La genetica moderna ha smentito il darwinismo classico

Genetica 
 
di Giorgio Masiero*
*fisico

 

L’origine in Terra di tante forme di vita, diverse eppure simili, è un problema che ha interrogato l’uomo da sempre, dando luogo a miti e speculazioni. Nel 1837 Charles Darwin, alla fine di un “lungo ragionamento” iniziato col suo viaggio intorno al mondo – durante il quale aveva osservato ambienti diversissimi, dal Sud America all’Africa, dall’Australia all’Asia, raccogliendovi oltre 4.000 reperti di specie vegetali ed animali – credette di aver trovato la risposta nel binomio caso + selezione naturale.

Per Darwin, dati uno o pochi organismi iniziali sulla cui origine egli non avanzò ipotesi, tutte le specie si sono sviluppate l’una dall’altra; e il motore dell’evoluzione (durata 4 miliardi di anni, come ora si ricava dalle età dei fossili) sta nella successione di piccole mutazioni casuali, i cui effetti cumulativi sulle prestazioni degli individui sono selezionati; con la sopravvivenza dei più efficaci a moltiplicarsi nel loro habitat. Come l’atleta mosso dalla competizione rafforza con l’allenamento i muscoli e progredisce nelle sue performance, così la lotta quotidiana per la ripartizione delle risorse adattò i becchi dei fringuelli alle specialità alimentari di ogni isola delle Galapagos moltiplicandone le varietà. Lo stesso accadde altrove per le altre specie, via via fino a coprire mare, terra e cielo delle più forti e più prolifiche in ogni nicchia. Fino all’uomo.

Secondo tale proposta, la selezione naturale non fa soltanto la spogliazione come una massaia agli scaffali del supermarket, così spiegando in maniera convincente la scomparsa accertata di molte specie, ma in cooperazione col caso creerebbe anche la novità – come al supermarket non fa la massaia, ma l’azione di rifornimento del commerciante –. Darwin era consapevole dell’importanza cruciale del meccanismo della selezione naturale nella sua teoria, perché sapeva che un monologo del caso avrebbe potuto svolgere solo ruoli comici nel teatro della scienza. Sicché nel suo capolavoro egli mise bene in evidenza fin dal titolo (“The origin of species by means of natural selection”) e nelle introduzioni a tutte le edizioni finché fu in vita, che la selezione naturale era per lui “la causa principale delle modificazioni” tra specie, ammettendo che una smentita di questa assunzione avrebbe invalidato la sua teoria.

Ebbene, “oggi” la creatività della selezione naturale, buona forse per le conoscenze fisiche e chimiche di metà ‘800, non sta più in piedi. Da allora è passato un tempo enorme per il progresso scientifico, un’epoca di scoperte rivoluzionarie superiori a quelle avvenute in tutti i secoli precedenti di storia umana: una biologia evolutiva che non tenesse conto di questa accelerazione sarebbe come una chimica ferma a Lavoisier, ignara della tavola di Mendeleev e del polimerismo del carbonio, ecc., o come una fisica ferma a Laplace, senza elettromagnetismo, relatività einsteiniana, meccanica quantistica, ecc. Ho scritto “oggi” tra virgolette, perché la congettura di Darwin è saltata invero da 60 anni, precisamente il 28 febbraio 1953, allorché Francis Crick e James Watson annunciarono la funzione genetica della doppia elica del DNA. Perché la genetica moderna contraddice la selezione naturale come causa dell’origine delle specie?

La molecola di DNA è presente in tutte le cellule degli organismi viventi, in quelle di un gambo o di una gamba, di una foglia o di un becco, di una radice o di un’unghia, ecc. Ogni individuo di ogni specie ha la sua molecola di DNA che lo caratterizza, replicata identicamente centinaia di migliaia di miliardi di volte nel suo organismo. Ma il DNA non è solo la carta d’identità dei viventi, è molto di più: è il programma che prima della nascita guida l’embrione a selezionare e ad assemblare dall’ambiente, particella dopo particella, la materia e l’energia necessarie allo sviluppo dell’organismo e poi in vita guida nelle cellule la produzione continua di proteine necessarie al suo metabolismo. Una cellula non è “uno schifo, una roba molle, fatta di cose spesso che non servono, messe lì, che uno si porta dietro dall’evoluzione”, come il Cicap indottrina gl’ingenui alla superstizione, ma è un’organizzazione olistica avente il DNA come super-programma delle routine proteinogenetiche eseguibili dagli organelli, infinitamente superiore al più avanzato sistema robotico industriale per complessità cibernetica e al www per complessità di grafo (“interattoma”).

Nell’information technology un programma è una sequenza di istruzioni e, in un dato linguaggio, coincide con una disposizione di un numero k di simboli, ripetuti N volte. Per es., il programma al distributore automatico di benzina più vicino a casa mia è scritto in lingua italiana ed è una disposizione di k = 33 simboli (le lettere dell’alfabeto italiano, più alcuni caratteri speciali e le cifre 1-6) ripetuti N = 324 volte. Nel termine “sequenza” è inteso che le istruzioni di un programma hanno un ordine: se non ci credete, provate a caricare il serbatoio della vostra auto scambiando l’ordine delle operazioni al distributore!

In un programma informatico il numero dei simboli può cambiare da un linguaggio all’altro, ma il minimo è di k = 2 simboli (codice binario). Il programma della vita, dal batterio all’uomo, usa un codice di k = 4 simboli (i 4 “nucleotidi” A, T, C, G), di cui non ci serve qui sapere il significato. Così la molecola di DNA del batterio Mycoplasma genitalium è una disposizione dei 4 nucleotidi ripetuti N = 580.000 volte, mentre nell’uomo i 4 nucleotidi sono ripetuti 3,2 miliardi di volte. E il fatto che sintassi, linguaggio, sistema operativo (RNA) e cibernetica siano uguali per tutte le specie vegetali e animali è per me una prova che la speciazione è stata causata dallo stesso meccanismo, come già per via puramente razionale aveva intuito Sant’Agostino: “In principio furono creati solamente i germi… delle forme di vita, che in seguito si sarebbero sviluppate gradualmente” (Confessioni). Per contro, il campo dell’informatica artificiale, dominato dall’anarchia di linguaggi, sistemi operativi e device non comunicanti, tutti allegramente in lotta contro l’interoperabilità reciproca, è il risultato delle logiche del mercato conteso tra le tante aziende dell’IC&T.

Qualcuno potrà stupirsi dell’esistenza di molecole composte di decine di miliardi di atomi; ma quando si dice che la vita sulla Terra è fondata sul carbonio, ci si riferisce proprio alla proprietà speciale che ha questo elemento chimico di “polimerizzare”, cioè di formare lunghe catene di molecole più piccole, tra loro unite attraverso “ganci” come i vagoni in un treno. Nel DNA i vagoni sono i nucleotidi e il gancio che li unisce è un legame chimico particolare (legame fosfodiesterico), che è asimmetrico, così da dare ordine alla stringa distinguendo il nucleotide che viene prima da quello che viene dopo.

Ora, veniamo al punto. Come si può trasformare un treno merci in un altro, con una disposizione dei vagoni diversa ed eventualmente più lunga? La risposta è ovvia: 1) spezzando i ganci, 2) riordinando i vagoni e riattaccandoli e 3) aggiungendo altri vagoni nell’ordine desiderato. Allo stesso modo, per la trasformazione del DNA d’una specie in quello d’un’altra (da un “cariotipo” ad un altro) servono meccanismi capaci di spezzare i legami fosfodiesterici, scambiare alcuni nucleotidi di posto, ed aggiungerne o toglierne altri in un certo ordine. Ma se la quotidiana lotta per la sopravvivenza può con l’esercizio far saltare più in alto o più in lungo un canguro vivo e vegeto, o farlo correre più veloce e per più tempo, essa non può spezzarne i legami fosfodiesterici, né riordinarne i nucleotidi, né sintetizzarne di nuovi così da fargli cambiar specie, per il semplice motivo che essa agisce solo dopo l’esecuzione del programma nei fenotipi già sintetizzati: qui, nell’insieme dei caratteri osservabili di un individuo già sviluppato, essa può solo eliminare quegli organismi che, meno adatti all’habitat, così perdono la battaglia con i condòmini per la ripartizione delle risorse. Mentre a livello di genotipo (il corredo genico di un individuo), la selezione naturale può solo impedire ad un organismo di nascere o di svilupparsi ogniqualvolta una modifica genetica, per qualsiasi ragione intervenuta, provochi un crash del programma.

Insomma la selezione naturale nell’evoluzione biologica agisce come la scelta del consumatore nelle evoluzioni economica o tecnologica: interviene dopo che forme coerenti con il mercato sono apparse per scartare le meno gradite. La selezione naturale spiega la scomparsa di alcune forme, ma non spiega la genesi di nessuna, né più né meno della massaia che alleggerendo gli scaffali del supermercato non li arricchisce solo per questo di nuovi prodotti. La selezione naturale ha ruolo esclusivamente nell’eliminazione di individui e specie già esistenti e nella prevenzione di nuove specie, mai nella loro creazione. Ma questo non l’aveva già insegnato Thomas R. Malthus per le classi sociali della specie umana nel suo “Essay of the principle of the population” (1798)?

Certo, da Gregor Mendel in poi le leggi della genetica spiegano il differenziarsi di varietà e razze all’interno delle specie; ma nessuna risposta scientifica esse danno all’evoluzione interspecifica, che è ben altro. Qui la variazione della razza inciampa sull’invalicabile confine della specie: “Ogni specie vera presenta una barriera genetica, possiede un cariotipo originale. Ad ogni specie corrisponde un cariotipo; e poiché i cromosomi contengono migliaia di geni, si evidenzia chiaramente che ciò che separa la specie è qualcosa di ordine di grandezza assai diverso da una mutazione genetica” (Jérôme Lejeune).

La genetica moderna ha smentito il darwinismo classico e la Sintesi moderna, in quanto fusione di genetica e darwinismo, è auto-contraddittoria. Se nel XX secolo la formulazione riduzionistica della biologia, dipendente da una fisica obsoleta (perché superata dalla meccanica quantistica) è arrivata ad un vicolo cieco, lasciandoci “senza una visione del futuro e solo con il ronzio d’una gigantesca macchina biotecnologica” (Carl Woese), oggi la biologia deve liberarsi dal meccanicismo e dall’imperialismo farmaceutico, per rifondarsi come scienza fondamentale alla guida dell’interdisciplinarità scientifica, con focus sulla fenomenologia emergente, non lineare, olistica della forma biologica. Deve assumere la missione di capire il mondo e la vita, oltre che di servire l’industria.

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39 commenti a La genetica moderna ha smentito il darwinismo classico

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  1. Alessandro Giuliani ha detto

    Molto bello Giorgio…aggiungerei ‘imperialismo farmaceutico che per altro ha semsso da tempo di produrre farmaci realemnte innovativi e che quindi necessita anch’esso di una rifondazione scientifica basata sui nuovi concetti di reti:

    http://www.nature.com/nchembio/journal/v4/n11/full/nchembio.118.html

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Alessandro Giuliani

      Grazie, Alessandro, della segnalazione: un cambio di paradigma nella conoscenza (-> rete) si tradurrà necessariamente (v. Bacone) in nuove applicazioni (-> network pharmacology).

  2. Andrea. ha detto

    Ma che definizione è quella del CICAP?!? Forse oltre che al controllo sulle altrui affermazioni dovrebbero pensare anche a quello sulle loro D: D: …

    Poi il solito bollino di “creazionismo” da apporre su tutti quelli che non credano alle idee post- (o neo-) darwiniane è odioso. Per costoro è “creazionista” anche chi accetta l’evoluzione come proposta dalla Paleontologia ma “osa” dire che una Causa Intelligente È indispensabile, e sia chiaro che quest’argomento è molto più da evoluzionisti che non da “intelligent designers” giacché la teoria qui è pienamente scientifica e basata sulla piena accettazione delle teorie elaborate dalla Scienza laica.

    Eppure per loro tra ciò e dire che la Terra ha 6000 anni non c’è differenza 🙁 🙁 .

    • Alèudin ha detto in risposta a Andrea.

      Per autoconvincersi di essere assurde particelle venute dal nulla senza motivo devono rinunciare allo stupore e alla bellezza.

  3. Enzo Pennetta ha detto

    Giorgio, ancora una volta se riuscito esporre in modo sintetico e chiaro le ragioni dello stato di crisi profonda, e negata, della teoria neodarwiniana.

    I biologi sembrano aggrapparsi ad una fisica e ad una concezione del mondo ottocentesca facendo della loro meravigliosa disciplina un residuato obsoleto del passato, una scelta questa che ha impedito e tuttora impedisce il verificarsi di una rivoluzione come quella che ha conosciuto la fisica.
    Ecco perché sono convinto che sarà dai fisici, come te, che verrà una nuova teoria.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Enzo Pennetta

      Grazie, Enzo. Un nuovo paradigma, finalmente scientifico, per la biologia potrà venire oltre che dalla fantastica pars destruens di studiosi come te (che ci liberi da finti scienziati dediti alle narrazioni ad hoc), dalla pars construens interdisciplinare di biologi, chimici, fisici, matematici, information scientist, ecc., l’unica potenza di fuoco capace forse di affrontare un problema scientifico della complessità della vita.

      • Enzo Pennetta ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Giorgio, sei troppo generoso, l’unica cosa che mi sorprende è come sia possibile che nonostante le evidenti carenze della teoria neodarwiniana non ci siano molte più voci a dire che il re è nudo.
        Comunque sono fiducioso, già rispetto a pochi anni fa la critica è molto cresciuta in qualità e gli effetti si fanno sentire.
        Poi arriverà anche la pars construens.

  4. Luigi ha detto

    Le osservazioni della scienza permettono di dire che, in grosso modo riguardo il QUANDO ,la realta minerale, vegetale, animale, umana si presenta. Come in una cantina dove tutto in momenti diversi va` a finire ora un tavolo, ora una sedia, ora un lampadario, etc. L`evoluzione, se di stampo materialistica, e` quella teoria che ha deciso che se le cose vengono una dopo l`altra allora vengono una dall`altra ed allora ecco che il tavolo e` la macro evoluzione della sedia e questa senz`altro e`l`adattamento all`ambiente della lampada…

    • Andrea. ha detto in risposta a Luigi

      Magari l’una dall’altra vengono, ma come progetti che si evolvono. Come nell’industria un modello è l’evoluzione dell’altro (la famosa analogia delle varie “generazioni” della Porsche 911 è eloquente).

      La differenza sostanziale tra razionalità e razionalismo, tra Scienza e materialismo la fanno rispettivamente l’Accettazione e la negazione della Presenza di un “Progettista”.

    • Giancarlo ha detto in risposta a Luigi

      Aoh!… Ma che te sei fumato?

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Luigi

      Certamente, Luigi, la scienza sperimentale moderna per spiegare un fenomeno deve assumere i postulati più semplici e non deve tirare in ballo il finalismo. L’evoluzione da una specie all’altra risulta l’assunzione più semplice per spiegare la comparsa intervenuta in 4 miliardi di anni di specie sempre più complesse, rispetto alla congettura opposta che ogni specie sia comparsa d’acchito, bella e fatta, dalla materia inanimata.
      Attribuire però al caso (la selezione non ha ruoli creativi, come dimostro in questo articolo) la trasformazione di una specie in un’altra, come fa il darwinismo, sotto l’aspetto matematico risulta talmente improbabile, da richiedere di credere in un’infinita serie di “miracoli”. Io non la chiamerei scienza. Lo scienziato deve cercare il “meccanismo”, la causa materiale (o “seconda”, direbbero gli Scolastici). Il caso non esiste, è solo una parolina dietro cui si nascondono pigrizia ed ignoranza.

  5. Umberto P. ha detto

    Mah, non entro nel merito dell’articolo, mi limito a considerare che negli atenei delle facoltà scientifiche italiane si insegna che le mutazioni sono l’elemento chiave per la differenziazione delle specie. Ci sono anche altri aspetti contestabili, come l’indiscussa presenza di organuli senza funzione nella cellula, e come strutture complesse nel corpo umano.

    Ma più che altro mi incuriosisce questo: “oggi la biologia deve liberarsi dal meccanicismo e dall’imperialismo farmaceutico, per rifondarsi come scienza fondamentale alla guida dell’interdisciplinarità scientifica, con focus sulla fenomenologia emergente, non lineare, olistica della forma biologica. Deve assumere la missione di capire il mondo e la vita, oltre che di servire l’industria”.
    Al netto dei paroloni, cosa vorrebbe dire?

    • Alessandro Giuliani ha detto in risposta a Umberto P.

      Prendere sul serio la materia, questo vuol dire, e abbandonare il vitalismo, due esempi facili:

      1. La chimica-fisica ci dice che urti triatomici in soluzione (regime diffusivo) hanno praticamente probabilità nulla, il metabolismo cellulare che prevede la contemporanea presenza di centinaia di urti ordinati o avviene grazie a proteine che lavorano come agenti intelligenti andandosi a ‘capare’ le molecole da far interagire (vitalismo) oppure implica la generazione di compartimentazioni molto raffinate che fanno essere la cellula più simile a quello che noi conosciamo dello stato solido che a un regime diffusivo (prendere sul serio la materia). Questo implica che i geni lavorano necessariamente in rete e che un’evoluzione indipendente gene per gene non ha alcun senso fisico.

      2. Da circa 30000 geni ognuno che può variare su circa 4 ordini di grandezza di espressione, osserviamo, invece che un numero transfinito di pattern di espressione solo 250 tessuti ognuno corrispondente a un profilo medio di espressione per ciascun gene altamente invariante. Questo implica l’esistenza di vincoli fisici fortissimi che guidano gli ‘stati ammessi’ dell’intero genoma. L’idea di singoli geni che si possono far varaire a piacimento in termini di espressione è un’assurdità (di nuovo il vitalismo, geni = agenti intelligenti).

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Umberto P.

      Non entrare nel merito, Umberto, ed appellarsi al principio d’autorità sono due manifestazioni con cui il vecchio paradigma scientifico reagisce al nuovo, nello schema kuhniano. In ogni caso, che le mutazioni siano “l’elemento chiave” dell’evoluzione è una tautologia: come dire che la mutazione è avvenuta per mutazioni…! Il problema è che, tolta la selezione naturale (come faccio nel mio articolo, smentendo Darwin), resta solo il caso a spiegare l’evoluzione. Un caso, come è stato dimostrato, che non troverebbe nel nostro Universo né lo spazio-tempo, né la materia-energia, per combinare una sola proteina. Se è scienza questa…
      Quanto ai “paroloni”, spero di trovare il tempo per spiegare in altri articoli come gli scienziati moderni (con la complessità, con le reti, con le forme, ecc.), nel rispetto della “materia” (cioè della fisica, della chimica, della meccanica quantistica, ecc.) come dice Giuliani, stiano affrontando i problemi dell’abiogenesi e dell’evoluzione.

  6. delio stiatti ha detto

    Bellissimo e “nuovo”questo articolo Prof.!
    Molto penetrante e con parole chiare per una lettura accessibile,in un tema difficilissimo.
    Una palla di cannone scagliata “dalla poverissima barchetta”contro LA INVENCIBLE ARMADA.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a delio stiatti

      Grazie, delio.

    • Emanuele ha detto in risposta a delio stiatti

      Mi associo al complimento.

      Se due banali pezzi di legno incrociati hanno cambiato il mondo, se un gruppo di pescatori ha influenzato la storia di tutto il mondo, con fede ed impegno ce la possiamo fare anche noi…

      A volte poi basta un granello di sabbia per inceppare il meccanismo più perfetto…

      Grazie Giorgio per il tuo impegno e servizio per la verità.

      • delio stiatti ha detto in risposta a Emanuele

        Anch’io ti ringrazio,per le tue parole per niente banali.

        • delio stiatti ha detto in risposta a delio stiatti

          Nell’occasione vorrei dare un affettuosissimo addio al mio pseudonimo “stò cò frati e zappo l’orto”.Ma continuerò con modestia a zappare il mio orto(grande come il mondo)ascoltando tutte le voci di questa immensa “invenzione”chiamata Uomo(pur con infinite debolezze…e pazzie).

  7. bluePhlavio ha detto

    Giusto oggi ho scritto un articolo contro il fatto che siamo il risultato di eventi casuali: http://ilpensieroassiomatico.wordpress.com/2013/07/12/il-caso-e-il-principio-di-huygens/

    Cosa ne pensate?

  8. Lucio Florio ha detto

    Mi sembra veramente molto interessante l’articolo, giacchè mette in risalto che la forza più importante dell’evoluzione sembra avere origine nella genetica, oggi conosciuta in un modo molto più analitico e, tra l’altro, aldilà di una visione meccanicista. Comunque, la selezione naturale, pure nella sua forma negativa -impedire alcuni individui o specie di esistere- continua ad avere molta importanza. In altri parole, per diventare concreta tutta la ingenieria genetica deve trovare la possibilità reale. E qui emergono le condizioni di geografia, cibo, ecc. come condizioni di possibilità di esistenza di un individuo o specie. Insomma, mi pare che la selezione naturale, forse in un aspetto minore al postulato per i neodarwinisti, rimane come il fattore di esistenza concreta tanto dell’individuo come delle specie.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Lucio Florio

      Nessuno puo’ negare, Lucio, il ruolo “negativo”, di setaccio della selezione, a livello di individui e di specie.
      Ma e’ ora che piu’ nessuno attribuisca un ruolo “positivo”, di creazione e origine di nuove specie alla selezione naturale, come pretende il darwinismo. Tutto qua: e’ una questione di logica e di chiarezza.
      Ma se e’ cosi’, che cosa ha dato origine alla vita e all’evoluzione delle specie? solo il caso? sarebbe una risposta scientifica questa?

  9. priscilla ha detto

    ho una vaga sensazione che tra non molto il correzionismo imperante porterà a riscrivere i libri di scuola in tutt’altra direzione: metteranno fuori legge il dna perché smaccatamente omofobo o costringeranno le basi azotate a ricombinarsi in maniera diversa (cioè tra uguali), e stabiliranno di proibire la discriminazione tra protoni ed elettroni nella formazione degli atomi e dei poli più e meno nelle pile e nei sistemi elettrici, pure il linguaggio binario va riscritto perché omofobo: non dovrà più essere possibile continuare a discriminare tra 0 e 1, non si può mica escludere lo zero virgola cinque, e lo zero virgola zerozero436921 etcì etcì, eh no: egalité et conformité et ne pas parler, qui bisogna diventare intolleranti nei confronti dell’intolleranza dei vecchi obsoleti sistemi di pensiero che ancora propinano l’idea balzana che servono un maschio e una femmina per generare un individuo di specie vegetale o animale..

  10. Emanuele ha detto

    L’altro giorno ho proposto un calcolo probabilstico molto approssimato, ve lo ripropongo un po’ riordinato, chiedendo a Giorgio se il ragionamento può avere senso o meno.

    Come meglio spiegato nell’articolo, il genoma umano è formato da (si stima) 3,2 miliardi di coppie di basi azotate. Le combinazioni possibili delle basi sono 4 per cui le possibili combinazioni (o più correttamente disposizioni con ripetizione) sono 4^3200000000 che corrisponde a circa 10^1900000000… ossia un numero con 19 miliardi di 0!

    Supponiamo che tale genoma si sia formato casulamente da mutazioni partendo da organismi più semplici fino ad arrivare all’uomo, dobbiamo mettere casulamente in catena le 4 coppie fino ad ottenere un genoma funzionante. Ovviamente più di una sequenza forma un individuo umano funzionante… voglio stare “un po’ largo” e dire che ci sono 10^90 possibilità buone… Numero preso a caso che dovrebbe essere una sovrastima degli atomi dell’intero universo… mi serviva un numero certamente grande (…Giorgio non tirarmi le orecchie!)

    Dunque la probabilità di trovare casualmente una sequenza giusta tra tutte le possibili vale: p = 10^90/10^1900000000 = 10^-1899999910

    Ora ammettiamo che nel corso dell’evoluzione ci sia stata mediamente una mutazione al secondo (…anche qui per stare largo). Se ammettiamo che le mutazioni siano eventi completamente casuali ed indipendenti possiamo stimare il tempo medio che dovremmo attendere per azzeccare una sequenza giusta:

    T = 1/p = 10^1899999910 secondi

    Che tradotto in miliardi di anni vale circa 10^1899999893… ma il nostro universo ha “soltanto” 13,7 miliardi di anni.

    D’unque, l’età stimata dell’universo non sembra assolutamente sufficiente per aver permesso la codifica casuale di un genoma complesso come quello umano… ci sono 8 ordini di grandezza di differenza!

    Ma la cosa interessante è che ripetendo i calcoli con l’essere vivente che ha il genoma più semplice (Candidatus Carsonella ruddii ), formato da 159,662 coppie di basi (http://en.wikipedia.org/wiki/Carsonella_ruddii) si perviene ad un risultato simile.

    In questo caso basterà aspettare in media 10^96019 miliardi di anni per avere il primo risultato positivo

    Si arriva alla stessa conclusione: l’età dell’universo non sarebbe ragionevolmente sufficiente neppure per generare il batterio più semplice conosciuto.

  11. Michele Forastiere ha detto

    Affermazioni del tipo “una cellula è uno schifo, una roba molle, fatta di cose spesso che non servono, messe lì, che uno si porta dietro dall’evoluzione“, riflettono secondo me una sorta di credenza – alquanto diffusa, sembrerebbe, tra i biologi evolutivi – in una “mitologia” di matrice pseudo-alchemica che costituisce in qualche modo il motore “esplicativo” fondamentale della teoria dell’evoluzione neo-darwiniana. Ritengo che si possa parlare appropriatamente di “mitologia”, perché un tale punto di vista a mio parere si avvicina più al mondo immaginario delle pozioni magiche che a quello della biochimica cellulare reale, costituito da vere e proprie complessissime nano-macchine molecolari che lavorano in rete.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Michele Forastiere

      Molto interessante la tua osservazione, Michele: che sia per questo che la cosiddetta divulgazione scientifica riscopre i Giordano Bruno, i Nostradamus, ecc. e mette la sordina a Galileo, Newton, ecc.?

      • Giuseppe ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Non capisco questo voler accostare Bruno a Nostradamus, come per una sorta di confutazione per denigrazione. Lei ovviamente saprà che Galileo e Keplero redigevano oroscopi, magari solo per arrotondare, e Newton portava avanti studi di alchimia…

        • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Giuseppe

          Si, Giuseppe, lo so. Perfino adesso ci sono docenti di fisica al Mit o a Berkeley o a Cambridge che assegnano proprieta’ magiche alle formule (matematiche), capacita’ prescrittive, come gli sciamani…
          Pero’ Bruno che c’entra con la scienza? Ha fatto qualche scoperta che mi e’ sfuggita?

          • Giuseppe ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            Bruno era un filosofo per quel che ne so, ma il fatto che né Bruno né Nostradamus fossero scienziati non vuol dire che appartenessero alla stessa categoria, se non quella dei non-scienziati. Non so se mi sono spiegato. Non ho capito bene invece l’appunto seguente. Le leggi della fisica, nella loro formulazione matematica, sono indubbiamente delle descrizioni, non delle prescrizioni, ma le possibilità predittive che scaturiscono dalla conoscenza e dall’applicazione di quest’ultime non inducono necessariamente a considerarle delle formule magiche atte a fare incantesimi. Mi sfugge qualcosa?

            • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Giuseppe

              Ho parlato di “proprietà” magiche assegnate alla matematica, quando – come per es. fa Hawking con la teoria gravitazionale – le si assegna prescrittività.

            • Jacques de Molay ha detto in risposta a Giuseppe

              Considerato che ai tempi di Michel de Nostredame, la medicina presupponeva la conoscenza della filosofia e dell’astrologia (naturale), non me la sentirei di annoverare Nostradamus tra i non-scienziati, considerato anche il fatto che prima ancora di essere un astrologo fu farmacista e speziale.

              • Giuseppe ha detto in risposta a Jacques de Molay

                Concordo. Del resto all’epoca dello stesso Newton era difficile stabilire dove finisse il filosofo naturale e iniziasse lo scienziato…

                • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Giuseppe

                  Secondo me, la distinzione non è chiara a molti scienziati, soprattutto tra quelli che più si espongono nei media, nemmeno adesso. Se vuole, Giuseppe, Le posso fare un lunghissimo elenco…

  12. Mauro ha detto

    Articolo molto interessante. L’idea poi che il codice genetico sia in effetti lo stesso per tutti gli esseri viventi ha dell’incredibile. Ci sarebbe da aggiungere anche che la percentuale di geni conservati, fra specie anche sensibilmente distanti nella storia evolutiva, è incredibilmente alta!
    E ciò che voglio dire è: tutto questo è molto bello ed affascinante. Difficile trovare teorie che supportino tanta bellezza! Il caso? l’ambiente? nah… allora chi è che realmente crede in Babbo Natale?

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