Perché l’aborto è un dramma se lo zigote è un grumo di cellule?
- Ultimissime
- 07 Ago 2013
Recentemente su “La Stampa” la giorna-femminista Mariella Gramaglia ha affermato che la «maggioranza delle laiche femministe detesta l’aborto con tutto il cuore». Ma perché mai dovrebbero provare questi sentimenti? L’embrione e il feto non sono forse un grumo di cellule? E perché tanto dispiacere nel rimuoverlo?
Se ieri l’aborto era l’asso nella manica, un contraccettivo finale, per permettersi una vita sessualmente promiscua, oggi si è magicamente trasformato in un dramma. Ma perché è un dramma abortire se l’embrione è una non-persona, un non-essere umano? Perché questo dolore? Lo ha spiegato il card. Carlo Maria Martini: «A partire dal concepimento nasce infatti un essere nuovo, diverso dai due elementi che, unendosi, lo hanno formato. Tale essere inizia un processo di sviluppo che lo porterà a diventare quel “bambino”, cosa meravigliosa, miracolo naturale al quale si deve acconsentire. È questo l’essere di cui si tratta, fin dall’inizio. In quanto chiamato e amato, questo qualcuno ha già un volto, è oggetto di affetto e di cura. Ogni violazione di questa esigenza di affetto e di cura non può essere vissuta che in un conflitto, in una profonda sofferenza, in una dolorosa lacerazione» (C.M. Martini e U. Eco, In cosa crede chi non crede?, Liberal Libri 1996, p. 12).
Evidentemente dunque oggi anche la “maggioranza delle laiche femministe” sono riuscite -seppur senza ammetterlo- ad entrare in possesso di un testo scientifico di embriologia, scoprendo che «lo zigote è formato dall’unione di un ovocita e di uno spermatozoo, è l’inizio di un nuovo essere umano» (K.L. Moore, “Before We Are Born: Essentials of Embryology”, 7th edition, Saunders 2008, p. 2).
I giochi dovrebbero allora essere già chiusi perché la personalità del feto è chiaramente la questione cruciale per l’aborto: se il feto non è una persona, l’aborto non è l’uccisione deliberata di un innocente. Ma se invece il feto è una persona, allora si tratta di omicidio, pratica illegale. Tutti gli altri aspetti della controversia sull’aborto sono relativi a questo. Ad esempio, le donne hanno dei diritti sul proprio corpo, ma non sopra i corpi di altre persone. Ed infatti l’interruzione di gravidanza non è un diritto, come ha confermato Vladimiro Zagrebelsky, magistrato ed ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo. Le persone hanno un “diritto alla vita”, ma le non-persone (ad esempio cellule, tessuti, organi, piante, animali ecc,), non lo hanno.
Essendo ormai chiaro che lo zigote è biologicamente e geneticamente umano ed un membro distinto della specie homo sapiens, chi intende giustificare la sua soppressione è costretto ad inventarsi la categoria degli “esseri umani non persone”, dicendo che zigote-embrione-feto sono sì umani, ma non sarebbero persone e dunque privi di diritti sacri e inviolabili. Esattamente come la Corte Suprema americana, che nel 1857 affermava che “a norma di legge, i negri non sono persone” così da giustificare il razzismo. Ma, come spiegato dal filosofo Massimo Reichlin, docente dell’Università Vita-Salute San Raffaele, la «differenza tra persona e essere umano è ben lungi dall’essere teoricamente difendibile» (M. Reichlin, “Etica e neuroscienze”, Mondadori 2012, p. 32.33). L’onere della prova e della dimostrazione spetta ovviamente a chi ha inventato questa nuova categoria di esseri umani, usando la stessa tattica retorica dei dittatori che nella storia hanno voluto giustificare teoricamente i loro crimini illudendosi di sentire così meno peso sulla coscienza.
Il dolore, fisico e morale, della donna dopo un aborto distrugge ogni subdolo tentativo dei teorici abortisti. Lo sa bene la tuttologa Chiara Lalli, che ha scritto un intero libro provando inutilmente a convincere che in realtà le donne non provano alcun dolore ad abortire (“La verità, vi prego, sull’aborto”), sperando così di emergere dalla contraddizione che abbiamo posto all’inizio di questo articolo. Proprio questi tentativi, in realtà, dimostrano l’inesistenza di un solo argomento convincente a sostegno dell’interruzione di gravidanza allorquando si ha la dignità e la maturità intellettuale di riconoscere che zigote-embrione-feto non sono quel grumo di cellule come hanno voluto farci credere per anni radicali e femministe.
La redazione
14 commenti a Perché l’aborto è un dramma se lo zigote è un grumo di cellule?
Ma se la maggioranza delle femministe odia l’aborto com’è che da loro sento solo parole al vetriolo contro feti e bambini, “rei” (a loro parere) di “impedire” loro la carriera (poi vorrei sapere perché si dicano “di sinistra”, dal momento che arrivismo e carrierismo da sempre sono tipici dell’ordine liberale e capitalista…)?
O che fanno parlare solo quelle che sono abortiste, o che la regola del “femminazismo” è l’abortismo.
In un certo senso, mi ricorda un discorso di Dara di qualche tempo fa.
Il nostro, dopo essersi dichiarato tendenzialmente contrario all’aborto, dichiarò che questa pratica è in realtà destinata a scomparire, con la scoperta di contraccettivi sempre più efficaci o persino definitivi (ricongiungendosi forse alla celebre immagine positivista che ritrae il futuro della riproduzione in forma di donne sterilizzate alla nascita e fecondazione esclusivamente in laboratorio). Perciò, affidandoci alle magnifiche sorti e progressive, dovremmo tutti rilassarci: solo qualche altro miliardino di bimbi cestinati, e la società sarà nelle condizioni di far coincidere un’etica finalmente accettabile e senza ipocrisie verso l’embrione (non sarà più necessario eliminarne alcuno) con le soverchianti necessità edonistiche e gli improrogabili interessi personali, che ovviamente non saranno minimamente mutati da oggi.
In tutto questo, bisogna solo aspettare e sopportare qualche decennio, o meglio secolo, di lotta feroce e implacabile a questi bimbi che, maledetti, continuano a spuntare come funghi, e devono essere, ovviamente, estirpati senza alcuna pietà, a costo di nascondere sotto il tappeto l’essenza omicida della pratica a colpi di sofismi, minacce e imposizioni di tendenze culturali. Tra giustizia e interesse, perché mai far prevalere la prima?
E’ solo una mia impressione, o Dara in quell’occasione tentò di sdoganare il concetto di “guerra giusta” largamente utilizzato dai presidenti Bush?
“Le persone hanno un diritto alla vita, ma le non-persone (ad esempio cellule, tessuti, organi, piante, animali ecc,), non lo hanno.”
Un pò di cose a caso… Questi sono i problemi di chi vuole impostare un’etica senza solide basi che, necessariamente, sono religiose. Queste norme etiche sul fatto che gli animali non abbiano diritto alla vita mentre gli uomini sì, sono di un arbitrarietà incredibile, specialmete in ottica materialista! Per questo il loro (di solito quelli che parlano di diritti umani) accanito battersi per una morale mi irrita particolarmente…
A me preoccupa il fatto che il termine “esseri umani non persone” sarebbe potuto tranquillamente essere usato dai dittatori novecenteschi (si pensi ai nazisti quando parlavano degli ebrei). Non per voler fare una reductio ad Hitlerum, ma considerare degli esseri umani non persone è una cosa che mi mette i brividi. Soprattutto pensare che io, in quanto cattolico, per alcune persone potrei essere considerato essere umano non persona, in quanto semplice incidente dell’evoluzione…
Si certo son d’accordo, però quello che volevo evidenziare io è come questa morale (i diritti umani ecc.) di cui ci si fà portatori, non ha alcuna base oggettiva e nemmeno poggia su di un numero minimo di assiomi che generano tutto il resto. E’ più che altro un insieme di cose a caso che vanno bene a tanti e soprattutto son di moda nei paesi secolarizzati…
Capisco che colpisca di più questa distinzione umani-non persone perchè riguarda qualcosa di umano quindi a noi vicino, ma anche il sostenere che altre creature non abbiano diritto alla vita è per me incredibile. Fino a quando non si porterà devozione alla vita e a tutte le creature di Dio, non si potrà pretendere che l’aborto sia unanimamente condannabile, purtroppo…
La vedo ancora lunga sotto questo aspetto…
Nell’articolo “il diritto alla vita” lo si intende in senso giuridico, nella nostra Costituzione e per il diritto non c’è alcun “diritto” alla vita per gli animali. Se invece lo intendiamo in senso filosofico allora è chiaro che hai ragione tu, ma nell’articolo si parla di diritto giuridico alla vita.
Non sono d’accordo: l’uomo è l’unica creatura che può parlare di diritti perché ha coscienza di sé e della sua dignità.
Gli animali (seppur concordo che non vadano ingiustamente maltrattati) questa coscienza non ce l’hanno e non potranno reclamarla, così come non possono che seguire la legge del più forte (un leone non potrà mai, in rispetto alla dignità della gazzella, scegliere di cibarsi piuttosto di alimenti alternativi, come potrebbe fare l’uomo).
Basi oggettive ci sono, eccome.
Come puoi dire che gli animali non hanno una coscienza? Su quali basi? Intanto dovremmo prima definire bene il concetto di coscienza, ma comunque anche assumendo un significato intuitivo negarla negli animali mi sembra assurdo. E per me è assurdo che esista un diritto alla vita degli uomini, perchè la vita è qualcosa che riceviamo in dono e la sua sacralità non ha bisogno di diritti per essere difesa! Io detesto i diritti così detti naturali, perchè detesto pensare che siano diritti, ovvero regolamentazioni umane. E il fatto che un animale non reclami il diritto alla vita (come tutti gli esseri umani prima che questo fosse formalizzato) non vuol dire che la sua vita sia violabile in alcun modo! Anche un bambino appena nato non reclama il diritto alla vita, e allora?
Mi rendo conto della complessità del discorso ma il tuo ragionamento mi suona un pò vuoto ed egoista…
A me invece sembra che il voler conferire una coscienza (taluni vorrebbero quasi vedervi la ragione) agli animali sia una concezione disneyana e distorta della realtà.
Un gatto sa di essere gatto? Un cane sa di essere cane?
Prova a pensare se non ci fosse l’uomo a porsi questi problemi al loro posto: l’unica cosa che potrebbero fare è continuare a seguire il loro istinto, cacciare come predatori, essere cacciati come prede; come si fa a parlare di diritto alla vita (ma anche solo di diritto) in tutto questo? Come vedi la presenza di un diritto o meno (anche solo ipotetico) dipende solo dalla presenza dell’uomo, le questioni che riguardano la morale possono essere riferite solo a lui.
Un bambino è essere umano: cresce, apprende, acquisisce coscienza di sé, la sua coscienza è in divenire e si sta formando.
Quello che ti chiedo ora è: è giusto o sbagliato uccidere animali per nutrirsi?
Perché se gli animali hanno davvero un diritto alla vita questo non può essere valido a intermittenza, ma deve esserlo sempre: in più si dovrebbe essere processati ogni volta che se ne uccide uno.
Non finirò mai di stancarmi di segnalare questo articolo, che esprime molto bene quello che penso sulla faccenda:
http://www.minimaetmoralia.it/wp/contro-la-rogna-dellantispecismo/
PS: a me gli animali piacciono comunque, pensa che ho 3 gatti 😉
Completamente d’accordo caro LawFistpope, a volte il nostro amore per gli animali ci porta all’antropomorfizzarli anche nelle caratteristiche spiccatamente ed esclusivamente umane.
è un grumo di cellule, ma potenzialmente è un essere umano. Questo forse è il motivo
Quel grumo di cellule NON è un essere umano in potenza: per quanto mi riguarda lo è già. Piuttosto è un un essere umano ADULTO in potenza…
Le persone come Chiara Lalli che affermano la scarsa rilevanza dell’aborto nella vita psico fisica della donna, sebbene si dichiarino laiche, adulte, razionali vogliono (più o meno consciamente)credere a delle “favole” confezionate a loro uso e consumo. Ma la realtà è, come al solito, dura e non fa sconti, a scorno dei capricci di qualche veterofemminista. Assurdo poi affermare il “diritto all’aborto”. Anche in una ottica non religiosa, è del tutto evidente che la scelta di abortire è l’opzione per un male minore, per cui bisogna soltanto parlare di “possibilità di abortire” (in determinati casi).
Mettiamola così: le femministe vogliono fare carriera, però pensateci, la fecondazione assistita fatta a 50-60 anni non va sempre a buon fine (mi chiedo quante ne avrà dovute fare Gianna nannini!). L’età della donna e i vari aborti riducono la possibilità di aere figli.
Farne prima? Ok, tanto se hai una carriera e ti puoi permettere la baby sitter ci pensa lei a cambiare i pannolini e buona notte.
E poi c’è questo, il legame. Tra madre e figlio non ancora nato si crea un legame che non è solo chimico e fisico. Ecco perchè quando qualcuna abortisce ne esce psicologicamente devastata. Come una madre che ha ucciso un figlio a causa della depressione post-parto.
Dio ci ha fatte per amare, per dare la vita e questo non lo possono negare neanche le atee/agnostiche.