“God’s not dead”, film curioso ed originale. Visione consigliata!

Gods-not-DeadUn film che merita di essere visto al cinema in questi giorni si chiama God’s not dead (“Dio non è morto”). Un film insolito che non può che destare curiosità sotto molti aspetti.

Innanzitutto per un oggettivo e pragmatico motivo economico: costato 2 milioni di dollari, al momento ne ha incassati ben 60, pur non annoverando nel cast attori particolarmente noti. Un risultato che, per molti produttori e distributori di pellicole, è un miraggio, tanto da portare in lavorazione un sequel che verrà distribuito a pochi mesi dall’uscita del primo. Fotografia e musiche sono ben calibrate e capaci di suscitare emozioni, in certe scene è anche facile scoprirsi con gli occhi lustri o col sorriso sulle labbra.

Il dato rilevante, però, è soprattutto per quanto riguarda i contenuti e per l’efficace tratteggio delle dinamiche psicologiche e antropologiche, oltre che spirituali, dei personaggi. In estrema sintesi, la trama ruota attorno allo scontro tra un docente universitario di filosofia ateo e un suo alunno cristiano. Alla prima lezione, il professore chiede agli alunni di sottoscrivere e firmare l’affermazione “Dio è morto” ricevendo il consenso della classe ma anche il rifiuto del giovane protagonista, che viene così sfidato dal docente a dimostrare pubblicamente l’esistenza di Dio. Accanto a questi personaggi ne sono presenti altri, le cui storie si incroceranno in vario modo: un agnostico cinese, un’islamica criptocristiana, una blogger non credente ecc.

Può essere utile sottolineare alcuni elementi che potrebbero non essere colti dopo una visione superficiale del film. Innanzitutto il titolo e la locandina del film: God’s not dead, dove il “not” appare come una modifica correttiva. Il richiamo implicito è all’opera del filosofo Anthony Flew, morto nel 2010, il quale negli ultimi anni di vita, dopo una brillante carriera da “ateo più famoso del mondo”, arrivò ad ammettere per via razionale l’esistenza di Dio, pubblicando nel 2007 un testo con l’iconografico titolo “There is no a God”, con la negazione corretta, esattamente come il titolo del film oggi nelle sale. Interessante nel film anche la relazione tra una giovane protagonista e un rampante uomo d’affari. Quando lei gli annuncia di avere un cancro, lui cinicamente dichiara che questo comporta l’annullamento del contratto. Suggerendo implicitamente un contratto stile Grey-Anastasia (cfr. Cinquanta sfumature di grigio), e portando a chiedersi: cosa succederebbe in una relazione malata e carnale come quella, se irrompesse un male incontrollato? Parole come amore, affetto, aiuto, vicinanza, avrebbero un senso?

Nella pellicola compare anche una fuggevole intervista ad un personaggio che richiama Phil Robertson, il protagonista di un noto reality americano, che nel film definisce eterna solo la gloria di Dio ed effimera quella del mondo. Robertson è stato oggetto di un caso mediatico nel dicembre 2013 quando in un’intervista disse (tra le altre cose) di non capire come gli uomini omosessuali non riescano ad essere attratti dalla figura femminile (usando termini più espliciti). Fu accusato di omofobia e inizialmente estromesso dalla serie di cui era protagonista. Una enorme mobilitazione mediatica, e il richiamo da più parti alla libertà di espressione, portò poi l’emittente a reintegrarlo con pubbliche scuse e il giorno di Natale furono mandate in onda repliche delle puntate per 12 ore.

Da un punto di vista teologico, nel film è possibile scorgere alcuni indizi che indicano un target originale rivolto ai protestanti moderati, la cosiddetta “mainstream”, distinta sia dal cristianesimo cattolico, sia soprattutto dal calvinismo e dal luteranesimo fondamentalista, di cui per esempio fanno parte i Testimoni di Geova. Tra gli argomenti di controversia tra il giovane cristiano e il docente di filosofia c’è anche il tema evolutivo, che fortunatamente non viene affatto negato nel messaggio lanciato dal film, nessun creazionismo proprio del protestantesimo fondamentalista. Parlando dell’origine del male, il giovane protagonista cita il principio cattolico del libero arbitrio, distante dal principio del servo arbitrio e dell’insondabilità della volontà di Dio, più propri della tradizione luterana. Infine, la maturazione spirituale di alcuni protagonisti si scontra col ferreo principio della predestinazione di stampo calvinista. Il film si distingue anche (in misura minore) dal cattolicesimo. Oltre a ricondurre l’ipotesi del Big Bang ad un vago “teista” come Georges Lemaître, evitando di ricordare che si trattava di un prete cattolico belga, le maturazioni dei protagonisti avvengono ad un livello interiore prettamente personale e fideistico, mentre manca l’incontro personale con una realtà umana (parrocchia, esperienza caritativa, sacramenti), caratteristica propria della spiritualità e agiografia cattolica.

Non sveliamo il finale del film, lasciamo aperte le domande circa i percorsi finali dei protagonisti: la classe decreterà la vittoria del giovane apologeta cristiano o dell’accademico ateo? La ragazza musulmana arriverà a confessare la sua fede cristiana al padre? Il giovane cinese, cresciuto in una cultura laicissima, si lascerà affascinare dalla figura di Gesù? La giovane atea aprirà uno spiraglio alla speranza di fronte alla morte imminente? Ma, sopratutto, lo scettico e razionalista professore di filosofia, arriverà alla conversione e al pentimento? Buona visione!

 

Qui sotto il trailer del film

 

Roberto Reggi
(articolo inserito nell’archivio dedicato alle tematiche su cinema e televisione)

12 commenti a “God’s not dead”, film curioso ed originale. Visione consigliata!

  • Davide ha detto:

    Non è stata dimostrata l’esistenza di Dio in senso assoluto, ma solo perché l’ateo aveva qualcosa da rimproverare a Dio e perché, in realtà, prima di odiare Dio era credente.

  • Roberto Reggi ha detto:

    Aggiungo una nota autobiografica, che mi ha fatto apprezzare ancora di più e sentir mio il film. Nel ’95 al primo anno della laurea in filosofia a Bologna seguii il corso di Storia della Scienza, con un prof simile per posizioni al prof del film anche se, per la sua cordialità e rispetto delle posizioni altrui, ne era lontano anni luce. Tema del corso era la nascita della vita, come traccia “Il caso e la necessità” di Monod. Nel corso il prof invitava gli alunni a esporre relazioni proprie sul tema. La mia riportava numeri e statistiche del cosmologo Jaki circa l’improbabilità di una nascita casuale della vita, mentre Monod non cita uno straccio di numero. Il prof non la condivise ma l’apprezzò. A fine quadrimestre trovai la mia paginetta nella dispensa da preparare per l’esame 🙂

    • Giulio Quaresima ha detto:

      Grazie mille, ottima recensione, mi ha invogliato proprio a vederlo!

  • Vincent Vega ha detto:

    Perdonatemi per l’off topic ma voglio rispondere a questo post di Licurgo https://www.uccronline.it/2016/03/07/i-vangeli-sono-imbarazzanti-per-questo-sono-attendibili/#comment-172336

    È L’ultima che hai detto, Licurgo. Se ti ricordi avevo parlato con Eques del subordinazionismo economico (da non confondere col subordinazionismo ontologico). Ecco, è esattamente quello. 🙂

  • Vincent Vega ha detto:

    Inoltre aggiungo Licurgo, sempre riferendomi al tuo post, che Dio non ha rinunciato all’onnipotenza in quanto Dio, ma assumendo la natura umana può benissimo, durante il Suo ministero terreno, essere stato appunto inferiore al Padre e non onnipotente nè onnisciente secondo la Sua natura umana, naturalmente, non secondo la Sua natura divina (altrimenti dovremmo pensare che Gesù fosse un deuteros theos, un altro Dio, un Dio minore, e questa era l’eresia ariana). 🙂

  • Vincent Vega ha detto:

    Pertanto come uomo non era onnisciente, ma lo era come Dio. Dando la preminenza alla Sua natura umana, durante il Suo ministero, pertanto si può ben dire che non abbia esercitato l’onniscienza.

  • Dario* ha detto:

    In realtà l’articolo contiene una serie di inesattezze:

    “non annoverando nel cast attori particolarmente noti”: forse l’autore dell’articolo non conoscerà Kevin Sorbo ma di certo non lo si può definire un attore poco noto essendo il protagonista di una serie molto conosciuta a livello planetario come “Hercules” e di una serie culto in ambito fantascientifico come “Andromeda”, nonché protagonista di altri film cinematografici come il film fantasy “Kull il Conquistatore”. Non proprio un signor nessuno insomma!
    Senza dilungarsi troppo su questo punto, anche Dean Cain gode di una certa fama dopotutto

    “distribuito a pochi mesi dall’uscita del primo”: in Italia forse, perché in realtà il primo film è del 2014 mentre il sequel di quest’anno ed è ancora del tutto incerto se e quando verrà mai distribuito in Italia

    “una fuggevole intervista ad un personaggio che richiama Phil Robertson, il protagonista di un noto reality americano”: in realtà la persona in questione e sua moglie sono realmente Willie Robertson (uno dei protagonisti di “Duck Dynasty”, reality trasmesso anche in Italia sull’emittente Cielo, nonché figlio di Phil Robertson) e sua moglie che interpretano il ruolo di se stessi

    Detto questo, io il film l’avevo visto in lingua originale e, benché l’abbia apprezzato, non mi sento di definirlo un grande film (seppure migliore di tanti film che fanno incassi considerevoli al botteghino). Sono convincenti alcuni attori ed alcune scene sono davvero di notevole impatto, però la trama in alcuni passaggi è abbastanza stiracchiata e/o prevedibile ed in alcuni altri rischia di essere persino ridicola. Insomma, per come la vedo io, un film piacevole con alcuni bei contenuti ma anche tanti cliché triti e ritriti dei film religiosi statunitensi. Niente a che vedere con quel capolavoro che è Cristiada, il titolo che l’ha preceduto nella casa di distribuzione italiana. Avrebbe meritato molto di più di essere distribuito in Italia un film come “October Baby”, anche se più vecchio di qualche anno…

    • Roberto Reggi ha detto:

      Ciao Dario, beh integra “non particolarmente noti *sul grande schermo*”. Che siano noti per serie tv ok, ma non è la stessa cosa di un curricolo da attore cinematografico.

      Tra il marzo ’14 e l’aprile ’16 non ci sono troppi mesi, almeno secondo la prassi holiwodiana per i sequel.

      Sì la comparsata è di Willie Robertson, figlio di Phil Robertson. My fault.

      Concordo che sia un film piacevole. Concordo che Cristiada è un tragico capolavoro. E grazie a Federica Picchi e alla sua Dominus che li ha distribuiti entrambi in Italia! 🙂

      • Dario* ha detto:

        – ok, l’importante è capirsi 😉

        – sono comunque 2 anni ed un mese, ultimamente hollywood ci ha abituato alla cadenza annuale per i sequel (anche se si tratta di sequel con ben altri budget e supporti). D’altra parte è pienamente legittimo il tuo punto di vista

        – non ti preoccupare, d’altra i pignoli pedanti come me non avremmo una ragione di essere al mondo se non ci fosse qualche errore da segnalare no? 😉

        – concordo che alla Dominus vada la nostra gratitudine ed il nostro supporto. Comunque, se mai leggessero il mio post, la mia “supplica” di doppiare in italiano e distribuire October Girl rimane valida 🙂

        • Dario* ha detto:

          *avremmo -> avrebbero
          (in un altra occasione avrei tralasciato di correggere il mio typo ma in questo caso sarei proprio ipocrita se non lo facessi 😛 )

      • Dario* ha detto:

        P.S. Vorrei anche aggiungere che ho molto apprezzato l’articolo, non vorrei che il mio post contente le segnalazioni facesse pensare altrimenti 🙂

  • priscilla ha detto:

    Spero tanto che qualcuno si decida a ricavare un film dal capolavoro di Chesterton ‘Uomovivo’, romanzo di un’ironia strepitosa! L’argomento con cui lo studente Innocent ‘converte’ il professore ateo è davvero convincente (non ve lo dico per non rovinare a chi ancora non ha letto il libro il piacere di leggerlo.