta la vita al servizio della Chiesa, abbia deciso, con una scelta di portata storica, di rinunciare al soglio per una questione di banche e di bancomat, mi sembra francamente inverosimile.”

    A me piacerebbe sapere invece se è vero che c’era stato quel blocco, e se è vero che era stato tolto non appena Benedetto XVI aveva rinunciato, perchè comunque sia, anche senza voler essere complottisti, qualche domanda, la pone.

    • Katy ha detto:

      Rispetto alla questione del fantomatico blocco dello SWIFT ti consiglio quest’articolo: https://buseca.wordpress.com/2015/10/09/blocchi-di-corbellerie-sovraccaricanti/

      E’ Blondet che dovrebbe documentare le sue affermazioni perché non c’è traccia di quanto sostiene, l’avrà letto su qualche libro complottista anti-giudaico 🙂

      • Tex ha detto:

        Appunto, come c’è scritto in quel post da te linkato, Blondet riprende la notizia da un sito francese. Pertanto dovrebbe essere il sito francese, più di Blondet, a dimostrare la fonte delle sue affermazioni…..

        • Katy ha detto:

          I due siti francese sono due blog che si occupano di ben altro, prova a cliccarci sopra. Non sono certo agenzie di stampa, come non lo è il blog Imola Oggi…comunque non sono d’accordo con te perché Blondet non si rifà ad alcuna fonte e dice essere una sua tesi. E’ lui a dover portare prove di quanto afferma, cosa che non fa perché abbiamo capito tutti che è una bufala.

  • Tex ha detto:

    E aggiungo che il problema non è tanto se Papa Francesco sia “disallineato” rispetto a Benedetto XVI (cosa peraltro normale, ogni papa ha il suo carisma, il suo carattere, ecc. ecc.) quanto piuttosto se sia “in contrasto” (anche involontariamente, ci mancherebbe) con il Magistero o almeno parte di esso, con l’insegnamento plurisecolare della CHiesa, quello che non può cambiare con i tempi, ma che nella sostanza rimane inalterato…e il riferimento va necessariamente all’Amoris Laetitia, in particolare al cap. 8.

    Questo il problema di fondo secondo me. Almeno di non ritenere i quattro cardinali dei Dubia come dei quattro gatti spelacchiati, anziani, affetti da degenerazione senile, o peggio ancora intenzionati a creare divisione nella Chiesa…e con essi anche altri vescovi e cardinali che hanno condiviso la necessità di porre tali Dubia al Papa, nonchè intellettuali e giornalisti cattolici di tutto il mondo (non necessariamente tradizionalisti)…uno di questi proprio quell’Aldo Maria Valli che avete citato più volte in questo articolo.
    Ecco, io mi sento un po’ come lui in questo momento. Rispettoso verso il Sommo Pontefice (atteggiamento che ogni cattolico deve avere verso ogni Papa, cosa che purtroppo manca ad alcuni, vedi Socci), ma nello stesso tempo…mi sento spaesato, confuso, devo ammetterlo, senza una guida sicura!

    Scusate se sono uscito dal seminato.
    Magari vi invito ad approfondire l’argomento (Dubia, Amoris Laetitia, e argomenti del genere), perchè effettivamente, sull’argomento, il cambio di direzione, la spaccatura con il passato, sembra evidente purtroppo, ed è una cosa che mi fa stare male! Quanto vorrei che il Santo Padre rispondesse ai 5 dubia “No”, che non è cambiato niente…quanto lo vorrei!

    • Lory ha detto:

      Credo personalmente che ogni perplessità sia legittima, a patto che sia esposta con rispetto come fai tu. Rispetto ai Dubia ti faccio presente che se 4 cardinali hanno sollevato dubbi (e qualche altro intellettuale), gli altri 223 non hanno sollevato alcun dubbio (in tutto attualmente sono 227 i cardinali). Quindi seguendo il tuo ragionamento ti domando: a meno che non ritenere 223 cardinali degli anziani, affetti da degenerazione senile e intenzionati ad essere complici dell’eresia. Senza contare tutta la comunità teologica cattolica internazionale. Cioè, se la questione la si sposta sui numeri allora non c’è storia, la chiesa sta con il Papa. Se invece si vuole ragionare nel contenuto allora è un altro discorso, vedremo se ci sarà risposta e se non ci sarà è perché non c’era motivo di rispondere. Se la tua fede va in crisi per i Dubia e per un’esortazione allora non è questione di “guida sicura” ma c’è sotto altro, un’instabilità profonda, però non voglio entrare nella tua vita privata e mi fermo qui.

      • Katy ha detto:

        Aggiungo una cosa al commento di Lory: quel che non vi dicono Magister & Socci è che non c’è giorno che un cardinale non rilevi l’importanza dell’Amoris Laetita e non loda la sua applicabilità nella pastorale familiare. Possibile che siano tutti matti tranne i 4 dubbiosi? Suvvia ragazzi! Ieri è toccato al cardinale Kevin Farrell, ad esempio: “Amoris Laetitia è uno dei migliori strumenti per la preparazione alla vita coniugale” http://www.romereports.com/2017/01/03/card-farrell-amoris-laetitia-is-one-of-the-best-instruments-to-prepare-for-married-life e la ratzingeriano card. Ballestrero: http://ilsismografo.blogspot.it/2017/01/vaticano-il-segretario-generale-del.html

        • Tex ha detto:

          Quello che non dicono Magister e Socci (aggiungici anche Aldo Maria Valli, Marco Tosatti, Vittorio Messori, ecc. ecc. giusto per completezza di informazione) mi interessa il giusto perchè lo leggo su tutti i quotiani nazionali e stranieri (sia cartacei che online)…insomma tutto il mainstream mediatico che conta veramente parla a senso unico…le “alternative” vanno ricercate appositamente, e non tutte sono buone poi, si sa! Ma dobbiamo prendere tuitto e vagliare scartando quello che non è buono come insegna Gesù Cristo.

          Premesso questo, io valuto tutto alla luce del Vangelo, quindi non mi interessa se 200 cardinali si esprimono a favore senza però supportarmi con argomenti concreti che sciolgano quei dubbi che ho io insieme ad altre migliaia di cattolici laici e consacrati.
          A me interessa mantenere la fede, i contenuti, e quindi applico quello che il vangelo insegna, ovvero “se anche uno di noi o un angelo del cielo vi insegna un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema”.
          Ecco qual è il mio atteggiamento di fronte a questo. Se anche un Papa mi dicesse che si può fare la comunione anche senza essere pentiti di convivere more uxorio con chi non è nostro legittimo coniuge, io non lo seguo (o almeno cerco di non farlo). Non solo quindi personalmente, ma anche se capita diro a chi non credente o credente mi chiedesse se ora si può fare una cosa come questa, che non lo si può fare, come da sempre la chiesa insegna. E nonostante tutto, giustificherei comunque il Papa, per non screditare il suo ruolo ed ufficio!

        • Marco N. ha detto:

          Il card. Anastasio Ballestrero è morto da tempo. L’articolo linkato fa riferimento al card. Baldisseri, che per più di un motivo può definirsi non ratzingeriano, ma molto legato a Papa Francesco. Mi riferisco non solo al fatto che è stato l’attuale Papa a crearlo cardinale, e segretario del sinodo dei vescovi, ma anche al noto episodio dello “zucchetto rosso” avvenuto al termine del conclave del 2013 (vedi qui: http://www.lastampa.it/2013/03/20/vaticaninsider/ita/vaticano/dopo-pasqua-il-segretario-di-stato-ZBQUDNaSenrrwKjaFkOlTO/pagina.html )

          • Katy ha detto:

            Si poi Benedetto XVI lo ha nomina segretario della Congregazione per i Vescovo e poi segretario del Collegio cardinalizio. Senza contare i ratzingeriani Scola e Negri…chissà se anche loro avranno la macchia nera di essere “legati a Francesco” e quindi gettati nel cesto degli inattendibili modernisti 😉

      • Tex ha detto:

        Si, ma non è la maggioranza a fare la verità.
        Gesù se avesse messo ai voti la proposta di farsi appendere ad una croce, avrebbe avuto contro tutti gli apostoli!
        Questo per dire quindi, che non è, appunto, il numero delle persone, anche autorevoli, a dimostrare la veridicità di una cosa. E la storia su questo ci ha insegnato, anche quella ecclesiastica (ad es. quando Paolo VI pubblicò l’enciclica Humanae Vitae aveva contro quasi tutto l’episcopato, e quasi tutto il mondo intellettuale cattolico).

        Premesso ciò, i quattro cardinali non sono i soli ad essersi espressi in tal senso, ovvero ad avere alcune riserve su quel punto delicato dell’Amoris Laetitia. Anzi, se contiamo coloro che si sono espressi in un senso o nell’altro, i “dubbiosi” sono in maggioranza (il che, comunque, come ho già detto, è di poco conto, visto che come hai detto te conta la sostanza più che le percentuali di adesioni ad essa…ma serve comunque a ristabilire la verità dei fatti su quanti siano davvero coloro che nutrono dubbi in proposito). Ad esempio, anche se il Card. Muller, Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, non ha firmato anche lui i Dubia, si sa come la pensa perchè lo ha già detto, ovvero: Non si può dare la comunione a chi è in stato di peccato mortale e intende rimanerci (come appunto i divorziati “concubini” che convivono more uxorio). Aggiungendo che è così che va letta l’Amoris Laetitia, ovvero nel solco della tradizione bimillenaria della Chiesa.
        Basterebbe che il Santo Padre confermasse ciò. E non mi spiego perchè non lo fa.
        C’è chi ha detto che ha già risposto (con la lettera all’episcopato argentino). Se quella è la risposta però, è in contrasto con quello che la Chiesa ha sempre insegnato. Insomma, un vero guazzabuglio…c’è confusione e solo il Papa ha il diritto/dovere di riportare tutto alla chiarezza evangelica (“il vostro parlare sia s’ si, no no”)

        • Katy ha detto:

          Si però se dici che i numeri non contano e poi fai la gara su chi vince e chi perde 🙂
          A parte gli scherzi, il card. Muller la pensa esattamente come l’Amoris Laetitia, tanto che lui stesso prima ancora della pubblicazione aprì la possibilità al “caso per caso”: http://www.lastampa.it/2015/10/19/vaticaninsider/ita/vaticano/mller-sui-divorziati-risposati-discernere-i-casi-con-responsabilit-9D29yYS3CWktxgSbizNP2J/pagina.html

          • Tex ha detto:

            Si appunto Muller dice che l’AL non rompe con il magistero precedente, e che quindi non si può dare la comunione ai divorziati risposati che convivono more uxorio. Perfetto. Allora vale questa regola. Bene. E perchè quindi alcuni vescovi nelle loro diocesi permettono invece il caso per caso? Perchè allora il Papa non li richiama?

            • Tex ha detto:

              Ecco cosa ha detto di recente sul portale austriaco kathpress: «questo documento [Amoris laetitia, ndr] non deve essere interpretato in modo tale da indicare che le precedenti dichiarazioni dei papi e della Congregazione della Dottrina della fede non sono più validi».
              Cioè deve essere letto in continuità. Ma alcuni vescovi (molti, troppi) si sono smarcati e ognuno fa di testa sua, anche ammettendo ciò che poco fa non era ammesso.
              Da qui la necessità di una chiarificazione che solo il Papa può fare. Chiarifichiazione espressa con i suddetti dubia dai quattro cardinali (Lutero & C. non avrebbe espresso dubia, avrebbe subito attaccato il Pontefice dandogli dell’anticristo, cosa che ha poi fatto…quindi è molto diverso l’atteggiamento: pienamente cattolico quello dei cardinali suddetti, disgraziatamente scismatico quello di Lutero)

              • Vincent Vega ha detto:

                @Tex

                “Cioè deve essere letto in continuità. ”

                Continuità non significa fissismo, significa continuità su ciò che è sostanziale e discontinuità possibile su ciò che è accidentale.

                • Tex ha detto:

                  Quando è fissismo? Basta definire bene il termine, altrimenti ci facciamo rientrare quello che ci pare.
                  Oppure, dovremmo dire che Giovanni Paolo II, Santo, era un fissista, o quantomeno poco misericordioso, visto che su questo punto fu molto chiaro:
                  “La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.” (Familiaris Consortio, n.84) [il grassetto è mio]

                  Concetto ribadito nel 1994 con una lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui prefetto allora era il Card. Ratzinger, rivolta ai vescovi che chiedevano appunto un cambiamento in tal senso:
                  “[…] questa Congregazione ritiene pertanto doveroso richiamare la dottrina e la disciplina della Chiesa in materia. Fedele alla parola di Gesù Cristo, la Chiesa afferma di non poter riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione […]
                  La struttura dell’Esortazione [Familiaris Consortio ndr] e il tenore delle sue parole fanno capire chiaramente che tale prassi, presentata come vincolante, non può essere modificata in base alle differenti situazioni.”
                  http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_14091994_rec-holy-comm-by-divorced_it.html

                  Per non parlare del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1650), non di un manualetto di Scalfari!:
                  “[…] Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza.”

                  Insomma, giriamola come ci pare. Ma più chiaro di così, si muore. Poi se vogliamo per forza farci rientrare anche questo mutamento, affermando che è in continuità con il passato, facciamo pure, che vi devo dire!

                  • Vincent Vega ha detto:

                    Per Tex

                    “Quando è fissismo? Basta definire bene il termine, altrimenti ci facciamo rientrare quello che ci pare.”

                    Fissismo è quando non si riconosce che un mutamento non va a cambiare la sostanza immutabile della dottrina ma che va solo a cambiare un aspetto accidentale/pastorale/disciplinare della stessa.

                    “Oppure, dovremmo dire che Giovanni Paolo II, Santo, era un fissista, o quantomeno poco misericordioso, visto che su questo punto fu molto chiaro:
                    “La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.” (Familiaris Consortio, n.84) [il grassetto è mio]”

                    Giovanni Paolo II non era un fissista, tanto è vero che fu lui ad abolire la misericordiosissima (sono ironico) scomunica che vigeva nel diritto canonico prima del 1983.

                    Semplicemente valutò che questa disciplina fosse migliore per quell’epoca, ma non è la sola disciplina che si può applicare per rimanere fedeli al dogma.

                    Nel merito Padre Giovanni Cavalcoli, un grande teologo tomista, fu molto chiaro prima che uscisse Al
                    http://isoladipatmos.com/i-divorziati-risposati-e-quei-teologi-che-strumentalizzano-la-familiaris-consortio-di-san-giovanni-paolo-ii/
                    “La Familiaris consortio, appunto perché tocca solo il foro esterno, non sfiora neppure la questione in esame, caratteristica del foro interno, ossia della condizione o dello stato o del dinamismo interiore della volontà dei conviventi e lascia quindi aperta la porta alla legittimità della discussione in atto nel Sinodo, se, in certi casi gravi, ben precisati e circostanziati, con forti scusanti, i divorziati possano o non possono accedere ai Sacramenti.
                    Giovanni Paolo II si limita a ribadire la norma vigente, espressione di un’antichissima tradizione, sia pur corredandola di alti motivi teologici. Ma trattandosi di norma certo fondata sul dogma, ma non necessariamente connessa con esso, questo insegnamento del Papa non è da considerarsi immutabile, come non lo sono generalmente le norme positive, giuridiche e pastorali della Chiesa, senza che ciò comporti un insulto al dogma sul quale si basano. Infatti, un medesimo principio morale può avere diverse applicazioni. Non sarebbe saggio né prudente attaccarsi ostinatamente ad una sola delle possibili applicazioni, per il semplice fatto che essa si fonda su di un valore assoluto, il quale, viceversa, ammette una pluralità di diverse applicazioni, salvo restando il principio.
                    Ora, il timore di alcuni che un mutamento della disciplina vigente possa intaccare il dogma, è infondato, perché l’attuale normativa non è così connessa al dogma come fosse la conclusione di un sillogismo dimostrativo, dove la premessa sarebbe il dogma; ma la detta normativa ha solo una connessione di convenienza col dogma, tale da ammettere anche altre possibili conclusioni. Similmente, dal proposto di vivere cristianamente ― valore assoluto ed irrinunciabile ― non discende necessariamente soltanto la vita laicale, come credeva Lutero, ma può scaturire anche la scelta sacerdotale o religiosa.”

                    Poi scrivi
                    “Concetto ribadito nel 1994 con una lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui prefetto allora era il Card. Ratzinger, rivolta ai vescovi che chiedevano appunto un cambiamento in tal senso:
                    “[…] questa Congregazione ritiene pertanto doveroso richiamare la dottrina e la disciplina della Chiesa in materia. Fedele alla parola di Gesù Cristo, la Chiesa afferma di non poter riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione […]
                    La struttura dell’Esortazione [Familiaris Consortio ndr] e il tenore delle sue parole fanno capire chiaramente che tale prassi, presentata come vincolante, non può essere modificata in base alle differenti situazioni.”
                    http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_14091994_rec-holy-comm-by-divorced_it.html

                    È verissimo, era vincolante nel senso che all’epoca Giovanni Paolo II stabilì come norma vincolante, sulla base di FC84, che i fedeli che non vivessero in castità assoluta non accedessero al Sacramento della riconciliazione e dell’Eucaristia, e che tale prassi era imposta a tutti indipendentemente dal foro interno del risposati e dalle sue condizioni spirituali soggettive (che in una Confessione sincera il Sacerdote può discernere).

                    Ma ciò non significa che tale prassi sia irreformabile nei secoli dei secoli, è uno dei modi di applicare il dogma, non l’unico, come ha spiegato Padre Giovanni Cavalcoli. Il dogma dell’indissolubilità matrimoniale non viene minimamente intaccato da Amoris Laetitia.

                    “Per non parlare del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1650), non di un manualetto di Scalfari!:
                    “[…] Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza.””

                    Questo articolo del Catechismo (1992) si basa su FC, ma come detto la prassi di FC non è vincolante.

                    L’unico stato intrinsecamente incomputabile con l’Eucaristia è il peccato mortale e il non avere la risoluzione, pur essendo in peccato mortale, di non peccare più.

                    Ora, i fattori attenuanti e/o la coscienza incolpevolmente di cui parla il Catechismo al 1860 sono applicabili anche ai risposati, non solo agli altri peccatori, perciò la scelta di escluderli sempre dalla Comunione non è dogmatica.

                    Se lo fosse Papa Francesco non l’avrebbe cambiata, visto che tanto per dire sul sacerdozio femminile ha detto che “San Giovanni Paolo II” ha chiuso la porta definitivamente. E infatti sul sacerdozio femminile esiste una dichiarazione dogmatica di GPII.

                    Riporto quanto Giovanni Paolo II ha scritto nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis del 22.5.1994: “Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”.

                    Al contrario non esiste nessuna dichiarazione di portata simile sui risposati, nessuna dichiarazione dove GPII abbia impegnato l’infallibilità e abbia affermato che dovesse essere tenuta in modo definitivo.

                    Vero, la prassi di FC84 è fondata sul dogma ma, come dice il teologo tomista Padre Giovanni Cavalcoli ” PUR trattandosi di norma certo fondata sul dogma, ma non necessariamente connessa con esso, questo insegnamento del Papa non è da considerarsi immutabile, come non lo sono generalmente le norme positive, giuridiche e pastorali della Chiesa, senza che ciò comporti un insulto al dogma sul quale si basano. Infatti, un medesimo principio morale può avere diverse applicazioni. Non sarebbe saggio né prudente attaccarsi ostinatamente ad una sola delle possibili applicazioni, per il semplice fatto che essa si fonda su di un valore assoluto, il quale, viceversa, ammette una pluralità di diverse applicazioni, salvo restando il principio.”

                    Riguardo a questo

                    “Insomma, giriamola come ci pare. Ma più chiaro di così, si muore. Poi se vogliamo per forza farci rientrare anche questo mutamento, affermando che è in continuità con il passato, facciamo pure, che vi devo dire!”

                    C’è una oggettiva discontinuità pastorale/disciplinare, non dottrinale. La continuità pastorale/disciplinare non è necessaria, e infatti su questo aspetto ci sono grandi cambiamenti nella storia della Chiesa. Parlando di matrimonio, anche la decisione di GPII di togliere la scomunica che gravava sui risposati fu una decisione di netta discontinuità col passato, a livello pastorale, esattamente come fu una decisione di netta discontinuità col passato, a livello pastorale, questa pastorale voluta da lui sui coniugi facenti uso di contraccezione http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1344740

                    Se il Papa avesse affermato, ad esempio, che in qualche caso l’adulterio non è un atto intrinsecamente malvagio avrebbe toccato la dottrina, così come avrebbe toccato la dottrina se avesse affermato che chi è in peccato mortale può accedere all’Eucaristia.

                    Non l’ha fatto, ha semplicemente deciso di applicare ai risposati la stessa pastorale che si applica con tutti gli altri peccatori, ovvero discernimento caso per caso.

                    San Giovanni Paolo II decise di applicare tale pastorale anche coi coniugi facenti uso di contraccezione, vedere qui http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1344740 , è la contraccezione, secondo la dottrina della Chiesa, è atto grave e intrinsecamente malvagio quanto gli atti di adulterio.

                    Se può essere applicata a chi fa uso di contraccezione può essere applicata anche a chi è in situazione irregolare, visto che lo stato irregolare non implica il peccato mortale.

                    Fine.

            • Vincent Vega ha detto:

              Quella di Müller è una opinione personale che se permetti di fronte all’opinione del Papa per me vale meno.

              L’opinione del Papa è espressa nella lettera ai vescovi argentini http://it.radiovaticana.va/news/2016/09/12/amoris_laetitia_lettera_del_papa_ai_vescovi_di_buenos_aires/1257574 e sfido chiunque a dimostrare l’eterodossia di quei criteri.

              Ripeto che le disposizioni di Familiaris Consortio non sono dogmatiche nè irreformabili.

              A tal proposito cito Padre Cavalcoli, un grande teologo tomista (recentemente ingiustamente e ignobilmente attaccato da quell’incompetente di Becciu per aver solo esposto la dottrina cattolica), e ciò che scriveva ben prima dell’uscita della vituperatissima Amoris Laetitia http://isoladipatmos.com/i-divorziati-risposati-e-quei-teologi-che-strumentalizzano-la-familiaris-consortio-di-san-giovanni-paolo-ii/

              “La Familiaris consortio, appunto perché tocca solo il foro esterno, non sfiora neppure la questione in esame, caratteristica del foro interno, ossia della condizione o dello stato o del dinamismo interiore della volontà dei conviventi e lascia quindi aperta la porta alla legittimità della discussione in atto nel Sinodo, se, in certi casi gravi, ben precisati e circostanziati, con forti scusanti, i divorziati possano o non possono accedere ai Sacramenti.

              Giovanni Paolo II si limita a ribadire la norma vigente, espressione di un’antichissima tradizione, sia pur corredandola di alti motivi teologici. Ma trattandosi di norma certo fondata sul dogma, ma non necessariamente connessa con esso, questo insegnamento del Papa non è da considerarsi immutabile, come non lo sono generalmente le norme positive, giuridiche e pastorali della Chiesa, senza che ciò comporti un insulto al dogma sul quale si basano. Infatti, un medesimo principio morale può avere diverse applicazioni. Non sarebbe saggio né prudente attaccarsi ostinatamente ad una sola delle possibili applicazioni, per il semplice fatto che essa si fonda su di un valore assoluto, il quale, viceversa, ammette una pluralità di diverse applicazioni, salvo restando il principio.

              Ora, il timore di alcuni che un mutamento della disciplina vigente possa intaccare il dogma, è infondato, perché l’attuale normativa non è così connessa al dogma come fosse la conclusione di un sillogismo dimostrativo, dove la premessa sarebbe il dogma; ma la detta normativa ha solo una connessione di convenienza col dogma, tale da ammettere anche altre possibili conclusioni. Similmente, dal proposto di vivere cristianamente ― valore assoluto ed irrinunciabile ― non discende necessariamente soltanto la vita laicale, come credeva Lutero, ma può scaturire anche la scelta sacerdotale o religiosa.”

              Understood?

              • Tex ha detto:

                Quella di Muller serviva per mostrare come anche lui si fra quelli che dicono che su questo punto la prassi non può essere modificata.
                Certo che il Papa è più importante. Ma neanche il Papa è padrone della dottrina, ma ne è custode.
                Infatti anche Pietro era superiore a Paolo, eppure Paolo lo riprese PUBBLICAMENTE quando sbagliò. E Pietro, con grande umiltà, capì l’errore e fece dietro front

                • Vincent Vega ha detto:

                  “Quella di Muller serviva per mostrare come anche lui si fra quelli che dicono che su questo punto la prassi non può essere modificata.”

                  Müller ha espresso la sua opinione, non ha detto che la prassi di FC sia dogmatica e irreformabile. Non può farlo, perché non lo è.

                  “Certo che il Papa è più importante. Ma neanche il Papa è padrone della dottrina, ma ne è custode.”

                  Certamente. E infatti il Papa non ha cambiato la dottrina, ha solo cambiato il modo di applicare come è già stato fatto mille volte in passato.

                  Riguardo ai divorziati risposati ti cito il Codice di Diritto Canonico del 1917, poi cambiato da GPII nel 1983 (due anni dopo l’uscita di FC, quindi anche Papa Francesco ha tempo per cambiare il diritto canonico ancora o dichiarare abrogata la prassi di GPII.)

                  Can 2356. Bigami, idest qui, obstante coniugali vinculo, aliud matrimonium, etsi tantum civile, ut aiunt, attentaverint, sunt ipso facto infames; et si, spreta Ordinarii monitione, in illicito contubernio persistant, pro diversa reatus gravitate excommunicentur vel personali interdicto plectantur.
                  (CODEX IURIS CANONICI – 1917)

                  Nel misericordiosissimo codice di diritto canonico di un secolo fa la Chiesa definiva i risposati come “infami” e li scomunicava. La discontinuità pastorale/disciplinare tra quel Codice di diritto canonico e FC è ben più ampia della discontinuità tra FC ed AL.

                  “Infatti anche Pietro era superiore a Paolo, eppure Paolo lo riprese PUBBLICAMENTE quando sbagliò. E Pietro, con grande umiltà, capì l’errore e fece dietro front”

                  San Paolo riprese San Pietro non su una questione dottrinale (dove il Papa non può errare) ma su un comportamento sbagliato.

          • Tex ha detto:

            Ti ho già detto che i numeri non interessano a me. Era per riportare un po’ di verità (ovvero che non sono solo i quattro cardinali, ma sono di più, e quelli che si sono espressi a favore, di meno…moltissimi poi non hanno parlato apertamente, quindi non è vero che 227 sono d’accordo…,ma ripeto, anche se lo fossero, non cambierebbe il senso del mio discorso).

            Come alcuni hanno fatto notare giustamente, con la crisi ariana (che per certi versi assomiglia a questa situazione), quasi tutti appoggiarono le tesi eretiche ariane, e anche il Papa Liberio cadde quantomeno in molte ambiguità. A difendere l’ortodossia cattolica rimasero S.Atanasio e poco più (fu infatti il Santo ad affermare “il mondo gemette e scoprì con stupore di essere diventato ariano”.
            Per non parlare di Papa Giovanni XXII, che fu accusato proprio da un vescovo, e alla fine costretto a ritrattare una sua posizione che era decisamente contraria alla dottrina di sempre (quel Vescovo quindi fece come San Paolo che resistette a Pietro (come si vede non è un delitto, ma affonda nella sacra scrittura e la Chiesa da sempre lo ha insegnato e lo insegna).

            Che voglio dire con questo? Che non vale il dogma dell’infallibilità pontificia? Certo che vale, ma solo alle note condizioni. Un papa, teoricamente (e fortunatamente è successo pochissime volte) può cadere nell’eresia, nel senso di credere ad una cosa falsa, appunto eretica…ma non può insegnare un’eresia…qui sta l’assistenza dello Spirito Santo.
            Per assurdo, un Papa potrebbe anche non credere, che ne so, all’esistenza dell’inferno, ma comunque non potrebbe insegnare ex cathedra, in qualità quindi di pastore universale della chiesa, che l’inferno non esiste. Grazie proprio allo Spirito Santo, che non consentirebbe, attraverso vie a noi sconosciute, pronunciamenti del genere.
            Noi abbiamo quindi la garanzia che un papa mai ci potrà insegnare qualcosa di sbagliato, eretico, ma niente può privargli il fatto di crederci lui personalmente.

            Ora, nel caso dell’AL, come si può derimere la questione?
            È Papa Francesco stesso a dire che il documento non impegna l’infallibilità, e ad aprire ad una certa discussione in merito (quindi non è neppure sbagliato starne a parlare noi quindi evidenziando anche eventuali “stonature”) pertanto il dogma è preservato.
            Ed inoltre, Papa Francesco in AL non insegna una dottrina diversa in quel documento, ma casomai ammette (o almeno sembra) una prassi che di fatto, cambia la dottrina senza dichiararlo esplicitamente. Nella prassi appunto.
            Ma non è questa cosa di poco conto.
            Voglio dire: se è infatti possibile, anche se in alcuni casi, ammettere alla comunione chi è in stato di peccato mortale, e magari allo stesso tempo, che ne so, si dice che comunque da un punto di vista dottrinale non si può prendere il Corpo e il Sangue di Cristo indegnamente…allora è come dire una cosa da fare in teoria (dottrina) ma poi permettere in alcuni casi di fare il contrario (prassi). Mi sembra un po’ pericoloso questo, no?

            Sarebbe come dire:”E’ vietato andare a 180 Kmh”…in teoria, perchè poi in alcuni casi si può vedere di permetterlo.
            Il senso è questo.
            E ripeto. Non sto accusando nessuno, tantomeno il Santo Padre. Vorrei solo che fossero chiariti questi punti.
            Perchè ne va della fede di molti. E della salvezza eterna, che è la cosa che più conta di ogni altro benessereterreno anche legittimo, come può esserlo quello di vivere felicemente la persona che si ama.

            • Vincent Vega ha detto:

              “Ed inoltre, Papa Francesco in AL non insegna una dottrina diversa in quel documento, ma casomai ammette (o almeno sembra) una prassi che di fatto, cambia la dottrina senza dichiararlo esplicitamente. Nella prassi appunto.
              Ma non è questa cosa di poco conto.
              Voglio dire: se è infatti possibile, anche se in alcuni casi, ammettere alla comunione chi è in stato di peccato mortale, e magari allo stesso tempo, che ne so, si dice che comunque da un punto di vista dottrinale non si può prendere il Corpo e il Sangue di Cristo indegnamente…allora è come dire una cosa da fare in teoria (dottrina) ma poi permettere in alcuni casi di fare il contrario (prassi). Mi sembra un po’ pericoloso questo, no?”

              Hai scritto un mare di inesattezze, infatti:

              1) la proibizione di accedere alla Comunione in peccato mortale è de fide, ovvero dotrrinalmente irreformabile;

              2) tuttavia il fatto che i divorziati risposati siano in uno stato oggettivo di peccato, quanto alla situazione pubblica, non implica che siano soggettivamente in peccato mortale qualora non vivessero in castità assoluta (cfr al 301, 302 e Catechismo della Chiesa Cattolica par 1857 e 1860);

              3) ergo, la proibizione di accedere alla Comunione per i risposati che non soddisfino le condizioni di FC84 non è materia dogmatica, ma è una questione disciplinare che la Chiesa può permettersi di cambiare legittimamente.

              Riguardo al Papa eretico vedere qui http://luis-apologeticon.blogspot.com/2015/02/linfallibilita-papale-assurdita.html

              • Tex ha detto:

                sulla
                1) Non è detto quello
                2) eh no. E’ impossibile che uno che convive con unì’altra persona avendo anche rapporti, sia “ignorante” sul fatto che stia commettendo peccato. Primo perchè dal confessore, dovrebbe essere lui a dirglielo (ammesso che non lo sapesse, ma è praticamente impossibile). Secondo perchè su alcune materie (come insegna San Tommaso d’Acquino), tipo l’omicidio e l’adulterio, non vi è nessuna “scusante” che possa trasformare un atto intrinsecamente cattivo in buono. Casomai può alleviarne le responsabilità, ma non ridurle a zero, del tutto quindi
                3) Errato, non è materia solo disciplinare. Perchè vuol dire prendere il corpo di Cristo in stato di peccato mortale manifesto. Ma tanto non c’è versi di fartelo capire..c’è poco da fare

                Il dramma di tutto questo è che la Chiesa oggi (e per Chiesa intendo tutti noi fedeli) non guarda più in “verticale”, ma si preoccupa solo del benessere “orizzontale”, su questa terra insomma, (legittimo, ci mancherebbe), anche se può danneggiare quello più importante, ovvero quello eterno!

                • Vincent Vega ha detto:

                  Per Tex

                  “Non è detto quello”

                  Come no? Certo che lo è, accedere alla Comunione in stato di peccato mortale significa commettere sacrilegio.

                  Tu infatti hai scritto

                  “se è infatti possibile, anche se in alcuni casi, ammettere alla comunione chi è in stato di peccato mortale, e magari allo stesso tempo, che ne so, si dice che comunque da un punto di vista dottrinale non si può prendere il Corpo e il Sangue di Cristo indegnamente”

                  Ma una tale assurda possibilità non viene mai nemmeno accennata in Al, e ci mancherebbe. Semmai si è parlato del fatto che i risposati, non essendo ipso facto in peccato mortale, qualora il Confessore dovesse discernere che hanno attenuanti e/o una coscienza incolpevolmente erronea, in questo caso gli può dare l’assoluzione e far accedere all’Eucaristia (cosa che avveniva già prima di Al, che non ha fatto altro che ratificare una cosa accettata e praticata dal sensus fidei cattolico) senza pretendere che viva in castità.

                  Non perché il loro adulterio cessi di essere un atto intrinsecamente malvagio, ma bensì perché le attenuanti di cui godono (che non spetta alla persona discernere, ma al Confessore, che sia chiaro. Al mai invita all’autoassoluzione) e/o la loro coscienza incolpevolmente erronea li sgravano dalla colpa mortale.

                  Un conto è il peccato in quanto tale, un conto è la colpa. Dove vi è una trasgressione in materia grave ma senza piena avvertenza e/o deliberato consenso la colpa è solo veniale.

                  “2) eh no. E’ impossibile che uno che convive con unì’altra persona avendo anche rapporti, sia “ignorante” sul fatto che stia commettendo peccato. Primo perchè dal confessore, dovrebbe essere lui a dirglielo (ammesso che non lo sapesse, ma è praticamente impossibile). Secondo perchè su alcune materie (come insegna San Tommaso d’Acquino), tipo l’omicidio e l’adulterio, non vi è nessuna “scusante” che possa trasformare un atto intrinsecamente cattivo in buono. Casomai può alleviarne le responsabilità, ma non ridurle a zero, del tutto quindi”

                  Ovvio, infatti quando si parla di responsabilità ridotta si intende che in quel caso non vi è peccato mortale nonostante la gravità del peccato quanto alla sola materia.

                  Il “trasformare un atto intrinsecamente cattivo in buono” è ovvio, nessun atto intrinsecamente cattivo può diventare buono in se in base alle circostanze (altrimenti non sarebbe intrinsecamente cattivo), ciò che cambia in base alle circostanze è l’imputabilità del peccatore.

                  IMPUTABILITÀ CHE, RIPETO, POICHÉ LUNGI DA ME FOMENTARE IL SACRILEGIO, NON SPETTA AL PENITENTE DISCERNERE, MA AL CONFESSORE.

                  “Errato, non è materia solo disciplinare. Perchè vuol dire prendere il corpo di Cristo in stato di peccato mortale manifesto. Ma tanto non c’è versi di fartelo capire..c’è poco da fare”

                  Completamente falso. Un conto è il peccato oggettivo quanto alla materia, un conto è lo stato soggettivo dell’anima (il peccato mortale).

                  Il peccato grave oggettivo non implica che si sia in peccato mortale, e questo lo afferma il Catechismo.

                  Tu confondi la gravità della materia (che nel caso dei risposati, ma più in generale nel tema sessuale, c’è sempre, visto che “in re venerea non datur parvitas materia”) con il peccato mortale ma sono due cose completamente diverse.

                  FC toccava il foro esterno, nel senso che escludeva i risposati che non vivevano in castità indipendentemente dalla loro colpevolezza personale riguardante i loro atti di adulterio.

                  Amoris Laetitia cambia prospettiva, senza in realtà fare nulla di così nuovo, dato che la stessa prospettiva pastorale era stata voluta da San Giovanni Paolo II (un Papa Santo) sui coniugi che si rendevano colpevoli di atti di contraccezione (atti intrinsecamente cattivi quanto alla materia tanto quanto l’adulterio).

                  Non mi invento nulla, confronta i suoi criteri suo coniugi facenti uso di contraccezione del vademecum del 1997 http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1344740 e confrontali coi criteri della lettera ai vescovi argentini sui divorziati risposati qui http://it.radiovaticana.va/news/2016/09/12/amoris_laetitia_lettera_del_papa_ai_vescovi_di_buenos_aires/1257574 e qui http://it.radiovaticana.va/news/2016/09/12/papa_presuli_argentini_giusti_criteri_accogliere_divorziati/1257627

                  E vedrai che i criteri sono praticamente identici, stessa misericordia e stesso aiuto pastorale nonchè stessa focalizzazione sulla situazione soggettiva del peccatore (quella che conta davvero, poiché è con essa che si determina l’imputabilità).

                  O si rigetta anche quel Vademecum sugli atti di contraccezione, che usa gli stessi criteri di Al sugli atti di adulterio, condannando quindi non solo Papa Francesco ma anche San Giovanni Paolo II, oppure si accettano entrambi.

                  Tertium non datur.

                  Ma di rotture dotrrinali in Amoris Laeitita non ve ne sono.

                  • Vincent Vega ha detto:

                    Cognitio aestimativa, non aequitativa.

                    La piena avvertenza è composta di cognitio conceptualis e cognitio aestimativa.

                    Ero andato a memoria e ho sbagliato un termine latino. 😉

                • Vincent Vega ha detto:

                  Aggiungo una cosa riguardo al tuo punto numero 2, dove scrivi

                  “2) eh no. E’ impossibile che uno che convive con unì’altra persona avendo anche rapporti, sia “ignorante” sul fatto che stia commettendo peccato. ”

                  Ora, come è noto uno dei criteri del peccato mortale è la piena avvertenza. La piena avvertenza non si ha solo con la conoscenza meramente intellettuale della norma (cognitio conceptualis) ma anche con la conoscenza valutativa della norma (cognitio aequitativa).

                  L’ignoranza pertanto non è solo quella vincibile, ovvero che può essere “vinta” da alcune nozioni (per esempio il conoscere la dottrina e sapere che per la Chiesa il tale atto è peccato) ma vi è anche l’ignoranza invincibile/incolpevole; che si da quando, pur conoscendo bene la norma, non si riesce a comprenderne i valori intrinseci e a sentire il tale atto come peccato.

                  Ovviamente anche qui il discernimento spetta al Confessore, non certo ad una nefasta autoassoluzione del penitente , tuttavia quello che ti ho esposto è un concetto ben noto nella teologia morale in generale e tomista in particolare.

                  Infatti è stato ripreso da Amoris Laetitia, cito l’esortazione apostolica al paragrafo 301,

                  “Per comprendere in modo adeguato perché è possibile e necessario un discernimento speciale in alcune situazioni dette “irregolari”, c’è una questione di cui si deve sempre tenere conto, in modo che mai si pensi che si pretenda di ridurre le esigenze del Vangelo. La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[339]”

                  Capito? Questo per quanto riguarda la piena avvertenza.

                  Per quanto riguarda il deliberato consenso il Papa prosegue subito scrivendo

                  ” o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”

                  E qui per l’appunto abbiamo una mancanza di libertà, che di per se sgrava dalla colpa mortale essendo la libertà necessaria alla fondazione di un atto autenticamente morale e libero.

                  • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

                    Cognitio aestimativa, non aequitativa.

                    La piena avvertenza è composta di cognitio conceptualis e cognitio aestimativa.

                    Ero andato a memoria e ho sbagliato un termine latino.

                    P.s: ho cambiato nick perché con l’altro ho superato i 21 commenti.

      • Tex ha detto:

        E aggiungo un’altra cosa.
        Forse per te non è niente, ma per me è triste che vi sia il pericolo di una mutazione di insegnamento su un aspetto così importante della vita, che tocca ben tre sacramenti (comunione, confessione e matrimonio).
        Quindi anche l’insinuazione sulla mia fede è poco onesta per non dire altro.
        Se a te non fa effetto che un Papa possa affermare una cosa contraria a quello che è il Magistero su tale argomento (e pertanto infallibile), a me sì, e più che altro fa tristezza. La mia fede come detto in altro commento, non muta. Faccio mia l’esortazione del vangelo “se anche uno di noi o un angelo del cielo vi insegna un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema”, evitando di screditare il Sommo Pontefice nel mio piccolo.

        • Katy ha detto:

          So che non stai riferendoti a me però la questione è che tu sembri aver già deciso che il Papa abbia detto una cosa contraria al Magistero, portando a tuo prova i 4 cardinali e 3 giornalisti. Ma se vogliamo giocari con i numeri, 277 cardinali (gran parte ratzingeriani e conservatori) non la pensano così e nemmeno la comunità dei teologi, quindi perché ti preoccupi di cose di cui non si preoccupano loro, che avrebbero la competenza e l’autorevolezza su cosa dice il Magistero? E perché la tua fede va in crisi dopo che ti sei convinto di tutto ciò? Io lo trovo bizzarro. Grazie per evitare comunque il discredito al Papa, è un merito grande di cui Dio ti darà certamente ricompensa.

          • Tex ha detto:

            Forse non mi sono speigato. Io ho “dubia” come i cardinali (che infatti hanno dubia e hanno chiesto al Papa di derimerli).
            Quindi nessuna sicurezza.
            Anzi tutto il contrario. Ma non mi bastano le rassicurazioni che alcuni dicono che l’AL non è contro il magistero rpecedente, perchè ad esempio alcuni vescovi permettono quello che la Chiesa fino a ieri nonpermetteva (la comunione ai divorziati risposati more uxorio). Allora, è cambiato qualcosa? Io spero di no, ma non ho convinzioni, come vedi…molti…dubia!

            • Vincent Vega ha detto:

              “quello che la Chiesa fino a ieri nonpermetteva (la comunione ai divorziati risposati more uxorio)”

              L’unico stato intrinsecamente incompatibile con la ricezione del Santissimo Sacramento è il peccato mortale. Questo è de fide.

              Perciò o si dimostra che tutti i risposati siano in peccato mortale oppure il fatto che la Chiesa non permettesse loro l’accesso alla Comunione non si fonda su ragioni dogmatiche e irreformabili, ma piuttosto su un modo di applicare concretamente un dogma, che non è l’unico modo possibile.

              Una delle due: o si dimostra che lo stato di risposato è intrinsecamente, per se, incompatibile con la Grazia, oppure bisogna ammettere che la lettera ai vescovi argentini espone criteri perfettamente ortodossi,

              Piccolo appunto: se lo stato di risposato fosse intrinsecamente incompatibile con la Grazia allora errerebbe il Catechismo, che al paragrafo 1857

              “1857 Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni: « È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso”.

              E 1860

              “1860 L’ignoranza involontaria può attenuare se non annullare l’imputabilità di una colpa grave. Si presume però che nessuno ignori i principi della legge morale che sono iscritti nella coscienza di ogni uomo. Gli impulsi della sensibilità, le passioni possono ugualmente attenuare il carattere volontario e libero della colpa; come pure le pressioni esterne o le turbe patologiche. Il peccato commesso con malizia, per una scelta deliberata del male, è il più grave.”

              Ha colpevolmente omesso la precisazione sui risposati, che evidentemente rappresentano una categoria a se, gli unici peccatori che commettono sempre peccato mortale e per cui non possono darsi attenuanti che li sgravino dalla colpa mortale.

              • lorenzo ha detto:

                Apro…
                1856, 1858, 1859,
                … e chiudo.

                • Vincent Vega ha detto:

                  E chi ha mai negato quegli articoli del Catechismo? Non certo io.

                  Se devi “passare e chiudere” fallo per scrivere qualcosa che c’entra con ció che ho scritto, altrimenti è un intervento del tutto inutile.

                • Vincent Vega ha detto:

                  Oppure mostra concretamente dove, quello che ho scritto, negherebbe il Catechismo ai punti da te citati.

                  Se puoi farlo, fallo. Non sono io che confondo il cattolicesimo e la sua morale con gli imperativi categorici kantiani.

                  • lorenzo ha detto:

                    Lo farà quando l’argomento sarà il peccato in generale o l’adulterio in particolare…

                    • Vincent Vega ha detto:

                      “Lo farà quando l’argomento sarà il peccato in generale o l’adulterio in particolare…”

                      Insomma di argomentazioni non ne hai, ho capito.

                      Altrimenti le avresti già tirate fuori. Pazienza.

                • Vincent Vega ha detto:

                  Soprattutto dovresti spiegarmi in che modo quei paragrafi confutino quanto affermato da Al 301

                  “301. Per comprendere in modo adeguato perché è possibile e necessario un discernimento speciale in alcune situazioni dette “irregolari”, c’è una questione di cui si deve sempre tenere conto, in modo che mai si pensi che si pretenda di ridurre le esigenze del Vangelo. La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[339] o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. Come si sono bene espressi i Padri sinodali, «possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione».[340] Già san Tommaso d’Aquino riconosceva che qualcuno può avere la grazia e la carità, ma senza poter esercitare bene qualcuna delle virtù,[341] in modo che anche possedendo tutte le virtù morali infuse, non manifesta con chiarezza l’esistenza di qualcuna di esse, perché l’agire esterno di questa virtù trova difficoltà: «Si dice che alcuni santi non hanno certe virtù, date le difficoltà che provano negli atti di esse, […] sebbene essi abbiano l’abito di tutte le virtù».[342]”

                  E 302

                  “302. Riguardo a questi condizionamenti il Catechismo della Chiesa Cattolica si esprime in maniera decisiva: «L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali».[343] In un altro paragrafo fa riferimento nuovamente a circostanze che attenuano la responsabilità morale, e menziona, con grande ampiezza, l’immaturità affettiva, la forza delle abitudini contratte, lo stato di angoscia o altri fattori psichici o sociali.[344] Per questa ragione, un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza della persona coinvolta.[345] Nel contesto di queste convinzioni, considero molto appropriato quello che hanno voluto sostenere molti Padri sinodali: «In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. […] Il discernimento pastorale, pur tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi».[346]”

                  Se vuoi argomentare fallo pure, fino ad ora a parte dichiarazioni apodittiche e basate su tutto meno che sulla dottrina cattolica di argomentazioni non ne ho viste neanche mezza.

                  Posso capire che a molti dia fastidio l’indirizzo che il Papa sta imprimendo alla Chiesa, ma o si dimostra dove e come starebbe andando contro la dottrina irreformabile oppure tocca “mandare giù”, come si suol dire, visto che la Chiesa non è una democrazia parlamentare.

    • sara ha detto:

      Non credo ci siano spaccature con nulla…cio’ che cambia e’ l’approccio pastorale nn dottrinale.

      Se invece di lasciarsi imbroccolare dai media si leggesse realmente cio’ che dice e scrive Francesco non si vedrebbe nulla di cosi’ diverso da un Papa che ha a cuore il disastro e la miseria dei “poveracci”, devastati dalla vita e dalla società.

      • Vincent Vega ha detto:

        Rispondo qui a questo https://www.uccronline.it/2017/01/02/le-inesistenti-ombre-su-madre-teresa-nuovo-dossier-uccr/#comment-181485

        perché di la non ho più la possibilità di commentare (non so perché Uccr ha messo il limite di 21 commenti per artìcolo).

        Dunque, Signor Fassi, eccomi qui. Come promesso le rispondo, anche se un po’ in ritardo (mi perdoni).

        “Sig. Vincent Venga, rispetto le sue posizioni e mi ripropongo di leggere meglio la risposta ai dubia da Lei proposta, confrontandola con il testo originale proposto dai 4 anche se forse sono 6”.

        Ecco, se vuole farlo a me va benissimo, visto che mi sono sforzato di rispondere ai Dubia solamente secondo dottrina, per mostrare che, se un cambiamento c’è stato, è legittimo e che ciò che non poteva essere cambiato non può essere cambiato.

        “comunque c’è una parte di Chiesa che insegna che Amoris Laetitia non ha cambiato nulla da Familiaris Consortio (vedi parroco polacco del mio paese, che non è uno che vive nell’oro tanto per essere chiari e si fa un “mazzo così” a tenere vive, per quel che resta, due parrocchie; questo solo per dire che qualcuno qualche problema se lo pone, specialmente perché l’adulterio viene [o veniva] indicato moralmente come un male intrinseco da non fare sempre ed in ogni caso, vedi compendio del catechismo della Chiesa Cattolico). ”

        Ma l’adulterio lo è tutt’ora un male intrinseco, questa cosa non è stata cambiata. Ciò vuol dire che non esistono situazioni dove l’adulterio diventi sanabile oggettivamente, ed è il motivo per il quale la Chiesa Cattolica non può accogliere la pastorale della Chiesa Ortodossa, chiamata Oikonomia.

        La Chiesa Cattolica, però, insegna una morale oggettiva, ovvero una morale che non è nè assoluta (come quella Kantiana) nè relativa.

        La morale Cattolica è oggettiva perché si realizza nell’incontro tra il precetto e il soggetto, e se è vero che certi atti sono sempre gravi quanto alla materia è altrettanto vero che possono darsi circostanze che, pur lasciando intatta la gravità dell’atto in se, fanno si che chi lo compie non sia imputabile di peccato mortale.

        Attenzione, questa è una distinzione importante, già ben conosciuta dalla Chiesa che ha ritenuto, in passato, di applicarla anche ad altri peccati, vedere qui http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1344740

        “Per dirLe meglio da che posizioni partivo, io prima dell’esortazione sopra citata ero un firmatario della supplica filiale al Santo Padre perché nulla si muovesse da FC 84, poi a promulgazione avvenuta ed in particolar modo già dal paragrafo 3 dell’esortazione mi ha lasciato intendere che qualcosa fosse cambiato, almeno di un certo modo di intendere il magistero precedentemente”

        Ma infatti qualcosa è cambiato, ma non in materie irreformabili, bensì solo in punti che potevano (e dovevano, secondo me) essere riformati.

        È la stessa cosa avvenuta col Concilio Vaticano II, se non si comprende l’ermeneutica della continuità sul Concilio Vaticano II è impossibile comprendere Amoris Laetitia.

        Ermeneutica della continuità rileva innanzitutto propria della distinzione tomista tra sostanza e accidente.

        Ciò che pertiene alla sostanza non può essere riformato, perché riformare la sostanza equivarrebbe a distruggere la Chiesa Cattolica, trasformandola in “altro”. La sostanza dell’insegnamento cattolico è, quindi, intrinsecamente irreformabile.

        Gli accidenti, invece, ovvero i modi in cui si applicano gli insegnamenti irreformabili, questi si che sono possibili da modificare. Di più, talvolta è addirittura doveroso modificarli, per il bene delle anime. La Salus animarum è la suprema lex Ecclesiae, la suprema legge della Chiesa.

        Riforma nella continuità implica necessariamente una discontinuità negli aspetti accidentali (altrimenti non avremmo riforma ma solo continuità) e una continuità negli aspetti sostanziali (altrimenti non avremmo continuità ma solo riforma, con la dissoluzione della Chiesa Cattolica in “altro”, per l’appunto).

        “Tuttavia ammettendo la possibilità di vivere more uxorio ed accedere alla comunione ed all’eucarestia almeno in certi casi, porta inevitabilmente a domandarsi se tale facoltà possa essere estesa ai conviventi che non sono mai stati sposati (almeno nel caso che questi abbiano dei bambini o che per un grave motivo non ci si possa separare pur essendo senza figli perché vi sono impedimenti di carità che obbligano la parte che vorrebbe il matrimonio a non potersi separare senza danno, quando l’altro/a è contraria a sposarsi o comunque a farlo in Chiesa e con un matrimonio indissolubile, rifiutando magari il concetto di indissolubilità)”

        Come ho detto la possibilità di vivere more uxorio ed essere in stato di Grazia non implica che quelle situazioni siano buone in se, ma solo che i soggetti che le vivono non sono imputabili di peccato mortale.

        Ora, nel passato la Chiesa gestiva queste situazioni badando di più alla oggettività della situazione pubblica, piuttosto che allo stato soggettivo dell’anima del penitente (come abbiamo detto il peccato mortale, per essere tale, necessita di due condizioni soggettive, ovvero piena avvertenza e deliberato consenso, che quando mancano -entrambe o una sola- fanno si che non ci sia peccato mortale). Ciò era legittimo e dottrinalmente ortodosso?

        Certo. Esattamente come è legittimo e dottrinalmente ortodosso uno “shifting” di questa prospettiva, ovvero un passaggio dalla prospettiva che tiene conto solo della situazione pubblica ad una prospettiva, come quella di Al, che tiene conto innanzitutto dei singoli casi e della situazione spirituale del penitente.

        Questa non è, nemmeno alla lontana, etica della situazione (che pure alcuni, sbagliando gravemente, hanno attribuito ad Amoris Laetitia) , visto che l’etica della situazione afferma che la bontà di un atto dipende dalle circostanze e intenzioni.

        La dottrina cattolica afferma, al contrario, che un atto intrinsecamente malvagio rimane tale sempre. Le circostanze e le intenzioni possono unicamente discolpare un peccatore dalla colpa mortale, non rendere buono il suo atto quanto alla materia.

        Perciò si, direi che questo vale anche per i conviventi, che anzi a rigore sono in una situazione meno grave dei risposati (cioè è sempre grave ma meno grave di quella) , poiché non hanno contratto un Sacramento; men che meno un Sacramento indissolubile.

        Ogni situazione va valutata a se, il Confessore ha questo compito.

        “porta a chiedersi se due conviventi omosessuali possono convivere quando hanno dei bambini adottati o quando sono sposati in matrimonio gay con figli, solo per fare alcuni esempi,

        Certamente anche un omosessuale può essere in Grazia, tanto più che nella stragrande maggioranza dei casi non ha scelto la sua condizione di oggettivo disordine e la pulsioni omosessuali sono fortissime, dicono, molto più forti di quelle etero.

        Il discorso dei “figli” però è diverso, perché privare dei bambini della loro madre e padre per il proprio egoismo è un atto che è ben difficile sostenere che non se ne realizzi la gravità, e quindi è molto difficile che non vi sia imputabilità.

        “Infine porta a chiedersi: se di fronte al 6 comandamento sono stati individuati casi particolari in cui si potrebbe, pur sapendo che non si dovrebbe, ma ci sono conflitti tra mali intrinseci che inevitabilmente si pongono alla scelta del cattolico in maniera tale che o si fa l’uno o si fa l’altro male, in quali altri ambiti della morale (pensando ad un approccio classico di lettura dei dieci comandamenti e passando ai mali indicati in ciascun articolo come propone il catechismo) si può commettere in piena coscienza e deliberatamente il male perché c’è si impone nella realtà un conflitto nella scelta?”

        Come dicevo la morale cattolica è oggettiva, non è composta di imperativi categorici Kantiani.

        Un esempio è il comandamento non uccidere, che è (come gli altri comandamenti) un comandamento oggettivo, non assoluto, tanto è vero che uccidere per legittima difesa non è peccato.

        Questo perché esiste una gerarchia nei valori, e ad esempio il valore di non uccidere, qualora mi trovassi di fronte alla possibilità di venire ucciso e/o di assistere all’uccisione di un innocente da parte di un criminale, viene dopo il dovere, sempre in quella situazione, di difendere la mia vita (in quel caso sono io l’innocente che va da essere protetto) o quella di un altro innocente da detto criminale.

        In questo caso infatti posso uccidere il criminale senza essere imputabile di peccato mortale, poiché il dovere di proteggere la mia vita o quella di un innocente viene prima del dovere di preservare la vita di detto criminale.

        Una donna o un uomo risposati, ad esempio, possono trovarsi nella condizione dove non avere più rapporti sessuali provocherebbe un male più grande, come la separazione e conseguente grave danno per l’educazione dei figli o, qualora figli non vi fossero, per la salute fisica e spirituale del nuovo compagno/a, che di fronte alla cessazione di una relazione (perché specie tra coppie giovani anche la carnalità ha il suo posto, tolta la quale la relazione può essere in pericolo) potrebbero soffrirne molto e quindi la persona si sentirebbe moralmente obbligata a scongiurare questa eventualità.

        Se si ragiona secondo gli imperativi categorici kantiani è impossibile capire sia l’autentica morale cattolica che Amoris Laetitia.

        Per esempio, il caso di cui sopra configura una situazione dove non vi è piena libertà di agire diversamente, e quindi mancando deliberato consenso manca anche il peccato mortale.

        Ovviamente queste sono tutte cose che dovranno valutare i Confessori in colloquio col penitente, nessuno deve o può autoassolversi, nondimeno, come ho detto, l’universalità della legge non significa che essa sia assoluta, e cioè che sia avulsa dalla Realt, ma significa che essa è oggettiva e cioè che la si può applicare in ogni situazione particolare tendendo conto delle condizioni specifiche oggettive… Cosa che solo chi si da la pena di discernere l’applicazione oggettiva della legge nel caso particolare può mettere in evidenza.

        “Come vedi una domanda dei dubia (non ne sono sicuro però) si riferiva proprio a questo. Ci tengo a specificare che secondo me se i cardinali hanno dei dubbi, non si può colpevolizzare una persona perché ha dei dubbi, hanno fatto bene ad esternarli al pontefice. ”

        Un conto è esternare dei dubbi privatamente (rispettando anche la decisione del superiore gerarchico di non rispondere poichè, qualora non fosse chiaro, la Chiesa non è una democrazia parlamentare), un conto è mettere il Papa sotto impeachement pubblico accusandolo neanche tanto velatamente di eresia (citazione Brandmüller “chi apre alla Comunione agli adulteri è eretico e promuove lo scisma”, affermazione che è patentemente falsa, visto che la disposizioni di Familiaris Consortio non sono dogmatiche e irreformabili).

        Questo è un atto gravissimo.

        “Comunque se la questione del papa apostata o del papa eretico non è stata ancora risolta a livello di magistero devo dire (ho sentito voci discordanti in proposito) che almeno nella situazione attuale se un cardinale crede che il papa materialmente stia dicendo un eresia, intesa come un discostarsi dalla scrittura o dalla sacra tradizione, può legittimamente rimproverare il papa (anche se il papa formalmente non può essere accusato di eresia perché la proposizione negata non è ancora stata definita come dogma divinamente rivelato di fede definita in sede opportuna o proposto come divinamente rivelato dal magistero ordinario universale)(vedi questione Giovanni XXII, Onorio I, Liberio). A mio personale punto di vista il fatto che non si sia chiusa la questione del papa eretico una volta per tutte e per sempre apre alla possibilità che ogni papa ogni volta venga accusato di eresia e si insegni che in tal caso è decaduto automaticamente dal suo ufficio (tesi proposta da eminenti teologi, dottori del passato e santi).”

        Ma su Al prima di tutto va detto che è dimostrabile che non contenga errori dottrinali, come ho dimostrato nella mia risposta ai Dubia, attenendomi alla dottrina della Chiesa (perciò chi vuole contestarla non può contestarla con opinioni personali, ma solo e soltanto con la stessa dottrina, mostrando dove eventualmente avrei sbagliato), in secondo luogo la tesi del Papa eretico è fortemente minoritaria; e con ragione, poiché va direttamente contro le parole del Cristo, che ha messo Pietro come roccia della Chiesa e che ha pregato perché la sua Fede (di Pietro) non venga meno.

        Qualora l’ipotesi del Papa eretico fosse vera ci troveremmo in pieno protestantesimo.

        “Ad ogni modo, tornando su AL personalmente ho abbandonato la mia posizione della supplica filiale dopo l’intervento di Papa Francesco ed attendo un documento più articolato sull’eventuale discernimento dei conflitti tra mali intrinseci e sull’inevitabilità del commettere il male in deliberata coscienza e piena avvertenza se la situazione lo richiede nel caso specificato, poiché vi è male inevitabile e, abbandonando la posizione della supplica non ritenendo infallibile il mio pensiero (ma manco il papa è infallibile, solo alcuni atti lo sono), rimango in attesa delle sorprese dell’unico infallibile, Dio in generale e lo Spirito Santo in particolare. Scoprire che almeno in certi comandamenti se non in tutti il male intrinseco è talvolta inevitabile potrebbe essere uno sviluppo della dottrina: Lei ha, Vincent Vega, degli elementi certi di ragione che dicano che si può vivere solamente facendo il bene. Purtroppo su questo punto la mia ragione mi ha abbandonato da un pezzo e avanzo solo nella fede che almeno la sacralità della vita in tutte le sue possibili forme non sia soggetta a conflitti tra mali intrinseci o anche il tradimento della fede o la bestemmia (solo per citarne alcuni) ma devo purtroppo constatare che non ho elementi probanti di ragione per dire che è sempre possibile non uccidere l’innocente (esempio)”

        Attenzione, è dogma rivelato di Fede che Dio da sempre la possibilità di non peccare mortalmente.

        Ma per l’appunto un conto è l’essere liberi dal peccato mortale, un conto è addirittura la possibilità di non commettere nemmeno peccati veniali. Sappiamo che solo Nostro Signore e la Beata Vergine sono stati completamente liberi dal peccato anche veniale, per tutti gli altri vale quanto dice la Bibbia, ovvero che “il giusto cade sette volte al giorno”.

        In altre parole: è verissimo che non esistono delle situazioni nelle quali sia impossibile non peccare mortalmente, nondimeno esistono situazioni nelle quali, a causa della mancanza di libertà e/o di una coscienza incolpevolmente erronea, si è costretti a peccare, venialmente però.

        L’esempio pratico è quello di Al 301, dove viene detto che una persona potrebbe trovarsi nella condizione di non poter agire diversamente senza commettere una ulteriore colpa.

        Per esempio può esserci un caso nel quale una persona potrebbe vedere l’imposizione della castità come un qualcosa che, specie in una coppia giovane, causerebbe il fallimento dell’unione con grave danno dei figli.

        Ora, in questo caso la persona non può fare altro che peccare? No, poichè in questo caso è in una di quelle situazioni citate nel Catechismo al paragrafo 1860, dove la sua libertà di agire diversamente è coartata dalla necessità di garantire l’educazione dei figli e/o verso il nuovo compagno verso il quale sente di avere delle obbligazioni morali (coscienza incolpevolmente erronea) e/o non riesce, pur conoscendo bene la norma, a coglierne i valori intrinseci (cfr Al 301, altro caso che può essere di coscienza incolpevolmente erronea) ergo non pecca mortalmente.

        Perciò rimane vero che Dio da sempre la possibilità di non peccare mortalmente.

        “Se ti interessa saperlo soffro interiormente da tempo per questa situazione: sono sincero a me piacerebbe tanto che il male rimanesse fuori dalla scelta del cristiano (non mi riferisco al cadere nel peccato, parlo di scelta deliberata) ma forse la realtà è un’altra e purtroppo merita discernimento”

        No ma ti capisco perfettamente e anzi, anche io vorrei che il male rimanere fuori dalla vita del cristiano.

        Ti ringrazio per l’interessante commento. 🙂 sono passato al tu perché ho visto che verso la fine del commento mi hai dato del tu e allora mi sono preso anche io questa libertà. Tra l’altro lo preferisco anche, il tu, non sono vecchio. 🙂

      • Vincent Vega ha detto:

        @Sara

        “Non credo ci siano spaccature con nulla…cio’ che cambia e’ l’approccio pastorale nn dottrinale.

        Se invece di lasciarsi imbroccolare dai media si leggesse realmente cio’ che dice e scrive Francesco non si vedrebbe nulla di cosi’ diverso da un Papa che ha a cuore il disastro e la miseria dei “poveracci”, devastati dalla vita e dalla società.”

        Quotone su tutto. È quell che ho cercato di spiegare a Fassi. Un cambiamento c’è indubbiamente stato, ma solo sotto gli aspetti accidentali/disciplinari/pastorali non sotto gli aspetti dottrinali/sostanziali.

        Bravissima. Purtroppo la spaccatura c’è da parte di chi non accetta questo cambiamento, del tutto legittimo visto che Pietro ha piena potestà nel decidere come applicare il Vangelo nel qui ed ora.

        Il potere delle chiavi di Pietro ( “tutto quello che legherai in terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli”) è insindacabile.

      • Tex ha detto:

        Magari fosse così…a volte è proprio leggendo quello che realmente dice il Papa che si rimane un po’ basiti!
        Ma anche se fosse tutta colpa dei media (che lo ricordo, almeno quelli notoriamente anticattolici sonon tutti dalla sua parte), magari per prudenza sarebbe meglio evitare di farsi intervistare sempre da quelli (Repubblica ad esempio) o lasciarsi fare intervista in aereo…cioè dopo le prime volte, quando il contenuto era evidentemente manipolato dal redattore, forse sarebbe stato il caso di smettere o no? Invece con Scalfari le interviste proseguono, e alcune di queste riportate pari pari anche sull’Osservatore Romano…. am e questo fa tristezza, e sinceramente non ne vedo il bisogno!

        • sara ha detto:

          Ma alla fine….

          Pensa a salvarti l’anima e non preoccuparti troppo di addobbare il Tempio….

          • Tex ha detto:

            Beh se per te soffrire nel vedere la Chiesa concedere la possibilità di prendere la comunione in stato di peccato mortale (e quindi dare un bel spintone verso il baratro dell’inferno) è solo addobbare il tempio…..

            • Vincent Vega ha detto:

              Stai calunniando la Chiesa affermando una falsità: nessuno, men che meno il Papa, ha affermato che sarebbe possibile o ammissibile dare la Comunione a chi è in peccato mortale. Se tu non distingui tra peccato e colpa, ovvero tra peccato materiale e formale (mortale) non è colpa mia, io la dottrina te l’ho spiegata, ma almeno non calunniare la Chiesa.

              • Katy ha detto:

                Ha già deciso, è inutile. La coppia luciferina S&M (Socci&Magister) sa fare il suo lavoro, evidentemente.

            • sara ha detto:

              Oh ma povero….

              Lui soffre nel vedere la Chiesa blasfema,che manda tutti all’inferno…

              Salvaci ho Sommo che hai capito tutto.

    • Umpalumpa ha detto:

      Concordo con Tex.

      Nel rispetto dei compiti, il Papa è il Papa. Io sono il penultimo dei peccatori.

      Da questa posizione (per certi versi più comoda di quella papale) io vedo una gran confusione all’interno della Chiesa. A prescindere da come la si pensa su tutti i temi possibili (favorevoli, contrari, dubbiosi ecc), è impossibile non ammettere che al contrario di quanto succedeva con paolo VI, GPII o BXVI ora la scena è molto diversa. Con i papi citati si sapeva come il sommo pontefice la pensava sui vari temi (poi c’erano vari esponenti del clero che si opponevano – vedi reazioni clericali all’Humanae Vitae – però la parola del papa era chiara. Limpida). Il loro parlare era SISI/NONO. Con Francesco questo è più “sfumato”, forse perchè è un gesuita. Boh…

      O sbaglio?

      Casi concreti:
      Gli atti omosessuali sono peccato?
      L’aborto è peccato?
      Il peccato esiste? Se si, quali sono i peccati?
      Chi è in condizione di peccato, può ricevere l’eucarestia?
      L’ostia benedetta è realmente Gesù Cristo o no?
      Se a queste domande non si da una risposta: si o no, inevitabilmente si crea una certa confusione. Lo stesso dicasi per risposte tipo “si, però…” “no, ma…”

      Oltre alle questione teologiche (sacramenti, peccati ecc) a me, personalmente (ma spero sia solo un mio problema), lascia un po’ perplesso il modo a mio parere semplicistico con cui vengono affrontati temi complessi. Per esempio sentire che di fronte alle stragi islamiste, dei prelati (anche molto importanti) danno la colpa al denaro e alle armi, mi fa cascare le braccia. Se non altro perchè, rimanendo sulla superficie dei problemi, gli attacchi vengono fatti anche con camion o coltelli (quindi senza usare armi) e gli assassini alcune volte sono figli di famiglie benestanti (vedi Dacca e/o 11 settembre) oppure quando sono poveri non fanno i loro attacchi per diventare ricchi (o far diventare ricchi i loro familiari).
      Cosa salva l’uomo? Gesù Cristo o la giustizia terrena/sociale?
      Secondo questi prelati, se si volesse dar senso alle vite degli attentatori o dei potenziali attentatori, serve l’annuncio di Cristo oppure un sistema scolastico all’avanguardia e uno stipendio?
      Mah…

      • Vincent Vega ha detto:

        “Casi concreti:
        Gli atti omosessuali sono peccato?”

        Si.

        “L’aborto è peccato?”

        Si.

        “Il peccato esiste?
        SI

        “Se si, quali sono i peccati?”

        Quelli indicati dal Catechismo e più in generale dal Magistero della Chiesa.

        “Chi è in condizione di peccato, può ricevere l’eucarestia?”

        Se non è in peccato mortale si, se la Chiesa ritiene opportuno abrogare nella prassi delle leggi che si focalizzavano più sul foro esterno che sul foro interno.

        Sappiamo che perché un peccato sia mortale non basta la materia dell’atto (che ad esempio nel caso dei peccati sessuali è sempre grave) ma occorrono condizioni soggettive come la piena avvertenza e il deliberato consenso.

        Quando manca una delle due non c’è motivo di negare la Comunione e l’assoluzione, quando invece vi è peccato mortale allora l’assoluzione non può essere data a meno che il peccatore non abbia il proposito, per quanto debole, di non ripetere tale peccato, e sia pentito.

        Pertanto si, il peccato esiste, ma esiste una distinzione tra peccato materiale e formale. Solo quest’ultimo (detto anche “mortale”) priva della Grazia divina ed è intrinsecamente incompatibile con la Comunione.

        “L’ostia benedetta è realmente Gesù Cristo o no?”

        Si, l’ostia è Gesù Cristo in corpo, sangue, anima e divinità.

        “Se a queste domande non si da una risposta: si o no, inevitabilmente si crea una certa confusione. Lo stesso dicasi per risposte tipo “si, però…” “no, ma…””

        Non c’era bisogno di una risposta a queste domande perché mai l’oggetto delle domande è stato messo in dubbio dal Papa.

        L’unico cambiamento è quello relativo alla Comunione per chi è in stato oggettivo di peccato, cambiamento di origine pastorale e non dottrinale, visto che una situazione oggettiva di peccato (peccato materiale) non implica il peccato mortale (peccato formale). Al Confessore il discernimento.

        • Umpalumpa ha detto:

          Ciao Vincent.
          Capisco la tua convinzione. Però non mi pare che questa sicurezza vi sia anche fra le alte cariche ecclesiastiche.
          Gli esempi potrebbero essere numerosi.
          Ci ricordiamo il “chi sono io per giudicare?”. Affermazione che letta nel suo complesso è giustissima. E’ evidente però come tale affermazione sia stata usata per esprimere l’esatto contrario. Di fronte a questa stortura completa del messaggio, io immediatamente cercherei di chiarire il messaggio. Visto che non mancano le occasione per parlare e comunicare. Lo farei immediatamente. A meno che, tutto sommato non mi vada bene.
          Altro caso “famoso” pensiamo al monsignor Charamsa, che era membro della “Congregazione per la Dottrina della Fede”. Non esattamente l’ultimo degli uffici clericali.
          L’aborto è peccato? ah si? bene.
          Sarebbe da dirlo anche quando, dopo aver detto “non mi immischio di politica” (nel caso della legge Cirinnà/Alfano), invece si parla delle elezioni americane e uno dei candidati ha delle idee molto radicali su questi temi, mentre l’altro propone di candidare solo giudici pro-vita. Sarebbe stato da evidenziare che non è cristiano alzare muri (scordandosi che il vaticano ha anch’esso i muri e il muro negli usa c’è da diversi anni) e, altrettanto poco cristiano, è appoggiare e incentivare le politiche abortive. Senza entrare poi nel tema “nostrano” dei “visi inespressivi”.

          Ma senza inoltrarsi su questi specifici casi, dirmi che le domande non sono oggetto di dubbio, mi lascia un po’ sorpreso.
          Ma non si sta parlando forse da un bel po’ riguardo la possibilità di ricevere la comunione da parte dei credenti sposati che vivono con un’altra persona e con quest’ultima ha rapporti sessuali?
          Cmq: “al confessore il discernimento”. Benissimo, su cosa verte questo discernimento?
          Secondo GPII gli sposati che convivevano con altre persone, potevano ricevere la comunione a condizione che vivessero assieme come fratello e sorella. Ora, questo discernimento del confessore, su cosa verte nel concreto?
          Perchè fino a che non si dice esattamente e concretamente quali sono gli elementi che permettono di accedere alla comunione, trincerandosi dietro un non meglio specificato “discernimento del confessore”, la confusione aumenta.

          Caso concreto: Io sono sposato con due figli ma vivo con un’altra donna da cui ho avuto un altro figlio. Non intendo rinunciare alla mia compagna, nè di rinunciare ai rapporti sessuali, ma sono onestamente dispiaciuto di come si sono sviluppate le cose e con mia moglie abbiamo rapporti civili e vedo i figli miei e di mia moglie appena riesco oltre a contribuire al loro mantenimento. Vorrei tanto poter partecipare all’eucarestia perchè sono credente. Quando e in che casi posso farlo?

          La risposta, per quanto mi riguarda, può essere anche: sempre. I divorziati risposati possono fare la comunione.
          Non spetta a me decidere.

      • Gianfranco ha detto:

        a me, personalmente (ma spero sia solo un mio problema), lascia un po’ perplesso il modo a mio parere semplicistico con cui vengono affrontati temi complessi. Per esempio sentire che di fronte alle stragi islamiste, dei prelati (anche molto importanti) danno la colpa al denaro e alle armi, mi fa cascare le braccia. Se non altro perchè, rimanendo sulla superficie dei problemi, gli attacchi vengono fatti anche con camion o coltelli (quindi senza usare armi) e gli assassini alcune volte sono figli di famiglie benestanti (vedi Dacca e/o 11 settembre) oppure quando sono poveri non fanno i loro attacchi per diventare ricchi (o far diventare ricchi i loro familiari).

        Quando il Santo Padre parla non bisogna mai dimenticare che è un pastore universale. Non si rivolge quindi solo ai cristiani, che difende sempre, ma anche ai non cristiani e questi ultimi sono spesso molto attenti a ciò che dice per cercare qualsiasi parola che possa essere male interpretata. E dalla cattiva interpretazione si passa facilmente all’offesa. Talvolta è successo e a subirne le spese sono i fratelli cristiani in pars infidelium. Mi viene in mente il discorso di Ratisbona.
        A Dacca i cattolici sono molto meno dell’1%: è meglio cercare di farli tutelare dalla maggioranza mulsulmana o attaccare i musulmani?

        • Umpalumpa ha detto:

          Ciao Gianfranco.
          L’ho pensato anch’io, che per motivi politici si cerchi di “pesare” le parole.
          Ma c’è pesata e pesata. Dire che la colpa è delle armi e del denaro, non mi pare un ragionamento molto diplomatico. Se non altro perchè lo può capire chiunque che quegli elementi non centrano un tubo.

          Ratisbona meglio lasciar perdere, vista la scandalosa strumentalizzazione fatta su quel discorso. Sia da parte non cristiana, sia da parte cristiana. Occidentale e non.

          • Gianfranco ha detto:

            Mi ricordo che lessi la stessa obiezione sulle armi e i mercanti di armi in un giornale israeliano che faceva notare come i terroristi in Europa, nell’attentato all’aeroporto di Bruxelles avevano armi rudimentali. È chiaro che il terrorismo islamista non ha una causa diretta nella vendita delle armi. Però questo terrorismo nasce dalla situazione in Siria e Iraq dove le parti in causa sono foraggiati dai governi stranieri. Le commissioni di armamenti sono impressionanti e non cennano a diminuire. Per esempio nell’ultima riconquista di Palmyra l’esercito siriano ha abbandonato carri armati, razzi, tank e altro del valore di almeno 300 milioni di euro, (forse 500). Queste armi saranno riacquistate direttamente o tramite triangolazione in Europa, Russia e America. Fa bene il Papa ad attaccare i mercanti di armi perché costoro non hanno alcun interesse a far finire la guerra.

            • Gianfranco ha detto:

              Preciso che mi riferisco alla conquista di Palmyra da parte dell’ISIS

              • Umpalumpa ha detto:

                Gianfranco, se la causa maggiore delle guerre e delle ingiustizie di questo mondo fossero le armi da fuoco il mondo sarebbe dovuto essere un paradiso in terra fino alla scoperta della polvere da sparo. Ciò non era. Basta che così per fare, ti leggi il debello gallico. Tanto per avere un’idea della situazione paradisiaca di allora.

                Il problema è proprio qui. Io capisco che chi non crede possa ritenere che il problema siano esclusivamente le armi, ma i cristiani, soprattutto i pastori, dovrebbero avere e fornire una visione un po’ più profonda del problema.

                Che dopo ci sia un problema riguardo il mercato delle armi, è verissimo. Ma focalizzarsi su quello, nella convinzione che così facendo si risolva il problema è, secondo me, sbagliato.

      • Katy ha detto:

        Umpalumpa non è cambiato nulla, se non che al posto di Kung e Mancuso ad accusare Giovanni Paolo II e Ratzinger di tradire il magistero del CVII, sono Socci, Burke e Magister a dire questo a Francesco. Pensa che fino a 30 anni fa la confusione era talmente più elevata di ora che nacque la teologia della liberazione, i preti operai e le accuse di eresia a Paolo VI. Però la storia va studiata!

        • Umpalumpa ha detto:

          Katy..però secondo me non è vero neppure quello che dici tu.

          A parte che non ho ben capito se stai dicendo a me di studiare? col punto esclamativo poi 😉

          A parte questo, un paio di cose che non mi tornano.
          1 – BXVI, GPII, Paolo VI non lasciavano spazio a fraintendimenti sulle loro idee. Si poteva essere d’accordo o no. Però non si poteva fraintendere. Il loro parlare era sisi/nono. Poi giustamente tu ricordi che c’erano dentro e fuori dalla chiesa diversi personaggi che criticavano, obbiettavano ecc. Però non è mai successo che numerose dichiarazione del Papa fossero usate da chi la pensasse diversamente per sostenere tesi opposte a quelle pontificie.
          2 – Con BXVi e precedenti le critiche provenivano per lo più da ambienti di “sinistra”. La teologia della liberazione è esattamente da quella parte. Vai a rileggere il discorso di madre teresa all’assegnazione del nobel. Oppure il discorso “antiabortista” di GPII alla GMG di Denver (mi pare). Oggi non pochi bollerebbero quelle parole come esagerate, creatrici di muri, valori non negoziabili, cosa sono? ecc. Altro aspetto di oggi invece è che fra i maggiori sostenitori del nuovo papa ci sono quelli che hanno sempre criticato i papi precendenti. Mentre fra i critici attuali ci sono quelli che erano favorevoli ai papi precedenti. O si sono rincretiniti tutti, oppure c’è un qualche problema. Quindi o è stata cambiata rotta (il che credo sia un bel problema per la chiesa), oppure c’è un problema di comunicazione e trasferimento del messaggio. Perchè se si vuole dire bianco e tutti capiscono nero, vuol dire che bisogna aggiustare la mira.

          Poi magari, ripeto, magari sbaglio io. Anzi, al 99% è così

    • Vincent Vega ha detto:

      Per Tex

      Quanto vorrei che il Santo Padre rispondesse ai 5 dubia “No”, che non è cambiato niente…quanto lo vorrei!”

      Questo sarebbe il primo caso nella storia dove si fanno due Sinodi per lasciare tutto esattamente come prima. Sarebbe come se oggi facessero un Sinodo per confermare che il Figlio è consustanziale al Padre come al Concilio di Nicea.

      Che senso avrebbe? È evidente che qualcosa sia cambiato, non nella sostanza ma nel modo di applicarla. Era a questo che servivano i due Sinodi, non a mutare la dottrina (cosa impossibile).

  • francoclassecinquantasei ha detto:

    Prendiamo per vere le dichiarazioni di Joseph Ratzinger, ovvero che si è ” dimesso” liberamente. Il problema vero però rimane e cioè che adesso abbiano due Papi. Di cui uno emerito. Come la mettiamo? Anche questo è degno di Fede, è materia di Fede? Lo chiedo da semplice battezzato cattolico. Abbiamo o non abbiamo due Papi?
    Chiedo- a chi vuole – una risposta sincera, senza pensare alle appartenenze tradizionalista o progressista.
    Esistono due Papi? E, quello c.d. emerito, cosa fa? E’ sempre un Vicario di Cristo? Quali sono i suoi compiti? Sono obbligato come battezzato ad ascoltare il Papa emerito? Nel senso: le sue parole, che valore hanno? Avere due Papi è conforme al Vangelo?
    E’ un nuovo Dogma a cui si deve credere? Tutte domande che – per quanto mi riguarda – attendono una risposta.

    • vauro ha detto:

      questo esula dalla questione però, lo dici tu stesso. il canone ha sempre previsto la possibilità di una rinuncia al papato e Ratzinger ha semplicemente applicato il codice nel pieno rispetto delle norme ecclesiali. prova ad indagare i rapporti tra vescovo emerito e vescovo in carica, vedrai che molte cose si chiariranno.

    • lorenzo ha detto:

      Il Papa è un “primus inter pares” come Pietro con gli apostoli.
      Pietro è stato il primo Vescovo di Roma ed i suoi successori sono, per tradizione, chiamati Papa.
      Un Vescovo che non è più alla guida di una diocesi è chiamato Vescovo emerito: Ratzinger non è più Vescovo di Roma e quindi, oltre che Vescovo emerito è anche Papa emerito.

      Mi vorresti per favore, visto che non sono riuscito a trovarlo, indicare il dogma in base al quale i Vescovi di Roma sona Vescovi a vita?

  • Klaus B ha detto:

    Quello che trovo più inspiegabile nelle elucubrazioni di Socci è come possa pensare che un uomo di quasi novant’anni, sulla cui fede nessuno ha mai osato avanzare dubbi e che ha dedicato la sua intera vita a Dio, darebbe falsa testimonianza, su un argomento di così vitale importanza per la Chiesa che appartiene a Dio stesso, in prossimità del momento nel quale dovrà comparirgli davanti. E questo lo farebbe per costrizione, cioè per timore. Ma quale timore più grande di quello per il giudizio divino può avere una persona di fede? e quale interesse maggiore potrebbe mai avere, tanto più a quell’età?

  • maria cristina ha detto:

    Invece io quello che trovo più misterioso e che nessuno ha mai spiegato in maniera convincente è perchè Benedetto dopo le dimissioni abbia voluto continuare a stare in Vaticano, a vestirsi coll’abito bianco del papa e a farsi chiamare papa seppur emerito.
    Dopo le dimissioni molti , compreso pubblicamente Hans kung, spervano che ratzinger si ritirasse a vita privata in qualche monsatero della baviera, a scanso di equivoci.
    invece l’inquietante immagine dei “due papi” vestiti di bianco entrambi, entrambi dentro il vaticano si è potuta verificare proprio per le decisioni di Benedetto.
    sembra quasi che il papa emerito abbia dato sì le dimissioni ma non complete, che abbia rinunciato solo in parte, alla parte “attiva” del ministero papale, al potere decisionale ecc. , ma non abbia rinunciato affatto al suo essere “papa” intrinsecamente come se questo fosse uno stato impossibile da revocare con le dimissioni. Come col divorzio è impossibile revocare il matrimonio sacramentale cristiano : mi sembra che Benedetto somigli ad una prima moglie che ha sì abbandonato il campo alla seconda moglie, e ogni mansione e ogni ruolo ufficiale, tuttavia è sempre lì, sempre si fa chiamare moglie, e si sente moglie per sempre.
    e così il papato sembra essere diventato un mènage a trois!

    • maria cristina ha detto:

      del resto lui stesso l’ha dichiarato che essere papa è “per sempre”.
      !Sarai sacerdote per sempre alla maniera di Melkisedek”
      questo per sempre sembra avere molta importanza per Benedetto quasi volesse difendersi dalle accuse di chi dice ” non si danno le dimissioni da papa che è un ruolo spirituel come le si danno da amministratore delegato o manager”
      lui sembra aver voluto ribadire che dal punto di vista spirituale non ha dqto dimissioni perchè sarebbero state impossibili e blasfeme. ha dato solo le dimissioni dal ruolo attivo, decisionale.
      come questo sia possibile, e se sia possibile non lo so. Da semplice fedele mi sembra che sia impossibile separare la “parte attiva” da quella 2contemplativa2 e spirituale del ministero petrino. Tuttavia bisosgna prendere atto che Benedetto ha insistito molto su questo punto, sul “per sempre” e sul fatto che lui ora si dedica alla parte contemplativa-spirituale del ministero petrino dentro le mura del vaticano. DENTRO LE MURA DEL VATICANO e non relegato in un monastero sperduto. . Vorrà pur dire qualcosa?

      • lorenzo ha detto:

        Quello che è per sempre è il sacerdozio che ha tre gradi: Diacono, Presbitero, Vescovo.
        Che grado del sacerdozio è il Papa?
        Dove sta scritto che un Papa è Papa per sempre?

        • maria cristina ha detto:

          Non sta scritto , ma lo ha detto Benedetto XVI, adesso non so citare le esatte parole ma lui ha detto che il ministero petrino era per sempre, quindi lui ( Benedetto) pensa che sia per sempre se no non l’avrebbe detto.

          • maria cristina ha detto:

            Adesso ho trovato la fonte. E’ il discorso di commiato di Benedetto dell’Udienza del 27/02/2013.
            Rievocando la sua elezione a papa nel 2005 disse che quando aveva accettato era per sempre e spiegò:
            “il “sempre” è anche un “per sempre”, non c’è più un ritornare nel privato, la mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero non revoca questo”
            “NON REVOCA QUESTO” : l’ha detto Benedetto, dunque perchè non credergli? Almeno per lui, nella sua coscienza, la rinuncia non è totale ma solo all’esercizio attivo del ministero.
            quanto poi questo possa essere valido per il Diritto Canonico non lo so.So che esmi cononisti ci si sono scervellati sopra.

            • lorenzo ha detto:

              In quel messaggio la parola sempre ricorre 17 volte.
              Si afferma che “chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa”, ma non si afferma mai che un Papa deve essere Papa fino alla morte.

              • maria cristina ha detto:

                E le parole “la mia rinuncia non revoca questo” come le interpreti? cosa è”questo”?

                • maria cristina ha detto:

                  e come interpreti le parole del suo Segretario privato Don Gaenswein ( che, ammetterai ,ne sa un po’ più di te di quello che realmente è successo!) riguardo al “papato allargato con un membro attivo e uno contemplativo”:
                  ” Egli non si è ritirato in un monastero isolato ma ll’interno del Vaticano , come se avesse fatto solo un passo di lato”
                  Se ha fatto “solo ” un passo di lato vuol dire che misteriosamente, spiritualmente, nel suo intimo è ancora papa, ha ancora il “munus” anche se non ha più il “ministerium”.
                  Ma la cosa più importante è che questa scelta l’ha fatta per continuare con la preghiera a vegliare sulle sorti della Chiesa, per continuare ad essere spiritualmente utile alla Chiesa, insomma non per motivi egoistici ma per motivi spirituali.
                  su questo penso saremo tutti d’accordo? Quando Benedetto passerà a miglior vita vedremo una luce spirituale spegnersi su questa terra allora si capirà forse che con la sua silenziosa presenza e la sua preghiera egli incarnava la figura del katekon, colui che frena il potere delle tenebre.

                  • lorenzo ha detto:

                    Lo spiega bene, poco oltre, lo stesso Benedetto quando afferma: “Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro.”

                    Chiarisce cioè che, dimettendosi da Vescovo di Roma, si spoglia anche dalla “potestà dell’officio per il governo della Chiesa” che, per tradizione millenaria, è legata a questa sede apostolica;
                    ritiene nel contempo però, con l’autorità che ancora gli compete, di introdurre la prassi che il Vescovo emerito della città di Roma non ritorni “alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera”, come sarebbe facoltà di un qualsiasi altro Vescovo emerito, ma rimanga all’interno della città del Vaticano dedicandosi alla preghiera.

  • gianfrancoclassecinquantasei ha detto:

    ” Non è da escludere che farò entrare nella storia come colui che dividere la Chiesa cattolica” [ a parte la traduzione della quale mi scuso ] queste sono le parole riportare da DER SPIEGEL : http://www.onepeterfive.com/pope-francis-reported-words…/ pronunciate ( in una cerchia ristretta di persone ) dall’attuale papa argentino…diciapo papa n° 1 …

    • lorenzo ha detto:

      Anche se quelle parole le avesse pronunciate veramente in una cerchia ristretta (era una cerchia ristretta o un covo di vipere?) lo sapevi che ci sono stati tempi nei quali la Chiesa ha avuto contemporaneamente fino a tre Papi ognuno dei quali si riteneva l’unico legittimo?
      La Chiesa Cattolica di quei tempi si è forse divisa?
      La Chiesa Cattolica, pur se molti l’hanno abbandonata, non si divide mai.

      • maria cristina ha detto:

        La Chiesa cattolica non si divide mai.
        Nonostante tutto la Chiesa continua. Non è forse questa la prova che è di origine soprannaturale? qualunque altra istituzione puramente umana con simili capi sarebbe già estinta.

    • Katy ha detto:

      Ti prego, l’esoterismo misterico socciano lascialo a lui…altrimenti tira fuori anche tu che la croce che porta al collo è il simbolo di Satana e la facciamo finita!

  • Enrico ha detto:

    Se vi è una cosa su cui la stampa sbaglia è rappresentare papa Francesco visto come diverso da Benedetto XVI.Ditemi dove Francesco contraddice Benedetto?

    • Vincent Vega ha detto:

      Ci sono alcune differenze oggettive nella comunicazione e a livello pastorale/disciplinare ma a livello dottrinale nessuna.

      Quello che purtroppo molti non capiscono è che la continuità deve esserci solo sugli aspetti sostanziali, il nocciolo immutabile, negli aspetti accidentali la discontinuità può esserci eccome e infatti ce n’è parecchia nella storia della Chiesa.

    • Vincent Vega ha detto:

      È un po’ come quello che è successo al Concilio Vaticano II con Dignitatis Humanae, che sulla libertà religiosa ha aperto delle porte senza minimamente toccare quanto sancito in maniera vincolante dal Sillabo.

      Perciò nella Dignitatis Humanae abbiamo una discontinuità col Sillabo? Si, ma non su aspetti sostanziali e irreformabili (su quelli c’è piena continuità) ma solo su aspetti accidentali. Consiglio di leggere questa trattazione http://www.academia.edu/28431673/Dignitatis_Humanae_storia_di_una_riforma_nella_continuità

      A mio avviso è la stessa cosa che sta avvenendo con Al, dove abbiamo un mutamento oggettivo nella pastorale/disciplina ma dove il nocciolo, la dottrina, rimane immutata (e non può che essere altrimenti).

  • Erpo ha detto:

    Non è che si è dimesso per paura che prima di andare a nanna gli facessero assaggiare la tisana modello “Luciani”?

    • lorenzo ha detto:

      Cos’è? Una campana D.O.P.?

    • maria cristina ha detto:

      Di una cosa sono sicura Benedetto non si è dimesso per “paura”. Ha resistito otto anni davanti ad attacchi continui , quotidiani, della stampa e anche di molti cattolici. Eugenio Scalfari, l’amico di Francesco, quello che ogni settimana su Repubblica scrive omelie sostenendo che gli apostoli erano 13, che i Vangeli sinottici sono quattro e che Giovanni l’Evangelista era segretario di Giovanni il Battista, lo definì un “mediocre teologo”. Non parliamo degli attacchi furibondi dopo la Lectio magistralis di Ratisbona. Benedetto aveva tutti contro, tutta la grande stampa e tutta l’ala progressista della Chiesa. Nonostante questo e nonostante fosse consapevole di essere il Nemico n.1 da sbranare ( pregate perchè io non fugga per paura davanti ai lupi..) è andato avanti per otto anni e ha fatto lui sì riforme coraggiose e impopolari. Dunque non può essere che è fuggito per non far la fine di Luciani. Questo lo aveva già messo nel conto.
      vista l’alta statura morale e spirituale di Benedetto l’unico motivo che può averlo costretto ad abdicare è il “bene della Chiesa e del popolo di Dio”. perchè poi la sua rinuncia fosse necessaria al bene della Chiesa noi semplici fedeli,forse, non lo sapremo mai, ma lui lo sapeva.

    • Katy ha detto:

      Magari preparata dal nuovo ordine mondiale o dalla massoneria? Blondet quanti danni che fai!
      Ti ricordo che hai appena dato a Ratzinger del codardo…e poi si fanno chiamare ratzingeriani!

  • Erpo ha detto:

    Mah … Io dico che aveva paura di fare la fine di GP1.

    • lorenzo ha detto:

      Mah … ed io ti rinnovo la domanda, se riesci a capirla: è una campana D.O.P.?

    • Mattia ha detto:

      Su UCCR è stato pubblicato un articolo che smentisce la bufala dell’assassinio di papa Luciani, leggilo che è meglio…

  • Antonio Civitella ha detto:

    https://m.youtube.com/watch?v=5atpjXnhBo0&feature=youtu.be

    Può piacere oppure no, ma questi sono dei veri fedeli in Cristo!

  • Antonio Civitella ha detto:

    Nessun uomo, nessun sacerdote, nessun vescovo, nessun cardinale, nessun papa, ha l’autorità di riscrivere la Parola di Dio!!!

    I Dieci Comandamenti, trasmessi al mondo da Dio Padre tramite il profeta Mosè, stanno per essere riscritti da Bergoglio.
    (vedi amoris laetitia ecc. ecc.)
    Essi sono stati scomposti, distorti ed è stato dato loro un nuovo significato, in modo che l’uomo possa giustificare il peccato.

    Lettera ai Gàlati: 1-8
    Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema!

    Non lasciatevi ingannare da discorsi, atti o opere di carità, quando il compito più importante è quello di combattere il peccato mortale.
    L’umanesimo è un affronto a Dio perché si concentra sui bisogni dell’uomo e non sulla necessità di pentirsi dei peccati davanti al Creatore di tutto ciò che esiste.

    L’obiettivo del diavolo è quello di ingannare la gente inducendola a credere che, il mondo e l’esistenza del genere umano, siano destinati a concludersi. Il suo più grande trionfo fu l’introduzione dell’umanesimo ed in particolare, dell’umanesimo laico.

    Bergoglio dice:
    tutte le religioni sono uguali e conclude affermando che Dio non è cattolico!
    ricordate?

    E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli..

    Bergoglio infatti vuole farvi credere che le chiavi del regno dei cieli c’è l’hanno anche:
    Maometto, Budda, Shiva, ricchi e poveri ecc. ecc.
    Abbiamo lo stesso Dio???
    Come possiamo spiegare ad un musulmano che Gesù e Dio, e Dio e Gesù senza che ci tagli la gola?

    E purtroppo siete in molti che lo seguono!
    Per ogni applauso che facciamo a Bergoglio in stato di ANATEMA.. e un schiaffo a nostro Signore!

    Ricordate Fatima?
    Vescovi contro vescovi!
    Cardinali contro cardinali!
    Ecc..

    Seguite ogni tanto siti cattolici..
    https://gloria.tv

  • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

    Rispondo qui a questo commento https://www.uccronline.it/2017/01/03/lo-storico-holland-mi-sbagliavo-la-nostra-etica-deriva-solo-dal-cristianesimo/#comment-181828 di Lorenzo.

    “MA E’ l’uomo che, scegliendo liberamente il Bene, si salva per Grazia efficace.”

    Si, ma sta di fatto che:

    1) la Grazia efficace è irresistibile, e non perché annienti il libero arbitrio MA perché, al contrario, si assicura che l’uomo scelga SEMPRE il Bene PUR mantenendo la libertà ontologica di fare il male;

    2) discende unicamente dalla Misericordia di Dio, poiché secondo Giustizia Dio non deve la Grazia efficace a nessuno ma può lasciare la sola Grazia sufficiente;

    3) quando Dio usa la misura della Sua Giustizia, lasciando la sola Grazia sufficiente, l’uomo certamente si danna per sua propria esclusiva colpa, a causa del suo libero arbitrio inclinato al male (dopo il peccato originale).

    ” la predestinazione di cui parla il Concilio di Trento è la predestinazione alla salvezza, salvezza per la quale TUTTI gli uomini sono state creati(Grazia sufficiente), alcuni uomini però scelgono liberamente il bene è si salvano(per Grazia efficace), altri rifiutano liberamente il bene e si dannano.”

    Si, ma ripeto che, quando l’uomo accetta la Grazia sufficiente, facendo sì che detta Grazia diventi efficace, lo fa solo e soltanto perché Dio gli ha dato un’ulteriore Grazia che ha fatto si che l’uomo, pur rimanendo libero, infallibilmente scegliesse il Bene.

    “In conclusione:
    – se ci salviamo ci salviamo per Grazia;
    – se ci danniamo ci danniamo per nostra libera scelta.”

    Esattamente. Ma senza la Grazia efficace, dono esclusivo di Dio e che discende solamente dalla Sua Misericordia (che, come insegna San Tommaso, va oltre la Giustizia) sceglieremmo sempre la perseveranza nel male fino alla fine, morendo nell’impenitenza finale.

    Al contrario, chi ha ricevuto il dono di Misericordia di Dio, ovvero la Grazia efficace, sceglierà infallibilmente il Bene pur mantenendo la libertà di scegliere il male.

    Perciò si, la Grazia efficace è precisamente “ciò che fa si che l’uomo scelga liberamente il Bene, salvandosi” che tu hai tentato di confutare nel primo rigo.

    Ti cito Padre Bellon, domenicano e tomista come Padre Cavalcoli

    http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=3014
    “Per grazia sufficiente s’intende l’impulso che Dio dà per accogliere la grazia.
    Questa grazia sufficiente la dà a tutti, perché vuole salvare tutti e per tutti Cristo è morto sulla croce.
    Tuttavia quando la grazia sufficiente è accolta, viene accolta per un’ulteriore grazia per la quale Dio aiuta la nostra volontà ad accoglierla.
    Questa ulteriore grazia viene chiamata grazia efficace.
    Con questo s’intende dire che anche il sì che diamo alla grazia di Dio è grazia di Dio: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil 2,13).
    3. Per cui la grazia sufficiente, se non è accompagnata dalla grazia efficace, non è ancora sufficiente a salvare, a portare in grazia.
    Si dice sufficiente perché in essa c’è la volontà di Dio di accordarla al singolo, ma il singolo la rifiuta.
    Quando la grazia rimane solo sufficiente è perché viene bloccata dalla cattiva volontà dell’uomo che non la vuole ricevere.
    4. Se invece questa grazia sufficiente viene accolta lo si deve al fatto che l’uomo non ha messo ostacolo e ha lasciato che la grazia sufficiente diventasse anche efficace.
    Ma, come ho detto precedentemente, l’uomo non può accordare questo consenso se non per un’ulteriore grazia di Dio.”

    Questa è la visione tomista.

    La tua è la visione molinista.

    Ripeto, entrambe sono lecite secondo il Magistero, che non si è espresso dogmaticamente in favore dell’una o dell’altra visione) ma a mio avviso solo la visione tomista rende chiaro che è solo per Grazia che ci si salva, e che rende chiara la gratuità della Misericordia divina.

    Inoltre è l’unica visione che rende ragione delle promesse di Cristo fatte ad alcuni Santi (come le promesse sulla Coroncina alla Divina Misericordia, sui nove venerdì del Sacro Cuore, sulle orazioni di Santa Brigida eccetera). Ora, tali visioni non possono essere portate come argomentazione teologica, perché nessun fedele è tenuto a credervi, tuttavia io ci credo (in quanto approvate dalla Chiesa) e per me sono state decisive nel farmi capire la verità della visione tomista nel merito.

    • lorenzo ha detto:

      Afferma il Magistero che: “noi possiamo resistere alla Grazia di Dio (qualunque essa sia), perché essa non distrugge il nostro libero arbitrio.”

      Tu affermi che: “la Grazia efficace è irresistibile… perché… si assicura che l’uomo scelga SEMPRE il Bene…”.

      Come puoi ben constatare sono due visioni opposte: io sto col Magistero.

      • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

        E chi lo nega? Quando Dio da solo la Grazia sufficiente non solo possiamo resistere a tale Grazia, ma sicuramente resisteremo a tale Grazia, perché il nostro libero arbitrio è inclinato al male.

        La Grazia efficace è irresistibile non perché fa violenza al libero arbitrio,

        Tu confondi “determinazione” con “violenza”. “Determinare” significa “fissare, stabilire, deliberare, decidere con volontà salda e risoluta” (N. Zingarelli). Nel nostro caso, una causa (la volontà di Dio) produce un effetto (la salvezza o predestinazione dell’uomo) immediatamente, direttamente e principalmente senza dover agire simultaneamente o assieme alla creatura e mendicare il suo consenso. La “violenza”, invece, è una costrizione fisica che obbliga qualcuno a porre un’azione che la sua volontà non accetta. Dio determina e non violenta la libertà umana.

      • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

        Comunque ora preparo una spiegazione su questo tema, a disposizione di chiunque volesse confutarla.

        Dammi qualche ora di tempo.

      • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

        Prima di venire con la spiegazione che sto preparando, ti cito Padre Bellon, un domenicano e tomista (vaglielo a dire che lui non conosce la dottrina cattolica, e che è come un lattante che vuole mangiare cibi solidi).
        http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=3014

        “Per grazia sufficiente s’intende l’impulso che Dio dà per accogliere la grazia.
        Questa grazia sufficiente la dà a tutti, perché vuole salvare tutti e per tutti Cristo è morto sulla croce.
        Tuttavia quando la grazia sufficiente è accolta, viene accolta per un’ulteriore grazia per la quale Dio aiuta la nostra volontà ad accoglierla.
        Questa ulteriore grazia viene chiamata grazia efficace.
        Con questo s’intende dire che anche il sì che diamo alla grazia di Dio è grazia di Dio: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil 2,13).

        Per cui la grazia sufficiente, se non è accompagnata dalla grazia efficace, non è ancora sufficiente a salvare, a portare in grazia.
        Si dice sufficiente perché in essa c’è la volontà di Dio di accordarla al singolo, ma il singolo la rifiuta.
        Quando la grazia rimane solo sufficiente è perché viene bloccata dalla cattiva volontà dell’uomo che non la vuole ricevere.

        Se invece questa grazia sufficiente viene accolta lo si deve al fatto che l’uomo non ha messo ostacolo e ha lasciato che la grazia sufficiente diventasse anche efficace.
        Ma, come ho detto precedentemente, l’uomo non può accordare questo consenso se non per un’ulteriore grazia di Dio.

        Il che, guarda un po’, è esattamente quanto sostenuto da me. Fra qualche ora vengo con la spiegazione che sto preparando ma, se devi parlare, fallo sulla base della dottrina e non sulla base di qualche informazione raccogliticcia dal Catechismo di San Pio X, perché prima di tutto un Catechismo è un’opera divulgativa, che deve essere comprensibile da tutti e spesso semplifica molto alcuni concetti, in secondo luogo è un dato di fatto (da me mai negato) che la Grazia sia resistibile, perché l’uomo con la sua cattiva volontà la rifiuta.

        Ma per l’appunto secondo la dottrina tomista esiste una Grazia, chiamata efficace, che determina la volontà dell’uomo, facendo si che l’uomo, liberamente, in vita o quantomeno in punto di morte, accetti il Sommo Bene.

        Inoltre quanto da te riportato è falso. Il Catechismo di San Pio X riporta al 533

        “Possiamo noi resistere alla grazia di Dio?

        Si, noi possiamo resistere alla grazia di Dio, perché essa non distrugge il nostro libero arbitrio.”

        Il “qualsiasi essa sia’” l’hai aggiunto tu, e oltre a ciò aggiungo che:

        1) come già detto la Graxia efficace non violenta il libero arbitrio, ma lo determina, sicchè fa si che noi liberamente scegliamo il Bene raggiungendo la salvezza. Se lo violentasse ci sarebbe contraddizione tra quanto detto da me e quanto detto da San Pio X, ma così non è;

        2) come hai potuto vedere io ho esposto la dottrina tomista sulla Grazia efficace, non ho inventato nulla, basta che vedi quanto ha scritto Padre Bellon. E se pensi che San Pio X sostenesse una dottrina contraria ti comunico che S. Pio X dopo aver condannato il modernismo nel 1907, poco tempo prima di morire, ovvero il 29 giugno del 1914, prescrisse che si insegnassero i principia et pronuntiata majora della dottrina di S. Tommaso. Padre Guido Mattiussi decise allora di proporre alla ‘S. Congregazione degli Studi’ XXIV Tesi fondamentali. La ,S. Congregazione” le esaminò, le sottopose a S. Pio X e rispose (3 agosto 1914) che quelle Tesi contenevano i princìpi e le grandi affermazioni della dottrina del S. Dottore. Poi nel febbraio del 1916 Benedetto XV tramite la S. Congregazione degli Studi decise che le XXIV Tesi dovessero essere proposte come regole sicure di direzione intellettuale e insegnate nelle scuole cattoliche. Oltretutto San Pio X inswgnato magisterialmente nella Pascendi (8 settembre 1907) e nel Giuramento anti-modernista Sacrorum Antistitum (1° settembre 1910): “Ammoniamo i maestri di filosofia e teologia che facciano bene attenzione a ciò: allontanarsi anche solo un po’ dall’Aquinate, specialmente in metafisica, comporta un grave pericolo”.

        Ritengo perciò estremamente improbabile che tu possa mettere la dottrina tomista contro il Magistero. Se non conosci ciò di cui discuti evita di parlarne, invece di intervenire sprezzantemente affermando che sarei io a cibarmi di cibi solidi senza conoscere il latte (le basi della dottrina).

        • lorenzo ha detto:

          “Possiamo noi resistere alla grazia di Dio?
          Si, noi possiamo resistere alla grazia di Dio, perché essa non distrugge il nostro libero arbitrio.”

          Ho aggiunto tra parentesi “qualsiasi essa sia” per sottolineare il fatto che quando il Magistero utilizza il termine Grazia senza specifica, non intende parlare di un particolare tipo di Grazia ma di una Grazia omnicomprensiva di tutte le sue sottospecifiche teologiche.

          Affermare, come fai tu, che la Grazia efficace determina il libero arbitrio, equivale a dire che il libero arbitrio non è libero arbitrio ma è arbitrio determinato.

          Padre Bellon non afferma nulla in contrasto col magistero, tu invece si.

          Se vuoi ascoltare i miei consigli bene, altrimenti usa pure il tuo libero arbitrio.

          • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

            Guarda che Padre Bellon dice esattamente quanto ho detto io.

            Lo cito di nuovo

            http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=3014

            “Per grazia sufficiente s’intende l’impulso che Dio dà per accogliere la grazia.
            Questa grazia sufficiente la dà a tutti, perché vuole salvare tutti e per tutti Cristo è morto sulla croce.
            Tuttavia quando la grazia sufficiente è accolta, viene accolta per un’ulteriore grazia per la quale Dio aiuta la nostra volontà ad accoglierla.
            Questa ulteriore grazia viene chiamata grazia efficace.
            Con questo s’intende dire che anche il sì che diamo alla grazia di Dio è grazia di Dio: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil 2,13).

            Per cui la grazia sufficiente, se non è accompagnata dalla grazia efficace, non è ancora sufficiente a salvare, a portare in grazia.
            Si dice sufficiente perché in essa c’è la volontà di Dio di accordarla al singolo, ma il singolo la rifiuta.
            Quando la grazia rimane solo sufficiente è perché viene bloccata dalla cattiva volontà dell’uomo che non la vuole ricevere.

            Se invece questa grazia sufficiente viene accolta lo si deve al fatto che l’uomo non ha messo ostacolo e ha lasciato che la grazia sufficiente diventasse anche efficace.
            Ma, come ho detto precedentemente, l’uomo non può accordare questo consenso se non per un’ulteriore grazia di Dio.

            Il che vuol dire precisamente ciò che intendo io, ovvero che la Grazia di Dio è causa della nostra salvezza e che, quando Dio vuole usare la misura della Giustizia lasciando la sola Grazia sufficiente, l’uomo finirà col dannarsi per propria esclusiva colpa mentre, al contrario, quando usa la misura della Misericordia donando la Grazia efficace, solo in quel caso noi diamo il libero consenso positivo alla Grazia di Dio.

            Questo è esattamente quanto detto da Padre Bellon.

            E si, il libero arbitrio umano è si libero, ma la Grazia efficace di Dio fa si che, liberamente, l’uomo scelga il Bene. NON DISTRUGGE LA LIBERTÀ, MA LA ATTUA E LA PORTA AL PIENO COMPIMENTO NEL SUO TENDERE AL BENE, e senza la Grazia efficace la nostrata libertà non raggiungerà il pieno compimento.

            Permettimi di citarti San Tommaso D’Aquino, sulla cui dottrina si basa anche Padre Bellon, che è domenicano e tomista.

            La dottrina afferma che la volontà efficace o assoluta (conseguente) di Dio si compie sempre infallibilmente. Infatti niente di reale e di buono può avvenire al di fuori della causalità efficiente di Dio. Le cause seconde agiscono solo col “concorso naturale” di Dio e sussistono solamente se conservate nell’essere da Dio (S. Th., I, q. 19, a. 6).

            Il “concorso divino”, metafisicamente, è l’influsso della Causa prima sull’attività delle creature. L’ente finito dipende da Dio sia quanto all’essere (creazione e conservazione nell’essere), sia quanto all’agire (“agere sequitur esse”). Inoltre la sana teologia ammette comunemente la necessità di un’azione positiva di Dio sulla creatura per spiegarne l’attività (“concorso immediato”).

            Tale dottrina la si trova nella Rivelazione. Isaia (XXVI, 12): “Signore, Tu hai operato in noi tutte le nostre azioni” e San Paolo (Atti degli Apostoli, XVII, 28): “in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”. La ragione teologica è la seguente: solo Dio è il suo essere che coincide col suo agire, essendo Egli assolutamente semplice. La creatura invece riceve l’essere da Dio. Ora siccome la potenza o capacità di agire non passa da sé all’azione, la creatura ha bisogno di un impulso o spinta all’operare. Dio in quanto causa prima efficiente e finale dell’universo, inoltre, ha il dominio assoluto su tutte le cose. Perciò l’attività delle creature non può essere sottratta all’influsso o concorso divino. Dio è causa principale e la creatura è causa seconda e subordinata (De Potentia, q. 3, a. 7).

            Il concorso divino non è simultaneo o insieme alla creatura, come insegna il molinismo, il quale pone un parallelismo tra causa prima e causa seconda, tra volontà divina e libertà umana, ma per S. Tommaso è una pre-mozione che mantiene l’ordine tra causa prima e seconda (S. Th., I, q. 105; De pot., q. 3, a. 7), nulla togliendo a quest’ultima, come invece fa l’occasionalismo, ma nulla sottraendo a Dio come fa il molinismo, che Lo rende co-autore alla pari con l’uomo della salvezza.

            Per sostenere la tesi molinista bisognerebbe ammettere delle eccezioni al principio di causalità universale di Dio ed ammettere che l’essere dei nostri atti liberi non venga da Dio come da causa prima. Ora tra la volontà di Dio e la nostra vi è un’analogia di attribuzione intrinseca per cui la libertà è predicata per prius et causaliter di Dio (analogato principale) e per posterius et effectualiter delle creature (analogati secondari). Quindi la volontà di Dio è prima e “primo-muove” la nostra (“agere sequitur esse”). Il nostro libero arbitrio è causa reale del suo atto (contro l’occasionalismo), ma non ne è la causa prima o concomitante (contro il molinismo): Dio è la causa prima che crea, conserva nell’essere e muove le cause seconde (S. Th., I, q. 83, a. 1, ad 3).

            E qui entra un gioco la grazia intrinsecamente efficace che, punto importante, come ho più volte detto NON DISTRUGGE LA LIBERTÀ, MA LA ATTUA E LA PORTA AL PIENO COMPIMENTO NEL SUO TENDERE AL BENE.

            S. Tommaso definisce l’essenza di libertà (libertà di esercizio) come “poter agire o non agire” (In I Sent., d. 33, q. 21). Ora “Dio agisce sulle creature secondo la loro natura e non contro essa” (S. Th., I-II, q. 10, a. 4). Perciò siccome la libertà è ordinata per natura al bene, la pre-mozione divina non violenta e non distrugge la libertà dandole un movimento contrario alla sua inclinazione naturale al bene, ma “est maxime naturalis” (S. Th., I-II, q. 10, a. 4) portando la libertà dalla sua tendenza al bene all’azione perfetta o buona.

            Il tomismo, quindi, si erge come una vetta tra i due errori opposti del molinismo e dell’occasionalismo senza sopprime la causalità seconda (come fa l’occasionalismo, che spinge verso il quietismo) e senza considerare la causa seconda alla pari o concomitante con la causa prima (come fa il molinismo spingendo ad una sorta di volontarismo naturalista), ma insegnando che causa prima e seconda sono reali e cooperano in gerarchia di subordinazione del creato all’Increato.

            La Ventiquattresima ed ultima proposizione delle XXIV Tesi del Tomismo insegna: “Nessun agente creato influisce nell’essere di qualsiasi effetto, se non in forza di una mozione ricevuta dalla causa prima”. Vale a dire l’uomo NON PUÒ produrre un atto buono se prima non è stato mosso dalla causa prima che è Dio. Essa è l’ultima conclusione della Prima delle XXIV Tesi del Tomismo, la quale distingue potenza da atto e afferma che la potenza non passa all’atto da sé ma solo se “pre-mossa” da un ente già in atto.

            Come pure della VI Tesi, che insegna la distinzione reale di essenza ed essere negli enti creati. Mentre solo Dio è il suo stesso essere e agire, per cui l’ente creato non può agire da se stesso poiché riceve l’essere e l’agire ab alio ossia da Dio e deve essere creato, conservato nell’essere e pre-mosso da Lui.

            Ora, la volontà inefficace, condizionale o sufficiente (antecedente) di Dio pone un problema quanto alla sua onnipotenza e alla libertà umana. Come si deve concepire teologicamente questa volontà inefficace divina? Per esempio Dio vuole che tutti si salvino, ma di fatto non tutti sono salvati. S. Tommaso risponde che la volontà condizionale di Dio rimane inefficace perché Dio permette che non si compia; perché le creature defettibili possono venire meno e qualche male fisico o morale avviene, ma Egli lo permette per un bene maggiore che solo Lui conosce. Per esempio Dio permette che la gazzella sia sbranata dal leone, che i giusti siano martirizzati, e che alcuni peccatori non vogliano convertirsi – per colpa loro e non per mancanza di aiuto divino – e muoiano nell’impenitenza finale. Soprattutto quest’ultimo caso pone problemi alla coscienza cristiana, come ho esposto sopra nella tesi della riprovazione. Ma dobbiamo tenere ben fermo che Dio lo permette per un bene superiore, per esempio la manifestazione della giustizia contro l’ostinazione nel male. Altrimenti verrebbe meno il primo principio speculativo (d’identità): “il male è il male, il bene è il bene”, e di ordine morale (sinderesi): “il male va evitato, il bene va fatto”.

            Questa distinzione tra volontà antecedente e inefficace e volontà conseguente ed efficace è il fondamento della distinzione tra grazia sufficiente (che dipende dalla volontà antecedente, condizionale e inefficace) e grazia efficace (che dipende dalla volontà conseguente, assoluta ed efficace).

            Esempio: la grazia sufficiente rende potenzialmente possibile osservare i Comandamenti divini, perché dà all’uomo il potere reale di osservarli, e contiene virtualmente la grazia efficace, la quale, però, può essere frustrata dalla resistenza umana alla grazia sufficiente.

            Quando ciò avviene avviene perché l’uomo, per sua propria colpa, ha rifiutato la Grazia sufficiente. La grazia efficace, invece, non rende solo potenzialmente possibile l’osservanza dei comandamenti e/o il pentimento sincero qualora li si trasgredisca, ma CI CONCEDE DE FACTO L’OSSERVANZA REALE DEI COMANDAMENTI E/O IL PENTIMENTO QUALORA NON LI SI OSSERVI, specie in punto di morte (il momento più importante di tutti, visto che un Santo che muore in peccato mortale va all’inferno mentre un grande peccatore che si pente è salvo e se Dio gli da la contrizione perfetta va addirittura subito in Paradiso), essendo intrinsecamente efficace e facendo sì che, infallibilmente, l’uomo scelga il Bene che coincide con la sua salvezza.

            Il molinismo al contrario insegna che la grazia divina è efficace non per se stessa, ma per il nostro consenso. Ma ciò costringerebbe la volontà assoluta di Dio a mendicare il consenso umano e io io ritengo che non vi sia nulla di più assurdo che ammettere una certa passività nell’Atto puro da ogni potenza, che è Dio.

            Per farmi capire meglio ricorro a due esempi che di certo ti saranno noti. Dio da tutta l’eternità ha voluto efficacemente la conversione di S. Paolo, la quale è avvenuta infallibilmente e liberamente, come segno del trionfo della misericordia divina. Infatti la volontà di Dio aiuta quella umana fortiter et suaviter senza farle violenza, ma lasciandola padrona di fare il bene, che è l’essenza della vera libertà, mentre fare il male è un difetto di libertà. Invece Dio non ha voluto efficacemente la conversione di Giuda, l’ha voluta solo in maniera sufficiente e condizionale ed ha permesso l’impenitenza finale di Giuda ( molto probabilmente, non abbiamo certezza assoluta in merito, visto che la Chiesa non fa canonizzazioni alla rovescia, mentre invece abbiamo la certezza assoluta della santità è salvezza di San Paolo, essendo un Santo Canonizzato ed essendo le canonizzazioni infallibili) a causa del suo rifiuto della grazia sufficiente offertagli sino alla fine nel Getsemani e per motivi superiori, che lui solo conosce nei minimi dettagli e che per noi sono genericamente la manifestazione della giustizia divina.

            Ma avrebbe potuto salvare Giuda, volendo? Certamente, perché con la Grazia efficace avrebbe determinato che Giuda, in piena libertà, scegliesse il Bene e si pentisse. Non l’ha fatto e quindi Giuda si è dannato per sua propria colpa, perché Dio, come detto, non ha voluto efficacemente la sua conversione.

            Questo non implica un’ingiustizia da parte di Dio, perché la Grazia efficace è un dono di Misericordia che, in quanto tale, non è “dovuto” a nessuno.
            Perciò si, secondo la dottrina tomista la Grazia efficace determina infallibilmente un effetto (la salvezza e la predestinazione), assicurandosi che l’uomo scelga il Bene e raggiungendo sempre tale obiettivo.

            Infatti la libertà consiste nel voler tendere al fine o al bene. Essa è, quindi, la facoltà o potenza di scegliere i mezzi utili per conseguire il fine. S. Tommaso spiega che “poter fare il male non è l’essenza della libertà; ma ne è una conseguenza in quanto la natura creata è fallibile e defettibile e può errare e fare il male” (De Ver., q. 24, a. 3, ad 2). Quindi poter fare il male è un difetto o deficienza di vera libertà. Questa, pertanto, non può essere un fine e tanto meno il fine ultimo e il sommo bene, poiché è una potenza o capacità di agire liberamente. Ora l’azione o operazione consiste nel tendere verso il fine. Quindi la libertà è capacità, strumento o mezzo atto a cogliere il fine e non è il fine. Perciò, in quanto la libertà è facoltà o potenza, non passa all’azione da sé, ma solo se prima è spinta da un altro che è già in atto.

            Ora, resistere alla grazia sufficiente è un difetto che viene solo da noi, dal nostro libero arbitrio inclinato al male dopo il peccato originale e non dalla deficienza della grazia divina, che sarebbe realmente sufficiente per un uomo non decaduto, mentre non resisterle è un bene, che, ultimamente, viene come causa prima da Dio autore di ogni bene e da noi solo come cause seconde pre-mosse, spinte o “primo-mosse” da Dio.

            L’uomo non può fare positivamente il bene se non è spinto o ‘pre-mosso’ da Dio, mentre può fare il male o “deficere” da sé, poiché il male è “privazione di bene” e la privazione o deficienza non hanno bisogno di un impulso divino. Un mancamento o privazione non richiede se non una causa deficiente. Il Creatore di ogni cosa e quindi anche della libertà umana può infallibilmente muoverla a determinarsi liberamente a fare un atto buono. Non la violenta, togliendole la libertà, ma la pre-muove a determinarsi liberamente. Infallibilità, efficacia, pre-mozione a determinarsi non significano violenza o necessità.

            Era questo che volevo dire quando ho scritto che il libero arbitrio umano è determinato da Dio. Non nel senso che le scelte del libero arbitrio di chi si salva sono forzate da Dio ma che Dio muova infallibilmente la volontà di chi si salva a fare degli atti buoni e/o a pentirsi dei propri peccati (il pentimento non è un qualcosa che possiamo darci da noi, è, come è noto, una Grazia) morendo quindi in stato di Grazia.

            Questa è la dottrina tomista sostenuta da Bellon e da me. Come vedi quindi il Magistero permette di sostenere l’esistenza della Grazia che porta infallibilmente alla salvezza. La tesi molinista da te sostenuta non regge al vaglio della ragione e non rende giustizia alla gratuità della Misericordia divina, visto che rende Doo co-autore alla pari con l’uomo della salvezza, che è un’assurdità.

            • lorenzo ha detto:

              Forse che Dio può salvarci senza la nostra volontà?

              • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

                Ovviamente no, il Concilio di Trento condanna esplicitamente una tale tesi, nel quarto canone sulla giustificazione.

                “Se qualcuno dice che il libero arbitrio dell’uomo, mosso ed eccitato da Dio, non coopera in nessun modo esprimendo il proprio assenso a Dio, che lo muove e lo prepara ad ottenere la grazia della giustificazione; e che egli non può dissentire, se lo vuole, ma come cosa senz’anima non opera in nessun modo e si comporta del tutto passivamente: sia anatema.”

                Ma come ho detto Lui muove la nostra volontà, come ho scritto, tramite la pre-mozione.

                È per questo che San Paolo si è salvato, perché da tutta l’eternità Dio ha voluto la sua salvezza. Giuda al contrario si è dannato perché Dio, per motivi che a noi non è dato sapere, non ha voluto la sua salvezza, permettendo che morisse nell’impenitenza finale e che si perdesse. Anche San Paolo si sarebbe perduto se Dio non avesse pre-mosso la sua volontà al Bene, facendo sì che infallibilmente e liberamente la volontà dell’uomo Saulo accettasse il Bene.

                Il tomismo insegna che se Dio non è determinante, è determinato, e in questo caso non sarebbe onnipotente ma sarebbe, al contrario, dipendente parzialmente dalla volontà umana. Insegna anche, contro ogni predestinazianismo luterano-calvinista, che la mozione efficace della volontà e grazia divina, non fa violenza alla volontà del peccatore al momento della sua conversione, anzi attua la vera libertà umana e la porta a determinarsi verso il bene, volgendo liberamente le spalle al male.

                La grazia efficace attua la libertà umana, senza violentarla. Dio ci conduce a volere liberamente ciò che vuole che noi facciamo. La pre-mozione efficace divina non è necessitante, perché attua, con noi e in noi, il modo libero della nostra scelta volontaria, senza distruggerla violentandola. Non bisogna mai dimenticare che la vera libertà è finalizzata al bene e, se Dio la porta a farlo, la attua e perfeziona, non la costringe o violenta.
                È la distinzione tra volontà antecedente e inefficace e volontà conseguente ed efficace, distinzione che a sua volta è, come ho scritto, il fondamento della distinzione tra grazia sufficiente (che dipende dalla volontà antecedente, condizionale e inefficace) e grazia efficace (che dipende dalla volontà conseguente, assoluta ed efficace).

                È per questo che vi è una predestinazione alla gloria e, per i dannati, non la predestinazione alla dannazione (questa è l’empia tesi protestante che vede Dio come autore del male) ma la riprovazione negativa, che ho citato sotto, ovvero

                “Dio riprova alcuni. Infatti abbiamo già detto che la predestinazione è una parte della provvidenza. Si è anche dimostrato che la provvidenza può ragionevolmente permettere qualche deficienza nelle cose ad essa sottoposte. Dunque, siccome gli uomini vengono indirizzati alla vita eterna dalla provvidenza divina, appartiene ad essa il permettere che alcuni manchino di raggiungere questo fine (ut permittat aliquos ab isto fine deficere). E ciò si dice riprovare.
                Quindi come la predestinazione è parte della provvidenza relativamente a coloro che da Dio vengono ordinati alta salvezza eterna; così la riprovazione è parte della divina provvidenza rispetto a coloro che non raggiungono tale fine.
                Quindi la riprovazione non dice soltanto prescienza: ma vi aggiunge concettualmente qualche cosa. Difatti, come la predestinazione include la volontà di conferire la grazia e la gloria, così la riprovazione include la volontà di permettere che qualcuno cada nella colpa, e che cada nella pena della dannazione per il peccato” (Somma teologica, I, 23, 3).

                Dio con i predestinati alla gloria mostra la Sua Misericordia, salvandoli, causando la loro salvezza, ovvero facendo sì che infallibilmente e liberamente si volgano al Bene, con i riprovati al contrario mostra la Sua Giustizia permettendo la loro perdizione.

                Perciò no, Dio non salva l’uomo contro la sua volontà. Ma la volontà dell’uomo si volgerebbe sempre lontano da Dio, sia in vita che al momento della morte, morendo nell’impenitenza finale, se Dio non attuasse la libertà umana, senza violentarla, conducendoci infallibilmente a volere liberamente ciò che vuole che noi facciamo.

                Questo perché dopo il peccato originale la nostra volontà, se non è coadiuvata dalla Grazia efficace, si volge al male, frustrando la sua (della nostra volontà) tendenza naturale al Bene. Al contrario la Grazia efficace attua la vera libertà umana, facendo sì che l’uomo, pur mantenendo la libertà ontologica di scegliere il male e la perdizione, scelga infallibilmente e liberamente il Bene e la salvezza.

                • lorenzo ha detto:

                  Tu scrivi che:
                  “… Giuda… si è dannato perché Dio… non ha voluto la sua salvezza…”.

                  Il Magistero cattolico insegna che: Giuda si è dannato perché ha rifiutato la salvezza che Dio gli ha offerto.

                  Capisci la differenza?

                  • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

                    La differenza è solo nel focus che si mette su questo o su quell’aspetto.

                    Anche io infatti ho scritto che Giuda si è dannato perché ha rifiutato la salvezza che Dio gli ha offerto (e che offre a tutti, tramite la Grazia sufficiente).

                    Infatti quello che ho scritto è inconfutabile, ovvero che Dio ha permesso la morte di Giuda in peccato mortale quando avrebbe potuto far si che Giuda si pentisse e liberamente accettasse il Bene.

                    Il fatto che Dio abbia permesso la dannazione di Giuda non significa che Dio abbia causato la dannazione di Giuda, significa che l’ha permessa. Ora, Dio doveva forse salvare Giuda, dandogli la Grazia efficace che avrebbe pre-mosso la sua volontà facendo sì che Giuda certamente si convertisse, del tutto liberamente?

                    No, perché questo è un atto di Misericordia, Misericordia che, fino a prova contraria, con Giuda non è stata usata. Dio dona la Grazia efficace (l’unica salvifica) per Misericordia, la quale, non essendo “dovuta” a nessuno, può essere data ad uno (San Paolo) e rifiutata all’altro (Giuda).

                    A San Paolo è stata data perché era predestinato alla Gloria, e quindi Dio ha causato la sua salvezza pre-muovendo la sua volontà a far si che, infallibilmente, accettasse il Bene, Giuda invece non era predestinato alla Gloria e Dio ha permesso che si dannasse.

                    Quando scrivo che Dio non ha voluto la salvezza di Giuda non intendo dire che gli ha negato la Grazia sufficiente (poichè Dio non è ingiusto), che Dio dona a tutti. Ma come diceva anche Padre Bellon la Grazia sufficiente non diventa efficace senza un altro impulso salvifico di Dio che ci spinge a dare infallibilmente il nostro si alla Grazia. Solo la Grazia efficace può fare ciò.

                    Riporto quanto ho già scritto sopra, riprendendo San Tommasso

                    Ora, la volontà inefficace, condizionale o sufficiente (antecedente) di Dio pone un problema quanto alla sua onnipotenza e alla libertà umana. Come si deve concepire teologicamente questa volontà inefficace divina? Per esempio Dio vuole che tutti si salvino, ma di fatto non tutti sono salvati. S. Tommaso risponde che la volontà condizionale di Dio rimane inefficace perché Dio permette che non si compia; perché le creature defettibili possono venire meno e qualche male fisico o morale avviene, ma Egli lo permette per un bene maggiore che solo Lui conosce. Per esempio Dio permette che la gazzella sia sbranata dal leone, che i giusti siano martirizzati, e che alcuni peccatori non vogliano convertirsi – per colpa loro e non per mancanza di aiuto divino – e muoiano nell’impenitenza finale. Soprattutto quest’ultimo caso pone problemi alla coscienza cristiana, come ho esposto sopra nella tesi della riprovazione. Ma dobbiamo tenere ben fermo che Dio lo permette per un bene superiore, per esempio la manifestazione della giustizia contro l’ostinazione nel male. Altrimenti verrebbe meno il primo principio speculativo (d’identità): “il male è il male, il bene è il bene”, e di ordine morale (sinderesi): “il male va evitato, il bene va fatto”.

                    Cosa c’è di non chiaro? Chi si salva si salva per Grazia di Dio, che è l’autore della salvezza, visto che senza la Sua Grazia efficace nessuno si salverebbe, chi si danna si danna per propria colpa, rifiutando la Grazia sufficiente che Dio offre a tutti.

                    Se così non fosse e, come molti cattolici pensano oggi, abbracciano la tesi molinista, non esistesse una Grazia intrinsecamente efficace ma solo una che può diventare tale in base al nostro consenso, in tal caso Dio co-autore alla pari con l’uomo della salvezza, che è, come già detto, un’assurdità.

                    Dio invece causa la salvezza dell’uomo. È per questo che la Misericordia non viene dopo il pentimento, come credono molti neopelagiani, ma è causa del pentimento e del ritorno in Grazia dopo un peccato mortale e specialmente è causa della perseveranza finale.

                    Questa è la tesi tomista sostenuta da me, Padre Bellon e da molti teologi e padri della Chiesa. Che poi oggi i cattolici siano in maggioranza molinisti quando non proprio pelagiani è un altro discorso.

                  • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

                    Perciò è inutile che mi chiedi “capisci la differenza?”.

                    Ti ho spiegato la differenza tra volontà antecedente e inefficace e volontà conseguente ed efficace in Dio, che è il motivo per il quale,nonostante Dio vuole che tutti si salvino e giungano alla conoscenza della Verità (1 Tim 2:4) de facto non tutti si salvano. Sono io a chiederti “capisci la differenza?” In quanto sembri proprio non afferrare il concetto.

                    Si, Giuda ha rifiutato la salvezza che Dio gli ha offerto, ma questo solo perché Dio ha voluto la sua salvezza con volontà antecedente, condizionale ed inefficace, come con tutti i reprobi coi quali viene usata la misura della Giustizia, dando loro la sola Grazia sufficiente (che Dio dà a tutti) e non dandogli la Grazia efficace. Se Dio avesse voluto la salvezza di Giuda con volontà conseguente, assoluta ed efficace, Giuda si sarebbe salvato esattamente come Paolo, perché la sua volontà, pre-mossa da Dio con la Grazia efficace, avrebbe certamente accettato il Bene, morendo in Grazia.

                    • lorenzo ha detto:

                      Scrivere “… Misericordia… con Giuda non è stata usata” significa non aver capito il messaggio evangelico: auguri…

                    • lorenzo ha detto:

                      Inoltre, affermare che Dio abbia figli verso i quali usa Misericordia (con volontà conseguente, assoluta ed efficace) e figliastri verso i quali usa Giustizia (con volontà antecedente, condizionale ed inefficace), è, in base alla dottrina cattolica, eresia.

                    • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

                      Non è questione di figli e figliastri, è questione che Dio usa Misericordia e Giustizia, che si sostanzia nella predestinazione per alcuni e nella riprovazione per altri. Altrochè eresia.

                      Semmai l’eresia nasce dalle tue parole, che neghi che Dio avrebbe potuto convertire Giuda senza violare il suo libero arbitrio. Nientemeno che la negazione dell’onnipotenza divina.

                      Su Giuda riporto le parole del Vangelo

                      “Certo il Figlio dell’uomo se ne va, com’è scritto di lui, ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato!” Mc 14,21.

                      Ma chissà. Magari quando Dio disse a Mosè “Avrò misericordia per chi vorrò averla, e farò grazia a chi vorrò farla” pensava a quando, nel XXI secolo, Lorenzo Lo avrebbe accusato di essere ingiusto dividendo i Suoi figli in “figli e figliastri”.

                      È davvero ironico sentirmi dare dell’eretico da chi nega l’onnipotenza divina (ovvero che Dio avrebbe potuto convertire Giuda come ha fatto con San Paolo, senza minimamente violare il libero arbitrio) e nega la predestinazione e la riprovazione (entrambi concetti teologici cattolici http://www.cristianicattolici.net/predestinazione-catechesi-spiegazione.html ) affermando che Dio farebbe figli e figliastri.

                    • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

                      Ad ogni modo

                      “Inoltre, affermare che Dio abbia figli verso i quali usa Misericordia (con volontà conseguente, assoluta ed efficace) e figliastri verso i quali usa Giustizia (con volontà antecedente, condizionale ed inefficace), è, in base alla dottrina cattolica, eresia.”

                      Dimostralo. Questa è la tesi sostenuta dai tomisti e dai domenicani. Dimostra che la Chiesa Cattolica ha condannato la tesi della Grazia efficace (frutto solo della Misericordia divina che, con volontà conseguente, assoluta ed efficace, porta alla salvezza l’uomo, facendo sì che liberamente e infallibilmente si salvi) e della Grazia sufficiente (dove la volontà antecedente, condizionale ed inefficace di Dio permette la dannazione dei reprobi).

                      Hai affermato una cosa molto forte, che sarebbe eresia, ovvero che il tomismo e San Tommaso (perché se non fosse chiaro quella è la tesi di San Tommaso) sarebbe eretico (!).

                      Sono io che faccio gli auguri a te, perché dopo una simile uscita hai toccato il fondo.

                      Ma penso che l’unico problema è che parli di ciò che non conosci (dando però agli altri dei lattanti che si cibano di cibi solidi e dicendo agli altri che parlano di teologia senza avere le basi della dottrina), perché anche Padre Bellon ha detto la stessa cosa

                      Lo cito di nuovo

                      http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=3014

                      “Per grazia sufficiente s’intende l’impulso che Dio dà per accogliere la grazia.
                      Questa grazia sufficiente la dà a tutti, perché vuole salvare tutti e per tutti Cristo è morto sulla croce.
                      Tuttavia quando la grazia sufficiente è accolta, viene accolta per un’ulteriore grazia per la quale Dio aiuta la nostra volontà ad accoglierla.
                      Questa ulteriore grazia viene chiamata grazia efficace.
                      Con questo s’intende dire che anche il sì che diamo alla grazia di Dio è grazia di Dio: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil 2,13).

                      Per cui la grazia sufficiente, se non è accompagnata dalla grazia efficace, non è ancora sufficiente a salvare, a portare in grazia.
                      Si dice sufficiente perché in essa c’è la volontà di Dio di accordarla al singolo, ma il singolo la rifiuta.
                      Quando la grazia rimane solo sufficiente è perché viene bloccata dalla cattiva volontà dell’uomo che non la vuole ricevere.

                      Se invece questa grazia sufficiente viene accolta lo si deve al fatto che l’uomo non ha messo ostacolo e ha lasciato che la grazia sufficiente diventasse anche efficace.
                      Ma, come ho detto precedentemente, l’uomo non può accordare questo consenso se non per un’ulteriore grazia di Dio.”

                      Il che vuol dire che Giuda si è dannato proprio perché ha ricevuto la sola Grazia sufficiente (misura della Giustizia, non a caso Cristo dice che sarebbe stato meglio che non fosse mai nato), rifiutandola per propria colpa, perché se avesse ricevuto la Grazia efficace si sarebbe salvato come San Paolo.

                      Ma si, sono io che dico eresie. ROFTL 😀

                    • Vincent Vega turbo hiper fighting ha detto:

                      Cerco di farti un riassunto per renderti la questione più chiara, punto per punto, al limite dimmi cosa non ti torna:

                      1) Dio vuole la salvezza di tutti ma non tutti si salvano;

                      2) Dio è il Salvatore, l’autore della salvezza, e dona ai predestinati alla Gloria la Grazia Efficace che permette loro di osservare i comandamenti, di pentirsi quando cadono e, soprattutto, di morire in stato di Grazia;

                      3) Dio da a tutti la Grazia sufficiente, ma mentre ai predestinati dona anche la Grazia efficace (l’unica intrinsecamente infallibile e che porta alla salvezza) ai reprobi lascia la sola Grazia sufficiente;

                      4) potremmo chiederci perché Dio, pur potendo salvare tutti, e volendo salvare tutti, dia solo ai predestinati la Grazia efficace (come detto intrinsecamente infallibile e salvifica) e lasci ai reprobi la sola Grazia sufficiente, quando donando loro la Grazia efficace si salverebbero certamente, poiché la loro volontà sceglierebbe, coadiuvata dalla Grazia, infallibilmente il Bene.
                      La risposta al perché Dio lasci ai reprobi la sola Grazia sufficiente, permettendo che si dannino per loro esclusiva colpa, risiede per l’appunto nella differenza tra la volontà inefficace, condizionale e antecedente di Dio e la volontà efficace, assoluta e conseguente di Dio. Come hai notato anche tu questa cosa pone un problema morale, perché ci si chiede come mai Dio, pur potendo salvare tutti senza violare il libero arbitrio (e, anzi, quando salva porta il libero arbitrio alla vera libertà, visto che, come scritto sopra, la efficace attua la libertà umana, senza violentarla, e tremiate Dio ci conduce a volere liberamente ciò che vuole che noi facciamo). Come si deve concepire teologicamente questa volontà inefficace divina che Dio usa verso i reprobi? Come detto nel punto numero 1 Dio vuole che tutti si salvino, ma di fatto non tutti sono salvati. S. Tommaso risponde che la volontà condizionale di Dio rimane inefficace perché Dio permette che non si compia; perché le creature defettibili possono venire meno e qualche male fisico o morale avviene, ma Egli lo permette per un bene maggiore che solo Lui conosce. Per esempio Dio permette che la gazzella sia sbranata dal leone, che i giusti siano martirizzati, e che alcuni peccatori non vogliano convertirsi – per colpa loro e non per mancanza di aiuto divino – e muoiano nell’impenitenza finale. Soprattutto quest’ultimo caso pone problemi alla coscienza cristiana, come ho esposto sopra nella tesi della riprovazione. Ma dobbiamo tenere ben fermo che Dio lo permette per un bene superiore, per esempio la manifestazione della giustizia contro l’ostinazione nel male. Sicchè i dannati mostrano la Sua Giustizia, i salvati la grandezza della Sua Misericordia.

                      Se ho scritto eresie contrarie al Magistero della Chiesa dimostralo.

                    • lorenzo ha detto:

                      @Vincent

                      “… che alcuni si salvino è dono di chi li salva, che alcuni periscono è merito di chi perisce… ” 
                      Queste sono le parole con le quali il concilio di Quiercy condanna la predestinazione per taluni e la riprovazione per talaltri.

                      Tanto per la cronaca, il tuo è pelagianesimo…

  • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

    Aggiungo un’altra cosa, Lorenzo (p.s: scusatemi ma sono costretto ad usare questo nick perché col mio solito nick non posso postare, avendo passato i 21 commenti), e chiedo scusa per il lunghissimo commento ma a mio avviso è necessario su un tema così delicato.

    Nel cattolicesimo, al contrario che nel protestantesimo, non è contemplata la predestinazione alla dannazione.

    Tuttavia è contemplata eccome la tesi della riprovazione negativa, che è sostanzialmente quanto dicevo sopra, quando parlavo del fatto che Dio, volendo, può lasciare al peccatore la Sua sola Grazia Sufficiente e, quando ciò accade, il peccatore morirà nell’impenitenza finale, dannandos per sua propria esclusiva colpa.

    Dio avrebbe potuto salvarlo? Certo, dandogli la Grazia efficace si sarebbe salvato, tuttavia non è vi è ingiustizia da parte di Dio, poichè la Grazia efficace è un dono di Misericordia che, in quanto tale, non è “dovuto”.

    A tal proposito, sulla riprovazione negativa, ti cito San Tommaso D’Aquino

    “Dio riprova alcuni. Infatti abbiamo già detto che la predestinazione è una parte della provvidenza. Si è anche dimostrato che la provvidenza può ragionevolmente permettere qualche deficienza nelle cose ad essa sottoposte. Dunque, siccome gli uomini vengono indirizzati alla vita eterna dalla provvidenza divina, appartiene ad essa il permettere che alcuni manchino di raggiungere questo fine (ut permittat aliquos ab isto fine deficere). E ciò si dice riprovare.
    Quindi come la predestinazione è parte della provvidenza relativamente a coloro che da Dio vengono ordinati alta salvezza eterna; così la riprovazione è parte della divina provvidenza rispetto a coloro che non raggiungono tale fine.
    Quindi la riprovazione non dice soltanto prescienza: ma vi aggiunge concettualmente qualche cosa. Difatti, come la predestinazione include la volontà di conferire la grazia e la gloria, così la riprovazione include la volontà di permettere che qualcuno cada nella colpa, e che cada nella pena della dannazione per il peccato” (Somma teologica, I, 23, 3).

    Chiaro? Come ti ho detto sei libero di accettare la tesi molinista, che la vede diversamente, ma ripeto che quella tesi non rende Giustizia alla gratuità della Misericordia divina quanto la tesi tomista.

    Inoltre, sempre a mio avviso, ci sono problemi logici nella lecita tesi molinista, che magari tratterò più avanti per farti capire meglio cosa intendo e per farti capire perché non la ritengo sostenibile.

    • lorenzo ha detto:

      Mi sembri un lattante che è convinto di crescere più in fretta mangiando cibi solidi: pretendi di masticare i cavilli teologici senza avere le basi della dottrina cattolica. Attento a non strozzarti da solo.

      • Vincent Vega turbo iper fighting ha detto:

        A me invece sembri uno che, incapace di formulare una sola argomentazione che sia degna di questo nome, accusa gli altri di non avere preparazione.

        Se davvero sono impreparato e non possiedo le basi della dottrina cattolica mostralo. Altrimenti rimangono, come al solito, sparate apodittiche basate sul nulla, come quelle che hai fatto su Al, dove io ho argomentato dottrinalmente e teologicamente ogni mia posizione.

        Saluti.

        Per una confutazione di quanto ho scritto io sono qui.