La libertà non è illusione, lo dicono scienza e filosofia

Free willUn interessante libro è stato appena pubblicato, si intitola “Il rapporto mente-cervello da Cartesio alle neuroscienze” (Carocci 2014) ed è stato scritto dal neurofisiologo Piergiorgio Strata dell’Università di Torino. Ci basiamo sulle recensioni pubblicate dai media, dove si apprende che il tema è quello della filosofia morale, in particolare del libero arbitrio, rivisitati alla luce delle nuove teorie neuroscientifiche.

Strata si schiera con gli scienziati-riduzionisti che non credono al libero arbitrio ma piuttosto ad un io cosciente che banalmente certifica i fatti quando sono già accaduti. Le ricerche della neurobiologia, scrive il prof. Strata, indicherebbero che non esiste alcun dualismo (cioè non esiste una mente indipendente dal cervello), che non c’è coscienza senza cervello, essa sarebbe un epifenomeno (una proprietà) del cervello e la libertà umana sarebbe dunque un’illusione. Il neurofisiologo si distacca così dal suo collaboratore storico, il prof. John Eccles, premio Nobel per la Medicina che la pensava esattamente all’opposto (come d’altra parte anche Karl Popper).

Il giornalista scientifico Piero Bianucci (che è un po’ l’Odifreddi de “La Stampa”), fiero riduzionista, ha subito esaltato questa tesi sostenendola (lo fa anche il prof. Strata nel libro) con il famoso esperimento di Benjamin Libet: quest’ultimo scoprì che si diventa consapevoli di aver avvicinato il pollice all’indice tre decimi di secondo dopo che la corteccia cerebrale motoria ha inviato l’impulso per muovere le due dita. La tesi di Strata si fonda, dunque, ancora una volta sugli esperimenti di Libet (talvolta quelli di Haynes), tanto che Bianucci da essi deduce che anche in caso di «un delitto, o anche a un’opera di bene, la conclusione sarà che qualche processo stocastico ha deciso per noi e solo dopo ci è data consapevolezza della decisione, ma salvando l’illusione della libertà (il che avrà dunque qualche vantaggio evolutivo)».

Ma è lecita questa deduzione dalla micro-decisione alla macro? No, come vedremo. Innanzitutto occorre rilevare che non c’è nulla di nuovo, le posizioni e le ragioni sono note e gli studi citati sono sempre gli stessi. Occorre anche ricordare che lo stesso Benjamin Libet, come è noto, non ha mai concluso con la negazione del libero arbitrio, anzi interpretando i risultati li ha visti come una convalida. E’ vero, ha scritto nel 1999, «il processo volitivo è iniziato inconsciamente, ma la funzione cosciente potrebbe ancora controllare il risultato: si può porre il veto all’atto […] e la funzione cosciente può arrestare o impedire il processo volitivo influenzando l’esito del processo anche se esso è stato avviato da processi cerebrali inconsci […]. La coscienza dunque seleziona quali iniziative possono procedere nella produzione dell’azione e quelle che vanno impedite o abortite». Il celebre neurofisiologo ha poi aggiunto: «Questo tipo di ruolo per il libero arbitrio si accorda con le visioni religiose ed etiche», in quanto è sempre l’uomo, alla fine, che sceglie liberamente se arrivare ad agire oppure no, prendendosene piena responsabilità (davanti agli uomini e a Dio). «La mia conclusione sul libero arbitrio», ha scritto Libet, «è che la sua esistenza è altrettanto valida, se non migliore, dell’opzione scientifica che lo nega, cioè la teoria determinista».

La comunità scientifica post-Libet si è comunque divisa. Esistono neuroscienziati che sono d’accordo con il prof. Strata e altri che respingono la teoria determinista, come ad esempio il suo collega Filippo Tempia, anch’egli neuroscienziato presso l’Università di Torino il quale sostiene l’indipendenza mente-cervello, o meglio «una simultaneità dell’attività mentale e di quella cerebrale, con effetti causali reciproci, senza che una delle due debba necessariamente precedere l’altra» (“Siamo davvero liberi?”, Codice Edizioni 2010, p. 101). Ma la vera questione, ha sottolineato il neuroscienziato, è che se si vuole indagare sulla libertà umana non si può paragonare la banale decisione di flettere due dita (esperimento di Libet) con la complessità delle decisioni umane (sposarsi, iscriversi all’università, andare a Messa, compiere un viaggio ecc.). «Le decisioni di questo tipo non vengono prese istantaneamente, ma sono solitamente il frutto di una lunga ponderazione, che può durare alcuni minuti o diversi giorni» (p. 102). L’esperimento di Libet, hanno osservato in molti, ha semplicemente confermato che alcune decisioni sono dominate dall’istinto (crollare addormentati, ad esempio) e altre invece no (decidere di andare a dormire). Per questi motivi, conclude il prof. Tempia, «non esiste a tutt’oggi un esperimento conclusivo che dimostri l’inefficacia della mente nelle decisioni umane. Personalmente, trovo più ragionevole tenere sempre presente che in in un soggetto cosciente non esiste solo l’attività cerebrale, ma al contrario esiste l’attività correlata mente-cervello» (p. 108).

Altri scienziati invece, come il prof. Michael Gazzaniga dell’Università della California, concordano con molte affermazioni del prof. Strata (in particolare la negazione del dualismo mente-cervello) ma respingono il riduzionismo semplicistico di Bianucci. «Ho provato a sostenere che una maggiore comprensione scientifica della vita, della mente e del cervello non distrugge quei valori che ci sono cari. Siamo persone, non cervelli», scrive nel suo libro “Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio” (Codice Edizioni 2013) e in un’intervista ha spiegato: «Ho un grandissimo rispetto per quello che i filosofi hanno detto sul libero arbitrio. Sarebbe assurdo rigettare d’un colpo tutta la riflessione svolta fino a oggi. La classica domanda “siamo liberi?” sembra sempre più mal posta, se non insensata. Tutti devono essere considerati responsabili delle proprie azioni. È a livello sociale che risiede la responsabilità, con buona pace delle neuroscienze. Allo strato mentale va aggiunto quello della cultura in cui siamo immersi. Le neuroscienze devono quindi capire i propri limiti e il livello a cui si muovono con la propria spiegazione».

Il prof. Gazzaniga ha completamente ragione, i neuroscienziati hanno poca autorità sulla filosofia morale. La discussione, infatti, andrebbe svolta a livello filosofico e non è un caso che le prime risposte alle tesi del prof. Strata sono arrivate in questi giorni da due celebri filosofi. «Ma per carità! Chi ha detto che i risultati raggiunti dalle scienze sono verità incontrovertibili?», ha replicato Giovanni Reale, tra i maggiori filosofi contemporanei e docente alla facoltà di Filosofia del San Raffaele di Milano. Ha quindi replicato alle “tesi riduzioniste” con un ottimo esempio che ricorda le conclusioni del prof. Tempia: «Dostoevskij, che è anche un grande filosofo, diceva che il bene e il male – lo dimostra ne I fratelli Karamazov – derivano solo dalla libertà. Durante una conferenza in una sala piena di 600 persone un docente di matematica intervenne e disse che la verità si raggiungeva solo con la matematica e le sue formule. “Ma lei quando litiga o parla con sua moglie usa formule matematiche?“, gli chiesi. Il prof se ne andò indignato e il moderatore, il giornalista Armando Torno, mi spiegò che era appena uscito da una separazione familiare molto dolorosa. L’uomo non deve essere vittima di quello che costruisce e alla scienza non deve chiedere né poco né troppo».

Il filosofo Giacomo Marramao, docente presso l’Università degli Studi Roma Tre, ha sostenuto Reale riprendendo la tesi di Libet: «proprio le emozioni, svalutate da tutta una tradizione perché turberebbero l’equilibrio della ragione, sono alla base del buon funzionamento della mente. Nel momento in cui tu stai per prendere una decisione e temi che questa ti danneggi, compare il marcatore somatico che può essere rilevato sperimentalmente. Ma non è detto che si obbedisca necessariamente al richiamo del circuito neuronale. Spesso, a volte addirittura compiendo una scelta autolesionista, si agisce in maniera contraria all’avvertimento ricevuto. I nostri processi non hanno nulla di meccanico. C’è un’azione reciproca tra mente e corpo, in un organismo unico e indissociabile e in un processo conflittuale. Come diceva Paolo di Tarso nella Lettera ai Romani: “C’è in me il desiderio del bene ma non la capacità di attuarlo. Io infatti non compio il bene che voglio ma il male che non voglio”».

La redazione

77 commenti a La libertà non è illusione, lo dicono scienza e filosofia

  • alessandro pendesini ha detto:

    Le emozioni governano buona parte della nostra cognizione, ma soprattutto sono determinanti per giudicare e agire moralmente. In qualche modo, la ricerca empirica sembra effettivamente aver dato ragione a Hume, e torto a Cartesio e a Kant. Il nostro giudizio morale sarebbe guidato dalle « passioni », non dalla ragione. Possiamo essere morali, dunque, ma non esattamente nel modo in cui crediamo intuitivamente di esserlo. Anzi, le cose sono un po’ più complesse. Noi universalizziamo i nostri giudizi, e quindi giustifichiamo con argomenti prevalentemente deontologici le valutazioni e le decisioni morali, proprio come credeva Kant. Ma lo facciamo, in quanto siamo spinti da intuizioni radicate nelle nostre strutture emotive, quindi anche dai pregiudizi, e non perché guidati dalla ragione e sulla base di una decisione autonoma o libera.

    • Paolo Viti ha detto:

      Anche questa è una posizione confutata da tempo, viene sostenuta solitamente da chi comprende che il determinismo è sbagliato e perciò cerca una via di fuga teorizzando il “potere delle emozioni” pur di negare la libertà umana.

      Tale tesi, quella sostenuta da Pendesini (che ha copiato da qualche parte), nasce da Jonathan Haidt il quale però ha concluso che le emozioni sono semplicemente una spinta a decidere in una determinata direzione, ma non ci posso forzare in modo incondizionato. Come spiegato da Jorge Moll, le scelte razionali o cognitive non sono scelte reali perché manca la forza della motivazione. Quindi le scelte moralmente rilevanti sono complessi di associazioni emotivo-cognitive e, anziché essere in contraddizione, emozione e ragione vengono continuamente integrate nel corse delle decisioni morali. Esattamente come si è sostenuto da sempre, con buona pace di David Hume.

      • alessandro pendesini ha detto:

        Infatti, sono nato -come tutti noi- con un cervello cognitivo vuoto. A riempirlo sono state tutte quelle persone e luoghi che mi hanno influenzato dalla nascita (ma anche un tantino prima) in poi ! Per cui se non dovessi ripetere quello che mi è stato insegnato, o copiare in grand parte quello che leggo ecc.. sarei da considerare nientepopodimeno che un fenomeno umano….. Quindi lasciamo stare chi ha scritto o detto, guardiamo invece se quello che è stato scritto puo’ essere considerato pertinente, razionale o no. Potremo in seguito, a richiesta, sapere chi sono gli autori di certi commenti che personalmente condivido interamente.
        Veniamo al sodo : Affinché si sia effettivamente liberi, la scelta deve aver luogo indipendentemente dagli eventi causali del cervello, come risultato dell’esercizio di un agente puro libero da qualsiasi antecedente causale fisico. Ovvero, che sarebbe ingiusto e immorale giudicare qualcuno responsabile di qualcosa se le sue decisioni sono causate da fattori antecedenti. Se la scelta non è il prodotto dell’elaborazione del mio cervello, cioè un cervello sotto controllo, non è una scelta mia…. Vorrei inoltre sottolineare che il nostro cervello emotivo NON ascolta MAI il nostro cervello razionale ; che ci piaccia o no ! -Lei, sig.Paolo Viti, cosa ne pensa ?

        • viaNegativa ha detto:

          Pendesini, quello che lei afferma (a patto che io abbia inteso correttamente ciò che ha scritto) è sostenibile solo da chi già abbia un committment di tipo di monista-materialista.
          Mi pare strano, però, che lei ne scriva come se la sua posizione fosse quella di default, tantopiù perchè la presuppone in un blog cattolico…

        • Paolo Viti ha detto:

          Caro Alessandro, mentre il primo commento era esposto in modo lineare e chiaro, questo suo secondo commento no. Per questo affermo che il primo lo abbia copiato da qualcuno mentre questo secondo è farina del suo sacco. Mi sbaglio?

          Entriamo nel sodo: come è ben spiegato nell’articolo, anche se una decisione di compiere un’azione nasce in modo inconscio (tutto da dimostrare), l’uomo ha sempre la capacità di interrompere tale impulso e non trasformarlo in azione. Dunque la responsabilità di un’azione commessa è sempre da attribuire all’uomo, anche perché cadrebbe altrimenti il nostro sistema giudiziario. E dunque è salvaguardata la libertà personale. Per concludere: anche se avesse ragione il determinismo, la libertà sarebbe salvaguardata per la capacità di mettere un veto all’impulso. Esattamente quel che diceva Libet oltre 20 anni fa. Cosa ne pensa?

        • enrico ha detto:

          @ Pendesini

          “Vorrei inoltre sottolineare che il nostro cervello emotivo NON ascolta MAI il nostro cervello razionale”

          Mi piace il modo in cui fa affermazioni così assolute, da sembrare “verità” scientifiche “certe”.
          Chissa dove l’avrà letta questa poi.
          Comunque, al di là di questo, le sue argomentazioni, sempre le stesse che scrive in tutti i siti che frequenta, dovrebbero farla giungere logicamente alla conclusione che nemmeno le sue posizioni filosofiche lei le ha scelte
          ( se non si ritiene libero di compiere coscientemente un’azione, perchè mai dovrebbe essere libero di scegliere una sua “visione delle cose”).

          • Klaud ha detto:

            Il libero arbitrio come è concepito dalla dottrina appartiene al medioevo: prova a rivederlo alla luce della psicologia cognitiva, capitolo confirmation bias. Pensiamo di scegliere liberamente, ma sbagliamo spesso.

            • Jack ha detto:

              Il tuo bias ateista ti porta su una strada contraddittoria, pur di sostenere la tua fede sei disposto a negare di essere libero. La psicologia cognitiva è un’opera umana e non potrà mai dire nulla di sensato finché è utilizzata da un essere che pensa di scegliere liberamente ma sbaglia spesso.

              • Klaud ha detto:

                Complimenti! un caso di bias da manuale…

                • viaNegativa ha detto:

                  Ma come funziona, vince chi per primo accusa l’altro di bias?

                  • Klaud ha detto:

                    No, funziona che ci si accorge di aver sbagliato ‘dopo’. Le famose fosse piene del senno di poi… 😉

                    • viaNegativa ha detto:

                      Sì ok, ma quindi? Il fatto che l’uomo sia deficitario nel tendere al bene (perchè nessuno nega questo, non io almeno) non dimostra certo che ciò gli sia per principio impossibile.

                      Inoltre il cofirmation bias non può essere qualcosa d’assoluto, a cui nessuno è immune, perchè diversamente sarebbe una posizione autoconfutantesi, non sei d’accordo?

          • alessandro pendesini ha detto:

            Caro Enrico : Ritengo che non abbia ancora capito -o che per opportunismo finga di non capire- che affinché si sia effettivamente liberi, la scelta deve aver luogo indipendentemente dagli eventi causali del cervello, come risultato dell’esercizio di un agente puro libero da qualsiasi antecedente causale fisico. Ovvero, che sarebbe ingiusto e immorale giudicare qualcuno responsabile di qualcosa se le sue decisioni sono causate da fattori antecedenti. Se la scelta non è il prodotto dell’elaborazione del mio cervello, cioè un cervello sotto controllo, non è una scelta mia….
            -Aggiungo inoltre che per essere moralmente responsabile o volontariamente colpevole di un reato, devo quindi essere la fonte ultima della mia decisione, e questo è possibile solo se non esiste nessuna influenza precedente abbia potuto garantire la produzione di un qualsiasi risultato -questo risultato potra essere ritenuto “interamente libero” che a tale condizione.
            P.S.In altre parole :Perche un umano possa legittimamente essere ritenuto colpevole (pur essendo indirettamente responsabile) per qualcosa che ha fatto, bisogna che in un modo o nell’altro, la scelta dell’azione eseguita da questa persona non sia determinata da l’insieme totale di quelle condizioni neuropsichiche che erano in vigore prima della scelta !…Con speranza di essere stato chiaro….

            • Paolo Viti ha detto:

              Ancora non ci siamo, caro Pendesini. La sua confusione è però chiarissima.

              Libet ha già chiarito che anche se i suoi studi sono reali e privi di obiezioni (e non è così) l’uomo salvaguarda sempre la sua libertà dato che può scegliere se compiere o meno l’azione che gli “eventi causali del cervello” propongono.

              L’uomo per questo preserva la sua responsabilità davanti al mondo e le sue convinzioni non sono accettate da nessuno e nessuno chiede la chiusura del sistema giudiziario internazionale che da per scontata -giustamente- la responsabilità dell’uomo.

              Non sei un automa, caro Pendesini, so che pensi di essere un vegetale ma ti assicuro che tu vali di più di quanto la tua fede (atea) ti impone di credere. Fatti aiutare, nel mio paese ci sono tanti corsi di autostima!

              • enrico ha detto:

                @ Paolo Viti

                Il problema di pendesini è più profondo.
                Il suo negare la libertà nella scelta di una azione implica che non vi sia libertà, ovviamente, nella scelta di un pensiero.
                Eppure continua a proporci le sue opinioni, che stando alle sue convinzioni non può aver liberamente scelto, come “vere”, inoltre prova a convincere l’interlocutore della bontà dei suoi ragionamenti, quando stando a quanto scrive l’interlocutore non è libero di scegliere.
                Assurdo.
                ma non se ne rende conto.

                • Paolo Viti ha detto:

                  Concordo, credo però di aver dato fin troppa attenzione a Pendesini, mi piacerebbe leggere obiezioni più interessanti e colte.

    • Max ha detto:

      E’ sensato dire che le nostre decisioni sono influenzate dalle nostre passioni, dalle nostre convinzioni, da cio’ che ci e’ stato insegnato. Credo che sarebbe stupido negare tutto cio’. Ma credo anche che esista un nucleo di capacita’ di decidere indipendente da quanto sopra.

  • alessandro pendesini ha detto:

    Quello che ritengo culturalmente interessante è cercare di capire come stanno veramente le cose e non come vorremmo -o che ci farebbe comodo- che siano ! Se qualcuno puo’ convincermi con argomenti razionali che il Libero Arbitrio « tiene la strada », con argomenti scientificamente accertati, cambio immeddiatamente di paradigma !
    N.B. -L’invenzione del “libero arbitrio” è attribuita (se non vado errato) a Sant’Agostino (see “De libero arbitrio”). Alla domanda : “Dio non è l’autore del male? “Se il peccato è il risultato di anime create da Dio, come potrebbe ignorarlo, poiché in ultima analisi, ne è l’autore ?” -Agostino ha risposto inequivocabilmente che “Dio ha dotato le sue creature di Libero Arbitrio, quindi la capacità di fare il male, e per lo stesso motivo, la responsabilità -o colpevolezza- del peccato.”
    Mi conceda di aggiungere che la neurologia e psichiatria hanno ampiamente dimostrato come potenti meccanismi biologici limitano la libertà umana, non solo, ma possono arrivare fino ad annientarla. L’alienazione mentale ne è un esempio doloroso. E’ anche chiaro che la biografia di ogni individuo e le pressioni sociali che subisce svolgono un ruolo convincente se non determinante di come si comporta.

    • Paolo Viti ha detto:

      A me sembra che nell’articolo vengano esposti chiaramente i motivi per cui il determinismo non ha senso di esistere. Se non è d’accordo la sua obiezione è contro-fattuale e a lei sta l’onere della prova. Se mi riesce a dimostrare incontrovertibilmente che la libertà non esiste allora cambiamo tutti paradigma immediatamente (sempre se il nostro cervello ci permetterà di farlo!).

      Sant’Agostino avrà al massimo inventato il termine “libero arbitro”, non certo la facoltà dell’uomo di essere libero. Non vedo però cosa c’entri questo…

      Se meccanismi biologici e patologici, come l’alienazione mentale, possono limitare la libertà umana questo implica necessariamente che essa esista e che, in mancanza di patologie, si esprima come tutti noi sappiamo.

      • alessandro pendesini ha detto:

        Paolo Viti, questo eloquente commento (che non è unico e conforme a diversi studi accademici mondiali !) è stato suggerito da un docente universitario e un neurobiologo che lavora nella ricerca fondamentale, ambedue italiani :
        In un esperimenteo (Wegner e Wheatley, 1999) si è chiesto ad alcune persone di pensare intensamente a qualcosa (la parola cigno ascoltata da una registrazion a ripetizione) che aveva una rilevanza con l’azione che dovevano compiere (selezionare su uno schermo mediante un cursore la fotografia di un cigno) ; il movimento non era tuttavia il loro, perché il mouse del computer era condiviso con uno sperimentatore che forzava, senza che il soggetto ne fosse a conoscenza e senza farsene accorgere, la direzione del cursore. Eppure, i soggetti dichiaravano comunque di sentire di aver agito intenzionalmente, ma solo nel caso in cui la registrazione veniva ascoltata tra 1 e 5 secondi prima dell’azione (cos ache non accadeva se la registrazione partiva a 30 secondi prima o 1 secondo dopo l’azione forzata). Dunque, la percezione di un intervento casuale sull’azione puo’ essere apparente, e questo è ovvio, ma, secondo gli autori dell’esperimento, l’esperienza della paternità di un’azione richiede che siano rispettati alcuni principi che legano il pensiero cosciente e l’azione : priorità (il pensiero deve precedere l’azione per un certo intervallo), consistenza (il pensiero dovrebbe essere compatibile con l’azione), esclusività (il pensiero deve sembrare l’unica causa apparente dell’azione). Alro esempio di influenza sui giudizi di paternità delle azioni viene dalla presentazione di stimoli sublimali (Dijksterhuuis, 2004). Il nostro sentirci responsabili è una costruzione, che prende forma grazie a complesse confabulazioni (o autoinganni involontari ! Nota personale) a posteriori.

        • Paolo Viti ha detto:

          Conosco benissimo il pensiero del filosofo Daniel Wegner, un estremo riduzionista. E’ uno dei tanti che sostiene certe idee ben contestate anche in questo articolo (come si fa a paragonare il suo esperimento con la volontà complessa con cui abbiamo a che fare ogni giorno nella nostra vita?).

          Mi sembra che le tesi di Wegner siano comunque ben confutate in questo articolo, in cui si spiega che la credenza che la volontà sia in grado di avere un controllo sui nostri comportamenti non deriva da un ragionamento, da un “calcolo” a livello di pensiero, ma è legata all’esperienza diretta che ciascuno di noi può fare riguardo alla propria capacità di intervento nel mondo fisico.

          E si conclude: “Vediamo ancora una volta che le argomentazioni di Wegner, pur se dirette a mostrare l’illusorietà del nostro controllo volontario sulle azioni poste in atto, per un altro verso non possono fare a meno di presupporre l’esistenza di tale controllo. In definitiva, il ruolo della volontà ai fini del senso morale è strettamente in relazione alla capacità di controllo della volontà stessa sulle azioni. Se l’efficacia della volontà cosciente è da considerarsi illusoria – come Wegner afferma – allora l’esperienza ad essa collegata non può in alcun modo contribuire alla formazione di una moralità, almeno una moralità che abbia una
          qualche ricaduta utile nella nostra vita pratica, e soprattutto nel nostro modo di rapportarci con gli altri. Sulla base di queste sia pur sintetiche considerazioni possiamo veramente renderci conto della povertà delle argomentazioni prodotte da Wegner a sostegno della sua posizione. Esse non offrono alcun contributo che ci aiuti a esprimere meglio le nostre potenzialità, ma non permettono neppure di accrescere la nostra conoscenza di quella che chiamiamo libertà.”
          .

          Credo ti sia utile leggerlo e studiarlo: http://www.psicolab.net/public/pdfart/10376.pdf

    • viaNegativa ha detto:

      Se quanto lei afferma è vero, Pendesini, allora è inutile commentare oltre, giacchè -visto che la libertà non esiste- né lei né i suoi interlocutori saranno mai liberi di cambiare paradigma. Tutto ciò che possiamo fare è limitarci a prendere atto delle posizioni altrui e salutarci qui.

      Prima del commiato però, vorrei aggiungere questa osservazione: lei ha affermato che “sarebbe ingiusto e immorale giudicare qualcuno responsabile di qualcosa se le sue decisioni sono causate da fattori antecedenti”. Dicendo questo, però, appare evidente che nemmeno lei creda davvero che l’uomo non è mai libero. Mi spiego: la sua affermazione suggerisce che sarebbe un bene tenere un dato comportamento, in questo caso il non giudicare. Tuttavia dovrà convenire che se, al fine di tenere una sana condotta morale, DOBBIAMO comportarci in un certo modo allora POSSIAMO, nel senso che potremmo comportarci o non comportarci in quel modo. Ed eccoci dunque ad un bivio:

      1. se davvero, come lei vorrebbe sostenere, l’uomo non è mai libero, allora non possiamo far altro che comportarci in una determinata maniera e dunque non ha senso parlare di “dovere”, perchè ci si potrebbe trovare nella situazione d’esser impossibilitati ad agire nel modo dovuto. Da questo segue che non abbia più nemmeno senso parlare di etica/moralità/immoralità;

      2. se invece possiamo agire in un modo piuttosto che in un altro, allora lei avrebbe ragione nel sostenere l’immoralità di certi comportamenti, ma si badi che questo “potere” decreterebbe l’esistenza d’una qualche forma (anche minima) di libertà, che lei avrebbe voluto negare.

      Insomma, per come la vedo io, delle due l’una.

    • enrico ha detto:

      @ Pendesini

      “Se qualcuno puo’ convincermi con argomenti razionali che il Libero Arbitrio « tiene la strada », con argomenti scientificamente accertati, cambio immeddiatamente di paradigma !”

      Visto che le piace insistere, poniamo che il libero arbitrio non esista, dunque io non sono libero di scegliere una mia azione, ne deriva che non sono libero di scegliere un mio pensiero, ne deriva che non sono libero di scegliere tra un’ interpretazione ed un altra possibile da un esperimento scientifico.
      Ne deriva che tolto il libero arbitrio la “Scienza” che a lei piace tanto è pura fuffa.

      • alessandro pendesini ha detto:

        Caro Enrico :
        Non mi sembra aver detto o scritto che l’uomo non puo’ o non è in grado di scegliere ! La invito a rileggere i miei commenti.
        Per sua informazione :
        -La sensazione che noi chiamiamo volontà non è la causa di un atto volontario, ma il simbolo dello stato del cervello che è la causa immediata di tale atto.
        – In qualsiasi momento, un uomo non può volere altro che i suoi valori più forti vogliono, e se questi valori lo incitano, ad esempio, ad ignorare la morale, l’ignorera.
        – Non esiste un solo “leader” nel cervello. Lei -come qualsiasi animale o persona- non è certamente il “capo” che dirige il suo encefalo…Caro Enrico, é gia riuscito a dirgli di cessare di pensare a dei ricordi drammatici o sgradevoli, a dirgli di stare zitto e andare a dormire ecc… ?
        N.B.: Il volere è un processo neurosinaptico influenzato da tutti gli elementi psicologici e delle influenze incoscienti che lo precedono al momento della decisione. La decisione per essere “libera” dovrebbe essere esente dall’influenza dei meccanismi che le precedono e la determinano ! Ma sappiamo che non è cosi…
        La razionalità è solo un tentativo di conoscere e -diciamo- prendere decisioni al meglio di un compromesso ma anche, se necessario, inibirle.
        Da notare che se i processi neurologici dipendessero da un’entità immateriale, non correlata al substrato fisico, non ci sarebbe alcuna ragione par cui questa dovesse essere influenzata da certe droghe, patologie mentali, traumi ecc…

        • Paolo Viti ha detto:

          Abbiamo già appurato nei commenti precedenti che le sue informazioni sono sbagliate e, sopratutto, dettate da un bias religioso (l’ateismo è una fede) e quindi non scientifico.

          Per sua informazione:
          -La volontà potrebbe non entrare in gioco nell’intenzione di compiere piccoli movimenti (avvicinare due dita) ma entra in gioco quando si sceglie se realizzare o meno l’azione. Mettere il veto o meno. La volontà entra in gioco nell’intenzione di compiere azioni che richiedono un pensiero organizzato (andare a letto, fare la spesa, rispondere agli integralisti della disumanità sul web).

          -La presenza di organi involontari nel corpo umano, come cuore, reni e cervello, è stata appurata fin dagli albori dell’umanità. Pensare che questo sia un argomento a favore del suo riduzionismo è una delle cose più divertenti che abbia mai letto.

          N.B.: Il volere è influenzato ma non determinato, una decisione può essere libera anche quando è influenzata. Lei sceglie di replicare a Enrico perché è spinto dal voler propagandare la sua fede, ma potrebbe scegliere in qualunque momento di non ascoltare i suoi istinti. Non siamo determinati dall’istinto, anche se forse lei si considera sottomesso a lui.

          L’esistenza di un’entità immateriale, come la mente, necessita di un supporto organico come il cervello, per questo potrebbe essere influenzata e disturbata da droghe e malattie. Anche questo è un argomento che nessuno si è mai spinto ad usare, lei nella sua libera decisione di sfinire gli altri con argomenti ridicoli è sorprendente. Bravo Pendesini!

        • enrico ha detto:

          “Da notare che se i processi neurologici dipendessero da un’entità immateriale, non correlata al substrato fisico, non ci sarebbe alcuna ragione par cui questa dovesse essere influenzata da certe droghe, patologie mentali, traumi ecc…”

          Altro errore:
          Lei qui propone un dualismo anima/corpo.
          Il cristiano cattolico non è dualista.
          Si informi se non mi crede.

  • Max ha detto:

    Riporto un brano di un articolo di Giorgio Israel, professore di Matematica all’ “Universita’ La Sapienza” e storico della Scienza, a riguardo degli esperimenti di Libet ed un certo filone che ne e’ seguito.

    “Non è difficile vedere i vizi di questa procedura. In primo luogo, dare per scontato che esistano aree che «predeterminano» le intenzioni consapevoli indica che la tesi dell’inesistenza del libero arbitrio viene data per dimostrata prima di averlo fatto, anzi viene usata per dimostrarla. Inoltre, è chiaro che è improprio chiedere a una persona di annunciare l’istante in cui egli assume una decisione per confrontarlo con un istante di natura totalmente diversa: quello in cui ha inizio una vaga «attività preparatoria» nel corso della quale viene elaborata la decisione: è evidente che il momento in cui rifletto se uscire o no di casa viene prima del momento in cui decido di uscire. Ma c’è un vizio ancor più grave. Da un lato si misurano grandezze fisiche, osservabili misurabili con apparecchi di laboratorio: intensità di correnti, flussi sanguigni. Dall’altro lato si ha a che fare con qualcosa di diverso, ovvero con un rapporto con cui il soggetto dichiara l’esistenza di uno stato mentale: “premo il bottone o indico una lettera, e così informo di aver compiuto la scelta”. È qualcosa di analogo ai rapporti verbali (un “racconto”) in cui il soggetto descrive quel che prova soggettivamente. È del tutto arbitrario considerarlo come la determinazione esatta dell’istante temporale della presa di decisione, analoga alla misurazione diretta con un apparecchio. Qui vengono identificate cose diversissime: un rapporto dichiarativo e uno stato mentale. Per controllare la coincidenza della “dichiarazione” con lo stato mentale occorrerebbe penetrare direttamente in questo. Ma il rapporto dichiarativo può essere verificato soltanto con altri rapporti dichiarativi, in un’impossibile regressione all’infinito verso il “foro interiore” della persona senza che sia possibile mettere in atto qualcosa di simile alla misurazione diretta di una corrente elettrica. Pertanto mettere a confronto quelle due “misurazioni” del tempo è un grave errore metodologico indotto dalla pressione dell’assunto metafisico.

    http://gisrael.blogspot.it/2012/03/lo-scippo-del-libero-arbitrio.html
    (L’Osservatore Romano, 4 marzo 2012)

  • FM ha detto:

    Consiglio di leggere questo:
    http://edwardfeser.blogspot.it/2012/03/reading-rosenberg-part-viii.html

    Molti accusano (e penso giustamente) i riduzionisti di essere complevoli di “neurobabble” pseudoscientifico

  • alessandro pendesini ha detto:

    Mi siano concesse qualche osservazioni :
    1°-Dobbiamo mai perdere di vista che tra le diverse caratteristiche neuropsicologiche umane esiste l’autoillusione e l’autoconvinzione, ben documentate a livelli accademici…..
    2°-Un individuo che avrebbe perso la sensazione di essere responsabile delle sue azioni potrebbe vivere nella costante paura di non sapere come reagire in tempo in modo adatto, di fronte al pericolo. (… Quindi l’illusione della libera scelta …)
    3°-Non c’è nulla di libero o arbitrario nei bisogni e emozioni. In altre parole l’atto gratificante non è libero. Ma completamente determinato. Qualsiasi animale, uomo incluso, è “liberamente” DETERMINATO o “condannato” a sciegliere !
    Tra due possibili azioni, l’animale o l’umano, scieglie spontaneamente quello che da la maggiore ricompensa (anche se a volte capita che si sbaglia !), vale a dire quello che causa la maggiore attivazione dei circuiti nerosinaptici (dopaminergici/oppioidi) correlati alla ricompensa.
    4°– Non abbiamo mai coscienza delle competenze necessarie per svolgere qualsiasi compito o fasi intermedie del processo neuronale. Siamo solamente consapevoli dei risultati che avvengono con un ritardo da una frazione (o millesimi) di secondo, o più raramente, a qualche secondi.
    P.S. Vorrei sottolineare che una preferenza non deriva da una scelta ! L’emozione (QE- da non confondere col QI), ha un potere determinante nel campo della memoria e particolarmente nel processo decisionale.

    • Paolo Viti ha detto:

      Buongiorno Alessandro, vedo che è mattiniero come me 😉
      Mi colpisce come già alle 7 di mattina abbia voglia di negare la libertà umana…si è svegliato male?

      1) L’autoillusione e l’autoconvinzione esistono e possono anche attribuirsi a coloro che negano il dualismo e si convincono di non essere esseri con autonomia di scelta. E’ reversibile.

      2) Occorre però saper dimostrare che l’individuo non abbia la responsabilità delle sue azioni tanto da doversi illudere, in particolare che sia impossibilitato a porre un veto all’impulso incosciente e impedire che si trasformi in atto visibile.

      3) L’uomo non vive sempre per autogratificazione, spesso compie sacrifici immensi, anche autolesionisti. Proprio il suo comportamento autolesionista (negare la sua libertà) dimostra che l’uomo non agisce cercando la gratificazione (nessuno sarebbe gratificato sapendo di non essere libero). Ogni volta che si è tentato -per ossessione ateista, perché solo di questo si tratta e sappiamo bene entrambi che lei è un appassionato dell’Unione Atei Agnostici e bla bla bla- di ridurre l’uomo ad un fascio di nervi che sopravvive per istinto e cerca la ricompensa si è sempre persa di vista la sua dignità. Le emozioni, i bisogni e i sentimenti concorrono alla ragione, non la sostituiscono. Se lei avesse ragione, il motivo per cui intende negare la libertà dell’uomo è perché trova gratificante negare Dio, in ultima analisi, essendo l’ateismo la consolazione dell’uomo? Delle due l’una, come dice l’amico ViaNegativa.

      4) Queste sono convinzioni patetiche che non diventeranno vere, nemmeno se lei le ripete a sfinimento. Dev’essere capace di argomentare i suoi convincimenti, le decisioni umane non sono sempre immediate esistono riflessioni che durano giorni e settimane prima di agire e non saprà mai dimostrare che in questa fase siamo incoscienti di ciò che sta avvenendo nel nostro cervello. Lei si ossessiona con gli studi di Libet e li ripete all’infinito, ma lo stesso Libet ha confutato le sue conclusioni.

      P.S. E’ già stato spiegato che le emozioni non hanno la capacità di determinare niente, altrimenti nessuno potrebbe trattenere lo spirito di vendetta in caso di torto subito. Sarebbe il gesto più gratificante ed invece il mondo non è fatto di assassini. La realtà contraddice i suoi desideri e non è ripetendo a sfinimento i suoi sogni che cambierà la realtà. Buona giornata!

      • Klaud ha detto:

        Molte delle tue certezze cadono se viste alla luce del ”bias di conferma”: spesso si sceglie ciò che conosciamo (anche se errato), ciò che è più comodo, ciò che più appaga, non ciò che è giusto in assoluto. Il campo è vasto, qualcosa c’è su wiki. (Per i curiosi: “Bias” e “Bias di conferma”).

        • viaNegativa ha detto:

          O naturalmente il “bias di conferma” vale solo a senso unico, nevvero?

          • viaNegativa ha detto:

            *E naturalmente…

          • Klaud ha detto:

            Ma benedetto uomo! altrimenti che bias sarebbe?

            • viaNegativa ha detto:

              Quod erat demostrandum…

              • Klaud ha detto:

                ViaNegativa, sono incuriosito da quello che ti ha quotato la correzione delle 13.38…
                e mi domando se i 6 che hanno quotato alle 14.00 propendono per l’ipotesi negativa o quella positiva, visto che la forma è praticamente neutra o equivoca, nel senso etimologico del termine.

  • alessandro pendesini ha detto:

    …..L’uomo non vive sempre per autogratificazione, spesso compie sacrifici immensi, anche autolesionisti…..Paolo Viti dixit !

    Caro Paolo Viti : capisco questo suo particolare « punto di vista » ma non posso condividerlo !

    -L’Abbé Pierre diceva: “-On n’est jamais heureux que dans le bonheur qu’on donne. Donner c’est recevoir »….Al quale rispondo : questo è il motivo o ragione per laquale diamo…
    -Il medesimo “sistema neuroni specchio” (caro a Rizzolatti !) ci spinge a fare del bene per gli altri,( premesso non esistano patologie o squilibri mentali.) Perché ? Perché abbiamo interesse. In sostanza, viviamo solo per il nostro benessere, non esiste alcuna eccezione. Il sistema “specchio” (o empatia) ci spinge a cercare indirettamente la felicità degli altri (verissimo o sacrosanto)… per la nostra propria soddisfazione ! -Anche per gli attentatori suicidi (kamikazes), l’obiettivo è materiale: 70 vergini stasera nel paradiso di Maometto….
    -La Generosità “gratuita”, come quella che consiste nel fare un dono ad una associazione caritativa ecc.., stimola l’attivazione cerebrale che coinvolge le aree di ricompensa. Le zone attivate dal dono, ad esempio di una data somma, sono identiche a quelle che si attivano al momento che riceviamo la stessa somma come regalo. Nel caso dell’atto generoso, vi è, in aggiunta a questi circuiti della ricompensa, l’attivazione di una specifica regione frontale coinvolta nel controllo del rilascio di ossitocina (ocytocine), l’ormone “prosociale” per eccellenza !. La generosità porta alla fiducia reciproca e probabilmente viceversa. Ma tutto cio’ non giustifica nessun atto interamente disinteressato : dietro un discorso apparentemente altruista e generoso, si nascondono motivazioni istintuali, pusionali, desideri di dominio insoddisfatto, una ricerca di soddisfazioni narcisistica ecc ..
    N.B.-Tutti coloro che negano di non avere come motivo fondamentale la ricerca del piacere, sono degli ingenui o incoscienti, che sarebbero già scomparsi dalla biosfera da molto tempo se dicessero il vero ! Il martire è colui che istrumentalizza l’altro per programmare la sua autodistruzione.
    E la Pietà consente a coloro che la risentono di trovarsi in una situazione di dominanza soggettiva mettendo colui che ne è l’oggetto in posizione di dipendenza; che piaccia o no ! -Vorrei terminare dicendo che non ci sentiremo mai soli finche ci preoccuperemo del benessere degli altri, per il nostro proprio benessere…….Sans rancune ? Bien à vous

    • Paolo Viti ha detto:

      Caro Pendesini, mi sembra un grande mischione di pseudoscienza (l’ossitocina ci comanda!!) e pseudofilosofia (non esiste l’amore disinteressato ma solo la dominanza soggettiva del competitore!!).

      Immagino che lo abbia scritto soltanto per ricercare la soddisfazione nel veder dominato il suo nemico e ha anche rivelato di averlo fatto perché mosso da motivazioni istintuali, pulsionali, desiderio di dominio insoddisfatto e ricerca di soddisfazioni narcisistica. Ha anche marcato il territorio con una spruzzata di pipì, per caso?

      Se questa è la sua misera visione dell’uomo capisco perché sia ateo, lo sarei anch’io. E capisco anche questa notizia: http://www.lastampa.it/2009/02/02/blogs/san-pietro-e-dintorni/atei-il-doppio-dei-suicidi-p9m4SBN6T9XRu7iZi0pVmN/pagina.html

      Trovo inutile continuare la discussione. Mi stia bene e, mi raccomando, su con la vita! Ci sono più cose in cielo e il terra, Pendesini, di quante ne sogni la tua filosofia 😉

      • alessandro pendesini ha detto:

        La ringrazio per l’articolo da lei suggeritomi :“Atei : il doppio dei suicidi”…..
        Caro Paolo Viti :
        -Che io sappia, nessuna statistica emessa da l’OMS o da accademie ufficiali e imparziali, ha confermato una cosa del genere accaduta negli USA e non solamente!
        -La relazione tra tassi di suicidio e il clima di una comunità religiosa è oggetto di controversie. L’aumento dei tassi di suicidio sono stati attribuiti in parte ad un calo della pratica religiosa, ma sono anche state riportate delle prove contrarie. -In Belgio, ad esempio, risulta da serie statistiche condotte dall’ISTAT e diverse Università, che l’incidenza dei suicidi (alla proporzionale) è più alta nei credenti che negli atei ! Idem per i carcerati dei quali il circa 95% è credente !
        Esistono prove di una relazione inversa tra la religiosità e il suicidio quando l’età e il sesso sono presi in considerazione, ma non secondo i luoghi geografici. Le cause possibili di questi avvenimenti sono tuttora discusse.

        N.B. I tassi di suicidio sono più alti per gli uomini che per le donne, e per i più giovani che anziani. La religiosità è, tuttavia, più elevata tra le donne e nelle zone rurali. Ma ,paradossalmente, risulta che i suicidi sono più frequenti nelle zone rurali, malgrado abbiano una maggiore religiosità. -Considerando tutti i parametri possibili, la (o le) causa probabile per ogni suicidio richiede uno studio specifico personalizzato il quale puo’ dare un risultato accettabile, mai assoluto !

        • Paolo Viti ha detto:

          Si figuri, era ovvio che fosse così…se pensassero tutti come lei il suicidio sarebbe l’unica azione coerente.

          -Mi sorprende apprendere che le università canadesi non sarebbero accademie ufficiali e imparziali. Se non sbaglio l’OMS non ha nemmeno mai confermato che la responsabilità delle azioni umane vada attribuita al cervello e non alla persona.

          -Parla di statistiche varie senza citare alcuna fonte e senza appurare se l’OMS le conferma. Come ha detto lei, queste statistiche che cita (che non esistono, ovviamente) non sono mai state confermate da l’OMS o da accademie ufficiali e imparziali. Come vede le sue obiezioni infantili sono reversibili. 😉

          -Mi fa piacere che abbia sviato il discorso sul pippone sui tassi di suicidio (senza fonti, dati inventati da lei ma va bene così). Dunque concorda con me che tutto quanto ha detto sul libero arbitrio è frutto di un grande mischione di pseudoscienza (l’ossitocina ci comanda!!) e pseudofilosofia (non esiste l’amore disinteressato ma solo la dominanza soggettiva del competitore!!).

          Coraggio Pendesini, smetta di pensare ai suicidi e cominci a rivalutarsi! Lei è libero di amarsi!

  • beppino ha detto:

    Mi sembra banale pensare che non possa esistere l’autocoscienza senza cervello in quanto come si arriva ineluttabilmente a intuire (in vita) che la stessa autocoscienza può sussistere anche senza rapporto eziologico con la realtà circostante allo stesso modo si arriva ad intuire (in vita) come non sia possibile fare in modo che l’autocoscienza “dimostri” al mondo la sua esistenza quando non c’é più l’apparato fisico che “collega” la stessa con la realtà circostante (dopo la morte). Come al solito i nostri insigni studiosi arrivano a “dimostrare” la validità di una teoria basandosi sul fatto che il complemento a uno della stessa non é dimostrabile. Andiamo avanti così che va bene (intanto il libero arbitrio se la ride sotto i baffi e continua inesorabilmente a presentarsi ai vari bivi della vita…).
    Nolenti o volenti continuiamo a “non essere animali” anche se pensiamo di dimostrare di poter essere nella condizione di non volerlo (lo so… ci farebbe molto comodo).

  • tonno ha detto:

    Come può esistere il libero arbitrio se ognuno ha una diversa coscienza morale per cui uno percepisce come bene e come desiderabile ciò che un altro non può che respingere perchè la sua coscienza glielo fa percepire come male? Alcune persone compiono delle azioni cattive senza che la loro coscienza dica loro che sbagliano e senza sentirsi minimamente in colpa in seguito. Le stesse azioni non potrebbero mai commetterle le persone più sensibili, che solo a pensare di commetterle si sentono male e che commettendole farebbero violenza prima di tutto contro la loro natura, a meno che in un certo momento non perdessero coscienza e in quel caso, riacquistandola in seguito, si sentirebbero in colpa. Questo perchè l’educazione che riceviamo dai genitori e le esperienza di vita ci fanno cambiare la nostra percezione del bene e del male, e magari c’è anche un elemento innato che influisce. Se la mia coscienza mi fa percepire come bene ciò che in realtà è male, che colpa ne ho? E se mi fa percepire come bene ciò che è realmente bene, che merito ne ho?

    • Paolo Viti ha detto:

      Mi sembra un’argomentazione più seria di quelle finora esposte. Credo che però confondi coscienza con morale e con libero arbitrio. Sono cose differenti.

      La coscienza è ciò che ci rende esseri consapevoli, non c’entra direttamente con la valutazione del bene e con il male.

      Il libero arbitrio è la facoltà di essere indipendenti dall’ambiente che ci circonda, non nel senso che non ne siamo influenzati ma nel senso che non ne siamo determinati. L’educazione dei genitori è una di questi condizionamenti ma in qualunque momento sappiamo che possiamo comportarci in modo differente da quanto ci hanno insegnato i genitori (fin da piccoli, oltretutto, tramite i cosiddetti “dispetti”).

      La morale è la facoltà umana di scindere il bene dal male. Questo non c’entra direttamente con la libertà umana, per questo il tuo argomento non ha fondamenta corrette. E’ vero però che a seconda delle culture certe cose che ci sembrano “morali” sono per altri “immorali”. Io credo però che ogni uomo abbia la stessa capacità morale e sappia riconoscere ciò che è bene da ciò che è male. Tutti gli uomini, ad esempio, condividono la percezione che causare sofferenza gratuita agli altri è un male (a patto che non ci siano disturbi mentali). Tuttavia la capacità morale va educata e questo è il compito dei genitori e della società che ci circonda. Non siamo esseri indipendenti e la società si autoregola in modo sufficiente perché tutti siano in grado di rispettare l’autoregolazione. Altro discorso è capire se le regole che la società si impone abbiano un fondamento stabile o meno, ma questo è un altro discorso.

      • tonno ha detto:

        Tu credi che tutti siano ugualmente capaci di distinguere il bene dal male, e quindi che tutti abbiano la stessa idea su cosa è bene e cosa è male, e liberamente scelgano di fare l’uno o l’altro. Tuttavia giudicare che qualcosa sia bene o male non significa categorizzare le cose in freddi schemi mentali, al contrario il giudizio morale è qualcosa di emotivo! Giudicare qualcosa come “bene” equivale ad amare quella cosa. Giudicare che l’aborto è un crimine non significa semplicemente inserirlo nella categoria mentale delle cose cattive, ma significa provare dolore e sdegno al pensiero di cosa sia l’aborto. Per cui l’oggetto della volontà è sempre il bene, che sia reale o solo apparente, ovvero vogliamo necessariamente ciò che, al momento della scelta, ci appare come bene maggiore. Se fossimo tutti e in ogni momento della nostra vita in grado di riconoscere il bene come bene e il male come male, allora nessuno peccherebbe mai. Invece noi pecchiamo proprio perché la nostra coscienza morale, nel momento che precede la scelta, può compiere un errore di valutazione e cadere in inganno.

        • Licurgo ha detto:

          Le differenti culture e gli ethos differenti possono portare l’Uomo in certi casi a valutazioni opposte su cosa sia bene o male.
          Ma che ci sia il bene e il male, e il forte sentimento di ciò, è istintivo in ogni uomo e in ogni cultura, e questa è secondo me la base del discorso.

        • viaNegativa ha detto:

          al contrario il giudizio morale è qualcosa di emotivo

          Se sei un emotivista o soggettivista sì, ma se non lo sei? E in ogni caso, sebbene alcuni giudizi morali si prestino più volontieri a considerazioni “di pancia”, ce ne saranno altri che, al contrario, non implicheranno particolare (o magari nessun) coinvolgimento emotivo, come ad esempio nel caso in cui si debba giudicare se sia giusta o meno una certa legge la quale preveda esenzioni da alciune tasse o cose di questo tipo.

          Giudicare qualcosa come “bene” equivale ad amare quella cosa

          Sempre in una prospettiva emotivista/soggettivista. Io invece sostengo che il bene (etico) sia (e lo sia dimostrabilmente) l’agire in conformità alla natura della res in questione affinchè questa possa giungere -per quanto possibile- alla sua più completa realizzazione. Sostengo altresì che tale bene possa essere conosciuto su base puramente razionale, escludendo completamente l’emotività.

          Giudicare che l’aborto è un crimine non significa semplicemente inserirlo nella categoria mentale delle cose cattive, ma significa provare dolore e sdegno al pensiero di cosa sia l’aborto.

          Ancora, sempre se… indovina?! L’aborto è un male (ed uno particolarmente grave) per una serie di motivi su cui ora glisso, ma in ultima analisi possiamo giudicarlo tale perchè essendo l’uccisione di un essere umano innocente, rappresenta “l’ostacolo definitivo” (per così dire) alla realizzazione della sua natura e di tutti i diritti (naturali) che da essa derivano. Insomma, è la privazione ultima e immeritata di tutto ciò che a quell’essere umano sarebbe naturalmente dovuto, data la sua natura.

          l’oggetto della volontà è sempre il bene

          Questo è vero, noi perseguiamo ciò che consideriamo bene (sia esso reale o apparente), ma il problema è che se -come suggerisci tu- ne facciamo una questione meramente emotiva, la cosa è destinata a sfociare nell’utilitarismo (data l’impossibilità di stabilire razionalmente cosa è bene e cosa male), che personalmente giudico una fesseria…

          • tonno ha detto:

            Tuttavia anche tu affermi che la volontà vuole necessariamente ciò che al momento della scelta ci appare come bene. Questo esclude già il libero arbitrio, a prescindere da come il bene venga riconosciuto, se su base emotiva oppure razionale. Infatti da ciò che ho scritto segue che l’uomo, quando vuole il male, lo fa ingenuamente, illudendosi che si tratti del bene. Se capisse che in realtà si tratta del male non lo sceglierebbe. Il fatto che l’uomo pecchi dimostra che i giudizi morali, siano essi emotivi o razionali, non sono infallibili e possono far percepire il male come se fosse un bene desiderabile, inducendo così l’uomo a sceglierlo e a peccare. Se invece i giudizi della nostra coscienza fossero infallibili, tutti gli uomini in ogni situazione saprebbero riconoscere il male e lo eviterebbero per necessità, proprio perché l’oggetto della volontà non può che essere il bene, come dici anche tu.

            • viaNegativa ha detto:

              Onestamente non riesco a capire come possa seguire la mancanza di “libero arbitrio” dal fatto che l’uomo compia delle scelte errate, quando “libertà significa semplicemente che l’uomo può essere causa delle sue azioni, senza che nessuna legge lo predetermini a priori ad agire in un modo piuttosto che in un altro” (cfr. G. Basti)
              Qunto dici tu ci dimostrerà -al più- che esistono situazioni in cui (per i motivi più svariati, es. ignoranza, pressioni sociali, abitudini, etc) i principi che nell’etica basata sulla legge naturale costituiscono un “atto umano” (conoscenza, libertà, volontà) non vengono esercitati in massimo grado, cosa ammessa e riconosciuta da secoli, ma non che l’uomo è per principio incapace di un atto libero, inteso come atto con cui l’uomo diviene causa consapevole delle proprie azioni.

              Se capisse che in realtà si tratta del male non lo sceglierebbe.

              Sicuro? Il rovinarsi il fegato e la vita a suon di vini scadenti è con buona probabilità riconosciuto come un male anche dall’alcolizzato il quale, però, preferirà bersi un altro bicchiere nell’immediato, poichè percepirà come “bene” l’evitare i morsi dell’astinenza. Certo, “bene” qui è da intendersi in senso lato, ma ciò ci conferma che nessuno cerca il male o la miseria in quanto tali, il problema allora risiede nella deficitarietà della natura umana nel riconoscere e tendere al bene, e non -ripeto- nell’impossibilità per motivi di principio.

              Se invece i giudizi della nostra coscienza fossero infallibili, tutti gli uomini in ogni situazione saprebbero riconoscere il male e lo eviterebbero per necessità

              No, per i motivi già accennati e anche perchè la coscienza è soggettiva e non può costutuire il metro ultimo di ciò che è bene o male. Prendi la coscienza di una persona molto emotiva/”irrazionale”/plagiata-indottrinata etc. ad esempio: se ci pigliasse su quello che è vero-buono-bello sarebbe un miracolo!

              • tonno ha detto:

                Tra rovinarsi il fegato evitando i morsi dell’astinenza e salvarsi il fegato e la vita sopportando i morsi dell’astinenza è sicuramente meglio la seconda, il problema è che l’alcolizzato in quel momento non se n’è reso conto e ha scelto il male reputandolo come il bene maggiore. Bisogna essere “stupidi” per fare il male e il problema è proprio questo: che chi più chi meno siamo quasi tutti “stupidi” e per ciò giustificati, perchè in buona fede.

                • Licurgo ha detto:

                  Il problema, Tonno, secondo me è questo: quando si scambia un male per un bene o un bene inferiore per uno superiore, non è la ratio a sbagliare nelle sue procedure, sono le passioni ad avere la meglio su di essa.
                  Un conto è l’assurdo riduzionismo alla Pendesini per cui sempre e comunque tutto è pre determinato, altro ammettere che in alcuni individui meno razionali per cause contingenti, e talvolta anche negli individui razionali in alcuni momenti ‘particolari’, le passioni prevalgano sulla ragione. Quest’ultimo punto mi pare indubitabile.

                  • tonno ha detto:

                    Le vostre risposte sono interessanti, ma non condivido la vostra fiducia nel fatto che la ragione sia un’attività libera e che di conseguenza il suo utilizzo renda l’uomo libero. Mi risulta invece che la ragione funzioni deterministicamente. Infatti nessuno può scegliere le proprie convinzioni. Io, ad esempio, preferirei di gran lunga credere che il libero arbitrio esiste, ma non posso fare a meno di credere ciò che mi appare evidente, e necessariamente non crederò al libero arbitrio finché non andrò a “sbattere” contro una confutazione convincente che mi persuada del fatto che mi sono sbagliato. Anche san Tommaso d’Aquino scrive: “Sulla volontà può influire soltanto Dio e questo a causa della libertà della volontà, che è padrona dei propri atti, e non può essere costretta dall’oggetto, come accade invece nell’intelletto, che è costretto dalla evidenza della dimostrazione” (II Sent., d. 8, q. 1, a. 5, ad 7).
                    Poi vi volevo fare una domanda su san Tommaso. Egli afferma che la volontà vuole necessariamente ciò che, al momento della scelta, l’intelletto le presenta come bene maggiore, con quello che egli chiama “ultimo giudizio pratico”. Poste queste premesse, non si cade nell’intellettualismo etico, che ovviamente nega il libero arbitrio? E se non ci cade, vorrei sapere come fa a non caderci.
                    Ultima riflessione: ho sempre trovato una grande similitudine tra l’idea di Socrate per cui il male si fa per ignoranza e la frase di Gesù:”Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

                    • viaNegativa ha detto:

                      Prima di dire alcunchè sulla seconda parte del tuo post, osserverei che non si crede a quanto appare evidente, ma tu dici:

                      non posso fare a meno di credere ciò che mi appare evidente

                      pertanto se ammetti di credere all’inesistenza del libero arbitrio, allora la cosa non ti appare evidente o se ti è davvero evidente allora non ci credi, ma la devi ammettere necessariamente come vera. Ti farei notare infatti che quando S.Tommaso parla di dimostrazione, nel passaggio che hai citato, fa riferimento a dimostrazioni rigorose da cui la conclusione segue necessariamente come verità di ragione.
                      Ora, tu puoi dimostrare rigorosamente che il libero arbitrio non esiste? Se tu potessi farlo, io dovrei accettare, in forza della dimostrazione, le tue conclusioni, ma nel momento stesso in cui accettassi tale dimostrazione muterei la mia convinzione e… ops.
                      Se poi vogliamo dire invece che non è dimostrabile rigorosamente, ma che le cose stanno comunque così allora rimane il problema che si faceva notare al Pendesini: ogni ulteriore discorso sarebbe inutile perchè nessun argomento mai dovrebbe farci cambiare liberamente idea (su nulla, in realtà, non solo su questo). Inoltre mi verrebbe da pensare che dovrebbero esistere anche persone deterministicamente portate a non accettare, ad esempio, alcuna dimostrazione matematica, nemmeno la più elementare ed evidente: perchè il problema del determinismo dovrebbe interessare solo alcuni aspetti meno evidenti come il libero arbitrio?

                      Comunque, per come la vedo io, l’argomento più forte in favore del libero arbitrio è la dimostrazione tomistica dell’esistenza dell’anima razionale dell’uomo, che essendo immateriale non dipende completamente nelle sue operazioni dal corpo. Questa però è un’altra storia…

                    • Licurgo ha detto:

                      Io, Tonno, se uno mi fa un ragionamento stringente le convinzioni posso cambiarle…nella vita mi è successo spesso. 😉

                    • tonno ha detto:

                      viaNegativa, un ragionamento per essere convincente non deve per forza essere vero, lo sanno bene i sofisti di ogni tempo. L’intelletto può cadere in inganno. Come la volontà vuole ciò che gli sembra buono, così l’intelletto crede ciò che gli sembra vero e può credere il falso solo se gli sembra vero. Si può fingere di credere in idee che in realtà si ritengono false, ma non si può credere davvero in idee che si ritengono false. E non sono io che scelgo cosa deve sembrarmi vero. Perciò è impossibile cambiare arbitrariamente le proprie convinzioni, ma esse cambiano per necessità quando ci convinciamo che sono false, magari perchè qualcuno ci ha messo davanti ad un ragionamento stringente, non necessariamente vero, ma di sicuro convincente, come è accaduto a Licurgo e credo a tutti. 🙂

                    • viaNegativa ha detto:

                      Certamente, ma il sofisma è riconoscibile e smascherabile. Ma di cosa stiamo parlando, Tonno?

                    • viaNegativa ha detto:

                      PS. L’intelletto non “crede” a ciò che è vero, ma vi si adegua.

                • viaNegativa ha detto:

                  Quoto Licurgo e aggiungo che Descartes un po’ di ragione l’aveva quando diceva che l’intelletto non sbaglia mai: il problema è che l’uomo non è puro intelletto e la sua parte animale gioca un ruolo importante nell’esercizio dello stesso.

                  Inoltre, non è che bisogna essere “stupidi” per fare il male, semplicemente non sempre le condizioni permottono scelte pienamente razionali-libere-volontarie, ma questo non significa non essere liberi tout-court, significa al più che la libertà (e volontà-conoscenza)viene in gradi e non sempre è al 100%.
                  Non si commetta l’errore però di pensare che mai nessuno compia il male consapevolmente per un proprio interesse/convenienza, troppo facile così…

                  • Licurgo ha detto:

                    Interesse e convenienza sono sempre passioni che influiscono sul raziocinio 😉

                    • viaNegativa ha detto:

                      Ah pardon, m’è rimasto un pezzo di discorso tra le dita!
                      Intendevo “…interessa/conviene altro rispetto a quello che è bene per la cosa data la sua natura.” 🙂

        • Paolo Viti ha detto:

          Mi sono piaciute molto le risposte che ti hanno dato, caro tonno.

          Aggiungo soltanto che non è vero che scegliamo sempre quel che si appare come bene maggiore per noi. L’uomo, al contrario dell’animale, è capace di una gratuità vera ed è capace di scegliere anche ciò che è bene maggiore solo per un altro e un male per noi.

          Siamo tutti in grado di valutare il bene e il male, ma la nostra capacità morale può essere male educata o influenzata dalla società. Ma sono convinto che tutti gli uomini abbiano la capacità di riconoscere il bene e il male.

  • Fabrizia ha detto:

    Mi sono sempre molto interrogata sulla libertà e sul libero arbitrio. Sono arrivata alla conclusione che non esiste la libertà assoluta: io non sono “libera” di essere un uomo, visto che sono una donna; o libera di avere gli occhi neri se li ho azzurri; o di essere nera se sono nata bianca. Per me, il limite sta nel riconoscere di essere creatura. Sono libera sì, ma entro i limiti del mio non essermi creata da sola. Accetto di essere creatura, in un universo non creato né scelto da me. Accetto di avere un Creatore e di essere a sua immagine e somiglianza. Accetto di provare a capire e a seguire la sua volontà.

    • alessandro pendesini ha detto:

      A me sembra che Lei stia allegramente confondendo una scelta relativa ad ipotetiche caratteristiche fisiche (colore degli occhi, capelli, pelle ecc..) con la scelta comportamentale, etica o filosofica !

      • Paolo Viti ha detto:

        E qui si contraddice per l’ennesima volta, caro Pendesini. Secondo i suoi insegnamenti l’uomo non è capace di scegliere nulla, né il colore degli occhi (deciso dalla genetica) né il comportamento etico e filosofico (deciso dal cervello). Dunque anche ai suoi occhi Fabrizia ha ragione, negarlo significa che le scelte comportamentali sono davvero scelte libere e questo rimette in discussione tutte le fesserie che ha detto finora.

        • Licurgo ha detto:

          Non capisco perchè questo Pendesini perde tempo a convincerci (mi ci metto anche io, poichè, seppure non credente nelle religioni, sono filosoficamente teista e anti riduzionista). Se siamo determinati dai neurotrasmettitori nessun argomento razionale (che Pendesini peraltro non ha, mai letto un argomentare così debole) potrebbe mai convincerci.
          Io fossi lui mi porrei piuttosto proprio il problema che dice Viti: che ne sa Pendesini se lui ha ragione o torto? Anche lui, nella sua razionaltà, è determinato dai neurotrasmettitori, oppure i riduzionisti hanno qualche super poteri che li rende esenti da ciò? 😉

          • Fabrizia ha detto:

            Appunto. Come Pendesini non si è scelto maschio o femmina, né ha scelto di nascere e quando e come, cisì non si è scelto nemmeno i neurotrasmettitori. Tutto quello che qui lui scrive è determinato dai suoi neurotrasmettitori che sono quelli e non altri. Ne avesse solo un paio di più o di meno non scriverebbe quello che sta scrivendo. Forse è influenzato dai libri che ha letto? Ma nemmeno quelli se li è scelti lui, perché i neurotrasmettitori hanno scelto per lui. Interpreto correttamente la sua posizione?

  • Bice ha detto:

    Concordo con le osservazioni di Alessandro Pendesini perchè dimostra di essere una persona che sa ragionare senza preconcetti in testa, noto infatti che la questione del libero arbitrio è affrontata da tanti commentatori più come necessità per giustificare il proprio credo religioso che dalla voglia di conoscere come funziona realmente la psiche umana.

    • Licurgo ha detto:

      Come puoi sapere che sa ragionare se, a detta di lui, sei predeterminata dai neurotrasmettitori nel dirlo e dunque non esiste un criterio di verità?
      Dandogli ragione stai usando il ibero arbitrio e cadi in contraddizione, e in filosofia la quaestio è già chiusa.
      P.S. Io non sono credente nella religione nè ne spero nel Paradiso, sono l’eccezione, ma a me sembra proprio che questa tua sia una boutade, a meno che non hai notato in quante contraddizoni cade anche lui quando gli hanno risposto.

      • Claudio ha detto:

        Esatto, ma la cosa più grave e davvero sconcertante è che, secondo il suo delirante concetto, le scoperte dei “mondiali” neuroscienziati sull’atto volitivo umano (che mai cita, naturalmente), non dovrebbero allora valere niente se, a loro volta, sono predeterminate da semplici interazioni neuronali… Bah

    • Paolo Viti ha detto:

      E’ la solita accusa di chi non argomenti validi per confrontarsi sui contenuti dell’articolo, e allora o aggredisce l’avversario o lo accusa di essere di parte.

      Esiste qualcuno che è capace di entrare nel merito (magari con argomenti meno confusi e autoritari di Alessandro?)

    • beppino ha detto:

      Un credo religioso assoggettabile a giustificazione ???

  • Federico ha detto:

    Fermo restando che nessuno nega l’esistenza del libero arbitrio inteso come libertà di fare le proprie scelte, mi chiedo come si possa dimostrare che questo libero arbitrio sia predertminato da una volontà soprannaturale e non sia invece, come vien più naturale pensare, una caratteristica propria della nostra natura in quanto animali maggiormente evoluti. La verità è che, al di là di pomposi e fumosi argomenti teologici, mai nessuno è riuscito a darmi una spiegazione soddisfacente.​

    • Claudio ha detto:

      Come pretendi ti si possa dimostrare qualcosa che non rientra nell’ambito scientifico?
      Dici “La verità è…” quale verità?

      • Licurgo ha detto:

        Qua il problema è se esiste un certo grado di libertà e se esiste il libero arbitrio, il resto è un problema ulteriore.
        Però, se si inizia a ragionare, come hai introdotto tu, che ogni ente ha una sua ‘natura’, che questa ‘natura’ è dentro un sistema di leggi fisiche organizzate…beh, il ragionamento diviene interessante.

        • Claudio ha detto:

          Scusa Licurgo, non ho afferrato

          • Licurgo ha detto:

            Nel senso che per ora il problema è se questo libero arbitrio esista, non da dove venga, e di solito è bene risolvere un problema per volta.
            L’esistenza di Dio si dimostra per via cosmologica (la ex motu è sempre la più valida), e appunto parlavo delle leggi di natura, e del fatto che nihil transit ab potentia ad actum nisi per acto, e da lì si può iniziare a ragionare sul secondo step, ovvero di dove venga il libero arbitrio. Se esiste Dio è chiaro che viene da lui.
            Condivido il discorso sulle tre forme aristoteliche, ma per me la via migliore da cui partire rimane sempre l’argomento logico dell’esistenza di Dio (per Dio intendo l’atto puro di Aristotele, su cui poi chi crede innesta la Rivelazione)

            • Claudio ha detto:

              Ah adesso capisco il tuo commento… In effetti il mio commento non è esaustivo, intendevo la dimostrazione scientifica, con il metodo scientifico, con formule e numeri alla fine, come il luogo comune vorrebbe. Per il resto pienamente d’accordo con te.

    • Norberto ha detto:

      Quindi anche il libero arbitrio ora sarebbe emerso dal nulla e l’ennesimo frutto del caso. Troppa fede per essere atei, non fa per me.