Il sociologo Bauman: «Francesco è una chance per l’umanità»
- Ultimissime
- 30 Ott 2013
Una delle affermazioni più usate da chi si ritiene troppo emancipato per essere cristiano è che le religioni sarebbero una via di fuga dai problemi della vita, dalla morte e dalla malattia. Un rifugio dove riparare, pensando all’aldilà piuttosto che all’aldiquà. Lo confermerebbe il fatto che la religione sarebbe più diffusa in aree del mondo povere e piene di miseria (su questo abbiamo già riflettuto in passato).
Come tutte le spiegazioni che resistono per più generazioni, anche questa contiene una parte di verità: le religioni sono effettivamente un tentativo umano di approdare al quel mistero a quella “X” che chiunque percepisce come completamento di sé. L’uomo che riflette seriamente e onestamente su se stesso riconosce di essere teso continuamente verso un qualcosa, in ricerca verso una soddisfazione che non riesce mai a raggiungere. “Attesa” è la parola che più di tutte definisce l’uomo, in qualunque epoca storica e in qualunque area del mondo. «Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?» si domanda ad esempio Cesare Pavese (Il mestiere di vivere, Einaudi 1973, p. 276). Certamente le condizioni di miseria sociale portano l’uomo a riflettere maggiormente sul senso della sua vita, dunque non sarebbe affatto strano se -ammesso sia vero- gli abitanti dei Paesi con maggior benessere riuscissero a distrarsi maggiormente dal loro “vero” bisogno, ripiegando sul consumismo sfrenato (questo sì, un rifugio!).
L’uomo fin dalla preistoria ha imparato a chiamare “Dio” l’oggetto di questa attesa. «Chiuso fra cose mortali / (Anche il cielo stellato finirà) / Perché bramo Dio?», si domanda Ungaretti. Il cristianesimo, tuttavia, si colloca ben oltre alle altre religioni e testimonia una rivelazione di questo “Dio” alla ragione umana, attraverso Gesù Cristo. Questo oggetto di attesa è divenuto incontrabile nella storia, ha deciso di mostrarsi e lo ha fatto in modo credibile (tanto che ancora oggi la storia è divisa in prima e dopo Cristo). La sete di infinito ha trovato una fonte a cui abbeverarsi, senza comunque mai saziarsi (almeno in questa vita).
Dunque le religioni contengono tutte qualcosa di vero (cioè la tensione verso Dio), ma solo il cristianesimo nasce al di fuori dell’uomo: è Dio stesso che si fa incontro, che prende l’iniziativa. Affidarsi al cristianesimo non è però uno scappare dal mondo e dalle fatiche umane, ma è affrontare seriamente la verità più profonda di noi stessi: è proprio il vivere intensamente le “cose mortali”, come dice Ungaretti, che porta alla consapevolezza che ogni risultato raggiunto non basta mai, l’uomo attende perché è fatto per Altro, per l’Infinito.
Da questo punto di vista è molto interessante la recente intervista al celebre sociologo Zygmunt Bauman, uno dei più autorevoli interpreti della condizione umana e padre della fortunata immagine della “modernità liquida” per indicare una situazione di diffusa incertezza, in cui sembra venir meno qualsiasi punto stabile di riferimento. Ha osservato che proprio grazie all’avanzare della secolarizzazione è contemporaneamente aumentato il bisogno di spiritualità, «concepita come qualcosa che potrebbe conferire un senso compiuto alle nostre vite, riempiendole. Evidentemente, si constata che i piaceri materiali (“della carne”, si sarebbe detto un tempo) non bastano: occorre un contatto con qualcosa che trascenda le nostre occupazioni e preoccupazioni quotidiane».
Tuttavia non c’è un ritorno generale al cristianesimo, spiega Bauman, ma una forma di “Dio personale”. Le pretese illuministe e razionalista dell’uomo misura di tutto hanno fallito, si è tornati dunque al riconoscere e prendere sul serio la tensione interna all’uomo verso quella “X”, «l’umanità è intenta a ricercare disperatamente dentro o fuori di se dei punti d’appoggio a cui reggersi». Papa Bergoglio, spiega il sociologo laico, «sa parlare alla spiritualità tipica del nostro tempo: i seguaci del “Dio personale”, in effetti, non sono molto interessati alle prescrizioni morali impartite dai rappresentanti delle istituzioni religiose, ma desiderano rintracciare un senso nella frammentarietà delle loro esistenze individuali. Sono ancora in attesa di un “evangelo”, nell’accezione originaria del termine — di una buona notizia».
Concludendo ha replicato a coloro che spiegano il fenomeno religioso come alternativa di rifugio al malessere sociale: «La seconda parte del secolo scorso, in campo economico, è stato dominata da presupposti apparentemente indiscutibili, che hanno influenzato profondamente i comportamenti individuali e collettivi degli esseri umani. Che la ricerca della felicità andasse di pari passo con un aumento dei consumi: i luoghi naturali dell’appagamento personale sarebbero stati i negozi, piuttosto che le relazioni sociali, o le attività con cui ognuno potrebbe rendersi utile ai suoi simili, cooperando con loro. Queste convinzioni hanno prodotto, di fatto, una gran quantità di miseria materiale e spirituale, oltre a intaccare gravemente le risorse naturali dell’intero pianeta: da un lato, abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi; dall’altro, abbiamo scoperto dolorosamente che la felicità non si può acquistare. Dunque, a tutti noi oggi è richiesto di cambiare radicalmente l’assetto delle nostre vite. Per esprimere questa stessa idea, Papa Bergoglio userebbe probabilmente un antico termine della tradizione cristiana: conversione». Per questo Bauman crede «che il pontificato di Bergoglio costituisca una chance, non solo per la Chiesa cattolica, ma per l’umanità intera».
Ovviamente il celebre sociologo parla da un punto di vista laico, ma è vero che il Pontefice indica insistentemente una proposta all’umanità per curare le sue ferite e agli uomini per riflettere seriamente sul loro bisogno di spiritualità, la soluzione è la stessa degli ultimi 2000 anni: «l’incontro con Gesù Cristo Via, Verità e Vita, realmente presente nella Chiesa e contemporaneo in ogni uomo, porta a diventare uomini nuovi nel mistero della Grazia, suscitando nell’animo quella gioia cristiana che costituisce il centuplo donato da Cristo a chi lo accoglie nella propria esistenza», ha spiegato all’inizio del suo pontificato. «La verità cristiana è attraente e persuasiva perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana, annunciando in maniera convincente che Cristo è l’unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Questo annuncio resta valido oggi come lo fu all’inizio del cristianesimo, quando si operò la prima grande espansione missionaria del Vangelo».
La redazione
Tags:
- attesa
- bauman
- bergoglio
- bisogno
- cristianesimo
- desiderio
- dio personale
- felicità
- francesco
- illusione
- infinito
- papa francesco
- proposta
- religione illusione
- ricerca felicità
- risposta papa
- risposta umo
- risposte
- ritorno fede
- secolarizzazione
- senso religioso
- società liquida
- spiritualità
- uomo infinito
- via di fuga
- vita
13 commenti a Il sociologo Bauman: «Francesco è una chance per l’umanità»
Prendiamo esempio da Francesco
“Le pretese illuministe e razionalista dell’uomo misura di tutto hanno fallito”
hanno fallito in cosa?
“Papa Bergoglio, spiega il sociologo laico, «sa parlare alla spiritualità tipica del nostro tempo i seguaci del “Dio personale”, in effetti, non sono molto interessati alle prescrizioni morali impartite dai rappresentanti delle istituzioni religiose”
Sembra che Bergoglio voglia dire ciò che quel particolare target vuole sentirsi dire.. ma le prescrizioni morali cattoliche di natura dovrebbero essere assolute, forse Ratzinger, in questo, era più trasparente.
Questo Papa non è il primo, né sarà l’ultimo a essere criticato.
Che la ricerca della felicità andasse di pari passo con un aumento dei consumi: i luoghi naturali dell’appagamento personale sarebbero stati i negozi, piuttosto che le relazioni sociali, o le attività con cui ognuno potrebbe rendersi utile ai suoi simili, cooperando con loro. Queste convinzioni hanno prodotto, di fatto, una gran quantità di miseria materiale e spirituale, oltre a intaccare gravemente le risorse naturali dell’intero pianeta: da un lato, abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi; dall’altro, abbiamo scoperto dolorosamente che la felicità non si può acquistare.
sarai anche disabile e a-sessuata, ma hai un’intelligenza e due p**le così!!! (in senso buono eh!)
A-sessuale, prego. 😉 Comunque ho capito la battuta.
Non mi considero più intelligente di altri, anzi lo siete voi se riuscite ad interpretare i miei pensieri. 😉
Le pretese illuministe hanno fallito quando hanno cercato di inculcare nell’uomo l’idea dell’autosufficienza. Il ritorno spiritualista e superstizioso (maghi, fattucchiere, oroscopi, negromanti ecc.) delle nostre società secolarizzate è un indice di questo fallimento.
beh, maghi, fattucchiere e resto non li vedo come superstizione, ma qualcosa da evitare perché dannosi. E’ un po’ come affidarsi ad una tavola ouijà: non sai con chi stai parlando dall’altra parte.
Pensate che qui in centro la casa di un mago ha una grossa M mariana blu sempre accesa, perché la m è l’iniziale del suo nome. Più ragnatela di così…
C’è un enorme bisogno di spiritualità, e a certi non piace Papa Francesco. Perché? Forse parla troppo semplice senza tante spiegazioni teologicamente avanzate? Qualcuno lo definisce anche retorico, ma non so quante persone siano così teologhe da capire discorsi da corso avanzato di Bibbia.
Gesù parlava in modo semplice ed in parabole.
Ammetto che questo Papa lo sto seguendo poco ultimamente, ma vedrò di rifarmi.
“hanno fallito in cosa?”
Credevano che l’uomo si potesse salvare da solo con il progressismo… e hanno fallito.
Hanno fallito nella loro pretesa orgogliosa di risolvere
il problema esistenziale dell’uomo.
Solo Cristo dà riposo all’uomo, in quanto lo riporta
alla certezza della Vita Eterna (Gv XVII,3).
Dunque, conferma La Sua affermazione:
“Senza di ME fate niente” (Gv XV,5).
le pretese illuministe non hanno fallito: la propaganda tenta di estirpare l’identità spirituale oltre che fisica dell’uomo. Banche, massoneria, politici in vista e dietro le quinte, satanismo, ecc.
Ecco un esempio:
http://www.centrosangiorgio.com/occultismo/articoli/alan_moore_e_aleister_crowley_nella_cultura_pop.htm
Bisogna pregare di più, si prega troppo poco!
E’ vero, bisogna pregare di più, ma poi c’è anche la frenesia della vita d’oggi che ti distoglie dai pensieri spirituali.
Un mio consiglio è se possibile dire anche solo una decina quando si va al lavoro o mentre si svolge un compito che non richiede la massima concentrazione.
Dio non ci chiede l’impossibile, ma di avere fede. Non dobbiamo temere di trovarci nel deserto arido della nostra vita e dei nostri pensieri, ma perseverare anche se ci sembra che in quel momento le preghiere siano solo parole.
Gente che fatica! E lo dico io che mi distraggo facilmente.
E’ vero che la routine quotidiana e il lavoro non lo permettono, però anche dedicare la domenica che ci si riposa a Dio dicendo rosari a manetta, secondo me è tanto… Questo mondo è senza preghiere e si vede. Non so tu, ma io se non dico il rosario quotidianamente è come se mi s’ammalasse l’anima.