Pio Laghi, crolla la leggenda nera: aiutò i desaparecidos argentini
- Ultimissime
- 14 Giu 2016
Uno dei topos più comuni di chi attacca la Chiesa è quella di presentare i suoi membri come strettamente complici delle dittature e dei loro crimini. È stato il caso di papa Pacelli con il nazismo, di Stepinac con gli Ustacia e dello stesso papa Francesco con la dittatura argentina.
Non appena salito al soglio pontifico, si scatenò difatti una “campagna di fango” contro il nuovo pontefice, cercando di presentarlo come ossequiente e connivente alla dittatura di Jorge Rafael Videla. Accuse che si sono rivelate false e tendenziose come è stato spiegato in questo sito web.
Riguardo al regime dei militari argentini, la figura più discussa, almeno per un certo periodo di tempo, è stata però quella di Pio Laghi, nunzio apostolico a Buenos Aires dal 1974 al 1980. Il prelato è stato difatti accusato di aver preso parte attiva ai massacri operati dai generali, tanto che il 4 maggio 1997 la presidente delle Madri della Piazza di Maggio, Hebe de Bonafini -assieme a Marta Badillo e all’avvocato Sergio Schocklender-, annunciarono una richiesta di processo contro il diplomatico in quanto, a loro parere, all’epoca del regime dei militari «visitava assiduamente i centri di detenzione clandestini e permetteva le torture e le esecuzioni che vi avevano luogo». L’esposto fu consegnato ai Tribunale di Roma il 21 maggio 1997, giorno del settantacinquesimo compleanno del porporato, e si concluse con un non luogo a procedere in quanto Laghi risultava «cittadino vaticano».
A dire la verità, non mancarono da parte del prelato atteggiamenti controversi come le partite a tennis giocate con Emilio Massera, uno dei membri della Giunta militare, e la stessa Chiesa argentina non fu esente da colpe. L’episcopato si mostrò in quel periodo diviso e, sebbene non mancassero vescovi che si batterono apertamente contro la dittatura di Videla come monsignor Angelelli e monsignor Ponce de Leon (assassinati dal regime), la maggioranza del clero adottò una discutibile posizione di neutralità.
Tuttavia, la posizione del papa dell’epoca, Giovanni Paolo II, fu di chiara condanna al punto che nel discorso dell’Angelus pronunciato il 28 ottobre 1979, denunciò il dramma delle persone scomparse: «Chiediamo che sia affrettata l’annunciata definizione delle posizioni dei carcerati e sia mantenuto un impegno rigoroso a tutelare… il rispetto della persona fisica e morale dei colpevoli o indiziati di violazioni». Intervento che fu molto importante in quanto, non solo spinse i vescovi argentini a prendere (pur con difficoltà) le distanze dal potere militare, ma anche perché con esso avrebbe rischiato di compromettere la mediazione che la Santa Sede a quel tempo stava effettuando per evitare un conflitto tra il Cile e l’Argentina (cfr. A. Riccardi, Giovanni Paolo II. La biografia, Milano 2011 pp. 414-416).
Inoltre, i documenti a disposizione, dimostrano come Pio Laghi, lungi dall’appoggiare la repressione, fu, al contrario, molto attivo nel cercare di salvare i perseguitati: durante quel periodo, infatti, il nunzio intercedette a favore dei detenuti, si interessò della sorte dei desaparecidos, criticò pubblicamente la Giunta militare e si scontrò con vescovi e cappellani “collaborazionisti”. Nel solo 1979, Laghi si interessò della sorte di 2388 cittadini e gli interventi del nunzio riuscirono in qualche caso ad ottenere la scarcerazione di alcuni detenuti politici come accade, per esempio, con l’avvocato Horacio Moavro, residente a Mercedes, e con la signora Silvia Victoria Diaz, «comunista, detenuta il 23 marzo 1975, in Villa Constitución». Entrambi vennero liberati grazie al suo intervento (cfr. M.L. Napolitano, Il papa, il nunzio apostolico e la dittatura argentina, 20 marzo 2013). Lo “Schedario di Pio Laghi”, secondo Luis Badilla direttore de “Il Sismografo”, conterebbe 5000 nominativi divisi in due parti (“detenuti” e “scomparsi”) inviati al Vaticano e che dimostrano l’impegno che svolse il porporato a favore delle vittime del regime. Frequenti furono anche gli incontri con le autorità per protestare contro le condizioni dei detenuti politici, il sequestro e l’eliminazione della persone e la violazione di fondamentali diritti umani. Interventi che irritarono a tal punto la Giunta che l’«amico» Massera lo costrinse nel dicembre 1980 a lasciare il paese in quanto “persona non grata”.
Nonostante questo, Laghi verrà paradossalmente accusato di essere stato complice della repressione di Videla, e a partire dal 1997 fu scatenata sui giornali argenti una “campagna di fango” contro il nunzio, che fu difeso da chi all’epoca si batté per la sorte dei desaparecidos: «Ti accompagno in questa dolorosa e ingiusta campagna sulla stampa e mi associo alla dichiarazione molto opportuna dei vescovi argentini. Ti conosco bene e so tutto quello che hai fatto nel nostro momento difficile» gli scrisse il cardinal Eduardo Pironio. Anche per lo storico Loris Zanatta, «la versione di un Pio Laghi attivo fiancheggiatore della giunta non trova corrispondenza nei documenti».
A contribuire alla “leggenda nera” sul prelato sono stati gli stessi militari argenti che, volendo presentarsi come i «difensori della civiltà cristiana occidentale» contro il «cancro marxista», cercarono di arruolare Laghi tra i loro ranghi, scatenando in tal senso una subdola quanto falsa campagna mediatica. Non è estraneo, però, anche il pregiudizio di certi ambienti anticlericali che, nel voler tratteggiare l’immagine di una Chiesa a tutti i costi oscurantista, arrivano (non si sa quanto consapevolmente) a diffondere vere e proprie falsità storiche.
1 commenti a Pio Laghi, crolla la leggenda nera: aiutò i desaparecidos argentini
Pironio l’ho conosciuto. E’ un Santo, con la S maiuscola. Se lo ha detto ci credo.