Eutanasia? No grazie, accompagnare non sopprimere
- Ultimissime
- 28 Set 2013
di Marco Gabrielli*
*cardiochirurgo all’Ospedale di Cattinara (Trieste)
da “Vita Nuova“, 20/08/13
Siamo nel pieno di una campagna in favore dell’eutanasia: dopo anni di pubblicità unidirezionale su alcuni casi limite siamo arrivati alla raccolta di firme per la sua legalizzazione. Il tutto abilmente condito da dati statistici non confermati (nessuno studio scientifico è mai stato commissionato su larga scala per conoscere l’effettiva opinione degli italiani) e portando casistiche poco credibili e comunque non confermabili quali quelle relative alla cosiddetta “eutanasia clandestina”.
Ci troviamo davanti a militanti che sanno coprire bene l’odore della morte parlando di libera scelta, di sofferenze evitate, di dignità della vita e di libertà fino alla fine, ma tacciono su cosa sia l’eutanasia, intesa anche come suicidio assistito ed abbandono terapeutico, e a cosa potrebbe portare la sua legalizzazione soprattutto in un momento di grave crisi economica che porta ai tagli alle spese sanitarie. Il tutto aggravato dall’inverno demografico che ci siamo creati che vede un numero sempre più esiguo di giovani dover prendersi cura di un numero sempre maggiore di anziani e dove, non avendo più figli, viene meno il primo livello di solidarietà, quello famigliare.
Facile l’analogia con precedenti campagne quali quella in favore dell’aborto. Chi si sarebbe mai aspettato che in 35 anni in Italia quasi sei milioni di bambini non sarebbero nati perché uccisi legalmente nell’utero materno con la legge 194/78? E dire che solo una minima parte dei bambini abortiti fa parte dei “casi limite” tanto pubblicizzati in occasione del referendum del 1981. Se viene meno un principio, tutto crolla. L’aborto è ormai un fatto routinario perché la vita di un feto non è più considerata un valore con tutte le conseguenze che non sempre si hanno presenti: si è smesso di cercare soluzioni alternative in termini di aiuti, anche economici, ai genitori; si è smesso di ricercare terapie in grado di trattare eventuali patologie fetali; è venuta meno una rete di solidarietà in grado di aiutare le madri e le famiglie a cui fosse capitata una “gravidanza indesiderata”. L’aborto è considerato la soluzione migliore e chi non vi ricorre viene pesantemente commiserato: non sarà “obbligatorio”, ma è “fortemente consigliato” e, in assenza di aiuti concreti, come quelli erogati dal volontariato, non lascia spesso alternative.
Facile l’analogia con l’eutanasia. Perché continuare a ricercare cure quando c’è una via diversa? Perché dovrebbe continuare a vivere una persona quando un’altra affetta dalla stessa malattia ha deciso di morire? Meglio: perché lo Stato dovrebbe continuare a pagare cure per chi ha l’eutanasia come alternativa? Il passo che porterà a chiedere l’eliminazione di tutte le vite “non degne di essere vissute” è brevissimo. Lo abbiamo già visto in un triste passato che ora cerchiamo di dimenticare. Lo vediamo quotidianamente con l’aborto eugenetico.
Dai paesi europei ed extraeuropei in cui già è legale l’eutanasia giungono notizie allarmanti. Per brevità accenno solo all’estrema facilità di accesso al “suicidio assistito” che viene erogato anche per patologie non in fase terminale, alla sospensione delle cure e dei trattamenti salvavita per i pazienti più anziani o affetti da un elenco crescente di patologie per le quali è sufficiente non assumere dei farmaci per alcuni giorni per arrivare al decesso, all’eutanasia del non consapevole quale può essere un malato di Alzheimer, agli errori diagnostici su persone avviate verso protocolli eutanasici e alla sempre più diffusa “eutanasia pediatrica”. Anche fosse vero che una esigua minoranza di medici pratica l’eutanasia non sarebbe sufficiente per far approvare una legge che la consenta: questo varrebbe anche per tutti gli altri reati, pensiamo, ad esempio, all’evasione fiscale o al non rispetto dei limiti di velocità.
Non è cosa esclusiva dei cristiani riconoscere che è insito nell’uomo quell’istinto di sopravvivenza che ci accomuna agli animali e che eliminiamo solo facendoci violenza. In più l’uomo, con la ragione, dovrebbe riconoscere la vita come valore assoluto. Non possono essere dimenticate tutta quella serie di relazioni che danno scopo e dignità alla vita, anche se questa attraversa momenti difficilissimi ed è particolarmente fragile, vulnerabile, dipendente e, per questo, richiedente aiuto e sostegno. Voler eliminare con la morte queste fasi fa venir meno l’umanità di chi soffre e di chi accompagna nella sofferenza. Accompagnare non è semplice, ma sicuramente più umano che sopprimere.
Non è detto che si debba per forza soffrire, accusa gratuita che viene spesso rivolta verso la Chiesa Cattolica: già nel 1957 papa Pio XII precisò che è da ritenersi moralmente lecita una terapia antidolorifica anche se, al fine di alleviare i dolori, di fatto abbrevia la vita. Insegnamento ribadito anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, che pure vieta espressamente l’accanimento terapeutico. La “morte imposta nella sofferenza” di cui i cattolici vengono accusati è una menzogna pretestuosa di chi si batte per la legalizzazione dell’eutanasia.
Da ultimo qualche brevissima considerazione sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Le DAT sono lo strumento culturale per far accettare ed approvare l’eutanasia. In assenza di una legislazione nazionale non ha alcun senso istituire dei registri a livello locale che le raccolgano. Non si deve temere che i medici pratichino il tanto temuto accanimento terapeutico perché questo è vietato tanto dal Codice Penale quanto dal Codice di deontologia medica. Lo stesso dicasi per l’eutanasia. Che valore può avere una dichiarazione resa in giovane età, davanti ad un funzionario non preparato a raccoglierla in un mondo in veloce cambiamento anche dal punto di vista terapeutico? Tutti noi possiamo cambiare le aspettative di vita e magari quello che oggi ci sembrerebbe insopportabile un domani potrebbe non esserlo più e quanto oggi non è curabile un domani potrebbe diventarlo. Desta preoccupazione leggere il testo di alcune DAT sottoscritte da giovani e rese pubbliche attraverso Internet. Chi firma queste dichiarazioni, spesso tratte dallo stesso canovaccio, dichiara di rifiutare trattamenti quali “rianimazione cardiopolmonare” o “intubazione tracheale”, trattamenti che, se accompagnati al trattamento risolutivo delle cause che li hanno resi necessari, possono portare alla piena guarigione. Il rifiuto aprioristico di questi trattamenti può causare la morte della persona che avrebbe potuto riprendere una vita normale. Stiamo attenti a quello che firmiamo…
49 commenti a Eutanasia? No grazie, accompagnare non sopprimere
Sull’eutanasia non parlo più, deluso dall’impossibilità di una intera comunità di rispondere a questa mia semplice domanda:
“La mia domanda sull’eutanasia è sempre la stessa, a cui trovo difficilmente risposta: se io vi porto dei casi estremi, in cui il malato non ha certamente possibilità di migliorare, e per diversi motivi non può evitare di soffrire dolori strazianti notte e giorno senza possibilità di sedazione, sareste a favore dell’eutanasia? Lo chiedo perchè spesso si aggira la questione ideologica dicendo “ma tanto la medicina risolve tutti i dolori”. A mio parere, se neanche in questo caso accettettereste l’eutanasia, il discorso non è più laico e basato sul buon senso, ma basato sul credo religioso.
Secondo me, ovviamente”
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Mi ha risposto solamente Emanuele, che ringrazio, anche se la sua non era una risposta, perchè iniziava con “E io ti chiedo invece…” ed evitava accuratamente di rispondere.
Ti è stato risposto più volte, invece. Basta semplicemente leggere il Catechismo della Chiesa Cattolica ed è contenuta in questa frase: “L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”.
La situazione che descrivi rientra nell’accanimento terapeutico e dunque lo si deve evitare, ma non è eutanasia è semplicemente non impedire la morte.
Il discorso è assolutamente fondato da ragioni laiche e non solo religiose.
Anche togliendo il sondino ad Eluana, semplicemente non si è impedito la morte.
Ancora strumentalizzate la sua morte? Eluana non era in stato terminale, stava benissimo (a volte si ammalava di tosse) e come tanti altri pazienti in stato vegetativo sono riusciti, aveva anche la possibilità di risvegliarsi.
Prova a stare due giorni interi senza mangiare e bere, poi valuta se ti sembra una fine dignitosa…
Dar da mangiare e bere ad Eluana, così come a qualsiasi altro essere umano, non è accanimento terapeutico, ma è semplice soddisfazione di due bisogni fisiologici: la nutrizione e l’idratazione.
Ecco: Eluana è stata tenuta una settimana – ripeto: una settimana! – senza mangiare e soprattutto senza bere (una settimana senza cibo è, pur con molte difficoltà e rischi, possibile, mentre una settimana senz’acqua causa danni renali irreversibili che portano alla morte) e questo privarla del sostentamento vitale l’ha condotta alla morte (già: perché Eluana, prima che la mettessero a “digiuno forzato”, fisicamente stava bene ed il suo elettroencefalogramma era tutt’altro che piatto… in poche parole, Eluana, anche se non era nella condizione di alzarsi dal letto, di parlare, ecc… era VIVA!).
Cosa ci sia di pietoso ed umano nel far morire di fame e sete una persona Beppino Englaro me lo deve spiegare…
Grazie per la risposta. Sempre ragionando sul piano teorico, se questo decorso doloroso e da evitare non fosse diagnosticato come di breve durata, ma nell’arco di anni, sarebbe però impossibile non impedire la morte in modo passivo. Concordi con me che non sarebbe sostenibile, come condizione, dunque che si fa?
Non avevo visto questa tua domanda, ti rispondo come ho già risposto più sotto: non esiste più una situazione del genere oggi, la medicina palliativa è talmente sviluppata che nessuno vive più nel dolore.
Come dimostrartelo? Basta citare Umberto Veronesi, oncologo certamente non passabile come oppositore dell’eutanasia: “Nessuno mi ha mai chiesto di agevolare la sua morte. Ho posto da sempre un’attenzione estrema al controllo del dolore e, per mia fortuna, nessuno dei miei pazienti si è mai trovato in una condizione di sofferenza tale da chiedere di accelerare la sua fine”.
http://scienza.panorama.it/salute/intervista-a-umberto-veronesi
Puoi approfondire leggendo quel che dicono in merito tanti altri specialisti: tutti la stessa cosa.
https://www.uccronline.it/2012/03/15/il-neurologo-marchetti-chi-pratica-leutanasia-e-un-medico-fallito/ (dott. Marchettini, specialista del dolore)
https://www.uccronline.it/2011/10/05/loncologo-agnostico-lucien-israel-%C2%ABecco-perche-sono-contrario-alleutanasia%C2%BB/ (dott. Lucien Israel (oncologo agnostico)
https://www.uccronline.it/2013/02/10/eutanasia-il-dolore-fisico-si-puo-annullare/ (dott. Cancelli specialista in medicina palliativa)
Trovami un solo medico specialista che dica oggi che i pazienti rischiano di vivere anni nel dolore fisico.
Ti rispondo io (o, almeno, ci provo).
Tu dici: “Se per diversi motivi il malato non può evitare di soffrire dolori strazianti notte e giorno senza possibilità di sedazione, sareste d’accordo con l’eutanasia?”
Io ti dico: no, non sarei d’accordo con l’eutanasia.
E ti spiego i perché:
1) perché la letteratura scientifica ci dice che la terapia del dolore (cioè le cure paliative) oggi è arrivata ad un livello eccellente, per cui tutti i malati possono evitare di soffrire ricorrendo a tali cure (che sono gratuite). Non mi risulta (e fidati: te lo dice un chimico farmaceutico) esistere alcuna malattia, anche la più grave e dolorosa, per la quale non esista una sedazione paliativa e efficace.
Quindi la frase “vogliamo l’eutanasia per non soffrire” è ampiamente confutata dai fatti;
2) e perché, al di là dell’effetto delle terapie paliative, la vita umana, pur nella sofferenza, anche la più atroce, non è mai meno degna di essere vissuta. Non è lo stato di salute o di malattia a rendere una vita degna o meno: e questo è un discorso laico e basato sulla natura umana.
Forse, ma se il paziente ti dice: ” basta non cela faccio più ” , che fai, fai finta di non capire o di non aver sentito? Evidentemente l’ unica risposta ragionevole è che bisogna trovarcisi dentro.
E se il paziente entra in ospedale e dice: “basta, tagliatemi la mano mi fa male”? Fai finta di non capire o di non sentirlo? Il dolore si cura, non si elimina il paziente..questa è l’unica cosa ragionevole oltre a trovarcisi dentro come dici giustamente tu.
Daniele, credo che in situazioni estreme la scelta non spetti ad altri che alla persona sofferente, ed ho difficoltà ad immaginare determinate situazioni come “degne di essere vissute”.
Il tuo non è un discorso laico: ti faccio un esempio che confuta la tua affermazione sul piano razionale: meglio essere uccisi subito o lentamente in 10 anni nel modo più doloroso dal più perverso dei serial killer? Quesi dieci anni sarebbero degni di essere vissuti? Ovviamente no, il che non rende il tuo discorso assoluto, ma da valutare caso per caso. Come tutto.
Certamente, il paziente è colui che deve decidere ma la sua scelta è limitata. Se un paziente chiede di avere la gamba amputata nessuno lo ascolterà a meno che non sia una decisione dei medici assieme a lui, lo stesso per quanto riguarda la sua morte. Se le cure sono sproporzionate rispetto all’utilità allora è giusto interromperle lasciando incombere la morte…ma mai favorendola.
Per questo “l’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima”.
Io ho amici disabili, i quali, chi più chi meno, incontrano quotidianamente delle difficoltà: secondo te è tutta gente la cui esistenza non è dignitosa?
Sveglia! La dignità umana non coincide col benessere fisico-materiale! L’essere umano è BEN PIU’ che “un ammasso di proteine, grassi e zuccheri dispersi in acqua” (definizione strettamente biologica)!
Ah sì? Queste meraviglie di cure, sono (come è accaduta a mia madre) 5 gocce di Lexotan a fronte di un blocco renale conseguenza di un fegato completamente distrutto? Basta dirti che a mia madre, effettuavano la paracentesi senza un minimo di anestesia, eppure lei non emetteva un lamento, tranne lamentarsi in continuazione quando era, oramai in fin di vita. Possibile che ho dovuto prendere io per l’orecchia il medico di guardia e minacciare un casino per farle somministrare la morfina? E sai il perchè? Perchè, secondo i loro ragionamenti bacati, stà povera donna, avrebbe potuto, con la morfina, morire qualche ora prima, in una situazione inevitabilmente, di non ritorno.
E per ovviare ai danni della malasanità tu cosa proponi?
Non mi dirai che anche per te, come proponeva l’Aktion T4, la soluzione è quella di eliminare i malati più gravi?
O ci sono, queste cure palliative, queste cure per non far soffrire inutilmente i malati, o non ci sono.
Ci sono e sono perfettamente funzionali allo scopo.
Sono cure che, correttamente applicate, possono addirittura allungare la vita di un malato terminale; e sono protocolli che il Magistero non osteggia in alcun modo anche se, raramente, potrebbero indirettamente accelerare la fine.
Bisognerebbe analizzare il caso specifico ed evitare le generalizzazioni: se tua madre è stata trattata in modo poco professionale e poco umano dai medici che l’avevano in cura (questo “se” andrà confermato o smentito), ciò non significa che “tutto il sistema sanitario sia inefficiente nel fornire terapie adeguate ai pazienti con dolore cronico”.
E, comunque, l’eutanasia non è mai una risposta…
La comunità scientifica – ed anche la Chiesa – invece approva l’uso degli antidolorifici, in proporzione al male di una persona (male leggero: analgesico leggero, male forte: analgesico forte).
Comunque, chi ancora pensa che la Chiesa ed i medici cattolici siano dei “sadici che godono a far soffrire la gente” è bene che legga questa cosa:
“L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”.
Queste parole, circa il fatto che “le decisioni devono essere prese dal paziente”, non sono di U. Veronesi, B. Englaro, P. Welby, L. Coscioni o di qualche altro esponente della galassia Radicale, ma si trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato una 20ina d’anni fa dal Beato Giovanni Paolo II e redatto, in larga parte, dall’allora Card. J. Ratzinger.
Più che una mancanza di umanità, un’idea distorta di umanità, perchè lasciare una paziente, con il quadro clinico che ho descritto (fegato distrutto dalla cirrosi, dovuta ad un’infezione, reni in blocco come conseguenza), una paziente che, ripeto, non emetteva un fiato quando le praticavano la paracentesi (un ago spesso e lungo, atto ad aspirare i liquidi che si formano nell’addome, perchè non più filtrati dagli altri organi), e che quasi urlava dal dolore, “sedata” da 5, e ripeto 5 gocce di Lexotan, il tutto per il cretinissimo scrupolo che la morfina avrebbe accorciato di qualche ora la vita (l’agonia) della paziente.
Cara Titti,
mi dispiace molto per tua madre e per te. Purtroppo l’ignoranza e l’indifferenza sono sempre presenti, ma questo non è legato al rifiuto dell’eutanasia.
Io ho una certa pratica di pronto soccorso per problemi personali e familiari… Nessuno ha negato antidolorifici, oppiacei compresi, anche per problemi minori (frattura). Purtroppo la situazione italiana è molto a macchia di leopardo…
Purtroppo, quello che è successo a tua madre è frutto della “cultura dello scarto” che denuncia il Papa. Tua madre, per la società dell’efficientismo e della salute a tutti i costi, era uno scarto, indegna di un trattamento umano… Scusa la brutalità.. Un vero cristiano non avrebbe negato la morfina, poiché il suo uso è per la dignità della persona, anche se può accorciare la vita. Come scritto da altri ciò è raccomandato dal Catechismo.
Rifletti sul fatto che se fosse passata la legge sull’eutanasia, sarebbe stata trattata pure peggio. In caso di richiesta, non potendo praticare l’eutanasia attiva, avrebbero sospeso i trattamenti medici. Avrebbero sospeso anche l’idratazione, peggiorando la sofferenza di tua madre… Dubito che quel medico si sarebbe preoccupatp di sedarla, al massimo un po’ di paracetamolo…
Tua madre, forse avrebbe sofferto per poche ore, abbandonata a se stessa… Altri dovranno aspettare giorni, prima che la disidratazione porti ad un blocco cardiaco…
Questo e quello che avresti voluto?…mi scuso di nuovo per i toni forti.
Tu vivi fuori della realtà; o meglio, ti sei lasciato abbindonale da chi, non conoscendo l’insegnamento del Magistero, spaccia per vere cose che nessuno ha mai affermato.
Recita infatti il numero 2279 del Catechismo dela Chiesa Cattolica:
” Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.”
Cosa significa, secondo te (scusa la ripetizione, ma spero ti sia chiaro il concetto): “anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni”
Leggiamo però le risposte degli altri, Paolo aveva già risposto in modo simile.
Su questi argomenti è meglio essere, a costo di sembrare pignoli se non addirittura pedanti, molto chiari: Paolo cita l’accanimento terapeutico (art.2278), mentre, se non sbaglio, la domanda di Umberto P. verteva sulla possibilità di ricorrere alle terapie antidolorifiche anche se queste hanno come conseguenza la morte del paziente.
Ah ok, scusami.
…Ok, ma la tua domanda nasce viziata, come ti ho già segnalato. Quali sono i casi in cui non è possibile la sedazione? Perché io non ne conosco e quindi il tuo problema non si pone…
Potrebbe essere anche un ragionamento per assurdo… “mettiamo che non si possano sedare, come agireste?”…
Se puoi chiarire questo punto, ti rispondo più articolatamente, anche se mi farebbe piacere avere un tuo commento alla mia critica ad un sistema sanitario (e relativi amichetti politici e lobbisti) che guadagnerebbero molto dall’eutanasia.
Esatto, Emanuele, ragioniamo per vie teoriche, in mancanza di univoca informazione. Ti chiedo come sarebbe giusto secondo te comportarsi con una persona con dolori indicibili, ovviamente non alleviabili, che ha davanti ancora molti anni di vita, ed è cosciente ed incapace di porre fine da sè alle proprie sofferenze.
Non esiste più una situazione del genere oggi, la medicina palliativa è talmente sviluppata che nessuno vive più nel dolore.
Come dimostrartelo? Basta citare Umberto Veronesi, oncologo certamente non passabile come difensore dell’eutanasia: “Nessuno mi ha mai chiesto di agevolare la sua morte. Ho posto da sempre un’attenzione estrema al controllo del dolore e, per mia fortuna, nessuno dei miei pazienti si è mai trovato in una condizione di sofferenza tale da chiedere di accelerare la sua fine”.
http://scienza.panorama.it/salute/intervista-a-umberto-veronesi
Ho letto ora che stai ragionando per “vie teoriche”. Ma perché? A che scopo? Che senso ha, Umberto? E se per vie teoriche non esistessero più ospedali o medici sarebbe lecito improvvisarsi tali e mettere mano sui malati? E se gli extraterrestri….ecc. Sinceramente le vie teoriche mi interessano poco, parliamo del presente.
Per due motivi:
1) perchè mi interessa confrontarmi sul principio
2) perchè potrei citare altrettanti articoli in cui si verificano evidenti casi di accanimento terapeutico.
Ora che ti ho accontentato completamente sulle tue richieste di precisazioni, puoi rispondermi in modo diretto? In ogni caso rispetterò le tue opinioni.
Ti ringrazio del rispetto con cui stai dialogando, è molto utile e c’è da imparare. Dico sul serio.
Mi sembra comunque di averti già risposto abbondantemente, caro Umberto. Sia io che altri utenti: se è accanimento terapeutico, cioè se le cure sono sproporzionate allora è giusto interromperle.
Tu vuoi una risposta sul piano ipotetico? Ma perché ipotizzare una situazione in cui il dolore non è governabile se oggi lo è completamente. La medicina progredisce dunque non si tornerà più indietro e infatti il “problema del dolore” oggi non è più realtà. Io non amo ragionare per principio e fasciarmi la testa prima del problema, se la medicina non potrà più curare completamente il dolore come fa oggi ragioneremo assieme, ma stiamo sul presente.
Senza entrare nel merito della discussione, non posso esimermi dallo smentire una tua ferrea convinzione: non è vero per niente che il dolore oggi è “completamente governabile”. NON E’ VERO! Esistono innumerevoli testimonianze (basta cercare in rete) di persone che hanno dovuto assistere un paziente in fase terminale, vittima di dolori insopportabili. Vengono in mente subito talune forme di cancro, capaci di “regalare” sofferenze inaudite, che la medicina – mi spiace deluderti – è in grado di alleviare solo in minima parte. Magari non si tratta di sopportare per anni, ma per settimane e a volte mesi certamente sì.
Ripeto che la mia vuole essere solo una precisazione sullo stato attuale della terapia del dolore, che è molto meno roseo di quanto alcuni utenti – che forse hanno la fortuna di non essere mai stati toccati da certe realtà – sembrano credere.
Hai fatto molto bene a precisare, non conosco queste situazioni e mi sono basato su quello che viene descritto dai medici del dolore che citavo in altri commenti.
Sono loro ad escludere ogni tipo di dolore fisico insopportabile…e se esso davvero è insanabile per i malati terminali esiste la sedazione palliativa, vedi il card. Martini.
Ti posso assicurare che il dolore oggi è “completamente governabile”.
Che poi non ci sia la volontà o la capacità di farlo, quella è un’altra storia.
Io so per certo che spesso non viene governato. Se, come sostieni tu (spero da esperto e non solo per sentito dire), esso è realmente governabile – quindi reso sopportabile – in tutti i casi, significa che un certo numero di medici e di operatori sanitari sono o incapaci o in malafede, magari a causa di pregiudizi e inaccettabili ritardi culturali. Penso allora che sia il caso di fornirgliele, anche a forza se necessario, questa volontà e questa capacità. Non sei d’accordo?
http://www.sardegnasalute.it/documenti/9_46_20080702124227.pdf
Scusa se rispondo solo ora…
Nel caso che prospetti tu, purtroppo non potremmo comunque agire per sopprimere il malato. Infatti, per farlo dovremmo applicare un arbitrio.
Immaginiamo che ci siano vari malati e classifichiamoli per intensità di dolore in una scala da 0 a 100 (sì, oggi il dolore si può misurare!). Si andrà dalle sbucciature, alle fratture, alle ustioni, fino ai dolori oncologici.
Il malato con punteggio 100 ci chiede l’eutanasia; noi acconsentiamo. Ora è la volta del malato con puntrggio 99 e così via…
Dove ci fermiamo? A 90? A 85? Ovunque decidiamo ed un arbitrio. Infatti, se l’asticella è troppo bassa, sopprimiamo vite inutilmente; se è troppo alta, facciamo un ingiustizia a chi soffre molto ma non abbastanza.
L’unica strada sarebbe far scegliere il paziente insindacabilmente… Ma allora dobbiamo accettare l’eutanasia anche per una frattura o un mal di denti, che sul momento possono dare dolori insopportabili. Questo spero concorderai che non sia ammissibile…
Dunque non possiamo accettare l’eutanasia in nessun caso. Dobbiamo lasciare agire la natura (o la Provvidenza seconda dei casi).
“Stiamo attenti a quello che firmiamo…”
…e non solo: mettiamoci una mano sulla coscienza anche quando saremo (e forse lo saremo tra pochi mesi, visto che il governo potrebbe cadere e la legislatura finire tra pochi giorni) in cabina elettorale e cerchiamo di votare quei partiti e quei candidati (qualora ristabilissero la possibilità di esprimere i nomi dei candidati) per i quali il valore della vita umana è sacro ed inviolabile dal concepimento alla morte naturale: la difesa della vita umana non è un optional, ma è un caposaldo, che viene prima di qualsiasi altra cosa.
Afferma papa Francesco:
“Una diffusa mentalità dell’utile, la “cultura dello scarto”, che oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ha un altissimo costo: richiede di eliminare esseri umani, soprattutto se fisicamente o socialmente più deboli. La nostra risposta a questa mentalità è un “sì” deciso e senza tentennamenti alla vita. «Il primo diritto di una persona umana è la sua vita.”
http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/september/documents/papa-francesco_20130920_associazioni-medici-cattolici_it.html
Una riflessione perfetta, complimenti al dott. Gabrielli!!
Ho letto che alcuni frequentatori del blog intendono argomentare sull’eutanasia prospettando situazioni/casi limiti. Ciò mi ricorda che già prima della 194 si poteva procedere al procurato aborto in situazioni limiti eccezionali e vigeva la banale e semplice regola: nessuno può essere obbligata a dare prevalenza alla vita altrui a dispetto della vita propria.
Nel caso dell’eutanasia questa regoletta non é ovviamente richiamabile. Possiamo però prospettare la questione da questo punto di vista: la società umana non può “sostituirsi” al libero arbitrio delle persone anche se dalle stesse é avvallata la surrogazione. E ciò per la semplice e banale considerazione che nel tempo possono cambiare le condizioni fissate alla procura a uccidere. Potrebbe aver senso il trasferimento del libero arbitrio qualora la decisione della persona fosse istantanea e motivata; ma in questo caso nasce la constatazione che la stessa persona non sarebbe generalmente in condizioni psico-fisiche adeguate a giustificare eticamente il contratto di scopo.
In buona sostanza laicamente possiamo dire che il problema non ha soluzione e anche in questo caso l’etica cattolica prospetta quello che mediamente é la soluzione “umanamente” meno peggiore al problema.
Di malati terminali (specie di tumore) ne ho visti parecchi. Generalmente si inzia con il mettersi a letto e si finisce che diventi un “relitto umano” in attesa della morte.
Credo che sia una norma di civiltà permettere ad una persona la scelta sul suo fine vita. La cosa non accettabile è il non permettere la scelta alla persona.
Dobbiamo batterci tutti affinchè anche in Italia venga finalmente introdotta una legge che dia la possibilità di scegliere sul proprio fine vita. Oramai i tempi sono più che maturi…
In realtà i tempi non saranno mai maturi, anche perché soltanto 12 paesi hanno accettato l’eutanasia (con conseguenze paurose come Paesi Bassi e Olanda) e tutte le associazioni mediche principali sono contrarie.
https://www.uccronline.it/2013/07/15/le-associazioni-mediche-contro-eutanasia-e-suicidio-assistito/
La scelta di morire deve coinvolgere necessariamente due complici: lo Stato e il medico. Uno stato moderno, democratico e laico ha il dovere invece di tutelare la vita del paziente e non può accettare il fallimento della medicina.
Dovresti batterti per evitare che qualcuno arrivi a chiedere l’eutanasia, non perché qualcuno chieda di essere ucciso. D’altra parte, per uno che considera i malati dei “relitti umani” non ci può aspettare poi molto forse…
La libertà dell’individuo su questo argomento prevale su tutto (stato, medico religione).
Bidogna lasciare libertà di scelta all’individuo, chi vuol imporre il suo punto di visto non è degno di uno stato laico
Allora seguendo la logica del tuo ragionamento, io non posso educare i miei figli, gli insegnanti non possono più educare gli studenti, ecc… perché ciò sarebbe trasmettere un punto di vista?
Comunque, se osservi la realtà, ti sarai accorto che già le famiglie e le scuole già seguono i tuoi criteri (cioè hanno rinunciato ad educare e a trsmettere i valori): e, infatti, la conseguenza di questo è uno sfacelo della società che è già in atto.
Quando affermi che “chi vuol imporre il suo punto di visto non è degno di uno stato laico” hai perfettamene ragione?
Perché allora vorresti che il punto di vista di chi vuole farla finita con la vita diventasse obbligo civico?
Non esiste nulla del genere nel codice civile, se la libertà dell’individuo prevale su tutto non capisco perché si sia obbligati a indossare le cinture di sicurezza, il caso, le protezioni al lavoro, rispettare la volontà dei medici sulla propria salute ecc.
La libertà dell’individuo non arriva fino a questo punto in quanto non esiste il concetto di autodeterminazione che vuoi sostenere, non esiste alcun diritto ad avere dei complici per il proprio suicidio.
Uno stato laico, democratico e moderno non può contemplare l’eutanasia, cioè il fallimento della medicina.
Quello dell’eutanasia è senz’altro uno dei temi più complicati che un essere umano possa affrontare. Sarei tentato di dire la mia sull’argomento, ma non posso fare a meno di pensare che non sia neanche lontanamente immaginabile una situazione del genere senza averla vissuta da molto vicino. Quindi non mi resta che ringraziare e continuare a pregare Dio affinchè non debba mai trovarmi ad affrontare una situazione simile, perchè non so se avrei la fede, la forza e la lucidità necessaria. Forse questo mio commento trasuda egoismo, forse paura, ma è così che la penso.
Buongiorno a tutti. Vi segnalo una cosa importante: la “Giornata nazionale dei risvegli”, organizzata dall’associazione Gli Amici di Luca. (http://www.amicidiluca.it/) Si tratta di una serie di manifestazioni, anche ma non solo di carattere scientifico, relative al trattamento e all’assistenza alle persone con stato di minima coscienza/locked in syndrome.
Qui (http://www.amicidiluca.it/files/DepliantGiornata2013.pdf) il programma generale.