L’omofobia non esiste: lo dicono i numeri e gli studi

omofobia

Quali sono i veri dati sull’omofobia? C’è chi parla di emergenza omofobia e chi dice che l’omofobia non esiste. Cosa dicono gli studi? In questo dossier abbiamo raccolto gli studi e varie testimonianze (anche di esponenti omosessuali) che di fatto smentiscono l’esistenza dell’emergenza omofobia.

[pagina aggiornata a maggio 2023]


 

Al di là di spiacevoli episodi di bullismo, che colpiscono tutte le minoranze (in maggior parte le persone obese), non vi è per fortuna alcuna emergenza omofobia in Italia.

Ed è un bene, i cattolici sono i primi ad esserne felici, d’altra parte Catechismo cattolico insegna a guardare alle persone omosessuali con rispetto e fratellanza.

Il ricorso continuo all’allarmismo omofobia da parte dell’associazionismo Lgbtq+ ha 3 scopi ben precisi:

1) Legittimare davanti all’opinione pubblica le rivendicazioni sociali (matrimonio, adozione, gender theory ecc.) a discapito della famiglia naturale, come ammesso dal senatore Ivan Scalfarotto: il dibattito sull’omofobia, ha detto, non allontana quello sui matrimoni gay o sulle unioni, «io direi che lo precede. Perché sono due cose diverse. E l’una viene logicamente prima dell’altra»1I. Scalfarotto, Caro Cerno, io non faccio spot, intervista a L’Espresso, 26/08/13a;

2) Giustificare l’introduzione dei corsi sull’ideologia di genere nelle scuole, mascherati sotto gli “indispensabili” corsi anti-omofobia;

3) Introdurre tramite una legge sul reato di omofobia il reato d’opinione, negando la parola a chi ha visioni differenti su tematiche come matrimonio, adozione, maternità surrogata (si veda il tentativo fallito del cosiddetto ddl Zan nel 2021).


 

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DATI SULL’OMOFOBIA, PERCHE’ NON ESISTE UN’EMERGENZA

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  • Il 17 maggio 2023, come sempre in occasione della Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia, emergono numeri e cifre catastrofiche sui grandi quotidiani relative all’emergenza omofobia. Sono dati presentati in Campidoglio a Roma, alla presenza del sindaco Roberto Gualtieri, derivanti dall’attività del Contact Center/Gay Help Line di Roma, un’ente di stampo omosessuale che mette a disposizione un numero verde per gli omosessuali che sono stati oggetto di violenze e discriminazione.

    Sono numeri totalmente inaffidabili, non solo perché non provengono da un ente di ricerca serio e neutrale ma perché sono semplici segnalazioni, se realmente si fosse verificata una violenza vi sarebbe dovuta essere una denuncia alle forze dell’ordine (con relativo processo e condanna del colpevole), non una “segnalazione” a un numero verde arcobaleno (utile solo ad arricchire il report da sfoggiare durante la Giornata contro l’omofobia).

 

  • Il 12 gennaio 2023, l’Oscad, l’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori della Polizia di Stato, ha pubblicato i dati e le segnalazioni relative ai crimini d’odio relative al periodo 2010-2022. Per quanto riguarda le segnalazioni di crimini o discorsi d’odio per orientamento sessuale, nel 2022 se ne sono verificate 73, un dato in calo rispetto al 2021 (nel 2019 erano 95). Un numero decisamente inferiore a quello relativo ai crimini per orientamento religioso (111 casi) e alle profanazioni di tombe (156 casi), di poco superiore invece alle segnalazioni di crimini rivolti ai disabili (44 casi).

 

  • Il 01 marzo 2022 l’Oscad, l’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori della Polizia di Stato, ha pubblicato i dati relativi al 2021. Su 361 segnalazioni di reati di matrice discriminatoria comunicati dalla Polizia di Stato, 77 riguardano l’orientamento sessuale o l’identità di genere (il 21,3%). Si tratta oltretutto soltanto di segnalazioni alla polizia, senza alcun accertamento del reato. Nonostante ciò, solo il 21,3% del totale riguarda la cosiddetta omofobia.

 

  • Il 13 dicembre 2021 l’attivista transessuale Alessandra Gracis ha negato l’esistenza di un “allarme omotransfobico” in Italia: «Io non ho avuto una percezione negativa della mia sessualità da parte della gente comune. C’è invece un pregiudizio nella politica , doi destra e di sinistra. Ed è il colmo che sia il senatore Carlo Giovanardi l’unico a darmi un po’ di ascolto».

 

  • Il 22 novembre 2021 viene pubblicata un’indagine da Vox – Osservatori Italiano sui Diritti con lo scopo di realizzare una “mappa dell’intolleranza” studiando i tweet denigratori verso alcune categorie. E’ emerso che la categoria più odiata sono le donne, seguite dagli ebrei, dai musulmani e dai disabili. In fondo alla classifica si collocano gli omosessuali e i migranti.

 

  • Il 13 luglio 2021 Umberto La Morgia, fondatore dell’associazione Omosessuali di Destra, si è opposto ad una legge contro l’omofobia in quanto provocherebbe «un rischio evidente di chilling effect, ovvero il timore di esprimersi liberamente per non incorrere in sanzioni legali. Rispetto all’omofobia ha affermato: «Molte storie che leggiamo sui giornali sono anche gonfiate e strumentalizzate e questo, da gay, non mi piace. Se poi guardiamo ai reati, posso dire che l’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori del Viminale, ha registrato molti più reati a danno dei disabili che di omosessuali, lesbiche e trans».

 

  • Il 09 luglio 2021 il quotidiano La Stampa è intervenuta sul caso del suicidio dell’omosessuale 18enne di Torino, Orlando Merenda, ammettendo che non aveva alcun movente omofobico, nonostante fosse stato a lungo stigmatizzato sui media con lo scopo di promuovere una legge sull’omofobia (come la stessa La Stampa, Open ecc.). Anche diversi esponenti arcobaleno avevano sostenuto che il suicidio fosse dovuto al fatto che «l’#omofobia lo ha sopraffatto». Il Consiglio comunale di Torino ha perfino dedicato un minuto di silenzio in nome di Orlando alle vittime dell’omofobia. Ed invece gli inquirenti hanno scoperto che alla base del suicidio c’è un ricatto proveniente da giro di prostituzione in cui il giovane era caduto.

 

  • Il 01 luglio 2021 sui quotidiani è uscita la vicenda di Malika Chalhy, 22 anni, che sui social aveva commosso l’Italia sostenendo di essere stata cacciata dai genitori dopo il suo coming-out omosessuale. E’ nata una raccolta fondi che le ha permesso di intascare 150mila euro che la giovane ha usato per comprarsi una Mercedes di lusso, un bulldog francese da 2.500 euro, vestiti e tatuaggi, usando così il denaro che le sarebbe servito per vivere in maniera indipendente dai “genitori omofobi”. Tutta la sua storia si è rivelata piena di ombre: aveva confermato più volte di voler devolvere il denaro raccolto in beneficenza, ma l’ufficializzazione dell’ente o dell’associazione a cui destinare il denaro non è mai arrivata. Ha sostenuto di aver deciso di fondare un’associazione per le vittime di discriminazioni assieme a Laura Boldrini, la quale però ha smentito qualunque contatto con la giovane. Di omofobia non se n’è più parlato e qualcuno ha messo in dubbio perfino che la giovane fosse omosessuale.

 

  • Nel marzo 2021 viene pubblicato un report aggiornato dell’Osservatorio del Ministero dell’Interno, a cui affluiscono i dati della polizia, dei carabinieri e anche le segnalazioni di crimini o discorsi d’odio contro l’orientamento sessuale da parte delle vittime. Dal 2010 al 2019 i casi di discriminazione per l’orientamento sessuale sono stati 294 (solo segnalazioni, non reati), circa 32 all’anno. Un numero decisamente inferiore alle profanazioni di tombe, le quali ammontano a 584 (194 all’anno) nel solo periodo tra 2016 e 2019. Anche le segnalazioni di crimini per odio religioso sono superiore a quelle per omofobia, ammontano infatti a 402 (44 all’anno), mentre quelli relativi ai danni dei disabili sono leggermente inferiori, 217 (24 all’anno).

    I dati sono stati commentati anche dal giornalista Filippo Facci, il quale ha ricordato che i centri antiviolenza italiani (tra cui i centri che tutelano le aggressioni omofobe) hanno ricevuto 126.513 chiamate dal 2013 al 2020, l’1% dei casi era relativo alla discriminazione omotransfobica e l’89% riguardava invece le donne. Il giornalista ha fatto correttamente notare, tuttavia, che i fondi statali elargiti a tali centri per le donne equivalgono a 28 milioni di euro (quindi 249€ a vittima, secondo i dati) mentre i fondi per i centri antiviolenza Lgbt equivalgono a 4 milioni di euro (3.162€ a vittima, secondo i dati).

 

  • Il 19 luglio 2020 il giornalista e attivista gay Simone Alliva è intervenuto su L’Espresso a sostegno della necessità di una legge contro l’omofobia. L’articolo parte dalla premessa che «secondo le denunce di Arcigay, nel 2019 sono state 138 le aggressioni omofobe, di cui 74 al Nord e l’ultima a Pescara qualche giorno fa che ha mandato in ospedale un ragazzo con una mascella rotta». Questi sono gli unici dati che Alliva cita a sostegno dell’emergenza omofobia. Si tratta però di numeri di parte, promossi da un ente che è da anni impegnato nell’allarmismo ingiustificato. Se si tratta di aggressioni (di qualunque tipo) andrebbero denunciate all’autorità giudiziaria e, se giungono ad una condanna, allora si possono usare come numeri attendibili su cui riflettere. Le “segnalazioni” dell’Arcigay non contano nulla.

 

  • Il 17 luglio 2020 il magistrato Alfredo Mantovano ha respinto l’esistenza di «un vuoto normativo» sull’omofobia in quanto «l’esame obiettivo delle disposizioni contenute nel codice penale e nelle leggi penali a tutela della persona, unitamente ai dati riguardanti i reati che hanno come parti offese persone omosessuali o transessuali, non fanno riscontrare lacune nelle norme incriminatrici». Sono propri i dati del ministero dell’Interno, «in particolare dall’organismo che in esso ha il compito di monitorare gli hate crime» a far «escludere che ci si trovi di fronte a un fenomeno sociologicamente rilevante». Ogni offesa alla persona, di qualunque orientamento sessuale, è già condannata dai «delitti contro la vita (art. 575 e ss. cod. pen.), contro l’incolumità personale (art. 581 ss. cod. pen.), i delitti contro l’onore, come la diffamazione (art. 595 cod. pen.), i delitti contro la personalità individuale (art. 600 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà personale, come il sequestro di persona (art. 605 cod. pen.) o la violenza sessuale (art. 609 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà morale, come la violenza privata (art. 610 cod. pen.), la minaccia (art. 612 cod. pen.) e gli atti persecutori (art. 612 bis cod. pen.)». La vera discriminazione verso le persone omosessuali, continua il magistrato, «sarebbe ritenere non applicabile nei loro confronti una o più di tali disposizioni a causa del loro orientamento sessuale: ma nell’ordinamento non vi è nulla di tutto questo. Una tutela rafforzata nei loro confronti sarebbe però egualmente discriminatoria verso le persone eterosessuali, o comunque verso soggetti il cui orientamento sessuale non sia in alcun modo emerso nella vicenda concreta oggetto di giudizio». L’ordinamento penale prevede anche «l’aggravante dei motivi abietti e futili di cui all’art. 61 co. 1 n. 1 cod. pen., ovvero l’aggravante dell’avere “profittato di circostanze […] di persona […] tali da ostacolare la […] difesa” (art. 61 co. 1 n. 5 cod. pen.)». Le formulazioni di carattere generale e astratto delle circostanze aggravanti, ha concluso Mantonvano, «appaiono tali da ricomprendere ogni concreta situazione nella quale si manifesti da un lato l’assoluta inconsistenza e riprovevolezza di ciò che ha motivato l’azione illecita, dall’altro l’approfittamento di uno stato di particolare disagio personale: dunque, sono idonee a includere, determinando l’aggravamento della pena, offese rivolte a persone a causa del loro orientamento sessuale, se il riferimento a quest’ultimo è il riflesso di una insulsa banalità, ovvero se colpisce una vittima con difficoltà a reagire».

 

  • Il 15 luglio 2020 la giornalista Selvaggia Lucarelli ha esposto diversi sospetti sull’attivista lgbt Cathy La Torre, avvocata e una delle tante voci sull’emergenza omofobia. L’accusa della Lucarelli è che La Torre si sia inventata minacce e odio online -e ne abbia gonfiato esageratamente i numeri- a scopo promozionale della sua professione e per costruirsi un’immagine mediatica vittimistica, utile alle sue mire politiche. Vi sono pesanti ombre (già raccontate da Open online) anche sull’associazione di avvocati Lgbt Odiare ti costa, creata dalla stessa attivista arcobaleno, accusati di poca trasparenza e contraddizioni sui numeri delle presunte vittime da loro difese.

 

  • Il 06 luglio 2020 il travestito Mauro Coruzzi, in arte Platinette, nota icona Lgbt, ha affermato: «Una legge contro l’omofobia? Mi annoia l’idea di dover limitare ancora una volta l’ironia, il linguaggio non convenzionale. Se dico a una persona “sei proprio una finocchia persa”, che cosa c’è che non va? Ci sono famiglie orrende, nuclei familiari imbarazzanti ma perché non si può fare il family day se altri sfilano nel gay pride? E non sopporto il vittimismo, il piagnisteo continuo degli Lgbt».

 

  • Il 19 giugno 2020 il giurista Vladimiro Zagrebelsky approva l’attuazione di una legge sull’omofobia con tale motivazione: «Di fronte alla frequenza di aggressioni o insulti di natura discriminatoria non si vede come si potrebbe non essere favorevoli». Il magistrato tuttavia non cita alcun dato a supporto di tale convincimento, quindi non dimostra tale “frequenza di aggressioni”. Nel suo articolo Zagrebelsky intende anche rassicurare sul fatto che una legge sull’omofobia garantirà la libertà d’espressione, tuttavia mostra di ritenere «espressione ingiuriosa», meritevole di condanna, quella formulata da un cittadino islandese che si è detto disgustato dall’educazione Lgbt nelle scuole. Così facendo il giurista ha confermato i timori dei critici di un tale provvedimento legislativo.

 

  • Il 14 giugno 2020 su L’Espresso esce un’anticipazione dell’ultimo libro del giornalista gay Simone Alliva, il tema è comprensibile dal titolo “Caccia all’omo” (Fandango 2020). Alliva non parla né di dati, di numeri o di ricerche, le uniche fonti a sostengo di un fenomeno omofobia sono i racconti del presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Sebastiano Secci. E’ lui a descrivere tanti episodi discriminatori subiti dai soci, si tratta però di testimonianze di parte e mai giunte a denunce o -tanto meno- a condanne per i presunti autori degli episodi descritti.

 

  • Il 14 maggio 2020 la Commissione europea ha pubblicato un report intitolato A long way to go for LGBTI equality, basato sulle esperienze di discriminazione riportate dalla comunità LGBT. Ad aver subito una discriminazione omotransfobica è l’8% del campione degli omosessuali italiani intervistati, una percentuale più bassa della media europea (11%). Solo Malta e Portogallo riportano dati inferiori.

 

  • Il 21 gennaio 2020 l’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD) ha contato 969 reati con matrice discriminatoria commessi nel 2019. Un dato in calo rispetto al 2018, in cui se ne erano registrati 1.111 e in ulteriore diminuzione rispetto al 2017, quando ve ne furono 1048. La maggior parte dei crimini d’odio nel 2019 riguardano razzismo e xenofobia (726), categorie che includono discriminazioni per razza-colore, etnia, nazionalità, lingua, Rom e Sinti, antisemitismo, musulmani e membri di altre religioni. Al secondo posto i reati legati alla discriminazione della disabilità (161) e per ultimi i reati per orientamento sessuale e identità di genere (82). Rispetto a questi ultimi, viene registrato un calo in quanto nel 2018 erano 100, 63 nel 2017 e 38 nel 2016. Degli 82 reati legati all’orientamento sessuale, 29 sono legati specificamente all’aggressione fisica.

 

  • Il 07 dicembre 2019 il prof. Wilfred Reilly, docente di Scienze politiche alla Kentucky State University, ha analizzato i dati più recenti negli Stati Uniti smentendo l’esistenza di un’epidemia di violenza nei confronti dei transessuali, in quanto il tasso risulta essere dell’1,48% annuale. Gli afroamericani hanno invece un tasso di violenza/omicidio del 18,88%, mentre gli uomini bianchi del 6,68%. «Gli omicidi transgender», ha concluso, «sono di gran lunga inferiori ai tassi di omicidio per gli afroamericani, gli americani poveri di tutte le razze e gli individui maschi in generale. La verità è che non c’è un’epidemia di omicidi transgender. Il tasso di omicidio transgender registrato è 1/3 o meno del tasso di omicidio complessivo per tutti i cittadini americani e residenti legali».

 

  • Il 04 novembre 2019 l’attivista Lgbt Chad Felix Greene ha esaminato un campione di 118 casi di omicidio di transessuali elencati Human Rights Campaign. Ha concluso che di essi, 4 omicidi erano chiaramente motivati ​​da “pregiudizi anti-trans” e odio, 37 omicidi erano dovuti a violenza domestica da parte del partner sessuale, mentre 24 omicidi erano stati effettuati dai clienti stessi delle prostitute trans. I restanti omicidi erano essenzialmente atti casuali di violenza, come il coinvolgimento casuale in sparatorie ecc. Lo studioso ha concluso: «Non abbiamo ancora prove di un modello o di un'”epidemia” di violenza. È certamente falso che i trans vengano “sistematicamente cacciati” o che siano specificamente presi di mira. Quello che sappiamo da tutte le risorse disponibili è che la violenza subita da queste persone proviene da una gamma molto ampia di persone con background e identità diverse. È chiaramente qualcosa molto più legata ad una questione di ambienti ad alto rischio che ad una discriminazione basata sull’identità».

 

  • Il 21 marzo 2019 il giornalista e speaker radiofonico omosessuale Pierluigi Diaco ha affermato: «Anche se ci sono stati alcuni episodi molto gravi e di conseguenza condannabili, non penso che esista un allarme omofobia: gli italiani sono in buona parte persone civili e rispettose dell’altro».

 

  • Il 19 marzo 2019 l’opinionista e giornalista omosessuale Klaus Davu ha dichiarato: «Di sicuro è una cazzata dire che l’Italia è intollerante verso i gay: il nostro è un Paese ospitale, dove non ha senso il vittimismo omosessuale. Gli atti di omofobia si legano solamente al bullismo, che naturalmente va combattuto».

 

  • Il 3 marzo 2019 sui quotidiani italiani è emersa una vicenda legata ad un “cartello omofobo” a Roma, in cui si annuncia l’affitto di una casa, con l’aggiunta: «no ad animale e gay». Indignazione generale, ma la notizia è una fake news.

 

  • Il 25 febbraio 2019 il transessuale Nikki Joly, del Michigan (Stati Uniti), è stato accusato di aver dato fuoco alla propria casa (uccidendo cinque animali domestici all’interno) nel tentativo di simulare un crimine di odio omofobo contro se stesso.

 

  • Il 31 dicembre 2018 un’indagine pubblicata dall’Oscad-Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, ha elencato i dati relativi alle segnalazioni di atti discriminatori (quindi non condanne e nemmeno denunce) pervenuti dal 10/09/2010 al 31/12/2018. In otto anni le segnalazioni quelle che appaiono propriamente hate crime e hate speech sono in totale 1512. Di esse 897 (59.3%) hanno come matrice la razza o l’etnia, 286 (18.9%) la religione, 118 (7.8%) la disabilità, 197 (13%) l’orientamento sessuale, 15 (1%) l’identità di genere. Dunque, in otto anni l’insieme di segnalazioni per ragioni di orientamento sessuale o di identità di genere sono 212: 26.5 segnalazioni all’anno. Si potrà convenire che non appare un numero da emergenza.

 

  • Il 19 dicembre 2018 l’attore Fabio Testi ha spiegato di essere stato costretto a lavorare all’esterno denunciando il fatto che «devo fare un tesserino da gay per lavorare in Rai […] ormai in Italia il lavoro artistico si è limitato a certi gruppi, dove io son tagliato fuori perché sono troppo quadrato. Io non ho tesserino e allora mi lasciano a casa così non gli rompo i coglioni».

 

  • Il 27 luglio 2018 Niki Vendola, ex governatore della Puglia e attivista di primo piano nel mondo Lgbt, ha criticato le parole del ministro Lorenzo Fontana, affermando: «Quando ficco il naso nella Rete, dove vivono le galline pavloviane che replicano il copione della guerra degli insulti, mi sento in pericolo. Quando sono per strada, col mio compagno e nostro figlio, incontro solo simpatia e affetto».

 

  • Nel marzo 2018 il presidente di Arcigay Napoli, Antonello Sannino, ha dichiarato: «La storia purtroppo ci insegna che le più violente azioni contro le persone lgbt sono nate in seno alla comunità lgbt stessa».

 

  • Nel dicembre 2016 sulla rivista Social Science and Medicine è stato confutato il più grande studio -pubblicato da Mark Hatzenbuehler- a sostegno della tesi secondo cui lo stigma sociale aumenterebbe il rischio di suicidi tra gay. La raccolta dei dati su cui si è basato l’autore dello studio originale aveva infatti gravi carenze metodologiche. Ne abbiamo parlato anche in un articolo sul nostro sito web.

 

  • Nel giugno 2016 una maxi indagine dell’ILGA (International Lesbian and Gay Association), ha studiato le opinioni sull’omosessualità in oltre cinquanta Stati. Dai risultati si evince che in Italia, per quanto riguarda ad esempio la punibilità dell’essere LGBTI, solo l’11% degli Italiani favorevole, contro il 13% degli spagnoli, il 15% degli olandesi, il 17% dei francesi e il 22% degli inglesi. Anche le problematiche dell’avere un vicino di casa omosessuale coinvolgono non più del 22% degli Italiani, quasi la stessa percentuale degli osannati Stati Uniti di Obama (21%), la stessa della Francia e comunque una percentuale minore, per esempio, di quella registrata in Inghilterra (26%), Paese considerato un autentico faro in tema di diritti civili (non a caso prevede la cosiddetta “maternità surrogata” da decenni).

 

  • Il 18 maggio 2016 il senatore Carlo Giovanardi ha riportato la risposta che ha ricevuto dalla Prefettura e dalla Questura in merito ad un presunto attacco che Gay Center ha dichiarato di aver ricevuto da militanti di Forza Nuova. Agli organismi competenti non risulta essere avvenuta nessuna aggressione, tanto che nessuna denuncia è stata presentata. Il fatto contestato è l’affissione di un volantino con il titolo “La perversione non sarà mai legge”, alla porta del Gay Center e di un analogo volantino ad una sede del Pd, con critiche alla legge sulle Unioni Civili.

 

  • Il 04 maggio 2016 il giornalista omosessuale Paolo Hutter, impegnato contro le discriminazioni, ha affermato: «Credo che l’omofobia, per quanto non sia estirpata, rappresenti solo una minoranza della società, soprattutto nel tessuto urbano. E lo dimostra il fatto che non sia più sensato nascondersi, visto che non esistono praticamente più discriminazioni sul lavoro».

 

  • Il 12 aprile 2016 è apparsa sui quotidiani la notizia di pesanti insulti omofobi e sputi ad una squadra di calcio di ragazzini con divisa di colore fucsia. Il presidente della squadra è intervenuto spiegando che la vicenda è chusa da tempo, si è trattata di una semplice frase fuori luogo e la vicenda è stata già chiarita senza necessità di interessamento e strumentalizzazione mediatica.

 

  • Nel gennaio 2016 la comunità Lgbt si è prodigata nel boicottaggio della compagnia ferroviaria Italo, la quale ha creato una scontistica a favore dei partecipanti del Family Day, addirittura è intervenuto il Codacons chiedendo l’intervento dell’Antitrust per verificare la legittimità degli sconti. Italo ha risposto spiegando che offre sconti a qualunque gruppo a ridosso di qualunque manifestazione, ed infatti si è scoperto che lo stesso aveva fatto nel 2014 in occasione del Gay pride di Padova. Dopo innumerevoli scritte e tweet di odio e insulti, alcuni hanno fatto dietrofront. Sul sito Gay.it è stato riconosciuto che non si è verificata alcuna forma di omofobia.

 

  • Il 14 dicembre 2015 prosegue l’operazione di lobbyng a favore del ddl sulle unioni civili e l’Unità intervista la presidente delle Famiglie Arcobaleno, Marilena Grassadonia, la quale nega l’esistenza di omofobia e discriminazione, afferma di essere ben integrata, così come lo sono i bambini che vivono con la coppia.

 

  • Il 14 dicembre 2015 prosegue l’operazione di lobbyng a favore del ddl sulle unioni civili e “Il Mattino” intervista la solita coppia felice omosessuale con bambini dove ci si lamenta della legge italiana. Tuttavia viene negata l’omofobia e si legge: «Nel quartiere qualcuno si è accorto di loro e le reazioni sono state genuine e calorose». «Non ci aspettavamo altro che quelle, onestamente», dice Fabio. «Il mondo reale è molto diverso da quello che alcuni personaggi vogliono farci credere con i loro commenti bigotti e ipocritamente anticonformisti. La gente che incrociamo ogni giorno è solo curiosa di sapere come abbiamo avuto Luca, poi esternano gioia per questa nascita. Nessuno si è mostrato disgustato e inorridito» dall’utero in affito.

 

  • Nel novembre 2015 i dati pubblicati dall’Osce (Organizzazione intergovernativa per la cooperazione e la sicurezza in Europa) sui “crimini di odio e discriminazione” in Italia e in altri 46 Paesi, hanno rilevato 27 crimini contro persone Lgbt su un totale di 596 casi, durante l’anno 2014, decisamente inferiori ai crimini xenofobici, razzisti (413) o anti-religiosi (153).

 

  • Nell’ottobre 2015, un’altra coppia omosessuale, con figlio prodotto tramite utero in affitto («Come da accordi la partoriente non ha riconosciuto la neonata. Il bébé è passato direttamente nelle braccia dei neogenitori veneti», queste le fredde parole per descrivere la mercificazione dei bambini) intervistata da un quotidiano locale, ha affermato: «Non vedo il pregiudizio negli occhi dei suoi compagni, né in quello dei nostri vicini di casa e dei nostri amici. Tutti sanno la nostra storia, abitiamo in un piccolo paesino di provincia».

 

  • Nell’ottobre 2015 una coppia omosessuale intervistata da Repubblica ha raccontato la realtà quotidiana. Non essendoci più la volontà di spingere sulla bufala dell’omofobia ma piuttosto delle unioni civili e della stepchild adoption, la coppia di donne ha raccontato la positiva accoglienza che ricevono, perché «la società da questo punto di vista è più avanti delle leggi». Perfino al catechismo della “figlia”, «siamo state accolte a braccia aperte».

 

  • Nel settembre 2015 la web serie di approfondimento giornalistico diffusa da Panorama Tv, #Truenumbers, ha confermato che le denunce arrivate nel 2014 all’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, per discriminazione contro le persone omosessuali sono solo il 7,4% e, addirittura, appena il 2,38% sono le segnalazioni arrivate per presunte discriminazioni sul posto di lavoro.

 

  • Il 30 giugno 2015 un attivista LGBT è stato accusato di aver falsificato le molestie che aveva denunciato di aver subito in seguito ad un’aggressione omofoba. Si era procurato da solo i lividi che aveva mostrato sui social e alla polizia, inventandosi un pestaggio subito per il fatto di essere gay.

 

  • Nel maggio 2015 è comparsa l’ennesima intervista di Repubblica a una coppia lesbica con bambino, descritta come sempre come fosse il paradiso dell’amore e dell’affetto, seguendo il ben collaudato copione della retorica Lgbt. Le due donne dichiarano anche di non aver subito mai alcuna discriminazione in Italia anzi, «gli italiani sono molto più avanti delle legge dello Stato», ha spiegato una delle due. E il dilagante fenomeno dell’omofobia?

 

  • Nell’aprile 2015 il corso di formazione per gli insegnanti di Udine contro l’omofobia nella scuola, organizzato da Arcigay, ha visto la partecipazione solo di pochissimi insegnanti. L’organizzatore Davide Zotti, responsabile nazionale scuola Arcigay sanzionato per aver rimosso i crocifissi dalla scuola in cui insegna, ha commentato dicendo che «si tratta evidentemente di un tema scomodo». Evidentemente non c’è nessun caso di omofobia segnalato nelle scuole, altrimenti sarebbe percepito come tema giustamente urgente da affrontare. I temi scomodi non sono temi urgenti.

 

  • Nell’aprile 2015 diversi quotidiani hanno riportato un’aggressione omofoba a Rovigo ai danni di due omosessuali ai quali sarebbe stato tirato un bicchiere in faccia mentre si stavano banciando. Si è poi scoperto che la questura ha ricostruito i fatti rilevando semplicemente un banale incidente tra due persone in un bar.

 

  • Nel febbraio 2015 si è scoperto che, alla faccia della discriminazione, lo storico circolo omosessuale “Mario Mieli” di Roma paga soltanto 251€ di affitto, la metà di quello che pagano i comuni cittadini. E’ certamente un caso che l’associazione sia stata guidata per anni da Imma Battaglia, che oggi è consigliera comunale di SEL.

 

  • Nel febbraio 2015 Cristiano Malgioglio, noto omosessuale italiano, ha affermato di aver partecipato ad un’iniziativa contro l’omofobia in Spagna: «E volevo anche fare qualcosa contro l’omofobia (che io non ho mai vissuto sulla mia pelle, però)». Parlando dell’Italia: ««Io, più che essere guardato male per l’omosessualità eventuale, venivo guardato male perché sono una creatura particolare. La mia immagine è ed era eccessiva».

 

  • Nel dicembre 2014 appare sulla cronaca un rarissimo caso di condanna da parte della giustizia per aggressione ad una persona omosessuale. Il verdetto di primo grado: dieci anni per lesioni e tentata rapina ai due imputati. Flavio Romani, presidente di’Arcigay ha commentato: «Una pena esemplare che lancia un segnale importantissimo. L’omofobia, pur non essendo ancora contemplata dal nostro codice penale, era inequivocabilmente il nocciolo della vicenda […] La severità della pena pone l’accento proprio su quell’odio, talmente ostinato da manifestarsi con inaudita violenza, molto oltre quella che sarebbe stata necessaria per sottrarre alle vittime gli oggetti di valore. Gli stessi giudici insomma hanno riscontrato nella condotta degli aggressori una peculiarità che ne aggravava la colpa e in quella peculiarità trova ragione la durezza delle pena». Come è stato fatto notare, Romani ammette che con gli strumenti giuridici già ora in possesso dei giudici è possibile sanzionare reati compiuti per motivi abietti quali l’odio verso una persona omosessuale. Addirittura il presidente nazionale dell’Arcigay parla di “pena esemplare”.

 

  • Nel novembre 2014 il Mossos d’Esquadra, il corpo di polizia regionale della regione autonoma spagnola della Catalogna, ha rivelato che nel 2013 vi sono state 45 denunce per omofobia. Dati che, è stato fatto notare, smentiscono quelli riportati e gonfiati dalle associazioni omosessuali, come l'”Observatorio contra la Homofobia Paralelamente” e “l’Observatorio catalán contra la Homofobia” del Frente de Liberación Gay de Cataluña, secondo i quali vi sarebbero state 384 denunce.

 

  • Nel novembre 2014 l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte ha smontato il caso della “professoressa omofoba”, Adele Caramico, accusata sui media di aver definito “malati” gli omosessuali durante una lezione di religione all’istituto Pininfarina. Uno studente omosessuale, militante dell’Arcigay, l’ha denunciata su “Repubblica” accusandola di questa falsità, per giorni i media hanno montato il caso, che è stato chiuso dal comunicato ufficiale dell’ente regionale piemontese: «la lezione di religione è iniziata regolarmente, con la richiesta agli studenti di scrivere delle riflessioni sulla bioetica e, in seguito ad una loro insistente richiesta formulata circa mezz’ora dopo, la professoressa ha affrontato in modo appropriato il tema dell’omosessualità. Il dialogo è proseguito con un gruppo di due o tre ragazzi, mentre il resto della classe procedeva con lo svolgimento del compito assegnato. Le diverse posizioni emerse durante la conversazione rispecchiano il dibattito corrente nella società italiana circa il tema in discussione. Dalle testimonianze dei ragazzi si riscontra che il dialogo si è svolto con serenità, con toni e termini propri di un ambiente scolastico e della sensibilità degli studenti. Non si sono evidenziati fenomeni di coercizione o proselitismo da parte della professoressa, che durante il dialogo non ha abusato del proprio ruolo né ha tenuto comportamenti offensivi, ma ha svolto la propria funzione educativa nel rispetto dei diritti e della dignità degli studenti».

 

  • Nel novembre 2014 l’attivista Lgbt Aurelio Mancuso si è decisamente opposto al ddl Scalfarotto contro l’omofobia, spiegando: «La legge così come si presenta è bene che non sia approvata, perché nel tentativo di tutelare le persone omosessuali e trans nei fatti depotenzia tutto l’impianto originario della normativa, introducendo specifiche odiose». Secondo Mancuso la legge non ha la capacità di prevenire la discriminazione e dovrebbe estendersi a «tutte quelle identità che continuano a subire discriminazioni in tutto il mondo». Altrimenti, come di fatti è avvenuto, «questo ha prodotto la sensazione di vaste aree di opinione pubblica che si voglia introdurre delle norme speciali per gli omosessuali». Ha quindi concluso: «l’omofobia non è un fatto penale, non è un dramma su cui fondare esposizioni mediatiche, è un fenomeno culturale e sociale da contrastare […]. Piuttosto che una brutta e contraddittoria legge, meglio nessuna legge. A volte bisogna ammettere di aver sbagliato, sull’omofobia e sulla transfobia gli errori sono stati molteplici a iniziare dal testo base da cui alla Camera si è partiti, un articolato, confuso, ideologico, contraddittorio, perfetto per essere smontato e travolto, quel che poi è accaduto».

 

  • Nell’ottobre 2014 l’attivista Lgbt Aurelio Mancuso rende noto, soddisfatto, di un rapporto dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali secondo il quale il 54% delle persone omosessuali in Italia si sentirebbe discriminato. Oltre al fatto che non viene reso noto come è stato svolto questo sondaggio (anonimo? Su campione volontario?), ancora una volta la richiesta di una legge sull’omofobia si basa non su dati oggettivi ma sulla “sensazione” di ipotetiche percentuali di persone omosessuali intervistate (non si sa in che modo). Troppo facile far notare che questi ipotetico gruppo di omosessuali italiani ha tutto l’interesse a definirsi discriminato, anche se ciò fosse falso, consapevole che le loro dichiarazioni -impossibili da dimostrare- servirebbero come spinta lobbystica verso una legge come quella liberticida del ddl Scalfarotto.

 

  • Nell’ottobre 2014 il noto attore omosessuale Paolo Poli ha parlato in un’intervista di come ha vissuto da omosessuale nell’Italia degli ultimi 70 anni. Non ha mai usato il termine “omofobia”, alla domanda se ha mai avuto problemi in quanto omosessuale ha risposto: ««Beata solitudo, vera beatitudo. Tutti siamo un po’ scombinati. Chi possiede un po’ di cervello sta benissimo anche da solo. Una vita serena, lo ripeto. Ho fatto un lavoro che adoro, ho amato e sono stato amato. La piacevolezza fisica aiuta: da giovane ero molto cercato da uomini e donne».

 

  • Nell’ottobre 2014 Antonio Angeli de “Il Tempo”, dichiaratamente a favore di unioni, matrimoni e adozioni omosessuali, ha spiegato -alla faccia dell’omofobia- che oggi in Italia «l’argomento dei diritti LGBT è diventato la moda del momento. E non manca chi, in un modo o nell’altro, lo sfrutto per farsi un po’ di pubblicità».

 

  • Nell’ottobre 2014 l’on. Scalfarotto è stato invitato in un liceo romano a confrontarsi con l’avvocato Gianfranco Amato sul tema dell’omofobia. Durante l’incontro l’avvocato Amato ha affermato: «se si lasciasse decidere al parlamento cosa è un matrimonio e si utilizzasse il solo criterio del sentimento, allora si potrebbe arrivare al paradosso di definire matrimonio come l’unione di cinque donne, di tre donne e tre uomini, o addirittura di un uomo e un cane, considerando l’aspetto affettivo che alcuni nutrono per gli animali domestici». Il quotidiano “Repubblica” ha usato questa frase per colpire Amato, diffondendo la frase in modo modificato: «Se stabiliamo che una famiglia può essere fatta da due uomini o da due donne allora arriveremo anche a dire che una famiglia è quella composta da un uomo ed il suo cane». Scalfarotto, intervistato dal quotidiano, ha raccontato che dopo questa frase di Amato, gli studenti «si sono accorti immediatamente, nella loro genuinità, della gravità delle affermazioni, si sono alzati tutti in piedi per applaudirmi. Io ho sentito una grande speranza, perché vuol dire che le nuove generazioni, per fortuna, sono immuni dai germi dell’intolleranza e dell’odio». Bene, se le nuove generazioni sono immuni dall’omofobia significa che è una menzogna sostenere il clima omofobo nelle scuole e tanto vale rinunciare alle migliaia di progetti scolastici Lgbt.

 

  • Nell’ottobre 2014 è stato smontato un ennesimo caso di “omofobia” inventato dai media: nell’ottobre 2013 un giovane di 21 anni si è tolto la vita lanciandosi da un palazzo a Roma, lasciando una lettera nella quale ha detto di essere gay e di vivere in una società omofoba. O almeno così ha raccontato “Repubblica”. In seguito ad un’interrogazione di Carlo Giovanardi, il Vice Ministero degli Interni, Filippo Bubbico, ha affermato: «Attualmente, tuttavia non sono emersi elementi di riscontro in merito ai segnalati episodi di discriminazione a sfondo omofobo».

 

  • Nell’ottobre 2014 l’on. Ivan Scalfarotto, responsabile del ddl contro l’omofobia, ha affermato che anche una legge a favore delle unioni civili per gli omosessuali sarebbe omofoba se desse la possibilità di usufruirne anche alle persone eterosessuali. Si tratterebbe di “omofobia culturale”. Un esempio di come l’uso di questo termine privo di una precisa definizione (cos’è l’omofobia? Di cosa si ha fobia?) abbia perso ormai ogni riferimento con la realtà, venendo usato verso tutti e contro tutti coloro che si desidera.

 

  • Nell’ottobre 2014 un’altra coppia omosessuale italiana, con un bambino in adozione, ammette l’inesistenza del fenomeno omofobia: «Non abbiamo mai avuto problemi all’asilo, con il pediatra, per le vaccinazioni. E neanche ne ha avuti con i suoi coetanei. Forse una differenza la vedremo quando sarà più grande o forse mai».

 

  • Nell’ottobre 2014 il quotidiano comunista “Il Manifesto”, una delle voci italiane più omofile, ha esultato per la nuova legge contro l’omofobia entrata in vigore a Barcellona, definendola «all’avanguardia». Infatti se questa legge fosse vigente in Italia, si legge sul quotidiano, sarebbero sanzionate le manifestazioni civili e pacifiche delle “Sentinelle in Piedi”, così come il legittimo intervento del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, per evitare che i sindaci “ribelli” di alcune città riconoscano matrimonio omosessuali contratti all’estero, in violazione della legge italiana. Ecco dove si vuole arrivare.

 

  • Nell’ottobre 2014 è stato smascherato l’ennesimo caso di omofobia architettato dall’Arcigay. Nel 2012 alla discoteca “Just In” di Germignaga (Varese) quattro ragazzi, di cui il presidente dell’Arcigay di Verbania Marco Coppola, denunciarono di essere stati picchiati e buttati fuori dal locale in quanto omosessuali. Tuttavia i buttafuori sono stati tutti assolti perché «il fatto non sussiste», il tribunale di Varese ha verificato non li minacciarono, non li offesero e ovviamente non li picchiarono. Marco Coppola e i suoi amici sono stati inoltre denunciati dal proprietario della discoteca per diffamazione a mezzo stampa e calunnia dopo essersi inventati la discriminazione raccontandola ai quotidiani.

 

  • Nell’ottobre 2014, in una delle quotidiane interviste di “Repubblica” ad una coppia omosessuale, anche questa volta è stata smentita l’esistenza di un clima omofobico. Uno dei due ha raccontato infatti: «nella vita di tutti i giorni siamo una coppia accettata da famiglia, vicini e colleghi»

 

  • Nel maggio 2014 è stato scoperto un altro caso di finta omofobia. Il giovane omosessuale Richard Kennedy si è fatto male da solo, ma prima di essere scoperto ha attaccato la “società omofoba” e “gruppi omofobi” che lo avrebbero aggredito, con il sostegno dei media: «urlando insulti omofobi lo ha spinto a terra, picchiandolo in testa». La polizia inglese ha trovato però un filmato a circuito chiuso in cui si vede Kennedy inciampare da solo cadendo con la faccia sul marciapiede.

 

  • Nel maggio 2014 il quotidiano “La Stampa” ha intervistato due uomini, Andrea Rubera e Dario De Gregorio, che hanno avuto in regalo due bambini da una donna. Uno dei due, Dario, ha affermato rispetto alla situazione in Italia: «Non mi sento giudicato da chi mi circonda e i miei figli vivono in condizione di grande serenità e benessere»

 

  • Nel maggio 2014 qualche quotidiano ha riportato i risultati di un questionario (dunque non uno studio) realizzato dall’università “La Sapienza” di Roma, distribuito a 1800 studenti. L’8% dice di essere stato vittima di generico bullismo, dunque le vittime dell’omofobia sono ancora inferiori. Il 47% avrebbe sentito a scuola espressioni omofobe (senza precisare cosa sia omofobia: opporsi alle nozze gay è omofobia?), uno su quattro le ha sentite dai suoi professori. I dati non possono essere presi in seria considerazione non solo per la loro generalità (non si definisce mai cos’è “omofobia”, ad esempio) ma sopratutto a causa dell’inattendibilità di un questionario anonimo distribuito in un delimitato punto geografico ad un numero bassissimo di soggetti.

 

  • Nel maggio 2014 due omosessuali italiani, Andrea Rubera e Dario De Gregorio, hanno raccontato di aver avuto un figlio in regalo da una madre generosa, «un atto di generosità, un po’ come donare il sangue». In seguito hanno smentito il fenomeno dell’omofobia, spiegando che «nel nostro Paese più che altro ci sono pregiudizi e tabù più sul fronte giuridico che sociale. Non mi sento giudicato da chi mi circonda e i miei figli vivono in condizioni di grande serenità e benessere».

 

  • Nel maggio 2014 la militante Lgbt Anna Paola concia ha accusato il conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani di essere “ricchione”. Nessuna associazione omosessuale l’ha accusata di omofobia, nonostante l’utilizzo pubblico di un termine discriminatorio verso i gay. Se ad usare quel termine fosse stato qualcuno contrario alle rivendicazioni Lgbt si sarebbe alzato il solito polverone.

 

  • Nel maggio 2014 il transessuale Laura Matrone di Castel Volturno ha spiegato di essersi operato nel 2002 per tentare di assomigliare esteticamente ad una donna, affermando che «sono una donna normalissima che non ha mai avuto nessuna difficoltà di inserimento nella vita sociale».

 

  • Nel maggio 2014 uno studio condotto dall’University of California ha rilevato che la discriminazione contro le bambine in sovrappeso aumenta lo stress e le porta a mangiare in modo esagerato, divenendo spesso vittime dell’obesità. Ivan Scalfarotto, che ha proposto un ddl contro l’omo-fobia, non solo non si è basato su alcun dato statistico, ma non ha nemmeno proposto un emendamento anche per difendere gli studenti e i cittadini dalla obeso-fobia. E non si può certo considerare un fenomeno poco diffuso.

 

  • Nell’aprile 2014 un team di ricercatori dell’Australian Institute for Suicide Research and Prevention (AISRAP) ha pubblicato lo studio intitolato Suicides among lesbian, gay, bisexual, and transgender populations in Australia: An analysis of the Queensland Suicide Register, apparso sull’Asia Pacific Psychiatry. Appurando l’alto tasso di suicidi nella comunità omosessuale, gli autori hanno scoperto che una delle principali cause è dovuto allo stress vissuto con i loro partner romantici. «Tendiamo a supporre che il disagio psicologico che le persone LGBTI stanno attraversando spesso è dovuto al rifiuto della famiglia. Ma sembra che non sia così. Il conflitto sembra essere in gran parte correlato a problemi relazionali, con i partner».

 

  • Nell’aprile 2014 Alex Corlazzoli, maestro della scuola primaria, ha candidamente rivelato su “Il Fatto Quotidiano” quale sia lo scopo mascherato dei corsi anti-omofobia nelle scuole: «Come ho già sostenuto altre volte è inutile parlare di adozioni gay, di matrimoni tra omosessuali se prima non creiamo una cultura capace di aprirsi alla diversità. A partire dalla scuola».

 

  • Nel marzo 2014 uno studente transgender di un liceo americano ha riferito alla polizia di essere stato fisicamente e sessualmente aggredito da tre ragazzi mentre stava utilizzando la toilette degli uomini. In poche ore si è scoperto che la storia era falsa e il transgender ha ammesso di essersi inventato tutto per attirare la sensibilità dell’opinione pubblica.

 

  • Nel marzo 2014 dati Euripes 2013 e del Telefono azzurro hanno rilevato che ben il 25% degli studenti è vittima di forme di bullismo, indipendentemente dai comportamenti sessuali.

 

  • Nel gennaio 2014 il presidente di Arcigay Milano, Marco Mori, ha rivelato che le scuole hanno presentato «pochissime richieste» di ricevere i “kit didattici” contro l’omofobia, evidentemente non avvertendo alcuna emergenza.

 

  • Nel gennaio 2014 dai dati forniti alla Commissione Giustizia del Senato dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), istituito presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, è emerso che dal settembre 2010 sono pervenute 611 segnalazioni su presunti reati a sfondo discriminatorio motivati da origine etnica o razziale, genere, convinzioni religiose, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, età, lingua. 253 di queste riguardano atti discriminatori costituenti reato e tra queste il 57% è motivato dalla razza/etnia, il 27% dall’orientamento sessuale, l’11% dal credo religioso, il 2% da disabilità. Le segnalazioni circa l’orientamento sessuale sono dunque 83 in tre anni (una media di 28 all’anno): 35 casi sono offese come ingiurie/diffamazioni (il 42,17%, 11 casi all’anno); 33 casi riguardano aggressioni/lesioni (39,76%, 11 casi all’anno), 5 casi sono istigazione alla violenza omofoba (6,02%, 1,6 casi all’anno), 4 casi di danneggiamenti, 4 casi legati al suicidio della vittima (4,82%, 1,3 casi all’anno) e 2 casi di minacce (2,41%, 0,6 casi all’anno). Anche se un solo atto di discriminazione sarebbe già troppo, 28 casi all’anno di atteggiamenti omofobi non sono affatto un’emergenza.

 

  • Nel gennaio 2014 è emerso che in Italia c’è talmente urgenza di difendere i diritti degli omosessuali che la “Casa dei diritti”, inaugurata a Milano nel dicembre 2013 per la difesa dei diritti e alla loro tutela contro la discriminazione di orientamento sessuale, rimane chiusa sei giorni su sette.

 

  • Nel gennaio 2014 si è scoperto che ad uccidere il parrucchiere omosessuale Daniele Fulli (volontario di Gay Center e habitueè di incontri sessuali a pagamento) è stato un ragazzo gay tossicodipendente che frequentava da qualche settimana, il movente sono stati i soldi. Nessuna omofobia nemmeno in questo caso, nonostante il caso sia stato strumentalizzato per giorni. Dopo l’emergere della verità, Gay Center ha voluto comunque parlare pubblicamente di omofobia.

 

  • Nel gennaio 2014 uno dei pochi casi di omofobia documentato da immagini video è stato commesso ai danni di una coppia omosessuale non da persone italiane, ma da un gruppo di ragazzi dell’Est.

 

  • Nel gennaio 2014 il noto calciatore tedesco Thomas Hitzlsperger, con un passato fra Inghilterra, Germania e Lazio, ha dichiarato la propria omosessualità venendo citato su tutti i principali quotidiani. Hitzlsperger ha negato l’esistenza dell’omofobia, anche in Italia: «essere omosessuali in Inghilterra, Germania o Italia non è un problema, nemmeno negli spogliatoi», ha spiegato.

 

  • Nel gennaio 2014 il principale quotidiano italiano, il “Corriere della Sera” ha spiegato che, alla faccia dell’omofobia, in italia gli uomini gay sono privilegiati più delle donne eterosessuali: «anche gli uomini gay hanno una vita più facile e possono avere maggiori opportunità delle donne, pure di quelle che non sono necessariamente gay».

 

  • Nel dicembre 2013 Flavio Romani, presidente di “Arcigay” ha dichiarato che oggi in Italia: «nessuno si scandalizza più per le coppie omosessuali». Eppure, due mesi prima la situazione italiana dipinta da Romani era differente spiegando così gli obiettivi di Arcigay: «scalzare secoli di pregiudizio e far evaporare i mille stereotipi legati all’omosessualità e alle persone gay e far vedere che gay e lesbiche non sono quei personaggi strani e incollocabili». Come si evince il fenomeno omofobia viene citato soltanto quando fa comodo, essendo appunto stato inventato per questo scopo.

 

  • Nel dicembre 2013 in uno dei pochi attacchi ad una coppia omosessuale certificati dalla polizia in Italia è stato perpetrato da un gruppo di ragazzi -tra cui un albanese- guidati da un moldavo, Cristian Burea.

 

  • Nel dicembre 2013 un giovane omosessuale romano ha scritto a “Repubblica” di essere stato aggredito da un uomo che lo ha colpito alle spalle urlandogli offese come “frocio”. Tutti parlano di “ennesima aggressione omofobica”, nessuno riesce a dimostrare la veridicità del racconto e sopratutto a spiegare come l’aggressore abbia potuto riconoscere un omosessuale da dietro e spiegare i motivi per cui improvvisamente abbia deciso di aggredirlo. Si parla inoltre di “50 casi dall’inizio dell’anno”, ma nessuno di questi è stato dimostrato come vero.

 

  • Nel dicembre 2013 lo scrittore omosessuale Andrew Sean Greer ha pubblicato anche in Italia il libro “Vite impossibili” (Bompiani), spiegando che oggi è più facile essere gay che donna.

 

  • Nel dicembre 2013 è stato svelato un altro finto caso di omofobia architettato da militanti Lgbt. Nel mese scorso è girata in tutto il mondo la notizia della cameriera lesbica Dayna Morales a cui i clienti del suo ristorante in New Jersey non hanno lasciato la mancia perché, avrebbero scritto sullo scontrino, «non siamo d’accordo con il tuo stile di vita». Le associazioni gay sono scese in campo contro l’omofobia e alla donna sono piovuti fiumi di donazioni. I due clienti però hanno mostrato lo stesso scontrino, con data e ora, completamente privo di qualunque scritta. La donna è stata costretta a rimborsare tutti coloro che le hanno donato soldi, è stata licenziata e il ristorante ha avviato una causa legale contro di lei.

 

  • Nel novembre 2013 una ragazza di 12 anni ha tentato il suicidio lanciandosi dalla finestra della propria abitazione a Milano, dopo essere stata vittima di bullismo a causa del suo essere in sovrappeso. La vicenda ha avuto poca diffusione, nessuno ha rivendicato alcuna emergenza bullismo e nessuno ha strumentalizzato il tragico tentativo.

 

  • Nell’ottobre 2013 è riemersa la tragica storia di Matthew Shepard, un 21 del Montana (USA) che nel 1998 è stato brutalmente assassinato. Gli attivisti omosessuali hanno sempre riferito che il movente era la sua omosessualità. Aaron Hicklin sulla rivista omosessuale “The Advocate” ha però ammesso che gran parte della narrazione è falsa, spiegando che Shepard è stato picchiato a morte non perché era “gay”, ma per «ragioni molto più complicato», molto probabilmente per un affare di droga andato male.

 

  • Nell’ottobre 2013 la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del fascicolo sul suicidio di Roberto, un adolescente omosessuale suicidatosi gettandosi dal terrazzo di casa. Nonostante il caso sia stato strumentalizzato per mesi dalle associazioni omosessuali, gli inquirenti hanno accertato che la vittima non ha deciso di togliersi la vita a causa di episodi di bullismo e omofobia, ma per un disagio esistenziale non generato dall’ambiente esterno. Eppure perfino Nichi Vendola, subito dopo il suicidio del giovane, ha abusato della sua morte per accusare la classe dirigente a chiedere «perdono per le vittime dell’omofobia e per aver consentito che l’odio per le diversità diventasse lessico ordinario della contesa politica». Anche Flavio Romani, presidente di Arcigay, si era accodato allo sciacallaggio dicendo che «è ai ragazzi e alle ragazze come questo quattordicenne che bisogna pensare quando si dibatte dell’omofobia».

 

  • Nel settembre 2013 i dati Eurispes hanno mostrato che l’82% degli italiani dichiara di non avere nei confronti degli omosessuali atteggiamenti diversi rispetto a quelli che si hanno nei confronti di chiunque altro. Solo il 9,4% dichiara di sentirsi imbarazzato in loro presenza, mentre il 4,5% afferma che preferisce non entrarci in contatto. Solo l’1,3% mostra apertamente un atteggiamento di disapprovazione nei loro confronti. Osservando questi dati emerge, dunque, che soltanto il 15% circa degli intervistati non ha un atteggiamento di completa e serena accettazione con gli omosessuali, e vive condizioni di disagio, più o meno marcate (che vanno dall’imbarazzo alla disapprovazione manifesta), quando vi entra in contatto. La religione pare avere un ruolo decisamente marginale nelle prese di posizione contro i gay, e solo il 5,5% degli intervistati ritiene che chi è contrario all’omosessualità lo faccia per rispettare i dettami della propria religione.

     

    • Nel settembre 2013 l’Associazione Genitori e amici di Persone Omosessuali (AGAPO) ha scritto una lettera (ripresa su “Tempi.it”) alla presidente della Camera Laura Boldrini e ai parlamentari italiani, testimoniando che «dall’esperienza derivata dai numerosi corsi di educazione alla diversità sostenuti anche dalla nostra associazione, si può constatare che l’ambiente in cui crescono oggi in Italia i giovani con tendenza omosessuale in genere non è omofobo. Per quanto i sentimenti possano essere caratterizzati da incomprensioni, insicurezza, imbarazzo e, a volte, disagi e timori, l’odio nei confronti dei “gay” rappresenta un fenomeno complessivamente marginale. In Italia le leggi per tutelare le persone discriminate, anche omosessuali, esistono già. Il codice penale prevede infatti la persecuzione di reati per percosse, lesioni, minacce, ingiurie, diffamazione, diffamazione a mezzo stampa, inoltre esiste l’articolo 61 sulle aggravanti per motivi abietti o futili. Qualora si costati che l’attuale legge non sia sufficiente, il primo passo da compiere sarebbe certamente quello di monitorare l’applicazione della legge esistente, prima di introdurne un’altra».

     

    • Nel settembre 2013 da alcuni dati pubblicati è emerso che in Italia la comunità Lgbt (“gayeconomy”) in Italia spende oltre 20 miliardi all’anno. Gli omosessuali italiani godono di un forte potere di acquisto (le stime parlano di un reddito superiore del 23% rispetto al resto del mercato) e di una forte predisposizione alla spesa in tempo libero, moda, viaggi e brand di qualità. Dati assolutamente sorprendenti per una minoranza che vorrebbe passare come isolata, impaurita e discriminata.

     

    • Nel settembre 2013 è emerso un caso di etero-fobia a Genova: davanti all’ingresso del Rosa dei Venti, noto dal 2009 per essere il cuore degli eventi “gay friendly”, tre ragazzi (solo uno gay) vestiti in maniera non appariscente, sono stati allontanati perché per i gestori del locale «non eravamo abbastanza omosessuali. Ci hanno pure invitato a dimostrare la nostra natura baciandoci davanti a loro». Un caso di discriminazione sessuale che però non ha sollevato alcun polverone, cosa che sarebbe senz’altro avvenuta se si fosse verificata a parti inverse.

     

    • Nel settembre 2013 uno studio americano ha mostrato dati allarmanti per chi vorrebbe portare nelle scuole i vari corsi anti-bullismo e anti-omofobia: i risultati hanno infatti mostrato che gli studenti che frequentano le scuole con programmi anti-bullisimo hanno più probabilità di essere vittima di bullismo rispetto a bambini e adolescenti che frequentano scuole senza questo tipo di programmi. Il motivo? «Una possibile ragione è che gli studenti hanno imparato ad essere bulli da queste campagne e programmi anti-bullismo», ha spiegato Seokjin Jeong professore di criminologia.

     

    • Nell’agosto 2013 il deputato PD Ivan Scalfarotto, omosessuale e primo firmatario del ddl sull’omofobia che introdurrebbe un’aggravante per chiunque incitasse all’omofobia (anche un’opinione potrebbe rientrare in questi casi), ha candidamente ammesso che tale dibattito non allontana quello sui matrimoni gay, o sulle unioni, «io direi che lo precede. Perché sono due cose diverse. E l’una viene logicamente prima dell’altra».

     

    • Nell’agosto 2013 un cittadino ha rivolto una lettera aperta, satirica ma significativa, alla presidente della Camera Laura Boldrini scrivendo: «mi rivolgo a lei che si è dimostrata così sensibile alle sofferenze psicologiche dei gay per farle presente che esiste una categoria a rischio suicidio che non è contemplata fra quelle da proteggere dalla discriminazione. Io lo so perché appartengo a questa categoria: sono gli uomini bassi. Vede, io sono alto 1,50m, e mi creda, è tutta la vita che soffro per gli scherni della gente. Anche quando non dicono niente lo sento che mi considerano un diverso. Capto commenti, occhiate, è una tortura. E’ assolutamente ingiusto che, accanto alla discriminazione contro i gay, non venga punita anche la discriminazione contro i bassi […]. L’altezza, anzi la bassezza, è una caratteristica che attraversa tutte le razze, come l’omosessualità. Basterebbe aggiungere la parola “altezza” dopo “orientamento sessuale” e, dopo, introdurre l’informazione nelle scuole, farsi carico di chi discrimina i bassi, che sono bassofobi, perché cambino la loro mentalità criminogina. Insomma mettere al primo posto i diritti civili anche de bassi».

     

    • Nell’agosto 2013 il più importante militante Lgbt russo, Nikolay Alekseyev, presidente di “GayRussia” e del “Moscow Pride Organizing Committee”, si è definito contrario alla legge russa che vieta la propaganda gay tra i minori, tuttavia ha preferito criticare gli attivisti gay occidentali e i loro boicottaggi, schernendo anche i pochi omosessuali russi che chiedono asilo politico all’Occidente, accusandoli di farlo non per necessità ma per meri motivi turistici. «La legge federale che vieta la cosiddetta propaganda (non il comportamento) di rapporti sessuali non tradizionali ai minori, firmata dal presidente russo Vladimir Putin è vista come la più scandalosa tra le legislazioni nel mondo da quando Adolf Hitler è salito al potere per sterminare gli ebrei. Forse in tutto il mondo le persone sono convinte che questa legge è orribile, che possiamo usare tutti i mezzi che abbiamo per protestare contro essa». C’è chi sostiene, ad esempio, che «le autorità russe stanno portando via i bambini dai loro genitori omosessuali, il che ovviamente non ha nulla a che fare con la realtà». Il presidente di “GayRussia” ha anche sottolineato ironico che «la cosiddetta “orribile” legge contro la propaganda gay è in vigore da più di sette anni e la sua applicazione ha portato addirittura a ben due condanne!: Fedotova e Bayev sono stati infatti multati per 50$ ciascuno». Tutto qui. Inoltre, «i russi non sono così omofobi come vengono rappresentati» e le vere «conseguenze di queste leggi saranno prevalentemente sociali, non è legali».

     

    • Nell’agosto 2013 l’editorialista più laico del “Corriere della Sera”, Piero Ostellino, ha spiegato che «non c’è bisogno di una legge contro l’omofobia, e impegnarne il Parlamento è un anacronismo persino ridicolo e pericoloso. La smania iper legislativista non realizza la democrazia, ma ne è la patologia che distrugge le libertà liberali». Ovviamente ha scatenato la violenza e l’intolleranza Lgbt, alla quale ha risposto in un secondo articolo: «molti italiani sono rimasti fascisti anche se non lo sanno e credono di essere progressisti».

     

    • Nell’agosto 2013 in Francia è stato creato un villaggio di abitazione destinato ai soli pensionati omosessuali, «un’oasi privata per la comunità gay e lesbica» e vietato a chiunque sia eterosessuale. Una selezione dunque a base sessuale che certamente avrebbe scatenato i militanti dei diritti umani se il villaggio fosse stato riservato ai soli eterosessuali. Nessuno però ha giustamente parlato di “eterofobia”.

     

    • Nel luglio 2013 molti quotidiani hanno riportato la notizia dell’incendio doloso al liceo Socrate di Roma, collegandolo immediatamente al fatto che l’istituto sarebbe un simbolo della lotta all’omofobia. Pochi giorni dopo si è scoperto che gli autori, costituitisi negli uffici della Digos, erano studenti intenzionati a vendicarsi della bocciatura subita.

     

    • Nel luglio 2013 i ricercatori della Bowling Green State University hanno scoperto; che le persone obese sono vittime di discriminazione, ad esempio avevano meno probabilità di essere ammesse ad un corso di laurea quando l’ingresso comportava un colloquio di persona. Gli studiosi parlano di un pregiudizio nei confronti delle persone in sovrappeso, eppure nessuno ha chiesto una legge che le tuteli o ha manifestato per il loro diritto di essere rispettati in quanto minoranza.

     

    • Nel giugno 2013 una ricerca effettuata a livello internazionale dal prestigioso “Pew Research Center” ha collocato l’Italia tra i Paesi del globo aventi i maggiori tassi di accettazione dell’omosessualità. Precisamente l’ottavo al mondo, il medesimo grado di accettazione dell’omosessualità (74%) di Paesi come l’Argentina, dove il matrimonio gay è legale dall’estate del 2010.

     

    • Nel giugno 2013 Tommaso Cerno, giornalista omosessuale de L’Espresso ed ex presidente dell’Arcigay si è opposto alla ridefinizione del matrimonio: «Mi chiedo che cosa ci sia di rivoluzionario e giacobino nell’immagine di una coppia gay che passeggia per il prato di una villetta residenziale portando a spasso il cane». Per i gay è una trappola: «per trent’anni gli omosessuali si sono sempre caratterizzati come ‘i diversi’, e in nome di questa orgogliosa diversità hanno caratterizzato le loro battaglie per costringere la società a formulare un modello di relazione che andasse di là dal matrimonio classico borghese, che peraltro contiene in sé la parola ‘madre’ alla quale la cultura omosessuale è tendenzialmente estranea». Non solo non è omofobo negare il matrimonio gay, ma esso stesso è estraneo alla cultura Lgbt.

     

    • Nel maggio 2013 uno studente sedicenne di Roma ha tentato il suicidio gettandosi dal terzo piano dell’Istituto Tecnico Nautico “Colonna”. Le associazioni Lgbt hanno strumentalizzato la vicenda e molti giornalisti si sono addirittura inventati frasi che il giovane avrebbe scritto sulla discriminazione che riceveva in quanto gay: “Sedicenne si getta dalla finestra a scuola: «Deriso perché gay, non ce la faccio più»” ha titolato il “Messaggero”. “Il padre lo umilia perché gay. Sedicenne si lancia dal balcone”, ha titolato “La Stampa” ecc. Gli inquirenti hanno tuttavia accertato che sul ragazzo non c’è mai stato bullismo o atti di omofobia, e lui stesso ha dichiarato: «Mai preso di mira per il mio orientamento sessuale». Non risulta nemmeno un’ostilità da parte del padre, dato che i due non si vedevano da dieci anni, tanto che il pm Eugenio Albamonte ha escluso l’ipotesi di reato di istigazione al suicidio. Il ragazzo ha detto: «Il bullismo non c’entra col mio gesto, è stata colpa di un malessere interiore, delle mie insicurezze. A pochi avevo confidato la mia omosessualità. Non posso far sentire sui miei compagni il peso del mio gesto. Loro non c’entrano. Semmai ci ha diviso una sorta di reciproca indifferenza. Loro con i loro interessi, moto sigarette e uscite di gruppo, e io, sempre più introverso, con i miei, internet, lo studio, i miei silenzi. Ho legato solo con due o tre compagni di classe. Con loro sì mi confidavo. Non sono stato lasciato solo insomma. Al massimo avrebbero potuto intuire la mia inquietudine». Una inquietudine diffusa tra i giovani, ancora una volta strumentalizzata.

     

    • Nel maggio 2013 è circolata la bufala di un campo militare in Sudafrica in cui si convertono “i gay effeminati in veri uomini” e in cui sono morti tre adolescenti. E’ stata poi svelata la verità: i tre adolescenti morti sono veri ma non si tratta di un campo di conversione per gay, né, ancora, ci sono prove che quelle tre povere vittime fossero omosessuali. Era un campo “per trasformare i ragazzi in uomini”. Poi pian piano nel diffondere la notizia, come è stato svelato, militanti omosessuali hanno approfittato della notizia per modificare i fatti e introdurre gli omosessuali e la volontà di convertirli.

     

    • Nel maggio 2013 è stato pubblicato dalla European Fundamental Rights Agency (FRA) il più grande sondaggio sui crimini d’odio e discriminazione nei confronti delle persone LGBT. Il risultato è che un quarto delle 93.000 persone LGBT che hanno risposto al questionario ha dichiarato che di essere stata vittima di violenza fisica. Una cifra tragica se fosse vera, peccato che –come è stato dimostrato– ci sono numerosi fattori problematici: innanzitutto il sondaggio non si basa su fatti verificabili, ma sulla percezione della discriminazione. In secondo luogo le uniche persone ammesse a partecipare al sondaggio erano persone LGBT, ciò significa che non c’è modo di confrontare la loro percezione con la percezione della società in generale. In terzo luogo, il questionario è molto lungo e solo persone altamente motivate a dimostrare di aver subito discriminazioni avrebbero risposto a ben 50 domande. Infine, essendo anonimo una persona poteva compilare il questionario tutte le volte che voleva. Occorre anche osservare che le conclusioni del FRA sono molto suggestive, quasi pilotate, come il suggerimento di mostrare maggior apprezzamento per lo stile di vita LGBT da parte dei leader religiosi. Un blog di diritto internazionale ha parlato di “sondaggio falso”, sottolineando anche che pochi dei 23.000 crimini d’odio citati da persone LGBT anonime sono stati denunciati alla polizia, quando non si sarebbe stato alcun motivo per non denunciare.

     

    • Nell’aprile 2013 i genitori di una scuola media di New York, la Linden Avenue Middle School, hanno denunciato indignati che le loro figlie sono state costrette a baciarsi tra loro (fra lo stesso sesso) durante una lezione contro il bullismo verso gli omosessuali e l’identità di genere. Una conferma dello scopo nascosto dei corsi anti-omofobia nelle scuole.

     

    • Nell’aprile 2013 un blog di diritto internazionale ha mostrato come l’omofobia sia poco diffusa in Europa. Prendendo il caso della Germania che ha 81 milioni di abitanti e rappresenta circa il 16% della popolazione dell’UE, è stato fatto notare che i dati relativi al 2011 del Federal Office for Criminal Investigation (Bundeskriminalamt) each year publishes a detailed statistical report, the “Polizeiliche Kriminalstatistik” (PKS) mostrano che vi sono stati un totale di 5.990.679 casi penali segnalati in quell’anno, di cui 197,030 riguardavano grave violenza fisica (“omicidio e omicidio colposo”: 2.174 casi; “stupro e aggressioni sessuali”: 7,539 casi, “assalti causando gravi lesioni corporali”: 139,091 casi). Assumendo che i “crimini di odio omofobico” non sono maggiori che in altri Paesi, si è quindi confrontato i dati della polizia tedesca con i 23.000 crimini d’odio citati da persone LGBT anonime in un dubbio questionario anonimo realizzato dall’European Fundamental Rights Agency (FRA). Il 16% (percentuale abitanti Germania rispetto agli abitanti europei) dei 23.000 equivale a 3,680 aggressioni. Dato che le associazioni Lgbt sostengono che il numero di omosessuali è il 10% della popolazione, 3,680 aggressioni contro le persone LGBT all’anno -rispetto a un totale di 570.000 reati denunciati che coinvolgono vari gradi di violenza- indica chiaramente che le persone LGBT sono meno frequentemente attaccate rispetto alle altre persone.

     

    • Nel marzo 2013 è emerso che un ragazzo, Andy Cannon, abusato sessualmente dal suo papà adottivo e dal suo partner omosessuale è stato etichettato come un “bambino indisciplinato”, e imbottito di farmaci anti-psicotici, dagli assistenti sociali che hanno ignorato sistematicamente le sue lamentele per anni, lasciandolo nella casa della coppia omosessuale. Oltretutto, lodando pubblicamente i due uomini come “genitori molto attenti”. Il caso, che ha avuto risvolti penali, si è finalmente concluso dopo quasi un decennio di battaglie legali, quando un tribunale ha ordinato un risarcimento di circa 30 mila euro a Cannon. Il ragazzo ha dichiarato: «Credo che se mio padre adottivo avesse avuto una relazione eterosessuale allora le mie lamentele sarebbero state ascoltate anche prima. Sembra che gli assistenti sociali non volevano essere visti come chi vittimizza i gay. Hanno preferito guardare il “politically correct” e lasciare loro il permesso di adozione per evitare eventuali ripercussioni».

     

    • Nel gennaio 2013 l’importante editorialista de “Il Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia, ordinario di Storia contemporanea presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane (SUM) e direttore del corso di dottorato di ricerca in Filosofia della storia, ha dovuto difendersi dall’attacco delle associazioni gay dopo aver scritto un suo commento critico alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali in Francia. Una deputata del Partito Democratico (PD), Cristiana Alicata, lo ha ad esempio definito «intellettuale proto-nazista». Galli della Loggia ha trovato «semplicemente disgustoso (oltre che inefficace e stucchevole) questo modo di vista di sostenere il proprio punto di vista e le ragioni degli omosessuali, il quale lungi dal fondarsi su argomenti concreti e dati di fatto, mira esclusivamente a colpevolizzare l’interlocutore facendogli dire cose che non si è mai sognato di dire e presentandolo come un cripto-nazista […]. Tutto ciò lascia la sgradevole impressione che al fine di ottenere con successo, le legittime, sacrosante campagne del movimento gay, più che di convincere il pubblico cerchino solo di chiudere la bocca a chi la pensa diversamente».

     

    • Nel gennaio 2013 Julie Bindel, famosa attivista per i diritti degli omosessuali, ha negato che sia omofobia negare le nozze gay, anche perché gli omosessuali sono sempre stati contro all’istituzione del matrimonio: «le rivendicazioni oggi sono diventate entrare nell’esercito, sposarsi in chiesa e allevare bambini adottati», stiamo assistendo ad una «isteria pro-matrimonio». Ha quindi spiegato che è «solo una parte non maggioritaria del mondo omosessuale» ad essere «davvero convinta che “sia importante estendere i diritti del matrimonio a coppie dello stesso sesso” e che solo un’infima minoranza (uno su quattro) “sarebbe pronta a sposare il suo/la sua partner se la legge lo consentisse”?».

     

    • Nel gennaio 2013 Alfonso Signorini, da omosessuale dichiarato, si è opposto alle nozze gay: «Io sono contrario al matrimonio gay o etero che sia. E lo dico da omosessuale. Sono contrario alle adozioni da parte di coppie gay. La famiglia è una sola. Un maschio e una femmina. E’ nella natura delle cose da sempre». Non può essere omofobia negarlo.

     

    • Nel gennaio 2013 l’attivista lesbica Nathalie de Williencourt, portavoce di Homovox, oltre ad opporsi alle nozze gay ha sostenuto che «prima chi si opponeva al matrimonio gay veniva subito chiamato omofobo da quasi tutti i grandi media ed era impossibile opporsi senza essere immediatamente tacciati di omofobia. Io e i miei amici omosessuali, che non possiamo certo essere accusati di omofobia, chiediamo che ci sia un dibattito per permettere le unioni omosessuali, ma creando un’istituzione diversa dal matrimonio».

     

    • Nel dicembre 2012 la Procura di Roma ha abbandonato la pista dell’omofobia nel caso del suicidio del giovane Andrea, studente 15enne di Roma (che non era omosessuale), perché nessun elemento a sostegno di tale teoria è stato rilevato. Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Pantaleo Polifemo hanno ritenuto trattarsi di un fatto “intimo”. Eppure questo suicidio è stato per mesi strumentalizzato dalle associazioni gay sostenendo essersi trattata di omofobia (con tanto di fiaccolate). Gay Center, ad esempio, attraverso il portavoce Fabrizio Marrazzo, aveva subito divulgato un comunicato dicendo: «si è ucciso perché veniva vessato in quanto omosessuale». Gli stessi compagni avevano scritto una lettera «per smentire ciò che è stato pubblicato nell’edizione dei quotidiani nel giorno 22/11/2012 riguardo al suicidio di un nostro compagno di classe. Noi, gli amici, abbiamo sempre rispettato e stimato la personalità e l’originalità che erano il suo punto di forza. Non era omosessuale, tanto meno dichiarato, innamorato di una ragazza dall’inizio del liceo».

     

    • Nel novembre 2012 l’omosessuale e non credente francese Xavier Bongibault ha spiegato che non c’è alcuna omofobia nel negare le nozze gay, criticando le decisioni del governo Hollande: «Il piano del governo è tutt’altro che unanime nella comunità gay. Contrariamente a quanto dicono i mezzi di comunicazione, la richiesta non viene dalla maggioranza degli omosessuali. La maggior parte non è interessata, ma l’influenza del movimento LGBT è tale che molti non osano dirlo».

     

    • Nel novembre 2012 Jean-Pierre Delaume-Myard, omosessuale dichiarato e noto documentarista francese, ha negato che omofobia significhi negare il matrimonio e l’adozione omosessuale: «L’ordine del giorno è quello del matrimonio per tutti. Ma molti omosessuali non hanno alcuna voglia di sposarsi. Gli autori e intellettuali omosessuali del XIX secolo si rivolterebbero nella tomba pur di respingere questa idea borghese».

     

    • Nel settembre 2012 l’omosessuale Doug Mainwaring ha criticato chi ritiene che essere contro il matrimonio omosessuali sia essere «omofobi. In alcuni casi, questo può essere vero. Sono certo tuttavia che la stragrande maggioranza ritenga sufficiente, come me, visualizzare il “matrimonio” come un termine immutabile, che può essere applicato solo agli eterosessuali. Io sono gay. Qualche anno fa ero dall’altra parte della barricata su questo argomento. Ma più leggevo, pensavo, studiavo e tentavo di difendere la mia posizione, più mi rendevo conto che non potevo farlo. I rapporti omosessuali dovrebbero essere sostenuti dalla società, ma sono cresciuto convinto, tuttavia, che il termine “matrimonio” non deve essere modificato o regolato in alcun modo». Ha quindi concluso: «Ammettiamolo: non dovremmo tentare di forzare un qualcosa che non è mai stato pensato per le coppie dello stesso sesso. Le relazioni omosessuali sono diverse da quelle eterosessuali».

     

    • Nell’agosto 2012 è stato smontato l’ennesimo caso di finta omofobia architettato dal giovane omosessuale Joseph Baken il quale aveva scosso l’opinione pubblica mostrando il suo volto tumefatto e affermando di essere stato picchiato a causa della sua inclinazione sessuale. Dopo il polverone scatenato dalla lobby Lgbt è emerso un filmato in cui si vede il giovane omosessuale cadere da solo contro un marciapiede compiendo un’acrobazia su una strada asfaltata, riconoscendo di aver creato un falso reato. Un giudice lo ha condannato a 180 giorni di carcere, con tanto di multa da $ 300.

     

    • Nell’agosto 2012 l’omosessuale Charlie Rogers ha raccontato alla polizia di Lincoln (Nebraska) di essere stata pestata, poi lasciata dinanzi all’abitazione della sua vicina di casa perchè omossessuale. Tre uomini mascherati si sarebbero introdotti in casa, l’avrebbero legata e con della vernice spray avrebbero scritto parole offensive sui muri della sua residenza. Una manifestazione di solidarietà organizzata dalle associazioni LGBT ha raccolto circa $ 1.800, subito depositati in un conto bancario per Rogers. Peccato che l’episodio di omofobia si sia rivelato ancora una volta del tutto inventato, ideato dalla stessa protagonista per accendere i riflettori sull’argomento. Nei quattro interrogatori sostenuti dalla finta vittima, infatti, le versioni presentate si sono dimostrate contrastanti, elementi sempre diversi si aggiungevano alle descrizioni e il letto su cui la donna diceva di aver subito violenze non presentava alcun segno di lotta. La donna è stata denunciata e arrestata.

     

    • Nel luglio 2012 presso il “Central Connecticut State University” si è tenuto un “rally di solidarietà” a nome della 19enne Alexandra Pennell, una lesbica che avrebbe ricevuto note di odio a causa del suo comportamento sessuale. I funzionari hanno poi scoperto che era lei stessa l’autrice.

     

    • Nel giugno 2012 l’opinionista del Daily Mail, Andrew Pierce, si è rivolto al primo ministro inglese affermando: «signor Cameron, io sono un conservatore e un omosessuale, e mi oppongo al matrimonio gay. Sono un bigotto?». Ha fatto anche altri nomi di noti omosessuali contrari al riconoscimento delle unioni gay, come David Starkey e Alan Duncan, scrivendo poi «nessuno dei miei amici gay vogliono il matrimonio gay come legge». Nessuna omofobia, dunque, a negare le nozze gay.

     

    • Nel maggio 2012 una coppia di lesbiche ha denunciato alla polizia di aver trovato la scritta “Kill the Gay” sul loro garage, con tanto di corda da impiccagione. I funzionari di polizia hanno accertato che anche in questo caso erano state le due donne ad aver inscenato gli incidenti, condannandole per malizia criminale e falsificazione.

     

    • Nel marzo 2012 un gruppo di ricercatori della Yale University ha rilevato che la minoranza più discriminata sono le persone obese, molto di più delle discriminazioni basate sulla razza, sull’orientamento sessuale, sull’etnia, sulle disabilita’ fisiche e sulla religione.

     

    • Nell’agosto 2011 David Blankenhorn, un sostenitore dei diritti dei gay negli Stati Uniti ha affermato che «ridefinire il matrimonio per includere le coppie gay e lesbiche eliminerebbero del tutto nel diritto, e indebolirebbe ancora di più, l’idea di base che occorre una madre e un padre per ogni bambino». Non vive alcuna omofobia nel non potersi sposare, anzi.

     

    • Nell’aprile 2011 l’omosessuale Richard Waghorne, ricercatore in filosofia politica e commentatore su diversi quotidiani anglosassoni, ha spiegato che «per dirla personalmente non mi sento minimamente discriminato per il fatto che non posso sposare una persona dello stesso sesso. Capisco e accetto che ci siano buone ragioni per questo». Ha poi aggiunto che «il dibattito sul matrimonio gay può collassare sulle accuse di omofobia. Il messaggio, esplicito o implicito, è spesso quello che l’essere anti-matrimonio gay significa essere in qualche modo anti-gay. Figure pubbliche che si oppongo devo farlo abitualmente ricevendo gli insulti di bigottismo o omofobia». Ha quindi continuato: «la risposta riflessa di molti sostenitori del matrimonio gay è quello di dipingere ogni forma di dissenso come pregiudizio, come se l’unica ragione per difendere il matrimonio come è esistito fino ad oggi fosse stata una certa varietà di bigottismo o uno squilibrio psicologico».

     

    • Nel settembre 2007 il Daily Mail ha riportato la notizia che una coppia omosessuale inglese è stata lasciata libera di abusare sessualmente dei bambini dati loro in affido perché gli assistenti sociali hanno avuto paura di intervenire, temendo di essere accusati di discriminazione e omofobia.

     

    • Nel 2003 un ampio studio di confronto tra un migliaio di omosessuali e eterosessuali adulti nel Regno Unito, pubblicato sul British Journal of Psychiatry, non ha trovato alcun aumento di bullismo verso gli uomini gay rispetto a quanto avviene verso gli uomini eterosessuali, sia a scuola che in altri luoghi, sia verbalmente o fisicamente. «Le affermazioni sul fatto che le persone gay e lesbiche siano vulnerabili a tali esperienze a causa della loro sessualità sono spesso prese come valore nominale e non sono giudicate nel contesto della prevalenza di tali eventi nella società», hanno concluso i ricercatori. Per spiegare gli alti tassi di disturbi psicologici vissuti da persone omosessuali hanno poi affermato: «Può essere che il pregiudizio della società contro gay e lesbiche porti ad una maggiore angoscia. Al contrario, la psicologia gay e lesbica può portare ad assumere stili di vita che rendono queste persone più vulnerabili al disturbo psicologico. Tali stili di vita possono includere aumento dell’uso di droghe e alcol».

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