Una distrazione (fisico-teologica) a Messa
- Ultimissime
- 01 Ott 2013
di Giorgio Masiero*
*fisico
L’immanenza è la presenza della divinità nel mondo ed è il concetto metafisicamente opposto alla trascendenza, che è lo stare della divinità fuori dell’Universo e del tempo. Detta così, la distinzione tra le due polarità sembra netta. Però, con l’esclusione del “dio dei filosofi” che una volta avviato il mondo se ne disinteressa, il Dio trascendente delle religioni del Libro è comunque in contatto col mondo: necessario alla sua sussistenza, provvidenzialmente agente nella storia, continuamente presente nella parola dei profeti e nei riti liturgici, misericordiosamente sensibile alle preghiere dei Suoi fedeli.
Prendiamo l’Antico Testamento nelle parole che stabiliscono il rito della Pasqua ebraica. “Allora i vostri figli vi chiederanno: Che significa questo atto di culto? Voi direte loro: È il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l’Egitto e salvò le nostre case” (Esodo, 12, 26-27). Con la Pasqua, gli Ebrei non commemorano tanto la liberazione storica dal Faraone (un evento accaduto a migliaia di km dalle loro case odierne e migliaia di anni fa), ma celebrano la salvezza qui e ora. I tempi usati nei verbi sanciscono la presenza attuale e ripetuta nel rito, cioè anche immanente, di “Colui che è” nella trascendenza. Analogamente vale nel cristianesimo. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui”: l’immanenza tra uomo e Dio si ripete ogni volta nell’Eucaristia. Anzi, non s’interrompe mai perché rimanere non significa un incontro fugace, ma una dimora duratura, un modo di essere. “Fate questo in memoria di me”: così dicendo, su invito (al presente) di Gesù, i cristiani non ricordano soltanto l’evento storico della Crocifissione, ma partecipano attualmente all’evento della salvezza operata dal sacrificio di Cristo. L’atto di salvezza e la sua celebrazione eucaristica sono eventi eterni, non costretti nella località fisica e nella successione temporale, ma nemmeno giacenti in un Aldilà dello spazio e in un Oltre del tempo assolutamente estranei.
Un paio di domeniche fa a Messa, mentre udivo le sacre formule uguali da 2.000 anni e mi risuonavano ancora in testa i versetti del salmo 89 (“Mille anni ai tuoi occhi sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte”) recitati nel responsorio, mi sono chiesto – forse per una deformazione culturale sbilanciata sul lato scientifico – se la tensione tra immanenza e trascendenza si potesse integrare in un’interpretazione teologica della teoria scientifica del tempo, la relatività einsteiniana, o se dovessi rassegnarmi ad una completa incomprensione del mistero. Ecco la divagazione.
Ogni volta che eseguiamo la misura della posizione d’un oggetto nello spazio, lo facciamo in un istante preciso del tempo. Viceversa, non possiamo misurare a quale istante un evento accade se non in una determinata posizione dello spazio. Partendo da questa evidenza dell’inseparabilità di spazio e tempo (e dalla volontà di correggere un’asimmetria presente nelle equazioni di Maxwell), Albert Einstein costruì agli inizi del secolo scorso la sua teoria della relatività speciale (TRS, 1905). Una decina d’anni dopo, per comprendervi i fenomeni della gravitazione inizialmente esclusi, la estese nella teoria della relatività generale (TRG, 1916). Da allora, lo spazio e il tempo sono indissolubilmente uniti in fisica nella geometria di un continuum 4-dimensionale, chiamato spazio-tempo.
Prendiamo ora 2 eventi distinti, accaduti in 2 luoghi e in 2 istanti: nella TRS, osservatori in moto relativo ottengono con i rispettivi metri e orologi (preventivamente co-tarati e sincronizzati) misure diverse sia della distanza che della durata intercorse tra i 2 eventi. Distanza spaziale e durata temporale sono grandezze relative allo stato di movimento degli osservatori. Anche la simultaneità è relativa, perché tutti gli eventi contemporanei per un osservatore non lo sono per un altro in moto rispetto al primo: secondo l’orologio del secondo osservatore, alcuni di quegli eventi sono accaduti prima, altri dopo. La differenza tra passato e futuro, che prima di Einstein era pensata intuitivamente assoluta, si dissolve.
Di fronte al fiorire quotidiano di “teorie” di cui la divulgazione scientifica quotidianamente c’inonda (per spiegare per es. le nostre preferenze religiose o sessuali) e che sono soltanto congetture incontrollabili, qualche lettore potrebbe pensare che anche la teoria della relatività sia una speculazione di questo tipo. Si sbaglierebbe. Non c’è nulla in scienza sperimentale moderna di più sacro della relatività einsteiniana, che – oltre ad essere un sistema formale di bellezza e semplicità ineguagliabili – in un secolo è stata corroborata da ogni evidenza empirica, senza mai un’eccezione. Più salda del Gran Sasso.
Anche nella teoria della relatività però, non tutto è relativo, perché ci sono grandezze che a tutti gli osservatori, qualunque sia il loro stato di moto, risultano invarianti. Una di queste è la velocità della luce (c = 299.792,458 km/s), come Albert Michelson ed Edward Morley provarono con il loro straordinario esperimento, il cui risultato controintuitivo fu reso noto il 17 agosto 1887. Un caso in scienza, potremmo dire, di conferma sperimentale di una predizione avvenuto prima della predizione teorica! Un altro risultato della TRS è che la massa osservata di un corpo aumenta con la sua velocità, crescendo indefinitamente man mano che questa si avvicina a quella della luce. Cosicché diventa impossibile accelerare un oggetto massivo alla velocità c, perché lo sforzo richiederebbe un’energia infinita. Le particelle di luce invece, i “fotoni”, viaggiano alla velocità c proprio perché sono prive di massa, puri grumi di energia. Ancora, la rapidità di rotazione delle lancette d’un orologio risulta più lenta ad un osservatore solidale con l’orologio che ad un osservatore in moto relativo; tanto che, per un corpo massivo in accelerazione, all’approssimarsi della sua velocità a c lo scorrimento del suo “tempo proprio” tende a zero. Tutto ciò viene osservato quotidianamente negli acceleratori di particelle.
Ma che cosa c’entra tutto ciò con l’eternità? Vengo al punto. Consideriamo nello spazio-tempo 2 eventi connessi da un raggio di luce: per es., l’esplosione della supernova SN1994D (evento 1) e la registrazione dell’esplosione avvenuta al Telescopio spaziale di Hubble nel marzo 1994 (evento 2, v. foto accanto al titolo). Poiché la supernova stava a 50 milioni di anni luce dalla Terra, per gli orologi terrestri l’evento 1 è accaduto 50 milioni di anni prima dell’evento 2. Secondo gli osservatori umani, i fotoni della supernova sono stati prodotti lì ed allora e dopo aver viaggiato per 50 milioni di anni alla velocità della luce hanno impressionato le lastre del telescopio qui ed ora. Ma osservata dai fotoni la storia è diversa, perché il loro tempo proprio si è letteralmente fermato: per tutto quanto li può riguardare, essi hanno viaggiato attraverso l’Universo istantaneamente. La registrazione dell’esplosione, che gli orologi terrestri hanno registrato 50 milioni di anni dopo il collasso della stella, risulta agli “orologi” fotonici avvenuta contemporaneamente al collasso. I fotoni esistono in un tratto di eternità, dalla loro emissione al loro assorbimento. Potremmo dire che la luce è immanente ai suoi osservatori terrestri viventi nella durata del tempo, e che è anche a loro trascendente, perché non è localizzata né ha una durata, ma solo un presente.
Noi umani abbiamo la coscienza di percorrere una sequenza di eventi spaziali e temporali, che in relatività si chiama una “linea di universo”. Ma la vita di Dio non può essere rappresentata da una linea di universo: se Dio non sta in alcuna posizione spaziale (al contrario di Zeus che abitava il monte Olimpo), Egli non vive alcun preciso istante del tempo. Egli è oltre lo spazio-tempo: analogamente alla luce, Egli ha il possesso di tutto lo spazio in un solo istante. Tuttavia questa è solo una faccia della teologia: quella domenica una distrazione mi ha fatto intuire che l’Incarnazione avvenuta nello spazio-tempo (a Betlemme, 2.000 anni fa) e che si ripete ogni volta nell’Eucaristia, conciliando il trascendente e l’immanente, sussume i concetti di tempo e di eternità insieme, senza contraddire la scienza.
25 commenti a Una distrazione (fisico-teologica) a Messa
Io penso che mischiare concetti di Fisica, o comunque scientifici, con concetti prettamente metafisici, per quanto possa essere poetico e suggestivo il risultato, comporti sempre una certa dose di “rischio”, anche se magari l’intento è solo metaforico…
Magari, Giuseppe, tutta la divulgazione scientifica fosse chiara, così come cerco di essere sempre io, nella distinzione tra una teoria scientifica ed interpretazione filosofica della stessa teoria.
Ricordo che ogni teoria fisica comprende
a) un nucleo scientifico, che è l’insieme delle sue equazioni matematiche, dei suoi protocolli operativi e delle sue predizioni empiricamente controllabili e
b) un accompagnamento di interpretazioni filosofiche, equivalenti dal punto di vista operativo.
Nelle loro ricerche i fisici usano il contenuto scientifico delle teorie, mentre tutte le concezioni filosofiche, ed anche l’assenza di concezioni, sono opzioni scientificamente indifferenti. Per es., usano le equazioni della meccanica quantistica ed i suoi protocolli sperimentali per predire/controllare i livelli energetici d’un isotopo, senza necessariamente sposare l’interpretazione di Copenaghen, o rinunciare al realismo, o credere nell’indeterminismo, ecc. Occorre sempre separare il nucleo scientifico di una teoria dalle sue estrapolazioni interpretative.
Questo articolo non tratta di TRS, ma di una sua interpretazione filosofico-teologica. Compatibile. Tutto qua. Ed è (un divertissement) rivolto a chi, tutti i giorni sui media, parla d’incompatibilità tra fede e scienza.
Infatti secondo me il rischio sta proprio nella possibilità di essere fraintesi, soprattutto se chi legge è, diciamo, non vaccinato.
Ah, comunque l’articolo mi è piacito, anche se non l’ho scritto esplicitamente!
La ringrazio, Giuseppe: anche il Suo intervento ha concorso a mettere i puntini sulle i! Vorrei vedere sui media altrettanta precisione verso, che so?, un Hawking che trae conclusioni a-teologiche dalla sua funzione d’onda, come fossero teoremi della MQ e non mere estrapolazioni filosofiche!
Kant sosteneva che la metafisica è una cosa che ti rimane attaccata addosso, per quanta fatica uno possa fare per scrollarsela via. Trovo inevitabile che una indagine scientifica del mondo si accompagni ad una speculazione metafisica, anzi, come sosteneva Planck, le assunzioni su cui si basa la scienza sono metafisiche! Il problema è la disonestà intellettuale di che utilizza la scienza come grimaldello per la “propria” metafisica senza specificarlo esplicitamente. Ad onor del vero però, Hawking, di cui ho letto tanti libri in gioventù, ammette che il suo modello di “universo senza confini” non è necessariamente incompatibile con l’idea di un creatore trascendente (e quindi esterno), perché questo comunque potrebbe aver creato l’universo in modo che appaia autosufficiente ad eventuali osservatori al suo interno. Io penso che alla fine Hawking, così come scienziati quali Weinberg, Einstein o Feynman, tanto per citarne alcuni, rigetti l’idea abramitica di un Dio antropomorfo che intervenga nelle questioni umane e dispensi punizioni e premi. Ma qui siamo abbondantemente nel campo della teologia, ed è solo sul piano teologico che può essere affrontato questo discorso…
Come fa hawking a sostenere un’ universo senza confini “scientificamente” se esiste l’antinomia logica fra l’altro Kant stesso la mette in evidenza:
Mondo infinito-Mondo finito.
“Finito ↔ Infinito
Tesi: il mondo ha un inizio nel tempo e, nello spazio, è chiuso dentro limiti.
Antitesi: Il mondo è infinito sia nel tempo che nello spazio.
Nella dimostrazione Kant fa riferimento alla categoria della qualità.”
Ergo è filosofia.
Domanda cosa c’entra la compatibilità incopatibilità proprio di Dio con la scienza e il suo metodo?
Qualunque propensione sia da una parte che dall’altra è già un discorso metafisico.
Hawking, emerito rappresentante della Chiesa Ateistica,
riesce addirittura a sostenere che non c’è alcun bisogno
di DIO in quanto “bastano le leggi delle fisica a spiegarne
l’esistenza”.
Una comica.
“a spiegare l’esistenza dell’universo”
L’accontento subito…
http://arxiv.org/pdf/0711.4630.pdf
“Traduco” per chi non conosce l’inglese e la matematica. Un universo senza confini e tuttavia limitato è matematicamente possibile. Un esempio è dato dalla superficie di una sfera, che vale 4 x pigreca x r^2, cioè è limitata, eppure è senza confini. Lasciamo stare Kant, Penultimo, che sullo spazio ed il tempo non ne ha azzeccata una, ecc., ecc.
Caro Giorgio, mi sa che non è un caso se hai scritto ‘più salda del Gran Sasso’ e non del Monte Bianco o del Cervino, così hai dato una punzecchiatura ia neutrini ‘superluminali’..bene, la sovrapposizione di diversi livelli del discorso è un marchio di fabbrica (o quanto meno dovrebbe esserlo) di noi cristiani che dovremmo impararlo da Lewis, Chesterton ma anche da Dante e Manzoni…
Quello che cerco di spiegare alle mie figlie è che lo stupore che ci proviene dalla contemplazione scientifica non è diverso da quello della contemplazione religiosa del mistero che ci avvolge…
Complimenti !
Alessandro
Fai bene con le tue figlie, Alessandro!
Stephen J. Gould e’ tanto apprezzato da taluni per la sua teoria dei due magisteri. Niente di piu’ sbagliato: primo, perche’ questa teoria non e’ originale, ma si deve a Sigieri di Brabante, vissuto 7 secoli prima di Gould; secondo e piu’ importante, perche’ trattasi di una teoria del tutto sbagliata, come ha dimostrato Tommaso d’Aquino. La verita’ e’ unica, solo che ogni cosa – anche minima: fosse un’ape, o un suono, o un brivido della pelle – e’ sempre troppo complessa per essere descritta “completamente”. E la scienza, come la religione, o l’arte, o la filosofia, o l’intuizione indicibile sono modi complementari di osservazione del reale!
PS. Sul Gran Sasso hai visto giusto!
Carissimo Giorgio,
ormai ho finito gli aggettivi per definire i tuoi articoli, grazie.
Aggiungo che io faccio parte di coloro che predicano i NOMA (Magisteri non sovrapposti) ma capisco cosa intendi dire, la realtà è una e quindi su un singolo ente convergono sia aspetti fisici che metafisici, e su questo sono d’accordo.
Ma poiché questo approccio, in un contesto in cui la filosofia è poco o per nulla conosciuta, comporterebbe una serie di distorsioni ed errori dovuti proprio alla mancanza di strumenti filosofici adatti, ritengo che sia opportuno tenere distinti i due campi.
Ma sia ben chiaro, nulla di più lontano da discorsi come una doppia verità o simili, ripeto la verità è una, ma in certi casi si può affrontare in modo analitico, scomponendola per motivi di studio.
Tu ed io, Enzo, c’intendiamo ad occhi chiusi!
🙂 !
Interessanti analogie. I fotoni (rispetto al loro tempo proprio) non invecchiano. Lo stesso succede anche per altre particelle che viaggiono alla velocità della luce( i neutrini?) A quanto ne capisco la TRS è una sorta di esercizio algebrico in cui si assume come assioma il fatto che la velocità della luce è insuperabile.
In genere se si fissa un punto O nello spazio si assume che lo spazio fisico abbia la struttura di spazio vettoriale in cui O coincide colvettore nullo 0.
Questa assunzione dice che lo spazio fisico contiene ad abundantiam infiniti attuali. Se si assume anche un altro punto O’ distinto da O come origine di spazio vettoriale non esiste alcun isomorfismo fra i due spazi vettoriali che traasformi le coordinate di un generico punto P in O nelle coordinate dello stesso punto in O’. In TRS si trova che tale isomerfismo esite (trasformazioni di Lorentz) se O’ e P sono in moto rettilineo uniforme purchè si introduca una quarta coordinata, il tempo e si consideri non il pintoP ma il punto-evento (P,t). Quindi si tratta di isomorfismo fra spazi vettpriali di dimenione 4.
Ma in questi passaggi algebrici si fanno almeno altre due assunzioni, che il tempo scorre in avnti e non indietro e che la trasformazione è un isomorfismo fra spazi vettoriali ossia è lineaare (involutoria rispatto al cambio di direzione della velocità). Tanto per divagare.
In realtà, ad essere precisi, i postulati su cui si basa la relatività ristretta sono il principio di covarianza rispetto ai sistemi inerziali, ovvero che le leggi della fisica devono essere le stesse in tutti i sistemi inerziali, e che la velocità della luce nel vuote rispetto ai sistemi inerziali è costante. Il fatto poi che sia anche la velocità limite è una conseguenza della struttura metrica dello spazio-tempo, ovvero che gli intervalli spaziotemporali relativi ai moti devono essere “di tipo tempo” ecc. ecc.
Grazie Giorgio… i tuoi articoli sono sempre molto interessanti.
Sono anche io fortemente convinto che molti “errori” siano dovuti al fatto di considerare Dio soggetto alle leggi temporali… In realtà, Dio è fuori dal tempo; Pietro riporta una definizione ancor più relativistica!:
“davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo.” (2 Pt 3,8)
Ti farei volentirei una domanda… un po’ di tempo fa riflettevo sull’affermazione di San Paolo sul fatto che tutta la creazione è stata guastata dal peccato dell’uomo. Noi affermiamo anche che la Redenzione di Cristo ha avuto effetto anche su tutte le generazioni passate nate prima di lui.
Sembrerebbe che questi due eventi si siano propagati sia in avanti sia indietro nel tempo. Io me lo immagino così (scusa la semplificazione)… immagino lo scorrere del tempo come un fiume che scorre lento, se lancio un sasso le onde si propagano sia verso valle sia verso monte, risalendo la corrente. Per me peccato originale e Resurrezione sono simili a quel sasso e le conseguenze negative e positive sono simili alle onde.
Mi domando se fisicamente, ciò abbia un senso. Ho letto qualcosa sui tachioni, ma la mia preparazione non è sufficiente…
Grazie, Emanuele.
In scienza naturale non esistono leggi, che si applichino sempre e perfettamente in tutti i casi, eccetto forse il secondo principio della termodinamica, “la legge più importante di tutta la scienza” (Einstein). Questa legge, che sancisce l’evoluzione di ogni sistema isolato verso un disordine sempre maggiore ed il degrado dell’energia complessiva, dà la freccia del tempo. Quindi lasciamo ad Hollywood le fantasie sul ritorno al passato!
Quanto all’escatologia, la mia concezione è che i giusti risusciteranno in anima e corpo alla fine del tempo, quindi “tutti insieme”, se pensiamo che per ognuno di noi, dopo la nostra morte, tutto il tempo residuo trascorrerà in un attimo, lo stesso attimo che, per ognuno di noi, è trascorso dall’inizio del tempo alla nostra nascita.
Grazie per la risposta puntuale.
Certamente io non ipotizzavo un viaggio nel tempo stile “Ritorno al futuro”, ma, se ben capisco, è fisicamente impossibile anche trasportare “informazione” nel passato (da qui il mio riferimento ai tachioni).
Tornando sul piano teologico, leggiamo nella Genesi che prima del peccato originale gli animali erano erbivori:
“A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde”. E così avvenne.” (Gn 1, 30)
L’uomo, con grande gioia dei vegani, sarebbe dovuto essere fruttariano 🙂
“Poi Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.” (Gn 1, 29)
“Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino” (Gn 2, 16)
Il concetto è ripreso pure con la maledizione dell’uomo:
“maledetto sia il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo
per tutti i giorni della tua vita.” (Gn 3, 17)
Quindi l’uomo non potrà più semplicemente stendere la mano e mangiare i frutti, ma dovrà coltivare con fatica una terra ormai guastata.
Ancora più avanti, prima del diluvio, vediamo un accenno del discorso di Paolo sulla creazione guastata per causa dell’uomo.
“Il Singore disse: “Sterminerò dalla terra l’uomo che ho creato: con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d’averli fatti”.” (Gn 6,7)
Oggi però sappiamo dalla paleontologia che animali carnivori sono sempre esistiti, ben prima che un uomo potesse commettere il primo peccato. L’idea che mi sono fatto io è che nel progetto di Dio, violenza e sopraffazione fossero estranei dalla creazione. Pure le catastrofi naturali non sarebbero dovute esistere. Infatti, perché Dio, sommo Bene, avrebbe dovuto creare un universo carico di violenza e sofferenza? Perché la natura, prima amica dell’uomo, diventa d’un tratto matrigna ed avida dei suoi doni?
Tramite Isaia, Dio annuncia Cieli nuovi e Terra nuova dove “Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come un bue” (Is 65, 25). Ossia la nuova creazione dovrà rimettere le cose a suo posto.
Dunque, l’evento del peccato originale, in qualche modo ha “modificato” la linea temporale. Si è propagato in avanti, rendento noi schiavi della concupiscenza; ma si è propagato anche inditro, danneggiano tutta l’opera della creazione dalle sue origini. E’ come se in un istante fosse stata riscritta la storia di tutto l’universo. Così sarà la fine dei tempi, tutto sarà “riscritto” dal principio in un solo istante eterno.
Sì, so che leggere “letteralmente” la Genesi può portare a conclusioni farneticanti (vedi certe sette protestanti), ma certo non possiamo tralasciare di capire cosa significano quei versetti. Non possiamo neppure ammettere che Dio abbia creato un universo imperfetto e prono al male. Da qui la mia curiosità su una possibile spiegazione fisica sul come l’universo sia diventato imperfetto e sofferente.
Grazie di nuovo.
Ti leggo,Vi seguo con piacere ed attenzione massima(Tu e il Prof.Enzo).
Anche nel breve colloquio(ovvero disputa)con il Prof.Odifreddi ho notato(assieme a molti altri)un certo stile,un chiaro comportamento civile.
ps.Mi ricordavo un Odifreddi molto aggressivo(anche troppo)in tv.Trovo invece molto gradevoli i suoi commenti scritti(anche se non è obbligatorio condividere i suoi concetti).
Ciao stò,
anche io trovo che Odifreddi su CS sia stato un buon intelocutore, sicuramente più tranquillo e disponibile di molti altri non noti.
Ma chissà, forse è anche merito dell’ambiente tranquillo e tecnicamente preparato che ha trovato… senza false modestie, sei d’accordo?
Ciao Prof;
oramai Cs è la Tribuna Ufficiale(nel web)per la critica scientifica.
Manca ancora il Doc Ufficiale,ma arriverà.
Per quanto riguarda la pacatezza di Odifreddi piuttosto che la volgarità infinita di altri che lo scimmiottano……preferirei non fare commenti.
Ma senza dimenticare l’utilissima critica della critica di 1/1O !