Nuovo studio: l’aborto legalizzato aumenta mortalità materna

Gravidanza Secondo un recente studio, realizzato da ricercatori della West Virginia University-Charleston e della University of North Carolina e pubblicato sul “Journal of American Physicians and Surgeons”, in Irlanda, dove l’aborto è illegale, c’è una minore mortalità materna rispetto all’Inghilterra, dove l’aborto è invece ampiamente liberalizzato.

Analizzando i dati sanitari degli ultimi 40 anni in Inghilterra e Irlanda, gli studiosi hanno infatti rilevato che la mortalità materna per le donne inglesi è doppia rispetto a quella delle irlandesi: in Inghilterra, dove le regole sull’aborto sono tra le più blande al mondo, negli ultimi dieci anni il tasso medio di mortalità materna è stato di 6 su 100 mila, in Irlanda di 3 su 100 mila. In Irlanda l’aborto è illegale, a meno che la donna non sia in pericolo di vita. E’ dunque evidente la definitiva caduta del principale argomento a favore dell’aborto, il quale sostiene che essa debba essere legale per proteggere la salute materna.

Un altro dato interessante rilevato dalla ricerca è quello circa il rischio di parti prematuri (con relativo pericolo di paralisi cerebrali): anche questo è maggiore nei paesi che hanno “liberalizzato” l’aborto. In Irlanda, invece, il numero dei neonati in salute è più alto: «Negli ultimi quarant’anni di aborto legale nel Regno Unito l’interruzione di gravidanza è cresciuta parallelamente alle morti al parto, ai parti prematuri, ai nati sottopeso e alle paralisi cerebrali». Lo studio quindi si colloca in coerenza con la letteratura scientifica che mostra come l’aborto sia direttamente collegato al rischio di nascita prematura.

«L’aborto legalizzato è associato a più alti tassi di mortalità materna, tassi di mortalità neonatale e di nascita pre-termine» hanno concluso i ricercatori americani. Chi ha davvero a cuore la salute della donna, la salute del neonato ed è contrario alla soppressione di un essere vivente, deve necessariamente essere contrario alla legalizzazione dell’aborto.

La redazione

15 commenti a Nuovo studio: l’aborto legalizzato aumenta mortalità materna

  • Emanuele ha detto:

    …non mi meraviglia affatto.

    Legalizzare l’aborto e renderlo una pratica lecita certamente diminusce l’attenzione dei medici verso i nascituri. Infatti, se ammittiamo che un feto si possa gettare via è atumatico dare ad esso scarso valore e dunque riservare meno cure, anche nei casi in cui non si vuol abortire. Se si tratta il feto alla stregua di un’unghia incarnita, difficilmente si destinerà attenzioni e cure degne di un essere umano. Ovviamente, una scarsa attenzione al feto si ripercuote sulla madre. Infatti, molte gravi patologie gravidiche sono conseguenze della sofferenza del feto.

    Viceversa, dove la vita è considerata inviolabile fino dal primo istante, i medici trattano il nascituro come persona degna di cure al pari della madre. Ciò incrementa il benessere di entrambi. Si evitano poi le conseguenze fisiche e psichiche dell’aborto anche a danno della madre, anche queste dannose in caso di future gravidanze.

    Ovviamente le conseguenze di una cultura di morte non si fanno attendere, e come al solito (con buona pace di atei, agnostici, laicisti, etc.) questo lo dimostra la scienza, non la dottrina.

    Che Dio ci perdoni…

  • Emanuele ha detto:

    …voglio provare a prevenire le “incursioni” di Luigi Pavone, chiedendo chiarimenti sui suoi 5 cavalli di battaglia, riproponendo le domande che da giorni ho fatto e che attendono risposta… Ovviamente, non sono rivolte solo a Luigi, ma vogliono essere uno spunto di riflessione per tutti.

    1. Lo zigote non è un essere umano, anzi neppure un animale

    La tassonomia ci insegna che:
    Attualmente si ritrovano nel regno animale tutti gli organismi eucarioti, con differenziamento cellulare, eterotrofi e mobili durante almeno uno stadio della loro vita” (da Wikipedia)

    Quali di queste caratteristiche mancherebbero allo zigote per non poterlo classificare come animale?

    2. Da uno zigote possono formarsi più esseri umani, dunque lo zigote non può essere un essere umano

    Questo deriva dal fatto che due persone non potrebbero condividere un solo corpo. Ma l’osservazione della natura mostra che ciò non è vero. I gemelli siamesi condividono un solo corpo pur essendo due persone. A volte è possibile dividerli chirurgicamente formando due corpi, altre volte no, perché codividono organi essenziali (cuore, polmoni, intestino, etc.). Altre volte ancora, la divisione avviene nei primi stadi dello sviluppo embrionale in modo spontaneo.

    Dunque, se un corpo adulto può ospitare due persone, perché uno zigote non può ospitare due persone?

    3. Lo sviluppo della persona avviene gradualmente e non inizia con la nascita dello zigote.

    Ammettendo che la “personificazione” del nascituro avvenga gradualmente, deve essere possibile identificare un prima ed un dopo. Infatti, arriviamo certamente prima o poi ad una persona. Potrebbe non essere possibile identificare l’esatto momento in cui il processo termina, ma certamente spostando un po’ avanti il tempo arriviamo a situazioni in cui certamente il processo è terminato e non ci sono più dubbi. Allo stesso modo, potremmo non sapere il momento di “inizio” della persona, ma spostando un po’ indietro il tempo, sappiamo quando certamente l’essere in formazione non era umano.

    Pavone aveva citato il caso della calvizie di Collina: certamente oggi è calvo, e lo è da quasi 30 anni; certamente non lo era priam dei 24 anni. Infatti, fu colpito da una grave forma di alopecia che lo rese calvo in 10 giorni.

    Quindi, quando identifichi i due momenti in cui un essere in formazione è certamente non umano e quando è certamente umano?

    4. Come un braccio non rappresenta un essere umano, così vale per lo zigote.

    Questo ragionamento ha poco senso. Prima di tutto, il braccio è una parte di un tutto ed in se non ha vita atonoma. Viceversa lo zigote è un tutto in se, infatti, nella fecondazione in vitro, può vivere diversi giorni ad di fuori del corpo di una donna. Dunque lo zigote è dotato di vita autonoma mentre il braccio no. In effetti al braccio si può solo applicare l’aggettivo umano, ma non definirlo essere umano.

    L’altro aspetto riguarda il DNA. Mentre il mio braccio ha il mio DNA, lo zigote (anche nell’utero) non ha il DNA della madre… è a tutti gli effetti un simbionte, al limite un parassita, ma certo non è parte del corpo della donna. Altrimenti dovrei ritenere che se ho la tenia, che succhia sostanze nutritive dal mio intestino, essa sia parte del mio corpo e non un organismo a se. Idem, per zecche, sanguisughe, etc.

    5. Non si può obbligare una donna a portare a termine una gravidanza contro la sua volonta, poiché il suo corpo è disponibile in assoluto solo a lei

    Intanto si deve ricordare, come detto sopra, che l’embrione non è parte del corpo della donna, ma un organismo estraneo che occupa parte del corpo della donna. Duque, operando un aborto, la donna non decide del solo del suo corpo, ma anche di quello di un altro essere vivente da lei distinto.

    In secondo luogo, va ricordato che già l’ordinamento di tutti i paesi (esclusa credo solo Cuba) impedisce l’aborto dopo una certa data compresa tra 20 e 24 settimane a seconda dei paesi.

    Infine, non dobbiamo scordare che la maggior parte degli ordinamenti giuridici prevedono il “trattamento sanitario obbligatorio”. Dunque, le persone che per incapacità psichica decidono di non curarsi, sono sottoposte a cure contro la loro volontà. Questo serve alla loro tutela ed alla tutela di chi le circonda.

    In via teorica, non ci sarebbe nulla di male a prevedere il TSO per una donna che decide di abortire: essa infatti vuol fare un azione gravemente lesiva contro il suo corpo. Conosciamo infatti le conseguenze nefaste dell’aborto sul corpo e sulla psiche della donna.

    Se infatti volessi amputarmi un arto perché mi da fastidio, nessun medico procederebbe e, se insitessi o cercassi di farlo da solo, rischierei il ricovero in ospedale psichiatrico per essere sottoposto a cure anche contrarie alla mia volontà.

    Cosa differenzia la volontaria amputazione di un arto o l’espianto di un organo sano dall’aborto?

    • Kosmo ha detto:

      Pavone è uno assoldato dalla Chiesa Cattolica, è un agente di Bertone in incognito, un cattolico osservante, che si spaccia per anti- per mostrare a tutti l’idiozia delle pseudo-argomentazioni contro la Dottrina della Chiesa in tutti i campi.
      E vedo che ci riesce benissimo.

    • Emanuele ha detto:

      Grazie (senza ironia)

    • Emanuele ha detto:

      Se ti può consolare, ti posso garantire che la redazione non guarda in faccia nessuno…

    • Penultimo ha detto:

      No

  • Laura ha detto:

    I Paesi abortisti sono contro la donna, è ora di dirlo a tutti.

    • a-ateo ha detto:

      E un nascituro è più di uno zigote, mi pare di capire…
      Pertanto una legge “Creontea”, quale l’aborto, non può ignorare lo studio dei diritti e doveri dei soggetti interessati, quanto meno della donna e del nascituro da eliminare tramite aborto. In forma schematica si ha:
      Diritti della donna:
      1) diritto all’assistenza materiale e spirituale.
      1) diritto alla salute.
      Doveri della donna:
      Dovere di tenere comportamenti responsabili.
      Diritti del nascituro:
      Diritto alla vita e alla salute.
      Doveri del nascituro:
      NESSUN DOVERE, PROPRIO NESSUNO.
      Poi ognuno si schiera da una parte:
      A favore del più debole, di chi non ha voce, e ancora meno ha voto…
      A favore del più forte, di chi ha forza, fisicamente, economicamente e, soprattutto, POLITICAMENTE…
      Una posizione è nobile e l’altra non lo è, ça va sans dire.

      • Emanuele ha detto:

        …non credo sia tanto una questione di voti; credo ci sia dietro qualcosa di più subdolo e perverso.

        Se riescono a plagiare a tal punto la mente di una donna fino a convincerla a fare ciò che di più assurdo e contronatura potrebbe fare, ossia uccidere il proprio figlio, che potere avranno su questa persona?

        La donna che arriva ad abortire è quasi sempre ingannata e plgagiata. L’aborto la distrugge psicologiacamente, annulla la sua volonta. Diventa così un fantoccio in mano alle varie lobby pronte a accaparrarsi le sue scelte di vita. Una volta passato l’aborto, quanto ci vorrà a convincerla che le serve proprio quella crema o quel vestito per sentirsi bene? Quanto ci vorrà a convincerla che per evitare altri spicevoli aborti (…ma come, prima la convincono con tutti i mezzi e poi diventano spiacevoli eventi?) dovrà avvelenarsi giornalmente con pillole ed altri ritrovati (giusto per ingrassare le industrie farmaceutiche?)… e per uscire dalle conseguenze di un aborto, quanto dovrà spendere in psicofarmaci e sonniferi? Saprà ancora scegliere da se, o la pubblicità diventerà l’unica fonte di certezza?

        E non crediamo, noi maschi, di essere fuori da questo girone perverso… ammettere che l’aborto sia una cosa lecita, pensare che sia una conquista delle donne, accettare senza opporsi, ci rende non solo complici, ma schiavi anche noi delle solite lobby. L’articolo mostra bene come una scarsa attenzione per i nascituri si traduca in una scarsa attenzione per la madre e per tutti… Se siamo pronti a gettare via un bambino, quanti scrupoli ci faremo a trattare le altre persone e noi stessi come cose? Perché non dovremmo godere di spettacoli porno, dove le donne diventano oggetti? Perché non dovremmo buttare migliaia di euro nei video pocker, a danno di tutta la famiglia? Perché non dovremmo fumare, bere, usare droghe, distruggendo noi stessi?

        Ricordiamo che dietro le scelte politiche ci sono interessi economici di grandi gruppi… nessuno, tranne rarissimi casi, si muove per “i diritti”. “I diritti” sono inventati per aumentare il mercato o per abbassare il livello di guardia delle persone. Ricordiamo poi chi è il principe di questo mondo, chi c’è sempre dietro al denaro che specula sulle vite delle persone…

  • a-ateo ha detto:

    Dimenticavo:
    L’articolo sfata un mito, dimostra che l’aborto lede persino il diritto alla salute della donna.

  • StefanoPediatra ha detto:

    Riprendo e rilancio il messaggio di Laura nella discussione relativa all’articolo su Cummings e terapie riparative: firmate questo appello dei “Giuristi per la vita” e diffondete la richiesta di firmare. Non si può più rimanere neutrali.

    http://www.lanuovabq.it/it/sottoscrizioneCampagnaListaFirme.php?f_rc=0

    Nessuno vuole discriminare le persone omosessuali ma la legge che potrebbe essere approvata in Parlamento sull’omofobia certamente discriminerà la libertà di opinione e quella religiosa.

    Mi sento di suggerire alla Redazione di ricordare il link alla petizione all’inizio o alla fine di ogni futuro articolo perchè l’appello non cada nei dimenticatoio e sempre più persone possano aderirvi. In fondo ospitiamo nelle nostre discussioni i commenti ripetitivi ed inutili di tanti; non abbiamo paura di reiterare un appello serio.

    • StefanoPediatra ha detto:

      Chiedo scusa: l’appello lo aveva lanciato Sophie, non Laura. Ma la sostanza non cambia.

  • francesco ha detto:

    Vorrei solo suggerire MOLTA cautela nell’interpretare i risultati di quell’analisi in termini causali. Non è necessariamente vero che quello studio suggerisce un legame causale tra introduzione dell’aborto legale e mortalità materna.

    La ragione è la seguente. Gli autori guardano solo a ciò che succede DOPO l’introduzione dell’aborto legale (e non anche alla situazione precedente). Quindi potrebbe tranquillamente essere che il risultato è dovuto a country-fixed-effects e non all’introduzione dell’aborto (es. qualità ospedali, salute dei cittadini, eccetera). Servirebbe un diff-in-diff: diff-in-diff.

    • Emanuele ha detto:

      Riporto dalle conclusioni del citato articolo, dove vengono espressamente correlati il rischi per la salute con l’aborto.

      Over the 40 years of legalized abortion in the UK there has
      been a consistent pattern in which higher abortion rates have
      run parallel to higher incidence of stillbirths, premature births,
      low birth-weight neonates, cerebral palsy, and maternal deaths
      as sequelae of abortion
      . In contrast, both Irish jurisdictions
      consistently display lower rates of all morbidities and mortality
      associated with legalized abortion. Women, women’s health
      policy advocates, and national health systems ought to take
      careful note of these adverse ecological findings as a result of 40
      years of legalized abortion in the UK compared with abortionfree
      Ireland.

      The use of cohorts of contemporaneously obtained, recordlinked,
      and socio-demographically similar populations provide
      evidence substantiating the risks to maternal health for elective
      abortion.
      The Republic of Ireland shows the lowest rates, and
      Great Britain shows higher rates for all these conditions

      La rivista è peer-reviewed, se hanno accettato conclusioni così forti vuol dire che c’era sostanza.