L’etica laica messa in difficoltà da un semplice esperimento mentale

whitewaterSecondo Richard Dawkins, il più famoso militante ateo del mondo (anche se poi si è definito agnostico, ed infine cristiano culturale), «l’universo che osserviamo ha precisamente le caratteristiche che dovremmo aspettarci se non vi è, in fondo, nessun disegno, nessuno scopo, nessun male e nessun bene, nient’altro che una cieca e impietosa indifferenza» (R. Dawkins, River out of Eden, p. 131,132).

L’ex zoologo inglese ha ragione: senza Dio non può esistere alcuno scopo all’incidente evolutivo della vita umana, così come non possono esistere i valori oggettivi e assoluti, nessun “giusto” (comportamento retto) o “ingiusto” (comportamento non retto), nessun bene e male assoluti. Joel Marks, professore emerito di filosofia presso l’University of New Haven, ha spiegato: «poiché sono un ateo devo abbracciare l’amoralità. Senza Dio, non c’è moralità, niente è letteralmente giusto o sbagliato». Il bioeticista Peter Singer ha esemplificato meglio: «Se a te piacciono le conseguenze allora è etico, se a te non piacciono le conseguenze allora è immorale. Così, se ti piace la pornografia infantile e fare sesso con i bambini, allora questo è etico, se non ti piace la pornografia infantile e fare sesso con i bambini, allora è immorale».

Senza un Bene e un Male preesistenti all’uomo dire, per esempio, che la pedofilia è un male diventa una mera opinione, con lo stesso valore dell’opinione contraria. Chi decide, infatti, chi ha ragione? In base a quale assoluto? Tutto è relativo a cosa pensa la maggioranza per cui, in una società a maggioranza pedofila anche la pedofilia diventa un bene. Certo, un non credente può senz’altro affermare che abusare i bambini è sbagliato e si tratta di un male assoluto, che rimane tale anche se tutto il mondo pensasse il contrario. Ma la sua posizione è irrazionale perché non riesce a giustificare il fondamento assoluto della sua dichiarazione. Come spiegato dal filosofo Emanuele Severino, «in chi è convinto dell’inesistenza della verità, e in buona fede rifiuta la violenza, questo rifiuto è, appunto, una semplice fede, e come tale gli appare. E, non esistendo la verità, quel rifiuto della violenza rimane una fede che, appunto, non può avere più verità della fede (più o meno buona) che invece crede di dover perseguire la violenza e la devastazione dell’uomo» (C.M. Martini, “In cosa crede chi non crede?”, Liberal 1996, p.26).

E’ stato proposto recentemente un esperimento mentale per capire meglio tutto questo. Immagina di essere un atleta sano di 20 anni sulla riva di un grosso fiume in piena. All’improvviso noti qualcosa nell’acqua e ti rendi conto che è una persona che sta annegando, è una donna anziana in preda al panico, senza fiato. Vagamente la riconosci come una povera vedova del villaggio vicino, ti guardi attorno ma non c’è nessuno, sei da solo. Hai pochi secondi per decidere se restare fermo oppure tuffarti e salvarla, consapevole che così facendo metterai la tua vita in serio pericolo. E’ razionale rischiare la vita per salvare questa straniera? E’ moralmente buono farlo?

Il cristiano, ad entrambe le domande, può rispondere un deciso “sì”. Non c’è vita che non abbia un valore assoluto, perché voluta da Dio e non dal caso evolutivo. Siamo chiamati ad emulare l’esempio di Gesù che, non solo ha rischiato ma addirittura sacrificato la sua vita per il bene degli altri. La coscienza non è un’illusione, un epifenomeno del cervello che si può tranquillamente trascurare, e ci spinge a tuffarci nell’acqua. Per l’umanista secolare, invece, nascono grossi problemi e dilemmi. Tutto è soggettivo, biologicamente ed evolutivamente parlando il giovane del nostro scenario non ha nulla da guadagnare nel tuffarsi per salvare la donna, lei è povera ed anziana e non otterrà alcun vantaggio finanziario o riproduttivo. L’umanista secolare potrebbe riconoscere, intuitivamente, che il mettere a disposizione la propria vita per salvare l’anziana è una buona azione, un’azione morale. Ma non ha alcuna base razionale per dirlo e farlo, la decisione è tra l’empatia verso un estraneo (da una parte) e l’utilitaristico interesse personale dall’altro. Se il giovane deciderà di sedersi e guardare annegare la donna, l’umanista secolare non può criticarlo. Ha semplicemente agito in modo razionale. «Niente è letteralmente giusto o sbagliato», ci spiegano i filosofi atei.

Questo è effettivamente un esempio calzante che abbatte l’esistenza di una presunta etica o morale laica. Ovviamente, non significa che l’ateo non può prendere decisioni etiche, tutti abbiamo amici non religiosi che vivono vite estremamente morali e ammirevoli. Il problema è che queste loro decisioni non possono essere giustificate se non su mere ed effimere opinioni e gusti personali, non ci sono imperativi morali vincolanti. Che sia bene sedersi ad osservare un bambino indifeso che viene torturato è un’opinione, valida quanto il suo opposto. Per lo stesso motivo, come abbiamo già scritto, chi non crede in Dio non può nemmeno credere davvero nei diritti umani.

L'”argomento morale” aiuta quindi a comprendere come chi esclude Dio dall’esistenza è poi costretto, per coerenza, ad abbracciare l’amoralità e il relativismo, a parlare solo di opinioni e sentimenti/sensazioni personali. Non di “bene” e non di “male”, non di “coscienza”, non di “giusto” e non di “sbagliato”. L’ateo che si sente a disagio in questa condizione dovrebbe comprendere che allora esiste una legge morale dentro di noi che ci indica cosa è davvero bene (non torturare i bambini) e cosa è davvero male (torturare i bambini), e ci convince che non si tratta di una mera opinione personale ma di un assoluto che rimarrà tale per sempre, indipendentemente da tutto perché è una legge preesistente all’uomo stesso. Una coscienza che non è un’illusione, quindi, ma la firma che il Creatore ha lasciato dentro di noi.

La redazione

110 commenti a L’etica laica messa in difficoltà da un semplice esperimento mentale

  • Pino ha detto:

    sintesi perfetta, complimenti.

  • Giallo ha detto:

    Vero. L’ateo non può non dare ha ragione De Sade. Tutto quello che porta al massimo piacere personale è giusto. Così semplice che gli atei non possono accettarlo.
    Infatti quando ho posto obiezioni similari ad atei ho avuto reazioni quasi offese.

    • Vincent Vega ha detto:

      In realtà può anche dargli torto a De Sade, il punto è che non può giustificare questa sua posizione.
      Io conosco anche atei antiabortisti, il problema, anche li, è che non possono giustificare la loro posizione razionalmente.

      Che Dio possa comunque avere pietà degli atei che seguono la voce della coscienza, che, sebbene loro non lo sappiano, è la voce di Dio.

      • Fabrizia ha detto:

        E l’istinto? Se tu ti butti d’istinto a salvare la donna che annega, ancora prima di pensare? Cosa è l’istinto? Morale, etico, naturale?

        • Andrea VCR ha detto:

          La chiamiamo risposta della natura umana “profonda”, creata da Dio e capace di orientare al bene? Giusto per non usare il poco trendy “coscienza”? Mi pare che ci stia…
          Inutile dire che intendo coscienza in senso morale e non cognitivo…
          Viva Cristo Re

  • Dan ha detto:

    “nessun male e nessun bene, nient’altro che una cieca e impietosa indifferenza”.

    Prova non a decidere se devi tuffarti o meno,ma sostituisciti alla vecchia,sicuro di amare cosi tanto l’atarassia e l’indifferenza?Se si ,annega in silenzio.E comunque anche se non lo facessi,saresti comunque vivo per il tempo che ti rimane,tempo inutile, che comunque avresti passato come se fossi morto.

    Il peggior peccato contro i nostri simili non è l’odio ma l’indifferenza: questa è l’essenza della mancanza di umanità.
    (George Bernard Shaw)

  • Max ha detto:

    Mi chiedo pero’ se un ateo non possa rispondere

    “Faccio qualcosa di buono a qualcuno affinché in futuro qualcuno faccia del bene a me”, indipendentemente se e’ la stessa persona.

    Non bisogna sottovalutare gli atei, ve ne sono di intelligenti la’ fuori.

    • Norberto ha detto:

      Si ma questa non è una risposta al fondamento dell’etica, ma semplicemente un calcolo perché qualcuno deciderebbe di tuffarsi in acqua. Un altro direbbe: la vecchia è sola e povera, nessuno mi farà del bene in cambio. Il problema non è dare una motivazione per cui uno fa del bene, ma trovare il fondamento di tale motivazione.

    • Francesco ha detto:

      Questo però è giocare d’azzardo, e in quanto ateo, se tutti fossero atei non avrebbero interesse in ciò che hai fatto.

    • Vincent Vega ha detto:

      Max, quello di cui hai parlato è banale consequenzialismo, niente di più. Come dice Norberto non risolve affatto il problema del FONDAMENTO dell’etica, che in quel caso rimane una mera decisione arbitraria.

      • Max ha detto:

        Perche’ il comportarsi in maniera altruista, cosi’ che quando mi capiti qualcosa di male qualcuno mi aiutera’, non potrebbe essere “fondamento” dell’Etica?

        • Max ha detto:

          Guarda qui:

          http://jameshannam.proboards.com/thread/1397/arguments-convince

          le risposta di Tim O’Neill, che pure abbiamo menzionato piu’ volte in articoli e commenti qui su UCCR.

        • Marianna ha detto:

          Da quale ragione cosmologica (passami il termine) si deduce che se io aiuto una persona in difficoltà poi quando sarò in difficoltà io troverò qualcuno che mi aiuterà? O è la stessa persona che ho aiutato io oppure, statisticamente parlando, ho la stessa probabilità di incontrare uno disposto ad aiutarmi e uno non disposto a farlo. Una persona che si dichiari atea e che però faccia questo ragionamento dovrebbe, a mio avviso, interrogarsi molto profondamente sul suo ateismo…

          • Max ha detto:

            Cara Marianna, per prima cosa, vorrei chiarire che sto dalla parte dei redattori di questo sito. Mi preoccupa pero’ che gli argomenti proposti qui siano il piu’ possibile solidi. Da 10-15 anni bazzico siti internet in Inglese oltre che in Italiano (vivo in un paese anglofono); ho visto molti atei che difendono con una certa preparazione (e passione) le loro idee, compresa quelle morali ed etiche, e credenti che vengono fatti a pezzi o lasciati nel dubbio.

            Per quanto riguarda l’argomento in gioco… ovvio che difficilmente incontrerò la stessa persona che ho aiutato. Ma se educassimo tutti (o comunque un buon numero di persone) ad aiutare, ecco che le probabilita’ di essere aiutato in momenti di difficolta’ sarebbero alte. Questo pero’ funziona solo se appunto si educano piu’ persone possibile a venire in soccorso del prossimo.

            • Dario* ha detto:

              Sì ma educare a fare ciò in nome di cosa? Siamo da capo, infatti per insegnare a qualcuno a fare qualcosa devi sapergli anche prospettare la ragione per cui farlo e, ad essere scrupolosi, gli atei questa ragione non ce l’hanno se si escludono quelle mutuate da origini esterne all’ateismo

            • Marianna ha detto:

              Sì, non ho messo in dubbio che tu sia “dalla parte” dei redattori di questo sito. Mi dispiace se sono sembrata aggressiva, non era mia intenzione. Riflettevo solo su quello che avevi scritto e mi è venuta in mente questa cosa. È evidente a tutti che, purtroppo, al giorno d’oggi i credenti sono messi sempre più in difficoltà da persone, atei, che, basandosi esclusivamente su quello che riescono a concepire con la loro razionalità, muovono obiezioni sempre maggiori davanti alle quali molti si trovano in difficoltà. Il risultato è che spesso chi crede mette in dubbio quello in cui crede e addirittura il fatto stesso di credere!
              A mio avviso questo è dovuto al fatto che la religione che ci viene insegnata nelle parrocchie (questa è l’esperienza che ho fatto e che ho intorno ancora oggi) tende ad eliminare completamente il dato “razionale” e ci chiede solo di imparare formule e dogmi senza che siano possibili domande o obiezioni. Anche il modo in cui viene insegnata ai bambini, nella maggior parte dei casi, è questo! Ma vabbè questo è un discorso lungo e che non c’entra con l’argomento in oggetto… o almeno non del tutto.
              Riguardo l’argomento in oggetto, invece, sono d’accordo con Dario… in nome di cosa si dovrebbe educare qualcuno ecc..? Quando l’unico metro di giudizio sono io, il mio benessere e la mia personalissima concezione di “buono” e “cattivo” il risultato, ovviamente ragionando al limite, è che diventa tutto relativo… relativo a me.

              • Max ha detto:

                Dispiace a me di essere apparso un po’ risentito. Purtroppo, ho letto – e sentito, e visto – cose che li’ per li’ fanno venir voglia di strapparsi i capelli. Per questo sono un po’ suscettibile quando si tratta di dare il piu’ possibile solidità alle nostre argomentazioni.

                Sono d’accordo con te quando dici che nelle parrocchie il Catechismo si insegna spesso senza mostrare anche il lato razione, che pure e’ fondamentale invece.

          • Dan ha detto:

            Una volta ho visto una donna annegando sulla riva c’era un’altra donna che poteva aiutarla e non lo ha fatto.

            A chi pensi sia giusto educare:alla donna che annega o alla donna che era sulla riva?

        • Vincent Vega ha detto:

          Perché una cosa per essere bene o male deve esserlo indipendentemente dalle conseguenze di cui uno può godere o soffire.
          Altrimenti un potente, che non ha motivi di pensare di dover avere bisogno di qualcuno, potrebbe sentirsi esentato da un’etica fondata sul consequenzialismo.

    • Dario* ha detto:

      Se un ateo crede nel karma è da considerarsi davvero ateo? Avrebbe infatti comunque un suo concetto di realtà immateriale al di là di quella sperimentabile coi sensi, un abbozzo di spiritualità

      Se invece crede senza ragione che ci potrebbe essere qualcuno che farebbe del bene a lui, anche se inconsapevolmente, starebbe facendo affidamento alla morale cristiana che, nel corso dei secoli, ha plasmato una società in cui capita che qualcuno di buon cuore compia del bene disinteressatamente

  • Klaud. ha detto:

    ••• Senza un Bene e un Male preesistenti all’uomo dire, per esempio, che la pedofilia è un male diventa una mera opinione… •••
    Questa affermazione è straordinariamente sciocca e straordinariamente grave: a prescindere da un Bene e un Male preesistenti, la pedofilia non è agire ‘con’ un bambino, ma agire ‘contro’ un bambino, notoriamente sprovvisto di mezzi di giudizio e di difesa. Dire che sia mera opinione lascia veramente di sasso. Senza considerare che, se questa affermazione fosse vera, ci sarebbero altissime percentuali di pedofili tra gli atei.
    L’esempio del salvatore di annegati non ha senso perché si dà una risposta categorica a una pura ipotesi. Io, per esempio, non mi butterei, ma è perché non so nuotare… e non mi interessa granché far bella figura da morto.
    In generale vedo spesso, qui, affermazioni strampalate sugli atei, il che mi fa pensare che non li conoscete per niente. Parlo degli atei ‘normali’, adesso non tiratemi fuori Stalin, Hitler, Pol pot…

    • Gianfranco ha detto:

      Ma cosa è questa etica laica? su che basi si fonda?
      È vero che sono tanti gli atei che non basano la propria morale su, che ne so, l’evoluzionismo. Tuttavia sono convinto che si adagiano su una morale preesistente cristiana, adattandola alla bisogna. Non c’è un fondamento laico all’etica, però se glielo fai notare si adombrano.

      • Klaud. ha detto:

        Non ho mai sentito di atei che basino la loro etica sull’evoluzionismo; personalmente considero l’evoluzionismo una constatazione oggettiva di come si svolge la natura per gradi conseguenti. Nessuno si adagia su una preesistente morale cristiana essendo la morale una evoluzione della natura umana e quindi preesistente al cristianesimo e a tutte le filosofie antiche; mai fatto caso che tutta l’umanità si comporta da sempre secondo principi morali molto simili, anche dove non era mai giunta notizia del cristianesimo? Ripeto, avete una visione dell’ateismo alquanto rozza; se fossero davvero come li immaginate sarebbero riconoscibili a prima vista come dediti a ogni vizio e turpitudine. Ti pare davvero che siano così?

        • Dan ha detto:

          Di atei che agiscono secondo darwinismo sociale c’e’ stato pieno,se l’etica e’ persistente al cristianesimo ovviamente si,infatti parlano dell’universalizzazione dell’etica su dei fondamenti che di biologico non hanno nulla,solo gli esseri umani parlano di bene e di male,le altre specie no.Se appunto si va a fondare l’etica in maniera universale allora si esclude il relativismo etico,per altro i confini tra uomini sono mere invenzioni,non esistono confini guardando la terra dall’alto:il che significa che esistono assunti di bene e male comuni non a un particolare confine geografico che non esiste,ma comuni all’umanita’.Ma infatti nessuno e’ mai stato relativista etico tale da pensare che non ci fossero assunti etici prima del cristianesimo postulati dalla ragione naturale (umana non biologica).

          • Pino ha detto:

            l’evoluzionismo etico è una trovata alquanto bizzarra. E quale direzione avrebbe questo evoluzionismo? Verso il bene? Verso il male? Verso il nulla?

            • Klaud. ha detto:

              Chi ha parlato di evoluzionismo etico? Ho parlato di evoluzione della natura umana. O qualcuno pensa che dai neandartaliani a noi non c’è stato nessun cambiamento a livello etico? Faccio notare che nemmeno i darwinisti usano il vocabolo ‘evoluzione’ nel senso popolare di miglioramento, ma di adattamento.
              Generalmente l’etica volge verso il bene comune, altrimenti avrebbe un altro nome e spesso queste cose con un altro nome prevalgono: ad esempio la corruzione che non sarebbe male se tutti ne beneficiassero. Siamo tornati al discorso iniziale: la pedofilia è male perché danneggia uno dei due soggetti. Elementare.

              • Pino ha detto:

                mi scusi? L’etica volge verso il bene comune? Non mi pare che la storia del secolo scorso abbia dimostrato questo, anzi ha dimostrato esattamente il contrario.

                • Klaud. ha detto:

                  Infatti ho precisato: se non volge al bene non è etica. Sterminare un popolo non si può far rientrare nel miglioramento della società.

                  • Pino ha detto:

                    ma è proprio questo il punto, cosa è il bene per un relativista? E’ la stessa cosa che per un altro può essere il male. Non essendoci un punto di riferimento oggettivo il bene ed il male sono due concetti indefiniti

              • Dan ha detto:

                Infatti l’ateo necessita di essere un neanderthaliano,anzi ribadisco che deve diventare un animale come i bonobo in africa,dunque l’ateismo in realtà secondo questa stessa sarebbe involuzione umana allo stato bestiale.
                Infatti stai postulando lo spencerismo sociale (darwinismo sociale) in maniera assoluta,peraltro confondi la teoria dell’evoluzione con i cambiamenti etici.

            • Dan ha detto:

              Non è evoluzionismo,semplicemente perchè non c’è una reale evoluzione temporale del concetto di bene.Infatti chi assicura che quel nuovo bene non è che un male,la postulazione di una categoria come il tempo?Il progresso o la tradizione.

              Quello che ho semplicemente detto che non ha senso postulare bene e male relativamente a una precisa cultura,perchè questa implica porre dei confini astratti inesistenti,in cui ciascuno fa il bene e il male.
              Nè più nemmeno come vedere la terra con l’osservatore fuori dalla terra:è una figura geometrica,in cuo le sezioni sono aggiunte mentali ma non hanno nulla di extramentale.
              Quindi dire esistono un bene e un male universali,è semplicemente dire che quelle linee all’interno della figura geometrica,non ci sono affatto.Diventa dunque irrilevante a che coltura appartieni perchè chiunque in qualunque luogo non ama universalmente subire il male da un altro uomo di una qualunque altra cultura inclusa la propria.Per esempio è irrilevante a che cultura appartenere a nessuno piace per esempio essere derubato da un altro uomo.

              E dunque esistono postulati e norme universali etiche valide in ogni cultura come il teorema di pitagora è ragionevole in qualunque cultura e tempo.

              • Dan ha detto:

                Certo a eccezione del bastian contrario relativista,che certamente adesso dirà:è relativo, a me piace essere derubato,basati ovviamente sull’autoreferenza,e semplicemente sul soliti flatus vocis millenari da sofistica.

                Ovviamente l’eccezione dello stupido masochista non rende ragionevole la stupidità.

              • Pino ha detto:

                non ho postulato il bene o il male relativamente ad una certa cultura ma ho distinto fra valori oggettivi e soggettivi. Mentre l’oggettività etica permette di distinguere fra bene e male in quanto eteromoma la soggettività etica in quanto relativista ed autonoma non lo permette.

                • Dan ha detto:

                  Il valore stesso e’ soggettivo.Cio che invece non sara mai soggettivo e subire un’azione di un soggetto,o,in altri termini il soggetto e’ oggetto di un altro soggetto.E cioe’ si capisce meglio bene e male,quando ne si effetto,non quando ne si e causa di giudizio.Es posso dire che Luca tira una martellata a marco perche reputa questa azione neutra indifferente e soggettiva,ma come reputera lo stessa azione diGiovanni che li tra una martellata in maniera assolutamente non indifferente e con un valore che sara sempre diverso e contraditorio.Perche lo stesso lucaassegna un valore diverso alla stessa azione e non assegna il medesimo valore a essere causa di un azione o a subire un effetto della medesima azione?

                  • Pino ha detto:

                    scusi Dan,ma lei sa cosa è la logica?

                    • Dan ha detto:

                      Quale:quella formale,quella polivalente,quella modale quella statistica o altre?

                      Lo studio delle inferenze della loro validità oltre che lo studio dei valori possibili che possono assumere.(sinteticamente poi si potrebbe discettare all’infinito su cosa sia in sè la logica,ma siccome ciascuna deduzione andrebbe giustificata all’infinito,parto da un postulato).

                    • hicetnunc ha detto:

                      ora c’era uno zotico, semplice, analfabeta, rozzo, che si grattava, e riusciva a malapena a muovere la lingua, per cui le parole uscivano con difficoltà … poi, con un guizzo di voltagabbana, si trasformava in un dotto e zelante professore che da trent’anni sta cercando Dio sulla terra …

                    • Pino ha detto:

                      Dan i suoi discorsi sono incomprensibili, rinuncio a leggerla.

                    • Dan ha detto:

                      Pazienza Pino.

        • Pino ha detto:

          affermazioni bizzarre e pure illogiche. L’articolo afferma una cosa inconfutabile, l’ateo è un relativista non un oggettivista etico come il credente. Di conseguenza non ha un’etica basata su valori oggettivi ma soggettivi. Un valore è tale in quanto lui lo ritiene tale. Di conseguenza c’è chi ritiene, in linea con il proprio piano di valori, che la pedofilia sia accettabile, del resto basterebbe ricordare la seguente affermazione del buon Nichi, al secolo Vendola, in una intervista rilasciata a Repubblica: “Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti – tema ancora più scabroso – e trattarne con chi la sessualità l’ha vista sempre in funzione della famiglia e dalla procreazione”. Se poi lei ha una sua personale struttura di valori, coincidente con l’etica cristiana, è un fatto puramente personale che non nega, anzi rafforza, quanto affermato nell’articolo.

          • Klaud. ha detto:

            L’etica non può che essere basata su principi oggettivi. Quindi mutuati dalla natura. Disgustoso il delirio vendoliano (ma non si professava cattolico?).
            Potrei ribattere dicendo che è l’etica cristiana che coincide con i miei valori che, come ho detto, ritengo naturali e preesistenti.

            • Pino ha detto:

              quindi? Se i valori sono soggettivi, come sostiene l’articolo, qualsiasi valore è accettabile, «Se a te piacciono le conseguenze allora è etico, se a te non piacciono le conseguenze allora è immorale. Così, se ti piace la pornografia infantile e fare sesso con i bambini, allora questo è etico, se non ti piace la pornografia infantile e fare sesso con i bambini, allora è immorale».

    • Michele ha detto:

      La risposta l’ha già data l’ateo Peter Singer: se il sesso con i bambini ti piace allora è etico, altrimenti no.
      L’obiezione che si agisce “contro” un bambino in realtà non risolve nulla: infinite volte i genitori agiscono “contro” il bambino, cioè contro il suo consenso (si tenga presente il ruolo determinante e fondante che ha il consenso nell’etica laica). Nei primi anni di vita, praticamente sempre. Anzi, a rigore, anche concepirlo e farlo nascere, non richiedendo consenso, finiscono per essere atti “contro” il bambino.

    • Andrea VCR ha detto:

      Infatti sono stati citati Joel Marks e Peter Singer.
      Peter Singer tra l’altro sostenitore dell’ “aborto post parto” (o eutanasia infantile), cioè del diritto dei genitori di uccidere i bambini a loro piacimento prima del 12° anno di età, perchè non vi è alcuna differenza se l’eliminazione avviene prima o dopo il parto (cosa peraltro vera, in entrambi i casi è omicidio).
      Sempre il sig. Singer afferma che un porco adulto è una persona (e quindi gode dei diritti personali) ed un umano minorenne no, quindi per lui è etico dare un bambino in pasto ad un porco adulto affamato… ovviamente non ha obiezioni contro l’utero in affitto (di nuovo, per lui, come per tutti i liberal, i bambini sono delle non-persone prive di diritti).
      In effetti il sig. Singer è una buona imitazione di quello che io definisco “male assoluto”.
      In effetti tra gli atei atteggiamenti pro-pedofilia sono tutt’altro che rari, vedi ad esempio Ulrike Lunaceck, Daniel Cohn-Bendit, Mauro Mieli, la proposta di legalizzazione della pedofilia in Canada “perchè è un orientamento sessuale non modificabile (gender) come tutti gli altri… Puoi trovare molto materiale a proposito qui su UCCR (ad esempio il recente articolo su Sartre).
      Agghiacciante è la posizione espressa dall’autore thriller Dennis Lehane nel libro “La casa buia”, in cui il protagonista afferma esplicitamente che la madre è la detentrice dei diritti di proprietà nei confronti della figlia e che il bene della bimba nulla conta contro questo diritto assoluto (leggere per credere).
      Per favore Klaud, informati (obiettivamente) prima di sentenziare.
      Viva Cristo Re

  • hicetnunc ha detto:

    l’universo che osserviamo ha precisamente le caratteristiche che dovremmo aspettarci se non vi è, in fondo, nessun disegno, nessuno scopo, nessun male e nessun bene, nient’altro che una cieca e impietosa indifferenza

    non è un pensiero così assurdo

    poiché sono un ateo devo abbracciare l’amoralità. Senza Dio, non c’è moralità, niente è letteralmente giusto o sbagliato

    anche immaginando una morale intrinseca alla natura, senza postulare una ragione suprema che comandi secondo leggi morali (ideale del sommo bene) essa coinciderebbe con la natura di fatto, più o meno è il pensiero di Kant

    la sua posizione è irrazionale perché non riesce a giustificare il fondamento assoluto della sua dichiarazione. >

    d’accordo, ma il fatto di credere in Dio non fonda la morale sulla razionalità ma appunto sulla fede. E questo è confermato dal fatto che la fede in Dio non fonda la razionalità della morale ma la sua autorevolezza. Non è infatti il Dio necessario della scolastica che fonda la morale del popolo cristiano ma quello che la religione mette a capo del suo incerto orientamento morale. Questo incarnarsi del Dio necessario nella morale la allontana dal Dio necessario della razionalità (di cui è difficile capire che morale abbia, forse quella kantiana) e lo avvicina al Dio delle altre religioni, che premia e punisce, anche se lo relativizza. Ma il relativismo non è affatto un problema per chi crede nel suo Dio.

    • Michele ha detto:

      Una morale intrinseca ad una natura di fatto non sfuggirebbe alla fallacia naturalistica: dalla constatazione di uno stato di cose (per giunta frutto di caso e necessità), in alcun modo se ne può dedurre che io devo comportarmi in un certo modo.

      L’affermazione di Severino mira a dire che anche l’ateo, il quale pretende di fondare la sua morale sulla ragione, in realtà la fonda su ciò esclude per principio, cioè la fede.
      Sarebbe da far notare che neppure tutti gli atei pensano di fondare la morale sulla ragione, visto che a livello accademico gli atei sono ben consapevoli della Grande Divisione tra essere e dover essere, e ben giustamente, negano alla ragione la possibilità di dire qualcosa su ciò che è buono oppure no.

      • hicetnunc ha detto:

        L’affermazione di Severino mira a dire che anche l’ateo, il quale pretende di fondare la sua morale sulla ragione, in realtà la fonda su ciò esclude per principio, cioè la fede.

        questo era chiaro, ma Severino, nella frase citata afferma che la morale senza verità non può avere più verità della fede
        che significa che nessuna fede è verità. L’equivoco è allora pensare che la critica di Severino non sia in ugual modo rivolta a chi crede in una verità.

  • hicetnunc ha detto:

    Come spiegato dal filosofo Emanuele Severino, «in chi è convinto dell’inesistenza della verità, e in buona fede rifiuta la violenza, questo rifiuto è, appunto, una semplice fede, e come tale gli appare. E, non esistendo la verità, quel rifiuto della violenza rimane una fede che, appunto, non può avere più verità della fede (più o meno buona) che invece crede di dover perseguire la violenza e la devastazione dell’uomo»

    Qui si equivoca il discorso di Emanuele Severino che parla appunto di fede religiosa. La citazione di Severiono confuta l’idea che la morale possa essere fondata sulla fede.

    Hai pochi secondi per decidere se restare fermo oppure tuffarti e salvarla, consapevole che così facendo metterai la tua vita in serio pericolo.

    L’esperimento mentale vale solo per chi sa nuotare? In ogni caso come tutto l’articolo è un’appello al sentimento morale per persuaderlo che è necessario avere una verità, ma in questo modo si fonda la verità sulla morale. Poiché dev’esserci una morale allora la fede è necessaria. Ma così si contraddice l’idea che è la verità a fondare la morale. E ciò dopo aver già contraddetto quella verità quando sia una verità da credere, citando Severino… Che sia la morale a fondare la verità viene esplicitamente affermato:

    L’ateo che si sente a disagio in questa condizione dovrebbe comprendere che invece esiste una legge morale dentro di noi che ci indica cosa è davvero bene e cosa è davvero male e ci convince che non si tratta di una mera opinione personale ma di un assoluto che rimarrà tale per sempre. Una coscienza che non è un’illusione, quindi, ma la firma che il Creatore ha lasciato dentro di noi.

    Che la morale non sia illusione è appunto l’argomento morale… che la verità deve essere necessaria alla morale. Argomento che non basta ad argomentare che la stessa verità è possibile conoscerla anche per chi non ha la stessa morale, perché un’altra morale può fondare un’altra verità, può sempre credere in un Dio diverso, che giustifica quella diversa morale, come l’esistenza di più religioni dimostra. Relativismo delle giustificazioni la cui negazione giustifica le guerre di religione e le antinomie morali. Ed è il motivo per cui appare così necessario il dialogo interreligioso.

    • Michele ha detto:

      Più che fondare la verità sulla morale, l’articolo mostra come l’esistenza di valori morali pressoché universali, che anche l’ateo più radicale finisce per riconoscere, presupponga l’esistenza di una legge morale in interiore homine che gli aiuta a comprendere cosa è bene e cosa è male. Nessuna fondazione della verità sulla morale (semmai è la seconda che “rivela” la prima) e nessuna contraddizione.

      • hicetnunc ha detto:

        Nessuna fondazione della verità sulla morale (semmai è la seconda che “rivela” la prima) e nessuna contraddizione.

        io vedo una fondazione nella misura che la morale rivela non solo la verità ma le ragioni oggettive della verità, che la presupporrebbero (“presupponga l’esistenza”) e queste sono indicate (ti cito ancora) “nell’esistenza di valori morali pressoché universali”. Ciò che dovrebbe fondare la morale viene fondato dalla morale e ciò che sarebbe dimostrato dalla verità diventa dimostrazione della verità. Sbaglio?

        • Michele ha detto:

          Sbagli. Secondo l’articolo il fatto che anche gli atei riconoscano valori universali mostra come questo riconoscimento possa essere fatto solo sulla base di una legge morale comune a tutti gli uomini perché basata sulla comune natura umana (intesa in senso metafisico). Ora, se la morale “rivela” la verità non può fondarla altrimenti la verità non sarebbe propriamente “rivelata”, ma “costruita” dalla morale.
          Invero è la tua interpretazione delle mie parole ad essere fuorviante: tu intendi che “l’esistenza di valori morali pressoché universali” sia la ragione oggettiva della verità (cioè, della legge morale, usando il mio vocabolario), e quindi il suo fondamento. Sulla base di questo avresti ragione ad accusarmi di essere caduto in un circolo vizioso. In realtà io non ho affatto affermato che l’esistenza di valori morali universale sia una ragione oggettiva della verità: al massimo può esserne un effetto o una traccia, ma non la causa.

          • hicetnunc ha detto:

            mi sembra che sia tu che ora interpreti le mie parole in modo fuorviante perché non ho parlato di una verità costruita sulla morale ma proprio di una verità riconosciuta nella morale. Ovviamente è la verità della legge morale l’eventuale ragione oggettiva della morale. Io però ho detto che proprio come rivelazione di una “base di una legge morale comune a tutti gli uomini” la verità della legge morale è da te fondata sulla morale, ovvero “basata (cito) sulla comune natura umana (intesa in senso metafisico)” che è l’equivalente de “l’esistenza di valori morali pressoché universali” di prima. In altre parole l’esistenza dei valori morali permette secondo te di riconoscere “la base” ossia “la ragione” su cui gli stessi valori si fondano ossia la verità della legge morale. La morale permette di riconoscere la base della morale, diventando la base della sua base. Questo significa “dare ragione” della verità della legge morale mediante l’apparire della verità nella morale stessa.

            perdonami se insisto ma cerco di capire, non avendo vere convinzioni ma semplici opinioni, cosa che so dare, purtroppo, fastidio a qualcuno il che mi dispiace ma non so che farci

            • Michele ha detto:

              Sei tu ad aver parlato di ragioni oggettive di verità applicandole alla mia affermazione sull’esistenza di valori universali.
              Il tuo però è un sofisma: io non ho mai detto che la natura umana sia la morale (questa è una tua inferenza che sfido a trovare nei miei interventi), e neppure che la natura umana equivalga all’esistenza di valori universali (anche questa è una tua indebita deduzione).
              La natura umana si caratterizza per la sua razionalità, che, in ambito pratico, significa essenzialmente che l’uomo è in grado di distinguere tra il bene ed il male poiché ha in sé la legge morale, che gli dice di fare il bene ed evitare il male. Dopodiché comincia il lavoro della ragione pratica nell’esperienza morale dell’uomo. In essa egli trova le attuazioni pratiche dei valori, scoprendo che anche gli altri uomini nella loro esperienza morale riconoscono come valore ciò che la legge morale dice loro. Questa convergenza di valori universali mostra come la legge morale (e quindi la natura umana) sia una sola. Spero ora di essermi spiegato un po’ meglio.
              Detto questo ti faccio notare che dal dire che “la morale permette di riconoscere la base della morale” al dire che diventi così la base della base, c’è un bel salto logico. In che modo il riconoscimento è anche fondamento?

              • hicetnunc ha detto:

                (miserere nobis)

                1) “io non ho mai detto che la natura umana sia la morale”. Hai detto che il riconoscimento di valori universali ossia della morale universale oggettiva “può essere fatto solo sulla base di una legge morale comune a tutti gli uomini perché basata sulla comune natura umana (intesa in senso metafisico).” Se il riconoscimento della morale è fatta/basata sul riconoscimento metafisico della comune natura umana allora il riconoscimento dell’una consiste nel riconoscimento dell’altra.

                2) “io non ho detto che la natura umana equivalga all’esistenza di valori universali”. Se “valori universali” è l’equivalente di “morale”, come sopra, inoltre l’universalità dei valori è tale in ragione dell’universalità della natura umana (in senso metafisico). Infine ho già specificato su tua richiesta che non intendo che nella morale dici di avere anche la ragione oggettiva della morale, il bene e il male, cioè che hai le ragioni oggettive ontologiche della morale, che hai la verità, ma che hai la conoscenza della verità, la gnosi. Ed è precisamente gnosi quella che chiami “la sua razionalità” (della natura umana), che riconoscerebbe in sé, mediante la razionalità, la legge che la trascende, vincolando per ciò stesso i suoi giudizi morali. “Dopodiché comincia il lavoro della ragione pratica”. Se è vero quel che ti dico, così ti tradisci, perché metti la razionalità che, “in ambito pratico”, riconosce il bene e il male, prima della ragione pratica stessa. Kant, per distinguere un pensiero diverso dal tuo, è a partire dalla ragione pratica che postula l’esistenza di Dio e della morale oggettivi. Tu invece nella ragione pratica dici di riconoscere i valori morali oggettivamente grazie alla razionalità che poi “in ambito pratico”, “praticamente”, si limita ad attuarli, senza decidere il senso di ciò che attua, perciò le sue “attuazioni pratiche dei valori” sono a colpo sicuro, senza mai esitare, essendo che la tua morale, a differenza di quella kantiana, non fa parte della dimensione pratica. Non agisce ciò che decide ma si limita a scegliere tra il bene e il male.

                3) “dal dire che “la morale permette di riconoscere la base della morale” al dire che diventi così la base della base, c’è un bel salto logico. In che modo il riconoscimento è anche fondamento?” Se non ti riferisci a quello che ho testé chiarito posso aggiungere che dire morale universale è dire morale vincolante
                ogni morale particolare cioè base della base da cui la estrapoli. Assunta quale causa finale universale diventa il riferimento necessario e univoco per tutte le morali particolari, che ad essa si adatterebbero sia che sia costruita spinozianamente su definizioni di tipo geometrico, vietando(si) tutte le proposizioni non derivabili dalla verità così riconosciuta, sia che sia costruita sulla falsariga della morale religiosa. Poi, anche se non dici di possedere la verità ma solo di riconoscerla, se il riconoscimento non è vero di fatto la possiedi come illusione autoreferenziale. Mi chiedo e ti chiedo: può una verità universale ossia metafisica derivare i suoi asserti da processi logici di induzione/abduzione? Dan, che non ha opinioni ma solo convinzioni, negò, se ben ricordo, che ciò sia possibile.

                4) “Sei tu ad aver parlato di ragioni oggettive di verità”. Tu hai detto (breve): “l’esistenza di valori morali pressoché universali presuppone l’esistenza di una legge morale in interiore homine che permette di comprendere cosa è bene e cosa è male”. Sostenere questo (mi sembra, con idee appena chiare ma non distinte) non è semplicemente avere una “rivelazione” della verità nella morale come hai anche detto, ma è di più, è avere anche le ragioni oggettive (specifico) conoscitive della verità della morale cioè le ragioni che permettono di riconoscere oggettivamente (dunque la verità?) l’esistenza oggettiva (dunque la realtà?) di una morale oggettiva (dunque l’universalità?), tu dici “presupposta” grazie a “l’esistenza di valori pressoche universali”, ma io chiedo: riconoscibile come, per implicazione logica? Un riconoscimento talmente vero da permettere di comprendere incontrovertibilmente e in modo vincolante per il giudizio che cosa è bene e cosa è male, appunto le ragioni oggettive della morale stessa, il bene e il male, la legge morale.

  • SynysterGates ha detto:

    Quindi in breve, l’ateo è buono per “gusto e opinioni personali” (cito l’articolo) il cristiano per tener fede al suo nome ed emulare Gesù. Beh scusate, ma mettendola giù così è più ammirevole il primo, che si comporta in un certo modo in modo totalmente autonomo e personale, quindi per una bontà innata. per morale innata.

    Gli articoli sulle conversioni, sugli scienziati credenti, sul dialogo scienza e fede sono imbattibili in questo sito. Questi sono semplicemente ridicoli. “Chi non crede in Dio non può credere nei diritti umani” è un’esclamazione che già vedo perfettamente citata su siti anticlericali o dell’UAAR per prendervi sonoramente per il culo.

    • gladio ha detto:

      Bene, sapientone, invece di sghignazzare in compagnia di tutti quegli Einstein dell’ UAAR, sarebbe più utile alla tua causa una seria confutazione all’ articolo cominciando, ad esempio , ad esporre la tua opinione sui cosidetti ” valori morali oggettivi ” : se esistono e perché oppure se non esistono e perché , il loro legame con i ” diritti umani “, e, fra i diritti umani, quali sono quelli che devono essere assolutizzati e quali relativizzati e perché.

      Un dibattito razionale si svolge in questi termini e non con inconcludenti sghignazzate fra somari .

      P.S. Il tuo Nick è traducibile anche in italiano: basta con questo “inglesorum ” da fighetto radical-chic di sinistra:

      • SynysterGates ha detto:

        “fighetto radical chic di sinistra” ahahashahahahah

        E’ semplicemente un chitarrista… Sai, suono, è uno dei miei preferiti, lo omaggio. Nessun inglesorum, ma ti ringrazio per la dritta.

        E datti una calmata.

      • SynysterGates ha detto:

        “fighetto radical chic di sinistra” ahahashahahahah

        E’ semplicemente un chitarrista… Sai, suono, è uno dei miei preferiti, lo omaggio. Nessun inglesorum, ma ti ringrazio per la dritta.

        E datti una calmata.

        • gladio ha detto:

          Ok Sinister, felice di apprendere chi è Sinister Gates ma adesso attendo l’esposizione della tua tesi al riguardo dell’ argomento trattato…

    • Michele ha detto:

      Se è buono per gusto e opinioni personali non lo può essere per bontà o morale innata.
      Se con la bontà o morale innata si vuole giustificare una certa universalità della morale allora significa che questo innatismo non è altro che la natura umana. Si può fondare la morale sulla natura, ma occorre che questa venga intesa in senso metafisico, cosa che l’ateo non vuole affatto fare; anzi l’ateo di un certo tipo vuole fondare la morale sulla natura inteso in senso fisico, cioè sulla biologia, ritenendo che l’evoluzione abbia introdotto nell’uomo dei concetti “morali”. Ora tale pretesa è già da decenni abbandonata nell’ambito dell’ateismo “alto”, accademico, dove si è ben consapevoli che da stati di cose non si possono dedurre norme di comportamento (la famosa “legge di Hume”).
      Da uno stato di fatto si possono derivare valori solo se tra questi fatti vi sia a loro volta un valore e così via. Alla fine del ragionamento etico si arriverà ad un valore non ulteriormente fondato e non giustificabile razionalmente che funge da punto di partenza del mio ragionamento morale.
      Questo “valore ultimo” è frutto della mia decisione, può comprendere emozioni, sentimenti, gusti, opinioni, come detto non è giustificabile ed incommensurabile con le decisioni degli altri soggetti. Questa incommensurabilità fa sì che sia possibile il relativismo etico, secondo gli atei garanzia di libertà; relativismo che non ci permette di dire quale morale sia migliore di un’altra. Insomma, la morale del mafioso non vale meno di quella di colui che lo combatte, entrambe si fondano su presupposti in ultima analisi a-razionali. L’unica cosa che si può fare è trovare contraddizioni all’interno del loro sistema; se tali contraddizioni non ci sono, allora entrambi sono accettabili.

  • pendesini alessandro ha detto:

    Il comportamento etico prevede la condivisione convenzionale di alcune “regole” o “valori”, che sono pero’ in continua evoluzione, discussione e revisione, esattamente come le teorie scientifiche, mai definitive e ancora meno assolute… Non c’è bisogno di assumere che le regole o valori morali o etici siano oggettivi, reali o naturali, e ancora meno universali ! Non vedo un « centro morale » nel nostro encefalo e neanche un sistema morale come tale !
    “Se riuscissimo a guadagnare un euro uccidendo qualcuno dall’altra parte del mondo con il semplice tocco di un pulsante, alla fine della settimana, saremmo tutti (o quasi !) milionari in Vienna” (Freud dixit). Per dirla più brevemente: l’uomo acquisisce alla nascita una morale da “campanile”, variabile secondo i luoghi ed etnie.
    P.S. :Nella prospettiva dell’etica evolutiva a diversi livelli, non può -e potra-esistere una definizione unica ed esclusiva del bene.

    • Pino ha detto:

      sembra il manifesto del relativismo che conferma l’articolo

    • Dan ha detto:

      Tanto per dire,non ci sono atei che postulano l’etica partendo dall’evoluzione,mettetevi d’accordo,a giusto non potete che sparare la piu alta dose di credenze possibili,una per ogni ateo.Sorge pure il dubbio: e Se sai nuotare?(aggiunta in condizionale alla premessa).

    • Dom ha detto:

      Un altro che pensa di aver capito il mondo…

    • Dan ha detto:

      Scegli un qualunque posto del mondo,violenta un bambino e le conseguenze vanno dalla reclusione per noi a l’impiccagione altrove e all’evirazione,ma questo perchè prima della legge,è un male.

  • Nicola ha detto:

    buon articolo con argomentazioni interessanti, però resto però dell’idea che, dal momento che l’uomo è un animale sociale e che i nostri modelli sociali sono molto complessi, è possibile pensare che l’etica non sia innata, ma frutto della condivisione di propensioni e principi tra tutti i partecipanti alla struttura sociale. i principi sono necessari altrimenti nessuna società avrebbe senso e potrebbe funzionare, finendo per disgregarsi. resto convinto comunque che qualsiasi principio assoluto prima o poi tenda inevitabilmente alla contraddizione o al paradosso, per il semplice motivo che non si può stabilire in anticipo come comportarsi di fronte qualsiasi evento possibile. pertanto si, l’esistenza è solo un caos che tentiamo di riordinare, con scarsi risultati.

    • Klaud. ha detto:

      Penso anch’io che l’etica non sia innata. Ti sei guadagnato un pollicione! 🙂

    • Dan ha detto:

      Non puoi stabilirlo in anticipo:se cadi da 100 m puo essere come non essere che ti fratturerai un arto.

      • Dan ha detto:

        E quindi l’ateo in realtà non puo nemmeno sapere in anticipo se sa nuotare o no prima di buttarsi in acqua,non è mai stato in acqua no?

        Ma quale razionali sono,l’uaar, è l’ecatombe della razionalità.

        • Dan ha detto:

          Che se non si rendessero pari uguali al bonobo anche senza saper nuotare,avrebbero trovato il modo di sfruttare l’ambiente a loro vantaggio per ottenere un fine,ad esempio potrebbero esserci dei rami (se sei vicino a un fiume) sufficentemente lunghi per dare un appiglio alla vecchia,potrebbero esserci liane.SE poi eri mare sarebbe stato difficoltoso lanciarli il salvagente se stavi in una barca,oppure avvicinarti con la barca,e porgerli un remo.Insomma l’ateo è evidente che non è utile a uno degli aspetti fondamentali perfino della mia specie:saper sfruttare l’ambinete circostante per ottenere un fine,pensa autoreferenziale, se sa nuotare o meno non mette in moto invece le prime capacità di un essere umano,va in panico perchè non sa nuotare.Mentre pure una persona che non sa nuotare potrebbe essere più ragionevole.

          Regola generale:posto che non è necessario morire in due allora, qualunque mezzo è utile a conseguire il bene di salvarla,mentre è razionale non fare nulla qualora c’è la certezza evidente di morire in due perchè è un bene comunque che almeno uno dei due si salvi,in questo caso ,se è soltanto se, non c’è nemmeno uno straccio di possibilità di agire altrimenti.

          • hicetnunc ha detto:

            hai ragione (sempre quando dici cose ovvie) comunque (cito)

            Hai pochi secondi per decidere se restare fermo oppure tuffarti e salvarla

            • Dan ha detto:

              Hai pochi secondi per decidere se restare fermo oppure tuffarti e salvarla

              Il che implica che esiste la possibilità che sai nuotare,visto che la categoria possibilità modalmente non ti sta dicendo quello che contingentemente sai fare,se quindi sai nuotare o sapessi nuotare che faresti?.Il resto è un aggiunta fuori dal dilemma.Tu sei contro l’ovvio,é ovvio che se ti tuffi da 300 m l’impatto non lascia molte possibilità,ma d’altronde Hicetnunc,tu sei contro l’ovvio,ragione per la quale non dubito manco per un secondo qual’è la tua scelta in merito,bhè essendo contro l’ovvio, va da se.E ovvio che il tempo,di una persona che sta annegando non è di pochi secondi.

              E dunque Hic et nunc sinceramente,te lo dico,non importunarmi pure tu con le tue “non ovvietà” giusto per giustificare sofismi privi di senso che sarebbero “validi” magari perchè non affatto ovvi per chi ragiona.

              • Dan ha detto:

                E quindi Hic et Nunc,se un altro uomo dovesse ipoteticamente salvare te,e fossi tu ad annegare e magari fossi a 10 m sulla riva e sapesse nuotare e avrebbe discrete possibilità tendenti a 1 di riuscire,non dovrebbe aiutarti giachè per lui è indifferente!

                Abbiate la coerenza di annegare in silenzio.

              • hicetnunc ha detto:

                l’ovvio non è disprezzabile, è disprezzabile l’inutile dimostrazione dell’ovvio usata come presunta evidenza del non-ovvio, lasciando la presunta evidenza solo presunta e non argomentata, col solo vantaggio di aver dato sfoggio di poderosi (apparentemente almeno, per qualcuno almeno) strumenti argomentativi

                se tu mi dimostri che nel fumo ci sono 400 sostanze potenzialmente cancerogene questo non evidenzia di per sé la correlazione di questo fatto con il cancro di cui soffre un fumatore, che rimane una evidenza ipotetica, in quanto quel cancro potrebbe essere dovuto a radiazioni, ecco che in tal caso la tua è una dimostrazione dell’ovvio ovvero di ciò che non era in questione, dell’esistenza ipotetica della correlazione che tu invece magari credi di aver così dimostrata

        • pendesini alessandro ha detto:

          …Ma quale razionali sono,l’uaar, è l’ecatombe della razionalità…..
          Caro Dan
          Lei che è cosi convinto che sul sito UAAR scrivono solo -diciamo- delle fesserie ovviamente irrazionali, le suggerisco di andare su questo sito e CONVINCERE CON ARGOMENTI RAZIONALI che loro (l’UAAR) dice solo delle fesserie !
          Ci provi eventualmente col suo pseudonimo Dan, ma anche Din o Don….. ! Vorrei vedere come se la cava…
          Per sua informazione sul sito UAAR NON ho mai trovato una bufala, o informazione completamente errata o falsa !
          Con questo non voglio dire che condivido al 100% quelle che leggo, ma ripeto, non ho mai scovato informazioni false scritte da mitomani, narratori o gente convinta di sapere cos’é la Realtà e la Verità assoluta !
          Sans rancune ?

          • Dan ha detto:

            Appunto hai detto razionali o sbagli:

            Nessuno dei tuoi argomenti è stato mai Razionale quindi che supportato anche dall’ ausilio della logica, o si sa argomentare (vedi le teorie argomentative e l’uso delle logiche) o non ha senso discutere:

            Peraltro di argomenti atei nè ho sentito per esempio da Carnap, i tuoi, per me sono niente più che paragonabili alle scritte sui prodotti pubblicitari.

            (Oltre 80% in USA) ; gli atei incidono –mediamente- meno del 1% (0,2% in USA)

            https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=3&ved=0ahUKEwjCmOOAqa_LAhUHjQ8KHVEBBsAQFggsMAI&url=http%3A%2F%2Fwww.unitn.it%2Ffiles%2Fdownload%2F24861%2Fclaudiotugnolischedasullefallacie.pdf&usg=AFQjCNE-EIEOwu4mcxwCK-AdyD3WxkdRzw&sig2=wQ_N0ErLZurSpIuc9-FSHw&cad=rja

            Ovviamente il pdf è una semplificazione,visto che è appurato che non tutti possono comprendere la logica formale,e gli schemi deduttivi,quindi vengono gia esemplificati tutti gli argomenti privi di validità logica, giusto per farti notare che per uno che conosce la logica formale ad almeno due valori (0 e quell’affermazione NON è VALIDA logicamente dunque razionalmente.

            Giusto per farti capire la semplicità di farti saltare l’inferenza:

            Non è logicamente necessario che quelle persone non si siano convertite in carcere,potevano essere atei e poi in carcere diventati credenti,per tale ragione la tua inferenza che è induttiva,presume una fallacia ovvero lo presuppone a priori, questo vuol dire che c’è una fallacia sulla qualità della campionatura ,mentre non hai inferito sulla quantità del campionamento,visto ch l’unica condizione necessaria per saperlo: sarebbe al momento in cui li hanno arrestati se erano credenti o meno,ma questo asserto è indecidibile,per cui pregiudica la qualità di un qualunque campione citato,ragione per la quale razionalmente e logicamente rigetto i tuoi meri slogan.

            Dunque sei solo un ignorante,che atecca questo sito dicendo che non ha argomentazione razionali,che a sua volta un sofisma fintantoché non lo dimostri.

            Al più è solo uno sfogo che è e rimane di un’ignorante che non conosce nemmeno un minimo di teoria argomentativa,come non conosce nemmeno un minimo di logica formale evidentemente.Bhè non mi meraviglia con gli analfabeti di ritorno in Italia (studio di De Mauro purtroppo valido,dico purtroppo perchè non è una bella cosa a sapersi)

            Non essendo nemmeno queste tue ultime affermazioni un argomento,semplicemente perchè dovrei ascoltarle,per leggere flatus vocis?

            Quindi abbassa il tono,perchè le opinioni non sono mai stati argomenti,nemmeno quando tentano di spacciarsi per tali.

            • pendesini alessandro ha detto:

              …..Dunque sei solo un ignorante,che atecca questo sito dicendo che non ha argomentazione razionali,che a sua volta un sofisma fintantoché non lo dimostri……

              Caro Dan : Gli insulti sono fondamentalmente NON producenti, generatori di antagonismo individuale e sociale, ma anche e sopprattutto di ODIO ! Inoltre contrari all’insegnamento cattolico basato sulla modestia e tolleranza….. Il punto di vista degli altri, anche se spesse volte lo discutiamo, anche se sovente lo respingiamo, ci aiuta a precisare ed arrichire il nostro !
              Veniamo dunque al sodo sulla tematica della responsabilita dei credenti o atei che siano.
              La responsabilità non è tanto nelle strutture neuronali. Si tratta di una costruzione sociale, da ricercarsi al di fuori, nelle azioni, nei fatti. Tanto più perché, come ci ha insegnato la psicanalisi, il “sentimento della colpa”, legato alla concezione intenzionale dell’azione morale, non coincide necessariamente con un agire “responsabile” (Michael Gazzaniga 2005). Il sentirsi colpevole ha poco a che fare con l’atteggiamento di responsabilità, che è una maturazione successiva che prevede che l’individuo possegga capacità cognitive di astrazione abbastanza elevate -non a caso illetterati, come mettevano già in luce gli studi di Lurjia sui contadini dell’Uzbekistan e di De Martino sugli analfabeti del sud d’Italia, sembrano esserne del tutto privi. La responsabilità coincide quindi con la capacità di un cervello di valutare le conseguenze delle proprie azioni, e non nel possedere un “carattere virtuoso”. Il senso di responsabilità è diverso dal senso di colpa; è meno tormentato e più sereno. Cio’ su cui il senso comune commette un errore è che non è il sentimento del tormento a rendere le persone responsabili (Jervis, 1998). L’educazione alla colpevolezza finisce col produrre, come evidenzia la teoria dell’attaccamento riguardo allo sviluppo del sistema motivazionale intero (Liotti e Farina, 2011), personalità insicure, che si sentono cioé in colpa, preferiscono tormentarsi e scelgono la strada dell’espiazione interiore, ma a conti fatti non si assumono serenamente la responsabilità delle proprie azioni.

              • Dan ha detto:

                a)

                (Oltre 80% in USA) ; gli atei incidono –mediamente- meno del 1% (0,2% in USA)

                b)

                anto più perché, come ci ha insegnato la psicanalisi, il “sentimento della colpa”, legato alla concezione intenzionale dell’azione morale, non coincide necessariamente con un agire “responsabile” (Michael Gazzaniga 2005). Il sentirsi colpevole ha poco a che fare con l’atteggiamento di responsabilità, che è una maturazione successiva che prevede che l’individuo possegga capacità cognitive di astrazione abbastanza elevate -non a caso illetterati, come mettevano già in luce gli studi di Lurjia sui contadini dell’Uzbekistan e di De Martino sugli analfabeti del sud d’Italia, sembrano esserne del tutto privi. La responsabilità coincide quindi con la capacità di un cervello di valutare le conseguenze delle proprie azioni, e non nel possedere un “carattere virtuoso”. Il senso di responsabilità è diverso dal senso di colpa; è meno tormentato e più sereno. Cio’ su cui il senso comune commette un errore è che non è il sentimento del tormento a rendere le persone responsabili (Jervis, 1998). L’educazione alla colpevolezza finisce col produrre, come evidenzia la teoria dell’attaccamento riguardo allo sviluppo del sistema motivazionale intero (Liotti e Farina, 2011), personalità insicure, che si sentono cioé in colpa, preferiscono tormentarsi e scelgono la strada dell’espiazione interiore, ma a conti fatti non si assumono serenamente la responsabilità delle proprie azioni.

                L’analfabetismo di ritorno non consiste nel non saper nè leggere nè scrivere, ma nel non saper ragionare e comprendere ciò che si è scritto o che altri scrivono o come lei fare i furbi e far finta di non saperlo:

                In particolare B non implica A,dunque è un non sequitur.

                • Dan ha detto:

                  Non e’ logicamente necessario che quelle persone quando hanno compiuto il reato per cui erano in carcere non fossero stati atei possono essere diventai credenti in carcere quindi non sussiste cirrelazione tra carcere reati convinzioni religiose in maniera necessaria.Appunto puoi divergere anche in francia o in Trinidad e Tobago ma questo inficia la qualita del campionamento,mentre dovresti conoscere l’amato detto affirmanti incubit probatio sul campionamento quantitativo,oppure le ignori e non lo posti,ma anche se lo postassi sarebbe qualitativamente invalido,dunque fai i biglietti e fatelo spiegare in Francia.

                  Quindi ritotnando all’argomento A lei fa affermazioni a casaccio su autori che non discutono nemmeno dell’analfabetismo di ritorno,e che in effetti ancora non rispondono:

                  a)La qualità del campionamento è scorretta
                  b)Niente sulla inerentemente alla quantità del campione viene postato.

                  B non giustifica razionalmente A,per cui pure in questo caso rigetto un altra ciarlatanata linguistica.

                • Dan ha detto:

                  Non e’ logicamente necessario che quelle persone quando hanno compiuto il reato per cui erano in carcere non fossero stati atei possono essere diventai credenti in carcere quindi non sussiste cirrelazione tra carcere reati convinzioni religiose in maniera necessaria.Appunto puoi divergere anche in francia o in Trinidad e Tobago ma questo inficia la qualita del campionamento,mentre dovresti conoscere l’amato detto affirmanti incubit probatio sul campionamento quantitativo,oppure le ignori e non lo posti,ma anche se lo postassi sarebbe qualitativamente invalido,dunque fai i biglietti e fatelo spiegare in Francia.

                  Quindi ritotnando all’argomento A lei fa affermazioni a casaccio su autori che non discutono nemmeno dell’analfabetismo di ritorno,e che in effetti ancora non rispondono:

                  a)La qualità del campionamento è scorretta
                  b)Niente sulla inerentemente alla quantità del campione viene postato.

                  B non giustifica razionalmente A,per cui pure in questo caso rigetto un altra ciarlatanata linguistica.

                  Però più che altro forse con i minestroni linguistici,puoi persuadere un analfabeta di ritorno.

          • Dario* ha detto:

            “sul sito UAAR NON ho mai trovato una bufala, o informazione completamente errata o falsa”
            già, perché le menzogne al 100% false sono ridicole anche per i bimbi, bisogna sempre miscelare una percentuale di verità per renderle credibili…

  • giorgio baldrati ha detto:

    “passate per la porta stretta , poiche` larga e`la via che conduce alla
    perdizione.”
    gli atei avvertono acutamente la inferiorita`etica nei confronti dei
    credenti che osservano volontariamente e lietamente una legge morale
    rigida e sanzionatoria. a loro giustificazione ci presentano una etica
    soggettiva ,loro personale , di facile evasione , senza alcuna dicniarata
    sanzione, per poter rigettare ogni critica da parte dei credenti.
    poggia la loro pace sul rifiuto della fede . ma credano o no ,Dio
    e` misericordioso ; ” la gramigna non sara` estirpata sino alla fine
    dei tempi,” per non strappare con essa ancne il grano ” ma tutti,
    credenti o no saremo a suo tempo ,quando il Donatore si palesera` in
    tutta la sua gloria e potenza , soggetti a giudizio , per l`uso
    che abbiamo fatto di questo dono immenso e gratuito che e`la vita
    e per tutto il bene promesso con questa , che avremmo potuto ottenere
    con la fede e che abbiamo rifiutato con un rifiuto continuato per tutto il
    tempo concessoci.

  • Pino ha detto:

    anche Norberto Bobbio sosteneva che «La morale razionale che noi laici proponiamo è l’unica che abbiamo, ma in realtà è irragionevole»

    https://www.uccronline.it/2010/06/01/il-laico-norberto-bobbio-la-morale-razionale-laica-e-irragionevole/

  • pendesini alessandro ha detto:

    …..chi non crede in Dio non può nemmeno credere davvero nei diritti umani……
    Dice molto stranamente ma anche arbitrariamente l’articolo !

    Non credo un solo minuto che la ricerca della bontà possa dipendere di una religione qualsiasi o dal fatto di avere delle credenze –o convinzioni- religiose in generale. Molti dati empirici mostrano che i vari tipi di misfatti –da singoli a gravi- possono essere commessi più da credenti che atei o agnostici ! Infatti, troviamo che nei paesi del nord Europa i tassi di criminalità sono tra i più bassi, mentre in questi stessi paesi la percentuale dei credenti, e la frequentazione delle chiese, sono assai ridotti.
    P.S. : -In termini di carità, ad esempio, non si nota alcuna differenza significativa tra coloro che non hanno religione e altri. Nessun studio accademico ha potuto affermare, o dimostrare, il contrario !

    Vorrei per contro di nuovo sottolineare che nelle carceri del mondo occidentale, ad esempio,
    la stragrande maggioranza dei detenuti è di stampo credente monoteista (Oltre 80% in USA) ; gli atei incidono –mediamente- meno del 1% (0,2% in USA). Sare molto stupito che in Italia (cosi come diversi stati dell’UE) le statistiche siano molto diverse che negli Stati Uniti !…Ma se dovessi sbagliarmi fatemelo sapere….

    • Dan ha detto:

      Ma questa sono appunto farneticazioni irrilevanti,che non hanno un quindi,o continua sfilza di fallacie.Ma comunque grazie per le tue razionalissime e irrelavantissime considerazioni,e scomettiamo che in africa la maggior parte dei detenuti e nera?Mi raccomando quindi,non uscite dal farneticare che e pure razionale.

      • pendesini alessandro ha detto:

        Vedo che non contesta cio’ che ho scritto !
        Per cio’ che riguarda la sua incomprensibile “risposta” (abbia venia, ho una cultura elementare…), posso solo affermare che a me sembra essere quella di una persona imbarazzata nel rispondere CHIARAMENTE a quello che legge, o se preferisce una diversione : “noyer le poisson dans l’eau”, dicono i francesi…

        • Dan ha detto:

          A questo punto potrebbe essere che il problema non siano terzi ma problemi di diotrie mentali proprie.Non puoi aver visto una divergenza inesistenza:Non e’ logicamente necessario che quelle persone quando hanno compiuto il reato per cui erano in carcere non fossero stati atei possono essere diventai credenti in carcere quindi non sussiste cirrelazione tra carcere reati convinzioni religiose in maniera necessaria.Appunto puoi divergere anche in francia o in Trinidad e Tobago ma questo inficia la qualita del campionamento,mentre dovresti conoscere l’amato detto affirmanti incubit probatio sul campionamento quantitativo,oppure le ignori e non lo posti,ma anche se lo postassi sarebbe qualitativamente invalido,dunque fai i biglietti e fatelo spiegare in Francia.

    • Michele ha detto:

      Il punto non è chi delinque di più o di meno: è già stato spiegato ad abundantiam. Il punto è: esiste per l’ateo una giustificazione per comportarsi moralmente, oppure lo fa solo perché gli piace, gli conviene o altro? Perché se il motivo è il secondo nulla vieta che accanto ad atei caritatevoli ne siano di egoisti, accanto ad atei ineccepibili ne siano di criminali e soprattutto che il valore delle azioni del criminale e dell’egoista non sia affatto inferiore a quello delle azioni degli altri succitati.

      • pendesini alessandro ha detto:

        Molto succintamente ritengo esistano due tipi opposti di comportamenti « morali » umani, ovviamente con moltissime sfumature :
        –Uno, che si traduce come Egoismo primario, egocentrismo o narcisismo (culto e cura maniacale per il proprio corpo)…
        –L’altro come Egoismo « ragionevole », senzaltro interessato, ma particolarmente empatico, che tiene conto, pur facendo il proprio interesse in primis, l’interesse degli altri, o comunque contribuire.
        L’atto interamente gratuito è pura utopia ! Quindi se qualcuno dovesse essere convinto che un qualsiasi atto « altruistico » -cioé completamente disinteressato-esiste (premesso che la persona non sia affetta di squilibrio o patologia mentale) non è altro che un illuso o…sognatore !
        NB -La ricompensa di un atto « virtuoso » esiste, non è altro che un sentimento gradevole, a volte euforico, dell’atto stesso. Gioire della gioia dell’altro (o altri), atto nobile per eccellenza, il massimo che l’umano possa fare verso i suoi simili (ma non solamente) ma comunque sempre interessato.

        • Michele ha detto:

          E tutto ciò cosa c’entra con la giustificazione laica/atea della morale?

          • pendesini alessandro ha detto:

            Michele ritengo la tua osservazione pertinente e off topic !
            Ma se vogliamo capire comportamenti umani complessi dobbiamo imperativamente iniziare da quelli semplici e intelliggibili a la maggioranza della gente, escludendo qualsiasi forma d’elitismo. Un bambino -normale- che volesse saltare dalla prima alla quinta elementare non potrebbe essere in grado di capire la maggior parte di quello che viene insegnato; confonderebbe sovente lucciole con lanterne….Questo è valido anche per adulti, particolarmente quelli convinti, grazie ai loro dogmi, metafisica e ideologia, di possedere la Verità V maiuscolo, non solo ma anche la definizione -non negoziabile- della Realtà…Bien à vous

            • Dario* ha detto:

              “pertinente e off topic”, un po’ come il ghiaccio bollente insomma? 😛

              • pendesini alessandro ha detto:

                Infatti ! La ringrazio per l’osservazione.
                Volevo dire : Michele ritengo la tua osservazione pertinente; il mio commento è relativamente off topic.

        • Vincent Vega ha detto:

          Pendesini, come al solito lei non entra nel merito.
          Qual’è il fondamento della morale del materialista?

          Avanti, sentiamo.

        • Dan ha detto:

          a)Che ci azzeca e d’obbligo.b)Stai provando a fare cosa psicanalisi razionalmente?Bhe passiamo a qualcosa di piu complesso delle elementari…il liceo! non lo dico perche’ e’ Poper dunque un autorictas e un esponente del razionalismo critico,ma mi sembra che almeno Adler ci provo rispondendo mi baso sull’esperienza di tanti casi su cui non ho mai avuto esperienza,Pandesini invece si basa su un criterio noto: le…zate dell’uaar oppure su un autoreferenza che rende il suo messaggio una notevole credenza,elegante certo ma pur sempre una credenza in effetti a differenza del freudismo:gli altri sono utopisti.Anche qui che tu pensi sia cosi logicamente non implica che e’ cosi.Ritengo opinione che….si ma argomentare non e opinare.

          • pendesini alessandro ha detto:

            Lei critica spudoratamente l’UAAR -quindi gli atei/agnostici- d’irrazionali.. Sic ! Quando invece ritiene che credere nei miracoli, la levitazione, il paradiso, l’inferno, l’esistenza di un dio onniscente e onnipotente dotato d’infinita bontà, il dualismo cerebrale (anima/corpo), l’immaterialità dell’anima o spirito, per citare solo questi, -senza l’ombra di una prova-….sia VERAMENTE RAZIONALE ?
            Ma potrebbe dirmi su quale fonti RAZIONALI -mediante la metodologia scientifica- riposano queste sue (vostre) convinzioni ?

            • Dario* ha detto:

              tu invece vorresti sostenere che sia razionale credere nella NON esistenza di Dio, nella NON esistenza di qualsivoglia cosa non ancora scoperta, nella assoluta onniscenza della scienza umana contemporanea? Beh, un gran bel ragionamento non c’è che dire, e quali sarebbero le TUE di prove?

            • Gianfranco ha detto:

              La metodologia scientifica riesce a spiegare in modo VERAMENTE RAZIONALE il fondamento della morale dell’ateo?
              Certamente no. Perchè la morale non è argomento da affrontare per la matematica, la fisica, l’astronomia ecc.
              La psicologia non è una scienza esatta (lo aveva scritto lei). La medicina neanche.
              Quindi scelga lei il metodo scientifico che le aggrada per spiegare il suo fondamento morale.

            • Dan ha detto:

              Pandesini infatti questo è un cambio di argomento rispetto alle sue affermazione non serve a niente:

              –Uno, che si traduce come Egoismo primario, egocentrismo o narcisismo (culto e cura maniacale per il proprio corpo)…
              –L’altro come Egoismo « ragionevole », senzaltro interessato, ma particolarmente empatico, che tiene conto, pur facendo il proprio interesse in primis, l’interesse degli altri, o comunque contribuire.
              L’atto interamente gratuito è pura utopia ! Quindi se qualcuno dovesse essere convinto che un qualsiasi atto « altruistico » -cioé completamente disinteressato-esiste (premesso che la persona non sia affetta di squilibrio o patologia mentale) non è altro che un illuso o…sognatore !

              Lo studio di una qualunque di esse sembrava avere l’effetto di una conversione o rivelazione intellettuale, che consentiva di levare gli occhi su una nuova verità, preclusa ai non iniziati. Una volta dischiusi in questo modo gli occhi, si scorgevano ovunque delle conferme: il mondo pullulava di verifiche della teoria. Qualunque cosa accadesse, la confermava sempre. La sua verità appariva perciò manifesta: e, quanto agli increduli, si trattava chiaramente di persone che non volevano vedere la verità manifesta, che si rifiutavano di vederla, o perché era contraria ai loro interessi di classe, o a causa delle loro repressioni tuttora “non-analizzate” e reclamanti ad alta voce un trattamento clinico.

              NB -La ricompensa di un atto « virtuoso » esiste, non è altro che un sentimento gradevole, a volte euforico, dell’atto stesso. Gioire della gioia dell’altro (o altri), atto nobile per eccellenza, il massimo che l’umano possa fare verso i suoi simili (ma non solamente) ma comunque sempre interessato.

              Conferma di che cosa, mi domandavo? Non certo piú che del fatto che un caso poteva essere interpretato alla luce della teoria. Ma questo significava molto poco, riflettevo, dal momento che ogni caso concepibile poteva essere interpretato alla luce della teoria di Atler, o parimenti di quella di Freud. Posso illustrare questa circostanza per mezzo di due esempi assai differenti di comportamento umano: quello di un uomo che spinge un bambino nell’acqua con l’intenzione di affogarlo; e quello di un uomo che sacrifica la propria vita nel tentativo di salvare il bambino. Ciascuno di questi casi può essere spiegato con la stessa facilità in termini freudiani e in termini adleriani. Per Freud, il primo uomo soffriva di una repressione, per esempio, di una qualche componente del suo complesso di Edipo, mentre il secondo uomo aveva raggiunto la sublimazione. Per Adler, il primo soffriva di sentimenti di inferiorità determinanti forse il bisogno di provare a se stesso che egli osava compiere un simile delitto, e lo stesso accadeva al secondo uomo, che aveva bisogno di provare a se stesso di avere il coraggio di salvare il bambino. Non riuscivo a concepire alcun comportamento umano che non potesse interpretarsi nei termini dell’una o dell’altra teoria. Era precisamente questo fatto – il fatto che dette teorie erano sempre adeguate e risultavano sempre confermate – ciò che agli occhi dei sostenitori costituiva l’argomento piú valido a loro favore. Cominciai a intravedere che questa loro apparente forza era in realtà il loro elemento di debolezza.

              Ebbene in questo momento le faccio rispondere precismente da Popper in termini Pendesiani:

              a)Su cosa vengono fondate queste stesse affermazioni?Sull’esperienza di enumerazione di casi?Se è per esperienza di enumerazione di casi,e quali sarebbero le sue esperienze in merito?
              b)E su cosa si basa se non un immettere false cause che sono a loro volta inconoscibili?

              Come vede lei non sa rispondere proprio con la sua stessa amata razionalità,e quindi non puo che fare un fallacissmo cambio di argomento altrove,in effetti che ci sia un credente che crede nel paradiso o meno non rende necessario che queste affermazioni non siano altro che mere credenze.
              E quindi si ci potrebbe chiedere perchè CREDERE in queste affermazioni piuttosto che in queste altre?

              In particolare Pendesini se anche esistono credenti implica razionalmente che queste affermazioni sarebbero fondate perchè ci sono credenti?No,è una stupidaggine.O secondo lei le teorie si fondano sulla base dell’essere atei?

              Pendesino sarebbe il caso che proprio lei non chiedesse a me perchè razionalmente bisogna CREDERE alle sue affermazioni senza una prova (cosa significhi “prova razionale” lo sai solo tu,e visto il tenore delle dimostrazioni immaggino la sfilza di invenzioni linguistiche fallaci senza fondamento argomentativo).

              • Dan ha detto:

                Le affermazioni sono scientifiche o razionali se si crede o non si crede in una divinità,e se non si crede in una divinità allora sono scientifiche?

                Ha ragione Pendesini le petizioni di principio sono razionali,sono razionali le petizioni di principio.

                Se non fosse che un qualunque epistemologo e scienziato serio la prenderebbe come ciarlatano linguistico e basta,ma sorgerebbe che le ciarlatanate linguistiche non sono nè scientifiche nè razionali.

            • Vincent Vega ha detto:

              La metodologia scientifica, Pendesini, riposa essa stessa su principi metafisici (come il principio di non contraddizione e di causalità) che non sono dimostrabili scientificamente, gliel’avevo già fatto presente.
              Ad ogni modo sto ancora aspettando una risposta.

            • Dan ha detto:

              a potrebbe dirmi su quale fonti RAZIONALI -mediante la metodologia scientifica- riposano queste sue (vostre) convinzioni ?

              Sull’ovieta razionale dello sbatezzarsi! e dei test da novella 2000 quanto sei laico?

              Sull’Uaar hanno inventato un nuovo strumento scientifico noto agli ingegneri come:il LAICOMETRO,l’unità di misura della LAICITA nota in qualunque S.I,capisci che una persona razionale,non pensa a altro che a inventarne uno che si chiama RIMBECILLOMETRO che la misura dell’unità di misura del laicometro! X)

          • hicetnunc ha detto:

            ma argomentare non e opinare.

            ecco un’altra ovvietà! intanto argomentare credendo di opinare è sempre argomentare mentre opinare credendo di argomentare è sempre opinare, l’ideale è sapere quando si opina anche nelle argomentazioni, quali parti dell’argomentazione sono opinabili, e quali no, il peggio è credere di non opinare solo perché il significato delle parole è già stato chiarito in anticipo e che ogni cosa, per questo soltanto, possa essere more geometrico demonstrata

            il tuo argomentare Dan, a mio avviso è contraddittorio sempre perché tale ab initio perché negli effetti te ne freghi sempre dell’interlocutore anche se tu sei coerente con la tua natura non so se umana ma che dalle espressioni potrebbe un esperimento del MIT (non mit-italia!)

  • Giulio Quaresima ha detto:

    Decidere se esista il bene e, se sì, quale sia, è la sfida più grande per un non credente come me (ateo o agnostico non fa differenza). Io mi regolo così: parto dalla presa d’atto che in me esiste una “coscienza” che mi suggerisce di volta in volta cosa è il bene e cosa è il male, e mi fa “sentire in colpa” quando compio un’azione malvagia o ometto di compierne una buona. Io cerco di seguire questa coscienza, e di maturarla nel confronto con gli altri, a cominciare da chi mi sta più vicino. Sull’origine di questa coscienza (evoluzione, pressione sociale, Dio, etc.) sospendo il giudizio, mi limito irrazionalmente a “credere” in essa.
    Per quanto riguarda l’esperimento mentale proposto, preso tale e quale dal film “Manhattan” di Woody Allen, come è proposto qui trascura un aspetto (non trascurato nel film) che per me è invece fondamentale, il coraggio: ammesso che il giovane sappia che il bene è tuffarsi, deve poi trovare il coraggio di farlo.

    • giovanni ha detto:

      Sì, ma visto che coscienza deriva da “cum scire”, ossia “sapere con”, a cosa agganci questo tuo “sapere”?
      CHI o COSA ti fa sentire in colpa?
      Non puoi essere tu stesso, altrimenti saresti schizofrenico (tipo Gollum-Smeagol 😀 ).

      D’altronde, molti crimini vengono commessi perché “in coscienza” ritenuti giusti, pensa ad es. agli atti di terrorismo.
      Se il semplice “sentire” è misura del proprio agire, allora tutti i “sentire” sono equivalenti.

      Giulio, mi sembra di capire dai tuoi interventi che sei alla sincera ricerca della Verità, ti auguro non tanto di trovarla, ma di lasciarti trovare da essa. 🙂

      • Klaud. ha detto:

        ”’CHI o COSA ti fa sentire in colpa?”’ La società di cui si fa parte ci fa sentire accettati o respinti.
        ”’Se il semplice “sentire” è misura del proprio agire, allora tutti i “sentire” sono equivalenti.”’ No, il proprio ‘sentire’ è misurato dalle conseguenze che ha sul prossimo: se si fa del male non è equivalente a se si fa del bene.
        Mi pare che l’etica di un ateo sia un po’ più complessa di quanto vi piace pensare, vedi l’infelice uscita di G. Baldrati qui sopra: ”gli atei avvertono acutamente la inferiorita`etica nei confronti dei credenti”. Incommentabile.

        • Gianfranco ha detto:

          Siamo sempre là. Ci girate intorno ma non riuscite a spiegare i fondamenti della morale per l’ateo.

          • Klaud. ha detto:

            Forse perché ti aspetti spiegazioni teleologiche, escatologiche o metafisiche…

        • giovanni ha detto:

          “se si fa del male non è equivalente a se si fa del bene”.

          Ovvio.

          Ma non mi hai spiegato cosa è il male e cosa è il bene.
          Se poi ancori questa distinzione alla “società”, allora basta uniformarsi al “sentire comune” ed il gioco è fatto: per stare a posto con la coscienza basta essere delle pecore che belano all’unisono col gregge. Da qui il problema che se la società (ed il suo belare) muta, allora muta anche ciò che è male e ciò che è bene (per carità, sempre ben distinti, eh?!).

  • Spirito Laico ha detto:

    Premetto che anche secondo me l’aspirazione al bene è il segno che l’uomo sia qualcosa di più che una scimmia evoluta, ma resta il dato di fatto che maggiore religiosità non vuol dire maggiore etica.
    Tante, troppe volte è addirittura il contrario. Basta confrontare la qualità di vita nei paesi dove la religione ha più presa con quelli dove ne ha molta meno.
    Una vera etica non può essere basata sulla ricerca di premi e punizioni nell’aldila’, per aver creduto o meno ad un dio che necessita di sacrifici di sangue per riscattare delle colpe immaginarie.