Stalin, il sostegno alla propaganda atea e i rapporti con la Chiesa ortodossa
- Ultimissime
- 07 Mag 2016
Dal 1917 fino al crollo dell’Unione Sovietica, la Russia fu governata da un regime che cercò di combattere le religioni ed imporre l’ateismo alla sua popolazione. Vi fu tuttavia in quei decenni un breve periodo in cui le autorità comuniste cessarono la loro campagna antireligiosa per giocare invece sul buon rapporto tra Stato e Chiesa, e questo accade durante gli anni della «Grande Guerra Patriottica».
Può sembrare sorprendente il fatto che ad adottare questa politica fu nientemeno che Stalin in quanto il dittatore, una volta ottenuto il potere assoluto, si era mostrato intenzionato a continuare la politica già inaugurata dal suo predecessore Lenin, scatenando una feroce persecuzione anticristiana: durante gli anni ’30 il numero dei preti si ridusse a poche migliaia, le chiese furono distrutte, non fu più consentito dopo il 1926 avere un patriarca e la popolazione fu costretta a praticare clandestinamente la propria fede.
Anche con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il georgiano lasciò immutata la sua linea di condotta, provvedendo anzi, ad estendere i provvedimenti antireligiosi anche alle regioni conquistate grazie all’alleanza stipulata con Hitler tramite il patto Molotov-Ribbentrop. Tuttavia, il 22 giugno 1941, la Germania invase l’Unione Sovietica e questo modificò completamente la politica ecclesiastica del paese: Stalin stigmatizzò le attività anticristiane dei fanatici del partito, vennero restaurate le chiese, incoraggiate le cerimonie religiose, fu ripristinato il patriarcato, riaperti i seminari e alla Chiesa fu concesso di avere delle proprietà.
Cosa spinse il segretario del partito comunista a questa clamorosa svolta? La spiegazione va trovata nelle finalità politiche che si prefiggeva il dittatore. In primo luogo, Stalin era perfettamente cosciente che il popolo non era disposto a combattere per il comunismo, e che per mobilitare la popolazione era necessario fare leva sul patriottismo e la tradizione. L’aiuto della Chiesa ortodossa li era fondamentale in tal senso, e la sua mossa si rivelò esatta sia perché la ritrovata libertà di culto venne accolta con entusiasmo dai fedeli come provato dall’affollamento delle chiese di Mosca in occasione della Pasqua del ’43, o dal fatto che i soldati in licenza frequentarono in gran numero le cerimonie religiose (anche se Stalin non accettò mai che i cappellani potessero seguire le truppe), sia perché la Chiesa ortodossa rispose positivamente all’invito del regime al puntò che il metropolita Sergej fece appello ai fedeli affinché facessero il possibile per garantire la vittoria, e la stessa Chiesa donò alle forze armate 150 milioni di rubli, frutto della raccolta tra i fedeli.
Inoltre, con la ritrovata libertà di culto degli ortodossi, Stalin si prefiggeva l’obiettivo di impressionare favorevolmente gli Alleati. Il dittatore sapeva infatti che buona parte del sentimento antisovietico, specialmente negli Stati Uniti, era dovuto alla persecuzione contro le chiese (ancora il 23 giugno 1941, Roosevelt paragonava la mancanza della libertà di culto nella Germania nazista a quella della Russia sovietica) e per dimostrare che l’ateismo di stato era una pagina vecchia rappresentati sovietici furono inviati dalle potenze alleate per fornire assicurazioni sulla svolta comunista, religiosi stranieri furono invitati a visitare Mosca, e lo stesso Stalin riferì all’ambasciatore inglese che anche lui, a modo suo, credeva in Dio. La chiesa anglicana si mobilitò a sostegno dell’alleanza sovietica; ma in America pochi cristiani credettero alla svolta di Stalin considerata (non a torto) una mossa politica. Tra i più decisamente contrari all’alleanza con la Russia c’erano i cattolici, dato che il papa Pio XI aveva emanato nel 1937 l’enciclica Divini Redemptoris che condannava l’ideologia comunista.
Per placare l’ira dei religiosi, Roosevelt cercò di presentare ai fedeli americani uno stato tedesco ancora più ostile al cristianesimo della Russia di Stalin: nell’ottobre 1941 il presidente americano dichiarò di avere una copia di un programma di trenta punti, stilato dal filosofo del partito nazista Alfred Rosenberg, che prevedeva la creazione di una chiesa nazionale tedesca che avrebbe tra l’altro sostituito la Bibbia con il Mein Kampf, e rimpiazzato la croce con la spada e la svastica. Questo documento ebbe una grande diffusione sebbene si sarebbe successivamente rivelato un falso; ma le intenzioni di Hitler di eliminare le Chiese cristiane erano autentiche in quanto il Fuhrer considerava il cristianesimo come un «bolscevismo cordiale, sotto una facciata di metafisica», e nel Terzo Reich diversi movimenti incoraggiarono nuove forme di paganesimo come le SS di Himmler. A facilitare il lavoro di Roosevelt, fu anche una rassicurazione personale di papa Pio XII che fece sapere che l’enciclica del suo predecessore condannava sì l’ideologia comunista, ma non proibiva l’invio di aiuti all’Unione Sovietica per sostenere il popolo russo (sul cambio di politica di Stalin e sull’azione di Roosevelt cfr. R. Overy, La strada della vittoria, Bologna 2002 pp. 413-417).
Dopo quattro anni di dura lotta le forze alleate riuscirono a sconfiggere gli eserciti dell’Asse. Molteplici furono le motivazioni che decretarono la vittoria degli Alleati, ma questo risultato sarebbe stato molto probabilmente impossibile senza la svolta politica effettuata da Stalin. Nonostante ciò, la ritrovata libertà religiosa per gli ortodossi in terra russa non durerà, tuttavia, molto in quanto Stalin, a partire del 1948, deciderà di rompere la «tregua» sottoponendo la Chiesa ortodossa a nuove persecuzioni (cfr. A. Graziosi, L’Urss di Lenin e Stalin, Bologna 2007 p. 532).
Può sembrare strano che il dittatore abbia deciso, una volta superato il pericolo della sconfitta in guerra, di riprendere la sua politica volta a diffondere con la forza l’ateismo sebbene questa si fosse rivelata controproducente. Ciò si spiega però con il fatto che le azioni di Stalin era motivate dalla sua ideologia, e il fine ultimo che questa si proponeva era lo sradicamento della religione dalla società.
7 commenti a Stalin, il sostegno alla propaganda atea e i rapporti con la Chiesa ortodossa
Ti piace fare il verso al Papa?
Perché: “Può sembrare strano che il dittatore abbia deciso, una volta superato il pericolo della sconfitta in guerra, di riprendere la sua politica volta a diffondere con la forza l’ateismo”?
Per Stalin i credenti non erano altro che una massa di pecoroni plagiati dai preti: per poterli utilmente usare come carne da cannone la strada più semplice era blandire preti…
Nel senso che una volta visto che la sua politica antireligiosa si era rivelata oltre che inutile anche dannosa (dubito che se Stalin invece di appelarsi a “Santa Madre Russia”, si fosse appellato alla lotta comunista avrebbe vinto la guerra), la mossa più conveniente sarebbe stata quella di continuare a giocare sul buon rapporto tra Stato e Chiesa invece di provare nuovamente ad instaurare l’ateismo
A parte le (sterili) polemiche su papa Francesco, che attinenza hanno le tue frasi con l’articolo?
che simpatica quanto innocua parodia!
Grazie Mattia, bell’articolo!
Grazie a te!