Sessantotto: la tragica eredità della generazione perduta
- Ultimissime
- 17 Ott 2014
Il 16 agosto scorso, due mesi fa, è stato il quarantacinquesimo anniversario del concerto di Woodstock, l’evento simbolo del Sessantotto. Una tre giorni di musica e droga, di sballo e di balli. Ed, infine, di immensa solitudine.
La laicista femminista Dacia Maraini guarda tuttavia con orgoglio a quegli anni dove, finalmente, vennero distrutti la famiglia e il concetto di matrimonio. «Negli anni Sessanta», ha spiegato, «era cominciato lo sfaldamento del monolito, poi il colpo di grazia lo aveva dato il Sessantotto, procurando mutamenti ancora più profondi». Una sessantottina pentita è invece Camille Paglia: «Il distacco dalla realtà è la conseguenza di un’educazione improntata a un materialismo estremo. Responsabile è stata la mia generazione. Ed è colpa anche di Foucault e di Derrida. La lettura esclusivamente politica del ’68, la negazione di ogni ricerca spirituale ha scatenato una reazione eccessiva: la tradizione religiosa è stata bandita dall’educazione. Negli anni Sessanta c’erano persone che la pensavano come me, interessate al nostro lato spirituale, ma non sono qui per raccontarlo a causa dell’Lsd». Effettivamente, come ha spiegato Joseph Ratzinger nel suo celebre “Introduzione al cristianesimo”, «la nuova generazione guardò al cristianesimo come un errore» (J. Ratzinger, “Introduzione al cristianesimo”, Queriniana 2005, p. 7)
La rivoluzione degli adolescenti, potremmo chiamarla, che ancora oggi sono rimasti eterni bambini. Marcello Veneziani usa concetti simili: «Il ‘68 somiglia maledettamente al primo fascismo rivoluzionario, col suo mito vitalista e giovanilista, la sua voglia di trasgredire, il suo spirito antiborghese e antisenile». Si rivoltarono alle presunte “dittature” e ne crearono altre: dalla droga, già citata, alla diffusione capillare della pornografia, del libertinismo, fino alla pedofilia legittimata in nome della liberazione sessuale (vedi Sartre, Foucault e Cohn-Bendit). Il politologo Giovanni Sartori ha usato parole dure contro la “generazione del ’68”, la quale ha sulla coscienza la crisi di valori odierna: «I sessantottini si dividono tra gli imbecilli che sono rimasti tali e i furbacchioni che hanno fatto carriera dimenticando il loro passato».
L’ex vicedirettore di “Repubblica”, Giampaolo Pansa, ha commentato: «Fu un tragico bluff il Sessantotto. Per di più coperto e difeso da un’ondata di retorica mai vista prima in Italia. Il Sessantotto avrebbe cambiato tutto in meglio: la politica, l’economia, la società, la scuola, la cultura, la famiglia, i rapporti tra maschio e femmina, persino l’educazione dei bambini. A conti fatti non accadde nulla di tutto questo. L’unico, vero frutto fu il terrorismo di sinistra, il mostro delle Brigate rosse».
Se questa è l’eredità del ’68, purtroppo -ha commentato Giuliano Guzzo nel suo blog-, rimane «un Sessantotto che affascina ancora molti, a partire dai giovani, convinti che sia stata un’epoca stupenda. L’esatto opposto di quello che, con la loro forza incontestabile, dicono i fatti».
La redazione
32 commenti a Sessantotto: la tragica eredità della generazione perduta
‘con la loro forza incontestabile dicono i fatti’, verissimo, il guaio è che il megafono è ancora in mano ai sessantotini, per giunta terrorizzati dalla vecchiaia e il resoconto dei fatti è completamente falsato…Speriamo i giovani abbiano sviluppato dei buoni anticorpi.
A me fa una strana impressione pensare che i sessantottini di allora stanno diventando nonni… alcuni di loro non saranno affatto i nonni “classici” resi saggi da una vita vissuta pienamente, ma “eterni bambini”.
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Stanno diventando nonni? i sessantottini sono nati, diciamo, tra il 1945 e il 1950, quindi oggi sono tra i 64 e i 69 anni, infatti è da diversi anni che alle manifestazioni si vedono barbe candide al di sopra di magliette del Che. Dovrebbero essere già nonni da un po’. Quelli cui ormai tocca di diventare nonni siamo noi fratelli minori del 77, che eravamo giovani negli anni di piombo.
Senza volere fare di tutta un’erba un fascio, ritengo comunque che la “generazione del ’68” sia passata attraverso il corpo della nostra nazione, come una palla di cannone attraverso un corpo umano.
Prima di essa l’Italia era una nazione certo piena di problemi, ma ancora giovane e vitale.
Ora e’ una nazione morente.
A proposito del ’68, su questo sito qualche giorno fa ho trovato un giudizio perfetto che legge realisticamente i tempi moderni. Per chi se lo fosse perso:
Ugo Volli, ordinario dall’Università di Torino: “Oggi ad imporsi sono le posizioni nate sul tronco radicale dell’individualismo etico, che si è fuso con il marxismo nel pensiero sessantottino e che fatica ad accettare che qualcuno possa pensare in termini diversi. Sui mezzi di comunicazione impera il politicamente corretto, che presuppone che si possa iniziare a ragionare solo a partire da una serie di premesse. È politicamente corretto tutto ciò che parte dall’individualismo etico, dal sessantottino “il corpo è mio e lo gestisco io”, tanto per intenderci. Chi nega questo presupposto viene squalificato a priori e sui media non trova più spazio per discutere. Questo discende dall’unico assoluto oggi rimasto: il relativismo, secondo il quale ciascuno decide da sé ciò che è bene e ciò che è male, senza riferimento agli altri. L’idea che esista una razionalità capace di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato è considerata autoritaria, e quindi sbagliata. È questo il grande paradigma sessantottino: a contare non è il tentativo di raggiungere una verità, ma solo la certezza personale. Paradossalmente, per esempio, se qualcuno contestasse l’eterologa dicendo “a me non piace” troverebbe più ascolto di chi dice “non è giusta in base al tal argomento”. È la forma generale del ragionamento razionale che su questi temi viene rifiutata. Viviamo in una società basata sull’individualismo metodologico: non solo è bello quel che piace, ma è giusto quel che pare”
Io ho un concetto piuttosto negativo del ’68 ma secondo me tutto sommato ha dei meriti: ha fatto emergere allo scoperto tutto il male che prima era coperto da una coltre di perbenismo e buonismo ipocrita. E’ stato come rompere lo smalto di un dente apparentemente sano ma completamente marcio al suo interno. Di sicuro è un periodo che ha aperto una ferita nella storia umana ma almeno, avendo messo il male allo scoperto, si è potuto pian piano cercare di curarlo…
Vede, il “perbenismo” (che si potrebbe meglio chiamare “ipocrisia”) e’ come una moneta, che ammette un retro, ma anche un verso.
Il fatto che un certo numero di persone aderisse a determinati valori solo nella forma, significava comunque che la societa’ intera li riconosceva come positivi e che nel suo insieme sanzionava chi li violava.
Del resto vedo anche una certa dose di ipocrisia in certe persone che, dopo essersi scambiati liberamente impegni di reciproca fedelta’ di fronte a tutta la societa’, da un giorno all’altro fanno saltare tutto, perché si sono stancati.
E magari lo fanno all’insegna del “Volevo essere onesto con voi, senza ipocrisie”.
Tutto sommato mi pare molto piu’ comoda questa ipocrisia, rispetto al vecchio “perbenismo” e non credo che le altre persone coinvolte, la cui vita viene stravolta da questa “franchezza’”, la apprezzino molto.
In realta’, con la fine del “perbenismo”, vi e’ stata di fatto anche la fine dei valori e dei vincoli sociali che, in taluni, certo lo alimentavano, ma che davano solidita’ all’intera societa’.
Premetto che on-line io do del tu a tutti ed invito gli altri a fare lo stesso con me ma non fraintenderlo come mancanza di rispetto.
In parte mi riconosco in ciò che hai scritto, cercherò di fare dei distinguo sui passaggi che non condivido pienamente:
“un certo numero di persone aderisse a determinati valori solo nella forma”
Il problema è che questo certo numero era diventanto nel tempo la stragrande maggiornaza (per la visione che ne ho io, tu sei libero di dissentire, anzi mi piacerebbe sapere la tua opinione al riguardo visto che in fondo io non c’ero e tu forse neanche) però faceva si che la società non fosse, come dici tu, fondata sui valori ma sull’ipocrisia. Cerco di non restare sul vago: io trovo che una società in cui 10 individui vanno a Messa la domenica con cognizione di causa sia infinitamente migliore di una in cui tutti ci vanno perché è usanza farlo. In un certo senso stiamo tornando ai tempi dei primi cristiani, in cui la società era più sporca ma i pochi cristiani erano veri cristiani.
“ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?” io credo che il sale stia pian piano tornando salato perché adesso non può fare altro. O il sale torna salato o sparisce come elemento
“dopo essersi scambiati liberamente impegni di reciproca fedelta’ di fronte a tutta la societa’, da un giorno all’altro fanno saltare tutto, perché si sono stancati”
In realtà questi impegni di reciproca fedeltà, nel bene o nel male, stanno sparendo e i casi da te citati non sono altro che strascichi di ipocrisia a mio vedere. Il mondo non è mai stato buono, ha solo mostrato una maschera per un certo periodo ed i cristiani ci sono cascati con tutte le scarpe, ora forse si sveglieranno. Comunque, anche se forse non si direbbe da ciò che scrivo, anche a me piacerebbe di più una società in cui le unioni fossero stabili e chiare ma d’altra parte una società in cui i rapporti fossero più veri e meno simulati forse l’uomo comune ritornerebbe a stupirsi dei cristiani “guardate come si vogliono bene”. Il problema semmai è se ci saranno ancora i cristiani di questo passo. Ma questo non dipende da noi, noi siamo chiamati solo a vivere al nostro meglio, il resto dipende dal Signore (se il Signore non costruisce la casa, invano si affannano i costruttori)
Hai ragione, i valori ed i vincoli sociali sono finiti, ora c’è spazio per i veri valori ed i veri vincoli. Non affezioniamoci all’idea apparente di quello che dava l’impressione di essere un mondo cristiano ma che in realtà non lo era se non nell’apparenza. Perché quando si commettono stragi o altri atti di crudeltà con l’approvazione o comunque il tacito assenso dei cristiani vuol dire che qualcosa non va, è un paradosso che grida al Cielo e che non può durare per sempre
Io ho 51 anni, quindi ahime’ nel 1968 c’ero gia’.
Saro’ vissuto in un isola felice ma non vedevo tutta questa ipocrisia attorno me.
Nelle famiglie del mio giro parentale c’erano problemi gravi come ci sono nelle famiglie di oggi, ma si teneva duro e si andava avanti, talvolta con molta fatica.
Non ho una cosi’ alta opinione di me da permettermi ora di giudicare se gli adulti “stringessero i denti” per “perbenismo”, per amor nostro o per intima convinzione del valore morale del loro sacrificio
Non me ne importa una cippa, perché il sacrificio c’era comunque ed il risultato finale per noi bambini era il medesimo: la sicurezza di una famiglia stabile.
Non ho cosi’ altrettanto alta opinione di me, da permettermi di giudicare la motivazione di coloro che andavano a Messa la domenica in gran numero.
Sara’ Dio a giudicarli, non spetta a me.
Ho conosciuto persone che facevano la S.Comunione tutti i giorni e nella vita davano grosso scandalo alla loro comunita’ e temo dovranno rispondere a Dio della perdita di molte anime.
W le Chiese piene: il mito del “pochi ma buoni” lo lascio agli incursori di marina.
La S.Messa, anche se poco partecipata e’ comunque un rito che ha un valore che trascende la volonta’ dell’individuo che, in ogni caso, recepisce insegnamenti e viene sottoposto a riti di preghiera e benedizione che, oggettivamente, gli trasmettono comunque qualche beneficio.
Molto meglio che niente.
Senza contare comunque che la partecipazione, sia pure svogliata, alla vita comunitaria, e’ mille volte meglio di niente, anche su un piano umano.
Infatti cosi’ rimane sempre aperta la porta per arrivare un giorno a decidersi a fare di piu’.
Per converso una societa’ con la sua popolazione in maggioranza “allo stato brado” spirituale, e’ invece un danno ed un pericolo per tutti.
Da bambino ho conosciuto ancora persone di famiglia nate nel XIX secolo e provenienti dal mondo contadino.
Posso dirLe con certezza che, mediamente, era gente molto piu’ paziente e piu’ buona di noi.
Ricordo in particolare una mia prozia…gente veramente BUONA come non ne ho viste piu’.
Oggi infatti sarebbero quasi considerati degli imbecilli, probabilmente anche dagli attuali “buonisti”
Ma sono quegli “imbecilli” che hanno costruito nei secoli tutto quello che una sola generazione e’ riuscita a distruggere.
Vorrei precisare che io non penso che tutto fosse nero prima del ’68 e penso che, se di isole felici si debba parlare, è ragionevole pensare che ce ne fossero molte. Il fatto che volevo sottolineare è che di isole felici adesso ce ne sono forse meno ma comunque ci sono. Non è la società più o meno corrotta che le potrà far sparire. La vita dei singoli è demandata alla coscienza dei singoli, sia che siano facilitati in questo sia che siano osteggiati. Anche io penso che, per chi volesse realmente vivere la fede prima, fosse più facile farlo, ma che non dobbiamo farci spaventare dalla difficoltà. La vita prima era comunque difficile, in un certo senso sono cambiate le sfide ma la difficoltà è rimasta la stessa.
Neanche io mi permetto di giudicare le persone e le loro intenzioni, solo Dio vede nei cuori, il mio era un discorso generico. Anche io vorrei vedere le chiese piene ma trovo che sia ben peggiore annacquare la morale solo perché questo si verifichi. I tempi sono cambiati, continuano a cambiare:
– prima c’erano le fosse dei leoni
– poi ci fu l’imposizione coatta dei valori (quanto di più contrario allo spirito del Vangelo)
– i massacri e le guerre dovuti ad una distorta visione del Vangelo
– crimini su crimini perpetrati ipocritamente sotto la bandiera della fede
– corruzione e scandali di ogni genere
– crimini orribili che gridano vendetta al Cielo avvenuti nel nascondimento e con il colpevole silenzio, dove non addirittura la complicità, del clero
Con un po’ di impegno potrei andare avanti ma importa poco perché quello che mi preme mostrare è che in ogni epoca ci sia sempre stato il male ed in ogni epoca questo sia stato imperante. Tu hai i ricordi della tua infanzia ma poco prima c’era stata la seconda guerra mondiale in cui si sono raggiunte altre bassezze vertiginose. Se è vero, non lo metto certo in dubbio, anzi ne sono convinto pure io, che prima del ’68 ci sia stato un periodo in cui la gente sia stata mediamente più buona di quanto lo sia oggi è anche vero che non molti anni prima la gente si comportasse mediamente come bestie. Forse per me è più facile vivere oggi perché non ho i ricordi di un’epoca più felice però è ricordiamoci che è stata un’epoca breve e che non è vero che in una generazione si è distrutto il bagaglio di secoli. Quello che le persone buone hanno costruito è ancora lì, anche se magari sepolto sotto le macerie ed è solo questione di tempo perché riemerga (ma anche allora non durerà per sempre). Io ne sono persuaso. La storia è fatta di corsi e ricorsi, alterna momenti oscuri a momenti di luce. Dato questo come dato di fatto, si può lamentarsi della marea o remare. Qui su questa terra noi uomini viviamo i travagli del parto, se abbiamo fede sappiamo che la vera vita è quella che verrà poi, è inutile pretendere di vivere in questa vita terrena in un’utopia perché rimarremmo inevitabilmente delusi. Prendiamo quanto di bene questa vita ci offre e prepariamoci alla prossima, senza preoccuparsi troppo del contesto esterno che non dipende da noi =)
A mio giudizio vanno sempre distinti lo spirito dell’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale, che ha indubbiamente subito un’evoluzione, dalla sensibilita’ della gente comune.
L’evoluzione dell’ordinamento e’ legata all’evoluzione del pensiero giuridico, ispirato piu’ a basi di razionalita’, che di bonta’.
Cio’ non implica quindi nulla sull’evoluzione della bonta’ delle gente comune.
Certo oggi viviamo in una societa’ meno dura.
In passato se derubavi una persona, in un’economia di sussistenza, potevi anche mettere in pericolo la sua vita e quella della sua famiglia.
Oggi un furto, al piu’, ci rovina una digestione.
Fatte queste proporzioni continuo a dubitare assai che la gente sia oggi mediamente meno “fella” di quella di due o tre secoli fa.
Per il resto Lei cita una serie di cose riprovevoli, senza circostanziarle storicamente, lasciando quindi intendere che fossero l’atteggiamento generalizzato dei fedeli e della chiesa cattolica, per quasi due millenni.
Ovviamente ciascuna di queste mancanze ci sono certamente state, ma dubito che possano essere generalizzate.
Oggi magari ci sono deviazioni meno eclatanti, a parte qualche genocidio qua e la’, ma e’ la gente comune che non mi pare certo migliorata.
Oggi, da qualunque parte ti giri, senti una madre o un padre che chiamano il figlio con vezzeggiativo “Amore”, anziché usare il suo nome.
Idem con patate tra coniugi o fidanzati.
Ci si illude forse di evocare il soggetto, semplicemente nominandolo ?
Condivido i primi punti per cui non aggiungo niente su di essi.
“Fatte queste proporzioni continuo a dubitare assai che la gente sia oggi mediamente meno “fella” di quella di due o tre secoli fa.”
Difatti non ho mai affermato il contrario, anzi io affermavo proprio che l’essere umano è sostanzialmente invariato da quello degli albori. Certo è più avanzato riguardo a conoscenze e capacità ma le forze che lo spingono sono sempre le stesse e ciò che alberga nel suo intimo anche. Tu dicevi che la società fosse migliore prima del ’68 ma io non condivido, era solo diversa. Prendiamo, per dire, le vicende narrate ne “I promessi sposi”, lì la gente viveva apparentemente immersa in una società più morale però:
– i potenti di turno facevano i loro porci comodi alle spalle dei più poveri, ma anche del clero, ecc.
– i cosiddetti poveri “cristiani” alla prima occasione non avevano remore a scagliarsi come furie contro il primo che passava se lo credevano un untore (o una strega o altro)
– non c’era realmente libertà di culto, se non ti dimostravi credente eri tagliato fuori dalla società e ben poco importava se credessi o meno anzi in molti erano credenti solo di facciata
– la vita umana valeva gran poco, era legittimo uccidere una persona solo perché non ti dava strada camminando
Potrei andare avanti ma ne converrai con me che era una società profondamente ingiusta e sono convinto che analizzando qualsiasi epoca si potrebbe trarre le medesime conclusioni anche se cambia il contesto. Ho preso ad esempio questa vicenda in modo da trovare delle basi comuni su cui parlare, di un periodo storico antecedente al ’68. Mi rendo conto che non è granché, è semplicemente il primo esempio che mi è venuto in mente.
Le cose che ho citato le ho lasciate volutamente vaghe perché si possono attribuire a varie epoche storiche. Quello che mi premeva sottolineare è che non c’è mai stata un’era d’oro in cui tutto filasse liscio. La storia dell’uomo è intrisa di male che ha assunto varie forme nel passare dei secoli.
“Oggi magari ci sono deviazioni meno eclatanti, a parte qualche genocidio qua e la’, ma e’ la gente comune che non mi pare certo migliorata.”
A dire il vero certe forme di perversione presenti ai giorni nostri sono peggiori di quelle di ogni altra epoca passata ma, corri e scappa, la società presenta fattori peggiori e fattori migliori di quelle passate.
A me piace questa citazione per rendere l’idea di cosa intendo “Più le cose cambiano e più rimangono le stesse”. Cambia la forma ma la sostanza è sempre quella da migliaia di anni a questa parte.
Il problema e’ sempre quello.
Lei mi parla di ambiti sociali limitati (il potere, che anche oggi, in quanto a inclinazioni criminali non scherza) o circostanze eccezionali (le psicosi di fronte alle catastrofi ineluttabili: li vorrei oggi i nostri eroi, nelle stesse circostanze).
Quello che sostengo io e’ che la gente oggi sia peggiore nella quotidianita’.
Tanto per dire, ovviamente sempre per questioni di “facciata”, i nostri vecchi, fino agli anni prima della guerra, durante il mese di maggio tornavano dalla campagna stanchi morti e recitavano il S.Rosario tutte le sere.
Ma ovvio che in gran parte erano degli ipocriti, che volevano salvaguardare appunto una fede di facciata.
O forse, piu’ semplicemente, consideravano la S.Fede talmente connaturata con la loro vita, che non la mettevano neanche in discussione: per loro Gesu’ Cristo esisteva tanto quanto sapevano che esisteva il Prefetto.
Questo si recepisce anche leggendo dei rapporti familiari nei Promessi Sposi, che Lei opportunamente cita, dove le frasi piu’ frequenti erano “porta pazienza”, “perdona”, “Dio provvedera’”, “Offri questa sofferenza a Dio”,
Queste erano veramente le frasi che circolavano nelle famiglie italiane fino ai rivolgimenti degli anni ’70: non erano solo fantasie di Manzoni.
Comunque penso che possiamo sopravvivere benissimo tutte due, anche restando ciascuno convinto delle sue ragioni.
Mi sa che non ci capiamo. Io sto sostenendo che ogni epoca in qualche modo si equivale alle altre, non ho mai inteso dire né che oggi sia meglio né che oggi sia peggio che in passato. Siccome tu dicevi che in passato fosse meglio ho solo fatto qualche esempio di cose brutte del passato, tutto qui.
Sempre tanto per dire: c’è gente che anche oggi recita il rosario tutti i giorni e non solo nel mese di maggio, io personalmente ne conosco. Tu potresti obiettare che una volta erano di più, ma quante di quelle recitavano il rosario come forma scaramantica insieme a chissà quante altre pratiche pagane? Ma ripeto, io non voglio affatto giudicare o raffrontare i comportamenti delle varie epoche, anzi voglio affermare che è troppo facile affermare che prima del ’68 era meglio, ci sono troppe cose da prendere in considerazione
Personalmente con le mie ragioni ci vado d’amore e d’accordo il più del tempo, non volevo mica convincere nessuno di niente. Io sono stato arricchito dall’inizio di questa conversazione e l’ho anche trovata piacevole finché non si è cominciato a contestarmi cose che non avevo scritto
Il punto invece mi pare invece chiaro: Lei non riesce ad accettare l’idea che in passato la fede nelle famiglie fosse piu’ diffusa e deve per forza convincersi che l’ipocrisia o la superstizione fossero dilaganti per “farle tornare i conti”.
Gli ipocriti e i superstiziosi ci sono sempre stati, come le difficolta’ delle famiglie, ma penso dovrebbe bastarle vedere i frutti di questa “ipocrisia”, per non giudicarla tale.
Comunque se mi sbaglio, mi emendo all’istante.
Non posso escludere il fatto che la fede fosse più diffusa, né ho mai affermato il contrario, semplicemente non mi è dato saperlo. Mi pongo semplicemente dei quesiti (e tiro qualche conclusione, più o meno fedele alla realtà) sulla società, non sulla fede o sulla bontà dei singoli, cosa che mi guardo bene dall’analizzare perché non mi compete né interessa.
Io considero il ’68 proprio frutto di quell’ipocrisia che c’era prima, per cui sto proprio, magari sbagliano ma a me sembra di no, giudicando dai frutti.
Insomma, diciamocelo, senza entrare nel particolare di singole realtà magari più felici, prima del ’68 la famiglia tipo era composta da: patriarca (o matriarca) che tiranneggiava la famiglia estesa dall’alto della sua demenza senile, figli che venivano sfornati a raffica in maggior numero possibile (tanto da esserci casi in cui un genitore non rammentava neppure il nome di ciascuno di loro) ed usati alla stregua del bestiame, nei paesi gli adulteri erano all’ordine del giorno ma, come gli sporadici ma non rari fenomeni aberranti come incesto o quant’altro, venivano prontamente nascosti dando peraltro occasione ai peccatori in questione di reiterare il proprio crimine. Gente che si conosceva da una vita ma che si guardava in cagnesco pronta a farsi ogni genere di dispetto alla prima occasione, salvo poi ostentare gran sorrisi alle feste o nelle occasioni pubbliche. Potrei proseguire ma mi limito a far notare che l’alta moralità che secondo te imperava è smentita dai testi delle canzoni popolari dell’epoca (ovviamente escludendo le canzoni di chiesa) che in media sono l’equivalente moderno di un film porno.
In conclusione, io capisco le tue ragioni e le condivido ma secondo me la tua visione è falsata dai tuoi ricordi (evidentemente tu non hai vissuto cose che hanno invece affrontato altri, sii grato al Cielo di questo) i racconti dei miei genitori e dei miei nonni (per dovere di cronaca, tutti nati prima di te) mostrano una realtà diversa.
Dal tuo punto di vista invece la mia visione è falsata dal fatto di non aver vissuto in prima persona l’epoca in questione ed hai ragione a ritenere ciò.
Chi di noi abbia ragione in definitiva non è dato saperlo, probabilmente nessuno dei due, io credo che entrambi i punti di vista siano leciti e comunque, ai fini pratici, importa poco quindi per quanto mi riguarda possiamo anche interrompere il discorso qui.
Ad ogni modo mi ha fatto piacere questo scambio di vedute e te ne ringrazio
Teoricamente avresti anche ragione. Il problema è che uno dei tanti effetti della rottura dell’ipocrisia è la sua reazione opposta, che oggi va decisamente per la maggiore: l’ostentazione del vizio, che fornisce oltre ai presunti vantaggi del vizio stesso un salvacondotto etico garantito dalla non appartenenza alle categorie ritenute appunto ipocrite. Ovvero: se sei un padre di famiglia e la domenica vai a messa regolarmente MA ti capita di ubriacarti e andare a prostitute sei il peggior criminale al mondo, secondo la nuova etica, perché sei palesemente un ipocrita. Ma se invece non sei né padre di famiglia né vai a messa la domenica né hai altre responsabilità (oppure le rifiuti dichiaratamente) e ti ubriachi e vai a prostitute regolarmente, il tuo comportamento viene accettato e in alcuni casi glorificato (se sei uno di loro).
E per quanto l’ipocrisia sia fastidiosa, antievangelica e in molti casi dannosa, e perciò credo si debba cercare in tutti i modi di evitare, essa può trovare spazio solo in una società tesa a garantire la propria sopravvivenza, dove cioè la responsabilità deve essere resa pubblica; al contrario, la nuova etica relativista, odiando l’ipocrisia ma abolendo la responsabilità, non può sopravvivere nel momento in cui viene a mancare la condizione primaria della sua messa in pratica, ovvero la ricchezza diffusa.
Anche con te sono in parte d’accordo ma con dei distinguo. Hai ragione che adesso stiamo viaggiando su una china sempre più pericolosa ma oggettivamente è una cosa che non può durare per sempre perché la direzione presa porta all’autodistruzione ed in un modo o nell’altro dovrà finire: o nell’annientamento o nel rinsavimento. Io non so come andrà a finire ma supporre l’annientamento non giova a niente, fa vivere male ed in un certo senso porta a divenirne inconsapevolmente complici. Supporre il rinsavimento invece, ovviamente è possibile solo confidando in Dio, porta a lavorare perché questo avvenga presto e nel modo migliore. Io non sono di natura ottimista, in un certo senso lo divento perché non ho alternative, l’alternativa è la disperazione. Né l’ottimismo né la disperazione sono razionali e logici, il primo porta all’operosità mentre il secondo all’autodistruzione. Personalmente io li scarto entrambi, il primo perché sono un pigrone e non mi va di lavorare e tanto per niente, il secondo lo scarto perché razionalmente nessun uomo sano di mente può abbracciare la disperazione razionalmente. Io ho scelto una terza via, la fede, che da fuori appare come l’ottimismo ma nel cuore ne differisce radicalmente, un po’ come un cadavere differisce da un uomo vivo. Spero di aver espresso in modo migliore il mio punto di vista.
Riguardo al tuo post io non sono d’accordo su alcuni passaggi: se sei un padre di famiglia e vai a Messa MA vai a prostitute e ti ubriachi sei un individuo meschino e triste che rovina in molti modi la vita propria e di chi gli sta accanto. Questa è la realtà oggettiva e penso che su questo siamo d’accordo. Secondo me questa realtà coniugata nelle due società limite è diversa da come la descrivi tu:
– una volta tale individuo cercava di nascondere adulterio ed alcolismo (oltre un certo limite non si possono nascondere) facendo soffrire e dando scandalo in primis ai propri famigliari ed in seconda battuta agli altri perché “se lo fa lui che va a Messa vuol dire che si può fare” fino ad arrivare al “massì, tanto lo fanno tutti, basta tenerlo nascosto”
– adesso invece la reazione sui suoi famigliari è più o meno la stessa, fa soffrire e da scandalo, ma la reazione della società sarebbe un “che ci vai a fare a Messa?” al ché l’individuo in questione sarà portato verso una scelta, per il bene con la conversione o per il male con l’abbandono della più o meno apparente fede. Nel primo caso è un bene per tutti, nel secondo per lo meno la sofferenza e lo scandalo che arreca a chi gli sta vicino diminuiranno.
Per come la vedo io l’ipocrisia non è solo fastidiosa o antievangelica ma è proprio la negazione della fede. Se si crede in Chi dice di sé “io sono la Verità” non si può abbracciare la falsità e non la si può neppure giustificare se non come debolezza. Tra l’altro io non mi metto neanche a giudicare se fosse meglio prima o sia meglio adesso perché è un ragionamento sterile tipo “e se avessi una ruota?” io dico solo che la società che c’è adesso è la naturale evoluzione di quella che c’era prima ed il ’68 è stato un inevitabile passaggio tra le due. La società a mio avviso faceva schifo prima e fa schifo pure adesso, concentriamoci su ciò che c’è di buono e cominciamo a lavorare su quello, la nostalgia del passato non porta da nessuna parte
…Le conseguenze, però, sono drammaticamente ben presenti:il “buio”del relativismo morale, cioè una società dove tutte le proposte sono ritenute dello stesso valore, dove c’è anarchia in campo sessuale, una scuola che pensa di essere all’avanguardia solo perché sforna diplomi e lauree “facili” in gran quantità, dove si deve per forza tutto “tecnologizzare”;sparito il riferimento al Valore assoluto, a Dio, si brancola alla ricerca di capri espiatori pur di annullare il senso di responsabilità del proprio agire oppure si “psicologizza”:ha buttato un masso sull’auto ed ha ucciso…La ragione, poverino, è che la società non l’ha ben educato…Ruba? Lo fa perché vuol essere alla pari dei suoi coetanei ricchi… Io sono cresciuto con i miei fratelli, in una famiglia povera, dignitosa e religiosa, mi hanno insegnato i valori, soprattutto la soddisfazione di ottenere, solo dopo aver “seminato” con sacrificio ….Mah,…In che modo essere ottimisti guardando all’oggi?
Graziano, presumo che tu stia rispondendo al mio post e in questo senso ti risponderò. Se sbaglio ignorami 😉
Le conseguenze tu dici, siamo sicuri che le conseguenze siano proprio del ’68 e non di un accumulo di falsità ed ipocrisia che nel ’68 è solamente esploso? Sono d’accordo che la società ho risentito e non poco di quegli anni ma per come la vedo io ora il bianco è più bianco mentre il nero è più nero. I mezzi toni del tiepidume che caratterizzava gli anni antecedenti sono stati costretti a schierarsi. E’ vero che ad uno sguardo superficiale la società di oggi appare annegata nel male ma il fatto è che lo era anche prima, solo subdolamente mascherato. Se mi permetti un paragone io vedo il ’68 come l’esplosione di una piaga infetta. Quello che vedi di primo acchito è solo pus e cancrena ma è una fase transitoria inevitabile se si vuole curare la piaga. Il male va asportato perché il corpo possa guarire e non lo si può asportare in modo indolore e senza guardarlo chiaramente in faccia. Ai giorni nostri c’è tanta confusione è verissimo, ma c’è anche tanta più verità. Mi spiego meglio, è come se i pensieri più reconditi che albergavano nei cuori degli uomini fossero stati portati allo scoperto. Oggi un individuo perverso non si vergogna della propria perversione e può essere identificato per ciò che realmente è. Prima un individuo perverso era costretto a mascherarsi e, da dietro quella maschera, poteva traviare chi, ingenuamente si fidava del suo “aspetto”. Al giorno d’oggi è molto più facile schierarsi perché è visibile la “linea del fronte” e di questo si deve ringraziare gli anni pur sempre tragici del ’68.
Spero di essere riuscito a chiarire ciò che intendevo dire. Personalmente sono persuaso che Dio tragga sempre un bene superiore dal male quindi il problema non è se questo bene ci sia o meno. Se ci fidiamo di Dio sappiamo che questo bene c’è. Il vero quesito è: qual’è questo bene? La mia personale risposta a questa domanda, per quanto concerne il ’68 è più o meno contenuta in quanto ho scritto sopra
A dire il vero, Ti chiedo scusa, Dario, ma non avevo ancora letto il Tuo intervento…Trovo illuminante quanto hai appena scritto, dopo avermi letto…Mi sembra, però, che il ’68, come dicevo sopra, il danno l’ha indubbiamente prodotto sul sistema di fare scuola e di educare in Italia e nel Mondo, e il negativo lo vedo proprio adesso, come se la pustola fosse esplosa non platealmente nei tempi immediatamente successivi, ma proprio ora…Alludo al fatto che la negazione del valore del principio di autorità con la conseguente difficoltà nell’educare imponendo giusti limiti ha prodotto la dimensione del disorientamento, un confuso irrazionalismo, un disamore verso la fatica che fa crescere… ed una notevole frustrazione nell’animo di chi vuole istruire e far crescere…Inoltre, che dire dell’instabilità che è presente nelle relazioni sentimentali, della disgregazione dei nuclei famigliari, dell’annichilimento dell’importanza della differenziazione netta tra generi sessuali, delle possibili conseguenze sulla negazione della libertà d’opinione che portano avanti cercando di introdurre il reato di omofobia?
Oh non ti preoccupare, non c’è nulla da scusare, è solo che io avevo finito coi puntini di sospensione e tu hai iniziato allo stesso modo quindi ho pensato che ti volessi agganciare. =)
Sono pienamente d’accordo con te sui danni prodotti dal ’68 ed anche il fatto che le negatività del ’68 si ripercuotano anche oggi forse addirittura amplificate. Per restare nella metafora, la società non è guarita e non è neppure in fase di remissione ancora, però io in qualche modo vedo i semi della speranza. Te ne citerò qualcuno: i cristiani sono pochi ma anche prima erano pochi, ciò che è drasticamente cambiato è il numero di chi si autodefinisce cristiano, in altre parole i tiepidi. Prima, per via di questo fatto, un po’ di tutto veniva spacciato per cristiano pur non essendolo e, spesso e volentieri, chi si sarebbe dovuto occupare delle anime si occupava invece di ogni varietà di sciocchezza. Ora, come conseguenza della crisi nera in cui siamo piombati, il clero (in senso ampio, includendo anche i laici influenti) ha dovuto fare un po’ di autocritica ed ha riscoperto un po’ dell’umiltà evangelica che l’apparente prosperità aveva offuscato. Questa crisi ha costretto a concentrare le energie della Chiesa verso le cose che realmente contano anziché disperderle. L’umiltà riacquistata sembra condurre la Chiesa verso un’unità che non si riusciva (né si voleva) neppure ad immaginare qualche decennio fa. Unità che, non dimentichiamolo, era tanto cara a Gesù stesso: “che siano una cosa sola”. La società poi è sempre più vicina al collasso morale però nelle periferie più insperate si può notare come ci sia una sete, una ricerca di senso, che prima, nel perbenismo imperante veniva annacquata e soffocata. Io credo che sia solo questione di tempo perché chi realmente è insoddisfatto ed è alla ricerca del bene finisca per trovare il vero Bene, anche perché il vero Bene vuole essere trovato dagli uomini perché li ama. Insomma, siamo immersi nell’oscurità ma l’alba si promette radiosa dal mio punto di vista.
Un ultima considerazione, il Nemico ha tutto l’interesse a pubblicizzare le sue vittorie temporanee ed ostentare la sua apparente potenza per gettare nello sconforto i suoi nemici (noi) ma noi sappiamo Chi ha vinto, vince e vincerà alla fine, teniamolo sempre presente e viviamo di conseguenza. Arriverà il momento in cui con tutte le loro astrazioni campate in aria dovranno scontrarsi con l’oggettività della realtà, è il destino di tutto ciò che è costruito sulla sabbia.
Faccio un ultimo paragone, purtroppo lo capirai solo se hai letto il “Signore degli Anelli” di Tolkien. La Terra-di-Mezzo è immersa nell’oscurità, tutto sembra perduto, Sauron domina in lungo ed in largo e corrompe tutto ciò che gli capita a tiro. Ci sono due modi per approcciarsi a ciò: concentrarsi sulla forza del nemico come Denethor, lasciarsi andare all’autocommiserazione ed alla disperazione o rimboccarsi le maniche e radunare le forze come Aragorn, anche se lo scontro appare impari. Sappiamo come la vicenda va a finire (se non hai letto il libro non ti anticipo niente ma lo puoi comunque immaginare da ciò che scrivevo prima)
Senza essere Denethor, invidio il Suo ottimismo.
E’ facile essere uniti, quando si rimane in quattro gatti.
Se poi questa unione fosse propiziata da gerarchie che spingono l’ambiguita’ fino al limite del paradosso, che valore avrebbe una tale unita’ ?
Ci affidiamo a Gesu’ Cristo, l’unico che puo’ decidere dei nostri successi o dei nostri insuccessi.
In quanto ad una certa parte della Chiesa, la supplico umilmente di NON rimboccarsi le maniche, perché mi pare abbia fatto gia’ abbastanza negli ultimi 52 anni.
Premetto che io non sono per niente ottimista: la società va verso lo sfacelo. Mi sto solo concentrando sugli aspetti positivi perché concentrarsi su quelli negativi non porta a niente. Ripeto, anche se può sembrare da ciò che ho scritto, non sono per niente ottimista, cerco solo di avere fede e non metto limiti alla Provvidenza.
Non è mai facile essere uniti, neanche quando si è in quattro gatti, la distruzione moderna dei matrimoni né è prova lampante (il matrimonio è l’unione del minor numero di persone possibile). L’unità è un dono di Dio e non è bene denigrarla.
Sono assolutamente d’accordo per quanto riguarda l’affidamento a Gesù
Per come la vedo io quella parte di Chiesa (se davvero di parte di Chiesa con la maiuscola si possa parlare alle volte) è destinata a sparire perché i paradossi non possono durare per sempre, è una legge naturale, comunque non mi limiterei a parlare degli ultimi 52 anni anche se magari in forma diversa
Tutto quello che è stato detto sopra è vero, però c’è forse una tendenza a universalizzare fenomeni che riguardano soprattutto l’Occidente industrializzato e in particolare l’Europa. E’ quest’ultima che si sta praticamente suicidando, dopo avere rinnegato le proprie radici. Ma forse ci salverà la sveglia che stanno per darci il Califfato e compagnia.
Dire che ci salverà forse è eccessivo ma chi può dire a priori come gli eventi a venire si influenzeranno l’un l’altro. Di certo c’è che tutto concorre al bene nelle mani di Dio che trae il bene anche dai fatti di per sé negativi
Uno degli ultimi esempi del ’68 è stato il concerto dei Rolling Stones. Mi ha colpito molto la foto di un biondo dall’aria vichinga che però si vede solo di dietro, e per intenderci è nudo ed è di fronte ad un bambino che lo guarda con aria schifata. Non la trovo, ma è eloquente su ciò che ha seminato il ’68 e Woodstock. Immondizia come quella a palate che hanno lasciato dopo il concerto.
Confermo.
Verso metà anni 70 giravo a festivalpop su è giù per l’Italia.
Sonio stato anche alcune volte in Olanda.
Per 5-6 anni ho fatto queste cazzate.
Devo dire che, col senno di poi, di tutta la gente che era lì a quasi nessuno importava realmente la musica, si andava lì per usufruire di una sorta di drogheria all’aperto.
Si stava giorni completamente storditi, al punto che prendere una nuova dose di una certa droga non si sentiva neanche più l’effetto, perché si sovrapponeva a quello delle dosi precedenti.
Mi ricordo periodi di alcuni giorni in cui uscivo dalla realtà e ci tornavo la settimana dopo, con una debolezza ed un giramento di testa che ci volevano alcuni giorni per smaltirlo.
In questi concerti si vedeva di tutto: ragazzetti che sollevavano le zolle di erba e le lanciavano in giro in preda all’incoscienza urlando frasi sconnesse, tanto per fare un esempio cui ho assistito, molto significativo su COSA fosse realmente un festivalpop negli anni 70.
Non c’era festivalpop dove non si smerciasse droga di tutti i tipi, principalmente anfetamine e LSD. La cannabis non è il caso di menzionarla, è implicito che c’era e non dovevi nemmeno comperarla, perché facevi un tiro di qua e un tiro di là girando tra i gruppetti.
Lì si comperavano solo le droghe grosse, di canne ne potevi fare 10, 20 e anche più tra il giorno e la notte.
Tipico di un festivalpop da weekend estivo poteva essere 20-30 canne, 40 ore di anfetamina, ossia almeno un grammo al punto che il secondo giorno non senti più l’effetto di ogni nuova dose, ma solo un aumento dell'”effetto di fondo”, e una notte trascorsa sotto effetto di LSD.
In quelle condizioni senti la musica?
Cosa era la musica se non una sequenza di suoni distorti nel sottofondo cerebrale?
Il giorno successivo al rientro dal festivalpop, eri distrutto fisicamente e mentalmente.
Se la polizia avesse potuto entrare lì dentro, cosa assai ardua, avrebbe dovuto arrestare semplicemente tutti: due, trecento, cinquecento persone….non ne avevi idea di quanti fossero, perché poco tempo dopo l’arrivo al festival e montata la tenda, iniziava il “viaggio” che ti isolava trenta-quaranta ore.
Veramente, magari eri sperso in un oceano di gente, ma di fatto eri da solo col cervello perso dall’altra parte della galassia.
E’ agghiacciante. Grazie per averlo raccontato.
Il 68 ha proprio seminato letame nella testa della gente! 🙁
Veramente denethor e caduto nella follia mica aragorn
Infatti mi pare che nessuno abbia affermato il contrario, se ti riferisci al “suo ottimismo” io credo che quel “suo” sia riferito a me e non a Denethor.
A parte questo, rispondere in corrispondenza del filo del discorso invece che qui in fondo sarebbe un buon modo per aiutare gli altri a capire a cosa si allude, specialmente quando si butta lì solo una mezza frase scarna ed incomprensibile se decontestualizzata