L’aborto influisce sulla crisi demografica ed economica
- Ultimissime
- 23 Giu 2013
Oggi più che mai, la battaglia contro l’aborto assume un valore sociale, ancor prima che etico; le ripercussioni della pratica abortiva, infatti, influiscono profondamente sul benessere e sull’evoluzione di una società, specialmente sulle persone appartenenti a strati sociali che vivono quotidianamente difficoltà di ogni tipo.
Alcuni dei maggiori problemi che l’aborto può contribuire a sviluppare, sono quelli legati alla denatalità e alla crisi demografica. Se condotte all’estremo, queste problematiche possono diventare una vera e propria minaccia per la sopravvivenza di una società, come sostiene l’economista Edward Hugh, che ha espresso le sue preoccupazioni in merito nel libro “Popolazione, la risorsa non rinnovabile”.
Hugh, è un economista di fama internazionale; il “profeta della caduta dell’euro”, così come definito dal New York Times, è stato chiamato a collaborare con il fondo monetario internazionale al fine di analizzare conseguenze e possibili sviluppi della crisi economica spagnola, ed è noto anche per aver ripreso ed arricchito le teorie sul legame fra l’invecchiamento della popolazione e la crisi economica. Secondo tali teorie, all’aumentare dell’età della popolazione diminuiscono l’imponibilità fiscale collettiva il capitale complessivo per gli investimenti, e le persone anziane preferiscono volgere la loro attenzione su investimenti a basso rischio. Secondo Hugh, senza crescita demografica non può esserci nemmeno crescita economica, e alcuni Paesi come Italia, Spagna e Portogallo, in queste condizioni, sono destinati al dissesto economico e sociale. In Portogallo, ad esempio, nel 2012 sono nati solo 90.000 bambini; secondo Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione Europea, all’inizio del 2012 il tasso di ultrasessantenni è salito al 18%, contro il 14% del 1992. E’ chiaro che la crisi demografica non può essere ricondotta solo ed esclusivamente all’aborto; ma è certo che questo tipo di pratica non aiuta, anzi acuisce, un problema che nei prossimi anni potrebbe diventare davvero molto serio.
La pratica dell’aborto, inoltre, può influire molto negativamente anche sulla crisi economica. La quantità di denaro investita per questo tipo di attività, infatti, è davvero incredibile; ogni operazione di aborto chirurgico costa una cifra compresa fra i 1.479 e i 1.814 euro. Secondo un censimento ufficiale, nel 2010 in Italia sono stati effettuati 115.000 aborti; il totale, quindi, è di circa 170.000.000 di euro a tariffa minima, e di 200.000.000 di euro a tariffa massima. Antonio Brandi, fondatore del mensile “Notizie Pro Vita”, ha ricordato che “nel 2010 sono ricorse al “bimbo in provetta” circa 70mila coppie d’italiani, assistite principalmente in strutture pubbliche pagate con i soldi dei contribuenti, e l’uso dell’RU486, stando alla Nordic Pharma, la casa farmaceutica che la vende in Italia, è passato da 7397 pillole nel 2011 a 9703 nel 2012. Si stima dunque che, nell’insieme, ciò comporti altri 70 milioni di euro circa da aggiungersi a quelli sborsati per l’aborto chirurgico“. Questo vale a dire che il solo aborto chirurgico, costa in media 500.000 euro al giorno. C’è da considerare, inoltre, che l’aborto è oggi una spesa statale; la legge 194, infatti, lo rende legale, e ne addossa tutti i costi allo Stato. Considerando, quindi, che dal 1978 ad oggi, in Italia sono stati praticati circa 5.000.000 aborti chirurgici, l’ammontare del costo di questa pratica oscilla tra i 7 e i 9.000.000.000 di euro; l’eliminazione fisica di bambini non ancora nati, quindi, grava sulle spalle dei contribuenti italiani per cifre decisamente inaccettabili.
Per far fronte a tutto ciò, in Italia sono nati i “Centri aiuto alla vita“, presenti attualmente in tutte le Regioni italiane. Queste strutture hanno fino ad ora assistito circa 500.000 donne e sottratto all’aborto circa 160.000 bambini. E’ evidente la necessità sempre più urgente di far fronte alle problematiche derivanti dall’aborto, perché, come evidenziato dai numeri, l’emergenza non è confinata al solo ambito dell’etica, ma lo ha di gran lunga oltrepassato diventando un macigno pesantissimo anche da un punto di vista economico.
3 commenti a L’aborto influisce sulla crisi demografica ed economica
La denatalità, causata in parte ma non solo dall’aborto, è forse il segnale più evidente di civiltà in declino, ma non perché ne è una conseguenza, ne è anche una causa, generando un circolo vizioso da cui non se ne esce.
Una coppia con figli si dà da fare per migliorare la propria disponibilità, compie sacrifici per acquistare beni immobili, ed ogni famiglia mette in moto un sistema che fa girare valuta e genera lavoro a sua volta ad altre famiglie.
Un single senza vincoli famigliari e con relazioni instabili e passeggere spende denaro in beni effimeri, che spostano valuta senza tuttavia creare ricchezza.
Il ragionamento è del tipo del Supernalotto: immaginiamo di dare un monte premi di 60 milioni di euro ad un solo vincitore. Lui verosimilmente condurrà una vita lussuosa, concedendosi cose che prima nemmeno si sognava, donne costose, gioielli, hotel, vacanze lussuose, barche,…..
Distribuiamo lo stesso monte premi tra 120 famiglie. Come spenderanno verosimilmente queste 120 famiglie mezzo milione ciascuna? In immobili: terreni ed appartamenti, strumenti di lavoro: trattori e macchine operatrici, attività scolastiche: università per i figli in grado di farla, anche vacanze, ma più alla mano rispetto al riccone, che distribuiscono denaro ad altre famiglie.
In quale di questi due casi, l’unico vincitore che diventa molto ricco senza dover rendere conto ai suoi famigliari, o le 120 famiglie, si avrà la ricaduta economica maggiore per il tessuto sociale?
La famiglia è la cellula della società anche e soprattutto sotto il profilo economico.
Se ai signorini non gli garba vederla in un’ottica religiosa, resta un’ottica economico-produttiva, generatrice di ricchezza materiale.
La denatalità, e di conseguenza l’aborto, è SEMPRE legata ad una situazione di crisi.
Il fatto è che c’è chi pesca a piene mani da questa crisi, e la cerca illudendosi di potersene approfittare per modificare il corso della storia bypassando le forche caudine elettorali dei sistemi democratici: la logica del “tanto peggio, tanto meglio”.
Penso che non ci voglia molto a capire questo.
I laicisti stanno dalla parte del controllo delle nascite, della contraccezione e dell’aborto poiché dicono che “meno bambini che nascono = meno bocche da sfamare”.
Io ribatto così: a parte il fatto che il nostro pianeta produce abbastanza cibo per sfamare ogni essere umano che viene al mondo (il problema della fame nel mondo, infatti, è legato non tanto al fatto che che nella natura, cioè nell’agricoltura e nell’allevamento, c’è qualcosa che non va ma piuttosto al fatto che noi, uomini occidentali “ricchi”, ci siamo egoisticamente e criminalmente accaparrati più di quanto ci spetterebbe – infatti in “occidente” abbondano le patologie legate al troppo cibo – ed abbiamo lasciato le briciole, e forse nemmeno quelle, agli altri, costringendoli a fare la fame), più bambini che nascono non sono soltanto più bocche da sfamare ma sono, soprattutto, più braccia e menti al lavoro. E poi, al di là delle mere considerazioni economiche, va ribadito che una persona non è un oggetto o un animale, ma è un essere umano chiamato nientemeno che da Dio all’esistenza, per cui favorire le condizioni affinché sempre più bambini nascano e vivano vuol dire fare la volontà di Dio.
Quella tesi dei laicisti è una balla sacrosanta.
Purtroppo, è verosimile, ma balla resta.
All’approssimarsi dell’anno 1000, la gente pensava che ci sarebbe stata l’apocalisse e reagiva secondo l’austerità dei tempi.
Per il 2000 il tema della fine del mondo è tornato, con una ben diversa chiave interpretativa, ma sempre di paranoie si tratta.
L’eccessiva spinta urbanizzatrice di questo secondo dopoguerra è stata un’apocalisse, e la radice di un sacco di problemi.
Lascino stare il terzo mondo e pensino alle loro di responsabilità.