Caro Remo Bodei, il bisogno di Dio è un alleato della ragione
- Ultimissime
- 02 Ott 2014
Nei libri di Remo Bodei, filosofo laico, sorprendentemente il bisogno di Dio. Una profonda esplicitazione del senso religioso, mostrandosi però scettico sulla possibilità di una risposta. Ma l’uso corretto della ragione è un alleato del cammino verso la verità.
Il prof. Remo Bodei è un importante filosofo italiano, i cui pensieri sono spesso di grande stimolo per noi a motivo della loro profondità. Il suo punto di vista è quello di un laico, non ideologicamente chiuso o infantilmente impegnato nella lotta alle religioni, ma ricco di umanità e attento alle dinamiche umane. Forse per questo, come ha scritto nel suo “I senza Dio” (Morcelliana 2001), lascia la porta aperta alla fede la quale potrebbe davvero essere «quella porta stretta attraverso cui passare per trovare un significato all’intollerabile», ovvero l’esistenza del dolore, dell’ingiustizia e della sofferenza nel mondo (p. 81).
E’ da lui firmato un articolo apparso sul “Sole24ore” del 7/09/14, intitolato “Un Bene che acceca“. Prendendo spunto dal mito della caverna presentato da Platone nella Repubblica, il filosofo si domanda -parafrasando l’evangelista Giovanni- perché gli uomini preferiscono le tenebre, «ambiscono a surrogati del bene (piacere, ricchezza, potere, gloria, onore) invece di abbandonarsi a una felicità più alta?». Per poi aggiungere: «E’ vero che anche inseguendo questi simulacri avvertiamo talvolta la nostalgia di un bene più pieno. Sentiamo che qualcosa ci manca, che ogni soddisfazione è insatura e momentanea, che persino le nostre fantasie, i nostri desideri i nostri sogni sono calamitati dalla premonizione di un bene infinito, che si manifesta come sordo bisogno di trovare un centro di gravità intellettuale ed emotivo, che ci sottragga all’esistenza dolorosa o insipida».
Ecco esplicitato, anche in un autore e pensatore laico, il cosiddetto “senso religioso”, cioè la percezione della mancanza di un bene più grande, di una soddisfazione completa, in poche parole della tensione verso l’infinito. L’articolo di Bodei intende giustamente criticare il fenomeno per cui questo «bisogno di credere all’assoluto attrae gli animi e li fa ruotare attorno al sole carismatico di un capo che spaccia le sue opinioni per verità inconfutabili». La soluzione, secondo lui, è «trovare una mediazione tra l’oscurità delle opinioni degli abitanti della caverna e la solare luminosità di chi cerca il vero. I modelli dogmatici o totalitari predicano o impongono dall’alto ideologie contrabbandate come verità, ma non possono giustificare la libertà e le opinioni dei cittadini». Bodei si dimostra dunque scettico sul fatto che chi percepisce questo “bisogno di credere nell’assoluto” possa allo stesso tempo orientarsi in modo corretto verso la risposta.
Innanzitutto bisogna domandarsi da dove nasce questo bisogno di credere all’assoluto. E’ un’invenzione umana o sociologica? E’ genetica o naturale? La tensione verso l’infinito è il nostro io, l’uomo consiste in questa domanda di compiutezza, originale (ce la troviamo dentro) ed inestirpabile. E’ vero che tanti uomini non censurano questo grido interiore e si affidano a personalità carismatiche che pretendono di avere una risposta totale. Allo stesso modo probabilmente molti lettori di Bodei acquistano i suoi libri sperando che il rinomato filosofo, attraverso le sue parole, illumini finalmente la loro vita.
Il problema però non sono i modelli dogmatici o totalitari, i capi carismatici o gli intellettuali, ma l’uso della ragione dei singoli uomini, e la ragione è la capacità dell’uomo di essere auto-cosciente. Infatti, soltanto chi è consapevole della sua originale tensione verso l’infinito non si farà abbindolare, non rimarrà accecato dal primo capo carismatico che passa, solo chi non vive distratto dalla sua auto-coscienza riuscirà a giudicare qual è la strada che più avvicina all’infinito. Gesù Cristo si è posto nel mondo scommettendo sulla libertà degli uomini: “Venite e vedrete” (Gv 1, 35-42) sono state le prime parole del suo ministero pubblico dette ai suoi primi due discepoli. E’ la sintesi del metodo cristiano: vieni e sperimenta da te stesso se quella tensione all’infinito che ti ho dato dall’origine è una fregatura, se quella domanda di bene è una fregatura o è davvero l’inizio del compimento della tua vita. E oggi la Chiesa dice lo stesso ad ogni uomo che cercano il vero: “Vieni e sperimenta da te stesso”. Il cristianesimo è una proposta non una imposizione, come ha spiegato Papa Francesco: «Se non troveranno disponibilità ad accoglierlo, si proceda oltre, si vada avanti. Gesù non impone mai, Gesù è umile, Gesù invita. Se tu vuoi, vieni. L’umiltà di Gesù è così: Lui invita sempre, non impone».
Soltanto uomini coscienti del grido della loro umanità, cioè uomini ragionevoli, sapranno non farsi abbindolare. Chi nega il senso religioso, al contrario, nega la sua umanità e non usa a fondo la sua ragione (cioè l’auto-coscienza).
La redazione</p””>
8 commenti a Caro Remo Bodei, il bisogno di Dio è un alleato della ragione
– Avvertire “la nostalgia di un bene più pieno” è un fatto che ogni uomo può sperimentare.
– E’ anche un fatto che taluni negano l’esistenza di Dio in quanto risposta al “bisogno di credere all’assoluto (che) attrae gli animi”.
– Come è tuttavia razionalmente possibile affermare che la risposta ad un problema è errata per il solo fatto che risponde al problema?
E’ il dilemma dell’uomo moderno…Dio come risposta o l’uomo che si risponde inventando Dio?
La soluzione sta nell’osservazione: anche colui che si inventa Dio come risposta non riuscirà mai a rispondersi, perché è una risposta fasulla. La domanda rimane, forse anche più intensa di prima…allora l’unica cosa che può rispondere all’uomo può arrivare solo fuori da esso.
Non discuto da dove arriva la risposta al problema, rilevo semplicemente che taluni rifiutano la soluzione del problema affermando che chi afferma di averlo risolto, consciamente o inconsciamente, sta mentendo.
Io penso che il bisogno di cercare Dio ce l’ha messo Dio stesso nel cuore. Tutti ce l’ hanno anche se molti lo scambiano per altro o lo sostituiscono con idoli terreni.
Completamente d’accordo…molti pensano che gli idoli possano rispondere alla loro sete e passano la vita restando delusi di volta in volta. Finendo nello scetticismo dell’accontentarsi a sopravvivere, che è la caratteristica comune del 98% delle persone.
Penso anch’io. Ma purtroppo per arrivare alla verità si passa per tante strade sbagliate. Il mondo è dispersivo adesso, ti presenta tutto come appetibile e lecito.
La speculazione filosofica sul senso di infinito é di necessità razionalmente chiusa in se stessa, e non solo perché non c’é sicurezza nel risultato. La valutazione religiosa cristiana del senso di infinito, pur mantenendo l’insicurezza del risultato, non resta però chiusa in se stessa perché metabolizzata dall’amore che, nell’ambito dell’intrigante libero arbitrio, allo stesso modo é tramite e, soprattutto, fine. In questa prospettiva non può che essere un falso problema mettere in dubbio la qualità della risposta, perché la sua stessa concreta acquisiizone é oggettivamente a priori il massimo a cui si può umanamente ambire.
Concordo…a parte quando parli di “insicurezza del risultato”. Noi cristiani scegliamo ogni giorno di esserlo proprio perché quel che abbiamo incontrato risponde all’attesa dell’infinito che ci troviamo dentro. Il risultato, se vogliamo chiamarlo così, non è insicuro altrimenti non ci sarebbero motivi per essere cristiani.