Il celebre cosmologo Ellis parla di libero arbitrio, multiverso e fede cristiana

George EllisDurante la nostra pausa estiva nell’agosto scorso, la rivista “Scientific American” ha intervistato il celebre fisico e cosmologo George FR Ellis, professore emerito di Complex Systems presso il Dipartimento di Matematica dell’Università di Città del Capo. Il prof. Ellis è considerato uno dei cosmologi più importanti nel mondo, è stato presidente dell’International Society on General Relativity and Gravitation ed è membro di decine di società scientifiche di alto prestigio.

Nel 2011, sempre su “Scientific American” è comparso un suo articolo molto critico verso il Multiverso (la teoria degli universi paralleli), nel quale ha scritto: «Sono scettico sul fatto che il Multiverso sia una teoria scientifica. Non c’è alcuna dimostrazione dell’esistenza di altri universi è mai potrà esserci. Nessuna delle affermazioni fatte dagli appassionati del multiverse può essere motivata direttamente».

Nella recente intervista il celebre cosmologo è tornato sull’argomento: «Non sono un fan del Multiverso, potrebbe essere vero ma è improbabile e c’è troppa speculazione non verificabile sull’esistenza di infinite entità, mal definite e le cui misurazioni di probabilità non sono verificabili». La speculazione è anche ciò che domina molte dichiarazioni del suo collega Lawrence Krauss, il quale ha affermato che la fisica avrebbe risolto il mistero del perché c’è qualcosa piuttosto che niente: «Non sono d’accordo. Krauss presenta non teorie speculative di come le cose sono venute ad esistere da un preesistente complesso di entità, compresi i principi variazionali, la teoria quantistica dei campi, i gruppi di simmetria specifici, uno spumeggiante vuoto, tutti i componenti del modello standard della fisica delle particelle ecc. Egli non spiega in che modo queste entità avrebbero potuto pre-esistere al divenire dell’universo, perché avrebbero dovuto esistere o perché avrebbe dovuto avere la forma che hanno. Inoltre non offre alcun processo sperimentale o di osservazione per testare queste speculazioni del presunto meccanismo di generazione dell’Universo generazione. Come è possibile verificare che cosa esisteva prima che l’universo esistesse? Non si può».

«Sopratutto», ha proseguito il prof. Ellis, «egli ritiene che queste speculazioni risolvano millenari enigmi filosofici, senza impegnarsi seriamente in tali questioni filosofiche. La convinzione che tutta la realtà può essere pienamente compresa in termini di fisica ed equazioni della fisica è una fantasia. E, soprattutto, Krauss non affronta il perché esistono le leggi della fisica, perché hanno la forma che hanno o in che tipo di manifestazione esistevano prima che l’universo esistesse. Chi o che cosa ha sognato i principi di simmetria, i gruppi di simmetria specifici, la teoria di Gauge e così via? Egli non risponde a queste domande. E’ molto ironico quando critica la filosofia e poi si impegna in questo tipo di tentativi filosofici». Anche Stephen Hawking ha affermato che la filosofia sarebbe morta, ma «se davvero crede questo dovrebbe smettere di indulgere nella filosofia di basso grado nei suoi scritti. Non si può fare fisica o cosmologia senza una base filosofica assunta, oltretutto speculazioni filosofiche hanno portato ad una grande quantità di buona scienza: le riflessioni di Einstein sul Principio di Mach hanno svolto un ruolo chiave nello sviluppo della relatività generale, il dibattito tra Einstein e Bohr e il paradosso EPR hanno portato a testare i fondamenti della fisica quantistica». Eppure, purtroppo, «molti scienziati sono forti riduzionisti che credono che la fisica determini da sola i risultati del mondo reale, questo è palesemente falso. Come ho già detto, le equazioni matematiche rappresentano solo una parte della realtà e non devono essere confuse con la realtà».

Ellis è anche un devoto cristiano, il suo nome compare nel nostro dossier sugli scienziati credenti e nel dossier delle loro citazioni sul rapporto tra scienza e fede. La fede, ha spiegato, «può influenzare in qualche modo i temi che si scelgono di affrontare, ma non può influenzare la scienza stessa che ha una sua logica e deve essere seguita ovunque porti. Molti aspetti chiave della vita (come l’etica: ciò che è bene e ciò che è male, e l’estetica: ciò che è bello e ciò che è brutto) si trovano al di fuori del dominio della ricerca scientifica: la scienza può dire che tipo di circostanze porteranno all’estinzione degli orsi polari, o anzi, dell’umanità, ma non ha nulla da dire sul fatto che questo sarebbe un fatto buono o cattivo, non è una questione scientifica. I tentativi di spiegare i valori in termini di neuroscienze e teoria dell’evoluzione in realtà non hanno nulla da dire su ciò che è buono o cattivo. Questa è una domanda filosofica o religiosa e non possono nemmeno poggiarmi su una base scientifica per dire cosa dovrebbe essere fatto in Israele o in Siria oggi. Questo sforzo sarebbe un errore categoria».

Più ironica, infine, la riflessione sul libero arbitrio che diversi riduzionisti vorrebbero definire un’illusione: «se Einstein non avesse avuto il libero arbitrio non potrebbe essere stato responsabile per la teoria della relatività, sarebbe stato un prodotto di processi di livello inferiore ma non di una mente intelligente che sceglie tra le opzioni possibili. Trovo molto difficile credere a questo, anzi non sembra avere alcun senso. I fisici devono prestare attenzione alle quattro forme di causalità di Aristotele, se hanno il libero arbitrio per decidere cosa fare. Se invece non lo hanno, allora perché perdere tempo a parlare con loro? Essi non sarebbero responsabili di quello che dicono».

La redazione

54 commenti a Il celebre cosmologo Ellis parla di libero arbitrio, multiverso e fede cristiana

  • Umberto P. ha detto:

    In che senso i riduzionisti riducono il libero arbitrio ad un’illusione?

    • Fabrizia ha detto:

      Nel senso che se tutto è materia, noi siamo come i rotoli di metallo con le puntine che suonano sempre la stessa musica nei carillon. La musica che suoniamo non la scegliamo noi: la scelgono per noi le nostre circonvoluzioni cerebrali, i nostri ormoni, i nostri cromosomi,ecc. Quindi è un’illusione credere che esista il libero arbitrio: non scegliamo niente; tutto è già predeterminato dalla materia di cui siamo fatti.

      • Claudio ha detto:

        Esatto… A ragion di logica però questo dovrebbe valere anche per il riduzionista/materialista che afferma questo. Perché dovrei credere a uno che dice che tutto è materia, se la sua posizione materialista è a sua volta frutto di una scelta non consensiente ma solo epifenomento della mente? Da qui l’insostenibilità del materialismo.

        • Claudio ha detto:

          *a rigor di logica…

          • mario ha detto:

            avevo scritto in un recente commento che:
            chi aderisce al riduzionismo materialista dovrebbe essere costretto a pensare che la libertà non esiste. quindi dovrebbe a rigore essere un “fan” dell’ inamovibilità del destino. infatti, sempre a rigore, nel concetto di libertà non “appare” mai in senso fenomenologico ( e quindi scientifico in quanto fenomeno constatabile e ripetibile) l’ evento che l’ atto di libertà ha escluso. esempio: se prendo una penna, e questo “indubitabilmente” avviene ( non questiono anche se potrei), non appare il “non prendere la penna”. quindi la mia libertà di prendere la penna era “monca”, unilaterale. scientificamente il “riprodurla” in senso opposto ( rimetto la penna li e non la riprendo più!) non risolve a-posteriori quel momento precedente in cui presi la penna ma potevo non prenderla.
            insomma chi, a rigore, valuta i fatti, deve necessariamente constatare che , rimanendo nell’ orizzonte dei fatti, non è MAI visibile l’ alternativa a come quei fatti si sono sviluppati. in sintesi, chi vede solo i fatti non può che credere ad un unico destino. della penna, come dell’ umanità.
            saluti

            • Umberto P. ha detto:

              Beh, è ovvio che sia così per tutti; chiunque, qualsiasi sia la sua posizione filosofica, vede solo l’opzione che si è realmente verificata di qualsiasi scelta. E con ciò?

              • mario ha detto:

                voglio dire che poichè il riduzionista “rimane” al fatto, e quindi decide di non “vederci” sopra una logica, ma si limita al fenomeno che appare, alla materia, non può ammettere che esiste la libertà. se è coerente, deve dire che la libertà non è visibile, e quindi dal suo punto di vista non esiste. brevemente : riduzionismo->determinismo .
                invece , se accettiamo che il pensiero , la logica, lo sguardo dell’ uomo sul mondo, la metafisica come assioma su cui basarci ( ma cartesio direbbe che è molto più di un assioma…) allora possiamo avventurarci ( in qualche articolo scorso si parlava del credente come qualcuno che lascia aperta la porta…) a definire libero arbitrio, Dio, senso del mondo, etc.

                • Umberto P. ha detto:

                  Uhm…mi interessa la discussione, ma le mie basi filosofiche sono veramente arrugginite, mi dovrei rimettere a studiare un po’ per risponderti in modo non superficiale. Comunque, come fai a dire che la libertà non è visibile. Chiunque, nel momento in cui si trova a fare una scelta, la applica. Quindi chi sceglie, “vede” anche l’opzione che ha volutamente scartato. Vuoi dire che quella scelta è determinata da ormoni, impulsi chimici, influenza culturale, e non da noi stessi? Ma noi stessi siamo “ormoni, impulsi chimici, influenza culturale”

                  • mario ha detto:

                    allora ci togliamo la ruggine a vicenda!
                    premessa. quello che segue a molti può sembrare sega mentale. forse lo è. ma preferisco così piutosto che lasciare una domanda nel vago.
                    andiamo.
                    la libertà non è visibile ( e per certi è contraddittoria) nel senso che provo a spiegare. allora facciamo un esempio. entro in un bar e devo scegliere se prendere il caffè o il cappuccino. in quel momento io ho in mente (neuroni o altro non mi importa) due concetti, il caffè e il cappuccino. due idee pure. che per il riduzionista sono due “setting” dei neuroni giusto? se pensa al caffè si attiva il neurone A, se pensa al cappuccino il neurone B. ok. poi decide per caffè. prima domanda , perchè? il riduzionista è costretto ( da se stesso) a pensare che l’ ha fatto perchè i suoi neuroni hanno espresso ( come output di altri neuroni ) la volontà di aprire la bocca, azionare la voce, e chiedere “un caffè, per favore”. a questo punto si aprono direi due domande fondamentali:
                    1: quello che ottengo, cioè il caffè, è perfettamente quello che volevo?
                    2: che fine ha fatto il cappuccino che non ho scelto?

                    provo a rispondere.
                    1: se vogliamo essere rigorosi, il caffè non è quello che volevo. ma non perchè il barista è incapace , ma perchè il concetto che avevo di caffè ( e il neurone A) è intrinsecamente diverso da quello che ottengo. rimanendo al riduzionismo, i neuroni che vedranno il caffè , quelli che lo toccheranno, e lo gusteranno, saranno diversi da quelli che lo pensavano. il dato logico sarà diverso dal fenomenologico. ci sarebbe molto di più, ma se rimango ai neuroni questo è un primo passo. da questo diciamo dovremmo concludere che la scelta non porta mai dove uno vorrebbe, e saremmo fuori tema. il primo punto lo lasciamo li e passiamo al secondo che è decisivo per i nostri discorsi.
                    2: del cappuccino che non ho scelto non c’è traccia. l’ avevo pensato. se l’ avessi ottenuto non avrei avuto il cappuccino pensato (punto 1). ma non è mai esistito. nessun neurone registrerà il non-cappuccino. nessuna foto del cappuccino esiste. nessuno strumento. a questo punto, come fa il riduzionista a dire che sarebbe CERTAMENTE esistito il cappuccino? può dirlo, ma non ha basi fenomenologiche per dirlo. può dirlo solo se ammette ( ma nel far questo dovrebbe rinunciare a se stesso) che ad un certo punto nel tempo è esistito il “cappuccino in potenza”, e qui abbraccerebbe Aristotele senza rendersene conto. ma aristotele era l’ opposto di un materialista. e ogni riduzionista, prima di avere spalle larghe, dovrebbe leggerlo almeno in parte.

                    spero di aver risposto. resto sempre disponibile a fare altro rumore.

                    • Umberto P. ha detto:

                      Grazie davvero per la chiarezza, Mario. Credo che già immagini facilmente le mie risposte o obiezioni: Io scelgo caffè e non cappuccio, per un insieme di motivi, magari anche contingenti, come l’aver visto una bella cremina sul caffè della signora accanto. Quello che ottengo dal caffè è una serie di stimolazioni sensoriali positive (l’aroma, il gusto, la sensazione di essere un po’ più sveglio) che tutto sommato mi aspettavo, perchè non ottengo mai quello che volevo? Tu intendi dire che quello che ottengo è sempre diverso da quello che aspetto, o che è sempre peggiore? E perchè?

                      Infine, completamente ignaro delle implicazioni che credo mi farai notare, mi viene da pensare, relativamente al punto due, che per un lasso di tempo è esistita la possibilità che chiedessi un cappuccino, prima che decidessi. Ma non affermerei nemmeno che certamente quel cappuccino sarebbe venuto fuori se lo avessi chiesto, magari il tubicino per montare il latte si rompeva ed il barista doveva alzare le mani.

                      Conscio di aver evidentemente colto fino ad un certo punto le tue osservazioni, ti passo la palla, se i commenti saranno ancora disponibili er un po’…
                      Ciao!

                    • mario ha detto:

                      rispondo da sopra non potendo da sotto! ahaha!
                      senti, ho provato a scrivere sul punto 1, ed oltre ad essere troppo lungo, è fuori tema. lasciamolo in sospeso. abbiamo invitato a cena un ospite importante e poi non lo facciamo accomodare a tavola. alla prossima.
                      punto 2. il non-cappuccino. per qualche secondo “è esistita la possibilità di chiedere un cappuccino”. giustamente fai anche notare che se l’ avessi chiesto è possibile che non l’ avrei ottenuto. quest’ ultima parte è parente del punto 1 se ci pensi, in senso più pratico e meno ontologico, e la lascio da parte anche essa.

                      mi concentro dunque su “è esistita la possibilità di chiedere un cappuccino”. posso chiedermi: ma questa possibilità (la chiamo POS) era evidente? mi diresti di si. preciserei: era materialmente evidente? NO. una possibilità ( anzi, LA possibilità di quel concreto evento) non la misuro e non la vedo. quindi diresti che POS è evidente ma non materializzabile. quindi hai ammesso che POS è un oggetto non materiale ma che “sai” che c’è. ma se sei un materialista hai escluso che ci siano oggetti del genere ( non parlo a te ma al “rigoroso riduzionista”), che siano reali ed esperibili. dunque O non sei riduzionista “vero” oppure se vuoi rimanere tale devi abbandonare l’ asserto per cui POS esiste. ma se POS non esiste, allora il cappuccino MAI sarebbe apparso nel mondo. dunque io non potevo che prendere il caffè. dunque non ho scelto.
                      ma ripeto, io so poco aristotele e credo che la sua potenza/atto spieghi benissimo come questo si esplica.

        • Eli Vance ha detto:

          Infatti il riduzionismo è spesso affiancato da una dualità di principi filosofici: quello del materialismo vale per tutto ciò che si osserva, e un altro vale per chi osserva dall’alto. Il che può essere il mito del superuomo che raggiunge uno stato di consapevolezza superiore rispetto agli altri, o nel concetto di nirvana che vuole liberarsi da qualcosa, o nello gnosticismo che vuole superare i limiti stessi posti dal riduzionismo che però egli, in virtù della sua illuminazione, ha scoperto. Detta superbia di fondo, unita alla mancata percezione della necessità logica di trovare una principio assoluto alla base delle suddette asserzioni, penso spieghi abbastanza bene le reazioni, saltuariamente isteriche e quasi sempre altezzose, che taluni riduzionisti possono avere nei confronti di chi la pensa diversamente.

          • Fabrizia ha detto:

            Ha proprio ragione Rudolf Allers. Solo se ci riconosciamo creature siamo veramente umani. Solo accettando i nostri limiti di creature siamo veramente liberi.

          • Umberto P. ha detto:

            E gli agnostici riduzionisti? Ti assicuro che io non sono superbo, l’unica cosa che so (che credo) è di non sapere!

            • Eli Vance ha detto:

              O si riconosce che la realtà antropologica è un insieme di impulsi elettrici (riduzionismo) o si riconosce l’esatto opposto ovvero il credere di non sapere (agnosticismo), pur essendo comunque tenuti a motivare il perchè del rifiuto di certe opzioni o quantomeno quali sono le conoscenze o atti di fede che provocano il rifiuto di impostazioni filosofiche alternative.
              La superbia che ho citato è solo un effetto di chi pensa che da solo che, con proprie forze intellettive e mezzi, può trovare la verità universale, ma il problema principale risiede nell’assumere una dualità di principi filosofici che non sono coerenti fra loro.

              • Umberto P. ha detto:

                Io non vedo un’impossibilità di conciliare riduzionismo ed agnosticismo. Nel senso che riconosco di non possedere alcuna verità, e la mia personale e fallibilissima opinione è che la realtà antropologica è un insieme di impulsi elettrici. Potrei sbagliarmi, potrei cambiare idea adesso, ma tutto ciò mi sembra al momento l’ipotesi più probabile.

                • Giustiniano ha detto:

                  E’ proprio così, “agnosticismo” non significa sospendere il giudizio su ogni cosa, perchè altrimenti significherebbe scegliere la mediocrità, ma solo sospendere il giudizio sulle cose che non si ritengono dimostrate.

                • Eli Vance ha detto:

                  E’ evidente in questa affermazione che l’agnosticismo è in posizione di dominanza rispetto al riduzionismo, i limiti che sia l’una e l’altra concezione presentano rimangono : al riduzionismo è richiesto di dimostrare meccanicamente tutto il che non è certo sostenuto dalla comunità scientifica, vedi anche l’articolo, mentre all’agnosticismo è richiesto di mettere in discussione anche i principi per i quali giudica che non vi sono abbastanza informazioni per prendere una determinata scelta oppure di dimostrare che gli stessi criteri che usa per ritenere dimostrabile o no un certo oggetto sia coerente con l’oggetto stesso, insomma se si sceglie un criterio si dovrebbe essere coerenti fino in fondo.
                  Unendoli se ne presentano di nuovi: esempio se l’affermazione di non sapere coesiste con quella che le proprie opinioni, compresa la precedente, è frutto di impulsi e non quindi di un ragionamento o opera d’ingegno umana capisci che perde di convinzione.

                  • Giustiniano ha detto:

                    Non è corretto affermare che è richiesto di dimostrare meccanicamente tutto, perchè sia la psicologia che il resto delle scienze sociali non danno dimostrazioni meccaniche dei fattori comportamentali. L’errore che anche tu commetti è il considerare che o si è al 100% riduzionisti o al 100% olistici.

                    • Eli Vance ha detto:

                      Ho già sostenuto al primo post che nei fatti nessuno è riduzionista puro o cadrebbe in contraddizione. Vedo comunque che ammetti che la psicologia e i comportamenti non sono riconducibili se non in parte a leggi fisiche, altrimenti queste andrebbero dimostrate.
                      Se anche per assurdo si arrivasse a elencare quali enzimi o fattori incidono sul pensiero individuale, una volta conosciuti l’individuo potrebbe comunque prendere decisioni diverse da quelle preimpostate, quindi la libertà trova comunque ampio spazio.
                      Faccio anche notare come nel corso del tempo il riduzionismo ha preso atto delle sue contraddizioni e la corrente moderna è in fase di stallo, non sa infatti negare il liberi arbitrio con i suoi mezzi e ripone la propria fede nel futuro e nelle prossime scoperte scientifiche, nonostante questo di gente che pensa che tutto è materia ne esiste ancora.

                    • Giustiniano ha detto:

                      Ma credo che neanche il più riduzionista del mondo affermi che la poesia sia riconducibile a leggi fisiche o che non esista in assoluto la capacità di scelta.
                      C’è poi un fattore importante da tenere in conto, cioè l’interdisciplinarietà, nel senso che nessun problema è affrontato solo da una disciplina e quindi un riduzionismo puro non potrà mai esistere, perchè è difficile ridurre ai minimi termini un problema affrontato in un ambito dalla biologia e in un altro dalla psicologia o dalla statistica.

                  • Umberto P. ha detto:

                    Capisco, e metti bene in vista i limiti dei due modi di pensare, ma non vedo un’alternativa, che non sia ancora una volta dichiarare di non sapere: Il riduzionismo non può dimostrare meccanicamente tutto, ma significa solo che abbiamo una domanda in più, non una risposta con un altro metodo. Ugualmente, l’agnosticismo può mettere in discussione quei principi, ma fino ad arrivare a dire che sono forse inesatti, che è coerente con l’impostazione dell’agnosticismo, ed è agli antipodi da “e allora è così”. E’ implicito nel concetto di agnosticismo quello di non essere sicuri delle proprie affermazioni e di non dare una risposta definitiva, tanto più i temi sono controversi.
                    Sull’ultima proposizione, certo che abiamo una logica e ragioniamo, è il frutto di quei neuroni.

                    • Eli Vance ha detto:

                      Se l’agnosticismo può avere principi inesatti, in quanto non può nemmeno autogiustificarsi, e si ammette che il riduzionismo non può spiegare tutto da dove mai viene questa affermazione azzardata secondo cui non ci sono alternative e non possono esserci risposte al di fuori dei due -ismi analizzati? Anzi una volta preso coscienza che la ragione usando i suddetti metodi, non può arrivare a comprendere la realtà, è proprio obbligata a uscire dai due metodi una volta scoperta la loro fallacia, a meno che non intenda proseguire oltre la sua ricerca, tale decisione dipende dal singolo ovviamente.

      • Umberto P. ha detto:

        Grazie per il commento estremamente chiaro ed il linguaggio semplice. Secondo me la nostra personalità è costituita proprio dagli impulsi elettrici cerebrali, dalle informazioni trasmesse col DNA, dagli stati d’animo regolati dagli ormoni, etc. La prova che non procede tutto su un carrello predefinito è il fatto che in un momento posso pensare in un modo, ed in un momento l’opposto. Certo, magari mi hanno condizionato due umori contrastanti nel momento della scelta, ed io non riconosco questa influenza nel mio pensiero perchè interna. Ma fa sempre parte di me.

  • Giustiniano ha detto:

    Credo che la discussione sul riduzionismo sfoci spesso in dibatti sterili, perchè se è vero che esisterà sempre qualcosa che sfugga alla comprensione scientifica, è altrettanto vero che ogni volta che la scienza svela un meccanismo, questo si autoriduce per forza di cose, nel senso che la sua considerazione viene ridotta a quella dei singoli costituenti che concorrono all’esistenza del meccanismo stesso.
    Anche su Hawking si è spesso alzato un polverone maggiore del necessario, perchè se è vero che la sua affermazione appare troppo draconiania, è anche vero che lui si riferisce alla conoscenza cosmologica, infatti il testo recita: La filosofia è morta, solo i fisici spiegano il cosmo. Anche Umberto Eco ebbe a criticare Hawkins e lo accusò addirittura di praticare il pensiero olistico, che in fin dei conti è l’esatto opposto del riduzionismo e, se non ricordo male la sua critica, sarebbe come accusare di fare politica chi afferma che la politica è morta. Mi sembra insomma l’ennesima polemica tra chi vede il proprio seminato minacciato dalla rapida crescita del seminato del vicino. Chi infatti critica il troppo riduzionismo a cui alcuni farebbero ricorso, quasi sempre si dimentica di criticare la troppa ontologia o la troppa metafisica a cui ricorre chi invece vuole dare una risposta diversa al perchè delle cose.

  • Giuseppe ha detto:

    Ma possibile che secoli dopo Hume si parli ancora di “libero arbitrio”, quando è proprio l’espressione stessa a non avere senso?

    • Giustiniano ha detto:

      Sono d’accordo, anch’io trovo che certe contapposizioni siano ormai superate da tempo, sono rimasto infatti sorpreso nel leggere l’estrema semplificazione che ha fatto un utente qualche riga più sopra nel descrivere il riduzionismo: non scegliamo niente; tutto è già predeterminato dalla materia di cui siamo fatti. Personalmente non ha mai sentito nessuno fare un discorso così estremo, sappiamo ad esempio che è stata riscontrata la predominanza di un enzima in quegli uomini più inclini al tradimento, così come sono stati individuati certi caratteri biologici o eredeitari nelle persone che sono vittime di dipendenze da alcol e droghe e così via discorrendo. Osservare questi fatti (ignorarli oltretutto sarebbe impossibile) non significa che ogni uomo sia esente da responsabilità e quindi non scelga niente, ma piuttosto che non si parte tutti da una stessa condizione, quindi il concetto di libero arbitrio diventa molto più relativo rispetto a come comunemente si pensava perchè si scopre che anche quella che sarebbe la volontà e la razionalità della scelta dipende in gran parte da fattori esterni a noi. E’ importante non trascurare questi concetti perchè nel futuro andremo incontro a dilemmi di non poco conto, perchè quando acquisiremo maggiore conoscenza di questi meccanismi, sarà possibile creare medicine che andranno direttamente ad agire sulla volontà (quindi sul cosiddetto “libero arbitrio”) di una persona.

      • Claudio ha detto:

        Ti invito a leggere questa serie di articoli del Prof. Forastiere: https://www.uccronline.it/2012/01/13/le-neuroscienze-decretano-la-fine-del-libero-arbitrio/ (all’interno trovi i sequel).

        • Giustiniano ha detto:

          Grazie, gli ho dato una rapida lettura, però devo dire che lo trovo un tantino di parte, perchè anche lui gioca su una contrapposizione troppo netta tra determinismo e indeterminismo e poi perchè cita solo quelle teorie o studi che pendono più a favore della seconda concezione. La sua chiusura netta verso l’accettazione di qualsiasi forma di intelligenza artificiale o il fatto che consideri il determinismo il voler ricondurre la mente umana a un algoritmo, denota un pregiudizio ideologico di partenza. Non so… io preferisco leggere chi abborda queste questioni con maggiore imparzialità, perchè è proprio su questi temi che le posizioni estreme sono quelle che cadono rovinosamente al primo confronto, appunto perchè non si tratta di dualismi assoluti ma di equilibri tra quello che è l’autocoscienza e la volontà umana e quei caratteri ereditari o insiti nel dna di ognuno.

          • Claudio ha detto:

            Puoi citare le teorie e gli studi che propendono a favore della prima concezione? Sarei interessato.

            • Giustiniano ha detto:

              Eh, c’è veramente tantissimo, non saprei da che parte iniziare… Prima ti avevo fatto l’esempio della dipendenza dall’alcol, puoi vedere che c’è l’imbarazzo della scelta:
              http://scholar.google.it/scholar?q=study+of+the+genetics+of+alcoholism&btnG=&hl=it&as_sdt=0%2C5&as_vis=1
              Tieni presente che si stanno portando avanti studi di questo tipo su praticamente tutte le patologie esistenti, tutte le dipendenze e su tutti i comportamenti considerati a rischio. E non ci si ferma solo nell’ambito della genetica, perchè ci sono anche i fattori di trasmissione studiati dalle scienze sociali, come ad esempio è il caso dei bambini abusati che avranno molte più possibilità di diventare a loro volta abusatori una volta diventati adulti.
              Oggi nessuno più nega che dietro ad ogni comportamento vi possano essere dei fattori rilevanti che non sono determinati dalla volontà della persona e quindi la questione non è disquisire se “libero arbitrio si o libero arbitrio no” ma di quanto ne sia stato ridimensionato il concetto, insomma… la scienza non solo sembra dirci che decidiamo solo parzialmente, ma anche che ora possiamo intervenire farmacologicamente per modificare quella che è la nostra volontà, quindi quello che in campo ontologico è denominato libero arbitrio.

              • Claudio ha detto:

                Ti ringrazio

                • Licurgo ha detto:

                  Per una volta sono in buona parte concorde con Giustiniano.
                  Se la libertà è libertà dalla coazione esterna, che siano altri corpi e che sia ciò che è esterno alla ragione e alla volontà (dunque le passioni, ovvero, in termini odierni le pre determinazioni genetiche o neurochimiche e ormonali) al fine di realizzare la propria natura, ovvero di ente (animale) razionale, dobbiamo dire che oggi sappiamo che i margini della libertà sono molto più ristretti di come si credeva un tempo, soprattutto ai tempi dell’ homo faber dell’Umanesimo, chè invece Tommaso, con le cause contingenti, aveva la stessa concezione antropologica del margine di libertà tale da garantire la responsabilità individuale. Se cade quel margine di libertà non ha più senso nulla: nè il diritto, nè la filosofia, nè la scienza nè il semplice discutere, perchè se tutto è predeterminato fino a negare la responsabilità io non potrei mai far cambiare idea a nessuno nè saprei più se le mie idee le valuto vere con un minimo di oggettività oppure solo perchè mosso da reazioni neurochimiche.
                  Dunque è vero, da una parte abbiamo il determinismo e dall’altra un margine di libertà.
                  Però, e qui vorrei sentire Giustiniano, noto un problema: se la realtà antropologica è solo fatta di materia, e dunque è bilanciata dalla necessità delle leggi (che come tale nega la libertà, essendo coazione) insieme alla casualità di alcune situazioni della genetica (casualità che, come tale, è egualmente coazione perchè se sono determinato dal caso anzichè da leggi, sono pur sempre determinato da una forza esterna, forse anche più tragica delle leggi in quanto imprevedibile e dunque incapace di farmi valutare l’azione a priori), da dove esce a rigor di logica quel margine di libertà che lui stesso garantisce?
                  Lo chiedo senza vis polemica, primariamente per capire il suo ragionamento, e poi se c’è tempo rifletterci.

                  • Giustiniano ha detto:

                    Io penso che sia importante lasciare ogni cosa al posto che gli corrisponde, dire infatti che tutto sia materia, non significa negare che esistano le idee o che l’uomo non possa cambiare la propria volontà. Si potrebbe forse riassumere il concetto in questo modo: anche le idee nascono dalla materia e per questo si può affermare che tutto sia riconducibile alla materia.

                    • mario ha detto:

                      provocando : “si può affermare che tutto è riconducibile alla materia tranne tale affermazione”. il riduzionista la sottoscriverebbe?

                    • Licurgo ha detto:

                      Ma se nascono dalla materia o ne sono un epifenomeno -ma l’epifenomeno come saprai meglio di me scientificamente non spiega nulla- oppure, se sono la risultante di neurochimismi, dovrebbero essere quantificabili e misurabili e non soltanto localizzabili nelle varie aree cerebrali: tu puoi sapere quale area del cervello si attiva quando pensi determinati tipi di idee, ma non puoi in alcun modo misurarle quantitativamente.
                      Dunque, certamente il riduzionismo assoluto non è pensabile così come non lo è la libertà umana se non in una certa parte, ma da qui poi vengono ulteriori problemi: cioè spiegare questo margine di libertà, e a me sembra che, stando alla pure epistemologia come stiamo facendo ora, non se ne esca facilmente.

                    • Giustiniano ha detto:

                      Non credo, perchè anche un ragionamento astratto proviene dalla materia che lo elabora, un’idea infatti non può vivere di vita propria.

                    • Licurgo ha detto:

                      Ok, di vita propria convengo anche io che le idee non vivano, sia perchè non sono Platone sia perchè un’idea non è un ente.
                      Ma farla derivare dalla materia pone i problemi logici di cui sopra, che torno a riproporre tali e quali visto che una risoluzione logica non l’hanno avuta…

  • Giustiniano ha detto:

    Licurgo, assolutamente d’accordo, il riduzionismo assoluto non può esistere perchè l’uomo avrà sempre qualcosa da scoprire e quindi ci saranno sempre sistemi che non potranno essere conosciuti in tutti i loro dettagli e quindi ridotti ai minimi termini. In ogni caso la sfera delle idee, dei sentimenti, delle passioni, dei desideri… difficilmente sarà riconducibile ai soli processi biochimici, perchè come ho fatto notare ad Eli Vance, un qualsiasi problema o un qualsiasi conflitto non può essere abbordato da una sola disciplina e se così si facesse non si tratterrebbe nemmeno di riduzionismo ma di “semplicismo”, se mi passi il termine.

    • Licurgo ha detto:

      Giustiniano, è diverso però dire che noi non possiamo approcciare un problema dal solo ed esclusivo punto di vista biochimico e dire che non tutto l’Uomo è biochimica.
      Se tutto l’Uomo è biochimica rimane il problema di cui sopra riguardo la libertà, se esiste nell’Uomo qualcosa che non è biochimico, si spiega molto meglio il margine di libertà, ma si esce dal materialismo.
      Se si rimane entro il materialismo, a rigor di logica è un problema da cui non si sfugge.

      • Giustiniano ha detto:

        Ma anche le scienze sociali riportano al materialismo e aggiungo che penso sia molto limitativo analizzare un conflitto o un sentimento solo dal punto di vista biochimico.
        Per rimanere nell’esempio della dipendenza dell’alcol: facciamo l’ipotetico caso che sio sia alcolista e che il mio problema sia dovuto al 40% a un fattore genetico, al 30% a un’eredità culturale (mio padre era alcolista e così “per empatia” io seguo i suoi passi), al 20% a un disagioe a un’insoddisfazione generale e al restante 10% per cause non bene determinate. Diciamo ora che quel 40% si può correggere farmacologicamente, il 30% con l’aiuto di un’adeguata psicoterapia, il 20% sia farmacologicicamente che psicoanaliticamente e quel 10% lo lasciamo lì, anche sconosciuto e ballerino, dato che ora preoccupa poco in quanto rappresenta solo la minima parte del conflitto.
        Come ora potrai ben vedere, illustrato in questa maniera e risolto in questa maniera, questo problema è stato affrontato senza che il cosiddetto “libero arbitrio” giochi un ruolo di particolare rilievo.

        • Licurgo ha detto:

          Scusa, a parte che c’è la decisione dell’alcolista di voler smettere senza la quale non si fa niente che è un atto di libertà, forse è lì in parte quel piccolo margine (tu puoi essere predisposto all’alcolismo ma non a decidere di smettere la tua dipendenza), ma vabbè, lasciamo perdere.
          La domanda è una: se tutto è materia, e la materia è necessità insieme a caso, come fa la materia a produrre idee, e dunque il margine di libertà, che, come abbiamo visto prima, è concettualmente negato sia dalla necessità che dal caso?

          • Giustiniano ha detto:

            Come fa la materia a produrre idee? Ci sono studi di una disciplina che penso si possa definire come neuroantropologia o neuropaleontologia, che osservano come certi cambi enzimatici o certe modifiche nella scatola cranica hanno permesso lo sviluppo di quell’intelligenza che è riuscita a portarci al traguardo dell’autocoscienza. Vi sono anche studi che evidenziano come la linea di continuità tra uomo e animale sia molto più evidente di quanto si pensava in passato. Sono materie di grande interesse e che a parer mio ridimensionano non di poco la nostra posizione all’interno della scala gerarchica della natura.

            • Licurgo ha detto:

              Però, pure qua, se non ho capito male, si vede come lavora il cervello quando produce determinate idee, ma le idee in sè non sono quantitative.
              Non si può misurare quantitativamente la libertà, per questo che il fatto che la materia possa produrre da sè (a, appunto, noi vediamo solo il modo in cui la materia ‘produce’, non possiamo misurare l’idea)qualcosa che non è in alcun modo materiale, nel senso di tangibile, misurabile, matematizzabile ecc… è qualcosa di un po’ diverso.

              • Giustiniano ha detto:

                La libertà non si misura quantitivamente perchè è un concetto legato alla nostra percezione, si può “pesare” quindi solo su base individuale. Poi è ovvio che la biologica non può conoscere le proprietà molecolari della libertà, così come la scienza sociale non può sapere quanta “libertà” tiene un atomo.

    • Eli Vance ha detto:

      Il semplicismo rimane nel momento in cui, pur allargando il campo delle materie usate , non si riesce nè a fornire una spiegazione totalizzante delle realtà antropologiche, altrimenti si dovrebbe essere in grado di fornire previsioni verificabili, ma nel contempo si è convinti di avere dimostrato che tutto nasce dalla materia o che il libero arbitrio non esiste come sostengono alcuni. Anzi paradossalmente, se uno conoscesse i suoi processi psicologici o biochimici che determinano gusti e preferenze, potrebbe persino prendere decisioni più razionali, ed ecco quindi che la scelta individuale può tranquillamente sovrastare i risultati di tutte le discipline, non ne sarebbe schiavo o determinato da esse ma padrone.

      • Giustiniano ha detto:

        E’ vero che non è dimostrato che tutto nasca dalla materia, tieni però in conto che la totalità della comunità scientifica riconduce l’inizio della vita, e quindi anche della nascita del pensiero astratto che ci definisce in quanto uomini, all’interno delle probabilità combinatorie della materia, quindi il cosiddetto “materialismo” non si segue e persegue con scopi fideistici o ideologici, ma semplicemente perchè ogggi come oggi è l’unico sistema che ci ha portato ad ottenere risultati concreti sulla conoscenza dell’origine della vita stessa.

        • Eli Vance ha detto:

          Perfetto, dunque si ammette che si tratta di una conoscenza che spiega solo parzialmente la realtà. Non potendo dimostrare interamente le basi filosofiche stesse del materialismo è necessario affiancarlo ad altri principi sempre filosofici.

          • Giustiniano ha detto:

            Certo, perchè come ho detto fin dall’inizio, finchè ci sarà qualcosa da scoprire, parte della realtà rimmarrà nascosta, ma questo non vuol dire che la realtà nascosta appartenga ad un altra natura. Se al materialismo si contrappone o si complemanta con lo spiritualismo è fondamentale notare che la materia esiste e fin quanto sappiamo proveniamo da questa, quindi anche i nostri ragionamenti e le nostre speculazioni sullo spirito, mentre l’esistenza fisica dello spirito è supportata solo da un sentimento fideistico, infatti non vi è il minimo accordo sulla sua esistenza e per questo la scienza, ma anche la filosofia, non possono dare una definizione inequivoca di tal concetto.

            • Eli Vance ha detto:

              Aggiungo solo due appunti. Osservo che se si afferma che la realtà è nascosta non si ha per definizione nessuna base per affermare che la parte nascosta appartenga alla materia, di conseguenza affermare che la realtà proviene esclusivamente dalla materia ha provenienza fideistica. Parlare di esistenza fisica (materia) dello spirito è contraddittorio, da questo presupposto ogni considerazione sulla sua esistenza o meno non può che essere errata, vi è infatti un atteggiamento pregiudizievole in quanto si stabiliscono metodi di ricerca non attinenti all’oggetto di studio o scoperta.

              • Licurgo ha detto:

                Il fatto che la materia sia tangibile dimostra che essa certamente c’è, non che c’è solo essa.
                Davanti a situazioni che paiono contraddittorie con le proprietà della materia, è possibile ipotizzare che la realtà non sia solo materia, e ovvio ciò che non è materia non si può circoscrivere con la scienza ma va fatto con la filosofia.

              • Giustiniano ha detto:

                Mi correggo: per esistenta “fisica” intendevo esistenza reale, al di fuori quindi del solo campo delle idee.
                Riguardo il resto del discorso, io avevo ben specificato che sull’esistenza della materia vi sono opinioni concordanti, che poi possa esistere anche lo spirito nessuno lo nega, per questo bisogna mantenere un sano agnosticismo, però a rigor di logica, se non si vuol ammettere che l’esistenza dello spirito si basa su una posizione fideista, anche lo spiritualista deve praticare questo sano agnosticismo, ma tal cosa credo che generi un qualche conflitto di contradditorietà.

    • Giustiniano ha detto:

      Ok, appena ho un momento gli do un’occhiata. Se ti rivedo in questi lidi ti faccio sapere…