Gli ideologi della casualità (Chiara Lalli, Piero Bianucci….)

Abbazia Mont Saint Michel 
 
di Giorgio Masiero*
*fisico

 

Per tutta la vita Tycho Brahe (1546-1601) osservò le posizioni dei pianeti, del Sole e delle stelle. Da quelle misure di angoli e tempi il suo assistente Giovanni Keplero ricavò 3 “leggi” che descrivono la geometria delle orbite, le velocità di rivoluzione e le relazioni cinematiche tra i pianeti. Ma perché i corpi celesti seguono proprio quelle leggi? La risposta arrivò nel 1687 da una piccola equazione contenuta nei “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica” di Isaac Newton:

f = Gm1m2/r2,

donde, per sovrappiù, si ricavavano le traiettorie balistiche in Terra e… le maree di Mont Saint-Michel. Se Newton avesse proposto di spiegare le ellissi dei pianeti col caso invece che con un’equazione, e così pure le loro velocità col caso, e la caduta dei gravi col caso, ecc., non sarebbe sepolto all’abbazia di Westminster tra i grandi di Gran Bretagna, ma forse avrebbe un posticino nella storia del teatro comico. Certo il “caso” gioca un ruolo negli affari del mondo, come misura dell’imperfezione conoscitiva dell’umana ragione e come effetto dell’incrociarsi delle libere volontà. Ma quando non rinuncia ad interrogarsi su ciò che accade, la scienza ove necessario sposta in là i propri limiti con il ricorso alla statistica e al calcolo delle probabilità.

La raccolta scrupolosa di dati operata da Brahe (e, prima di lui, da babilonesi e greci) fu un elemento necessario ma non sufficiente alla nascita dell’astronomia: “A Tycho Brahe mancava la fede nelle grandi leggi eterne. Perciò rimase uno fra i tanti meritevoli scienziati, ma fu Keplero a creare l’astronomia moderna” (Max Planck). Senza la “fede nelle grandi leggi eterne”, non si dà scienza. Né basta una descrizione matematica, compatta ed elegante, di osservazioni come quella condensata nelle 3 leggi di Keplero. Solo quando molte descrizioni sono dedotte logicamente da pochi postulati, siamo in presenza dello splendore d’una teoria scientifica. Questa impresa riuscì a Newton con la sua gravitazione universale fondata su quell’equazione. In generale, una teoria scientifica riguardante una classe di fenomeni è un sistema logico-formale, dai cui assiomi indipendenti, coerenti ed in minimo numero (principio di Ockam) s’inferiscono predizioni sperimentalmente controllabili (principio di falsificabilità).

Nella nostra era tecnologica si dà per scontato che esistano leggi e teorie scientifiche, ma questa esistenza si poggia su almeno 2 assunzioni:

1) La successione degli eventi naturali non è del tutto casuale e capricciosa, ma vi agiscono relazioni nascoste, dotate di qualche regolarità, che meritano di essere indagate. Questo postulato riguarda l’oggetto di osservazione e di studio, la Natura, e afferma che la Natura è almeno parzialmente dotata di ordine e leggi. Se così non fosse, nessuna scienza e nessuna tecnologia sarebbero a priori possibili; né alcuno scienziato farebbe il suo lavoro se credesse che il mondo è governato esclusivamente dal caso.

2) Le relazioni tra i fenomeni naturali possono essere percepite almeno in parte dalla mente umana. Questo postulato riguarda l’Io, il soggetto delle osservazioni universali, e afferma che l’ordine presente in Natura è almeno in parte visibile e descrivibile dall’Io. La descrizione che l’Io fa della Natura è una “corrispondenza logica” tra l’ordine oggettivo esterno dell’Universo e l’ordine soggettivo interno dell’Io (della specie terrestre Homo sapiens).

Tutti coloro che dichiarano di credere nelle scienze sperimentali credono in questa corrispondenza logica tra fenomeni naturali e linguaggio umano, anche senza rendersene conto. Ma non è sempre stato così perché, di per sé, le leggi scientifiche non hanno maggior ragione di esistere delle sirene di Ulisse, che promettevano la conoscenza ma davano invece l’oblio della morte.

Quando gli esploratori del XVI secolo scoprirono le Americhe e il Pacifico, la loro maggiore sorpresa non fu la scoperta di nuove terre, ma quella dell’egemonia tecnologica globale dell’Europa. Come mai – si chiesero – solo noi abbiamo fonderie, cannocchiali, orologi affidabili, mezzi di trasporto oceanici, ecc.? L’unica risposta che io trovo convincente è: la fede cristiana nel Logos. Mentre le altre religioni ponevano l’accento sul mistero o sul caos o sull’introspezione o sull’obbedienza ad un Arbitrio assoluto, fin dalla Patristica e poi nella Scolastica la teologia cristiana aveva attinto dai greci la logica come strumento per ragionare su Dio, creatore razionale del mondo; e per ragionare sul mondo, la cui natura la ragione umana, proprio in quanto partecipe della medesima essenza divina razionale, può indagare. Logos nella Natura creata e osservata, stesso logos nell’uomo creato e osservatore: ecco la radice storica europea della corrispondenza logica tra Natura e mente, da cui è nata la moderna tecno-scienza. Il teologo Agostino aveva indicato la strada: “Alcuni, per trovare Dio, leggono un libro. Ma anche la grandezza del creato è un gran libro [su Dio]: guarda, considera, leggi il mondo superiore e quello inferiore. Dio non ha tracciato con l’inchiostro lettere per mezzo delle quali tu lo potessi conoscere. Davanti ai tuoi occhi ha posto ciò ch’egli ha creato… Gridano verso di te il cielo e la terra: ‘Io sono opera di Dio’” (Sermones) e il fisico Galileo ha seguìto: “La filosofia [naturale, ovvero la scienza (NdR)] è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta dinanzi agli occhi, io dico l’Universo” (Lettera a Maria Cristina di Lorena, 1615).

Il positivismo ottocentesco e la sua versione aggiornata di Vienna d’inizio Novecento erano destinati al fallimento: essi non potevano negare la metafisica del Logos in nome del logos delle scienze naturali senza negare anche queste. Simul stabunt vel simul cadent. E quando si è capito da tutti che, non solo la realtà è imbevuta di valori su cui l’empiria è muta (le asserzioni normative e valutative non appartengono al mondo naturale, eppure hanno senso nel mondo reale anche più di quelle scientifiche), ma che la stessa empiria non è un mondo dato direttamente, ma un insieme matematico di dati raccolti, ordinati ed elaborati dall’Io secondo regole logiche comunque a quella estranee, filosofia e scienza hanno celebrato dopo il funerale del positivismo anche quello del neopositivismo. Nel XXI secolo l’attacco alla Creazione deve così passare attraverso l’attacco diretto alla scienza di Galileo, Newton, Einstein e Heisenberg.

Nel giro d’una settimana, nelle “pagine culturali” di nostri quotidiani sono apparsi due articoli nei quali s’inneggia al caso come “cuore pulsante dell’universo” (Chiara Lalli in “Dobbiamo imparare a convivere col caso”, Corriere della Sera) e al Caso padre di tutti i casi, il multiverso, “che sta prendendo piede” (Piero Bianucci in “Ognuno di noi ha un sosia, ma in un altro universo”, La Stampa). L’articolo di Bianucci, dove fin dal titolo s’indovina la mira di sostituire nella nuova “scienza” postmoderna l’icona fisico-matematica di Albert Einstein con quella magico-avventuriera di Giordano Bruno, è così pieno di errori storici, scientifici e anche grammaticali, che ho trovato difficoltà ad arrivarvi in fondo. E qui ne termino il commento. La Lalli invece si lascia bere d’un fiato: questa “docente di logica e filosofia della scienza” d’università (dove ai suoi studenti insegna con scrupolo la logica e il metodo scientifico, non dubitiamo), nelle vesti di “divulgatrice scientifica” per i lettori del Corriere a tutto appare interessata fuorché al rigore delle sue materie accademiche, cui preferisce le bollicine dell’auto-contraddizione, come rilevammo in altra occasione a commento d’una sua intervista a Boncinelli.

Ella, quando interroga un autore o ne commenta un libro, tralascia lo spirito critico – che ci aspetteremmo dalla giornalista – per adagiarsi alle tesi dell’interlocutore. Di Boncinelli abbracciò subito l’idea che “l’anima è un’illusione”, senza accorgersi dell’incoerenza: un’illusione di “chi”? l’anima della filosofa non coglie la certezza cartesiana d’esistere stante nel dubbio cartesiano d’illudersi? Con l’ultimo autore (tale Brian Clegg), per mostrare la fallacia degli umani sull’esistenza d’ordine in Natura ed abbatterne la fiducia a “ipotizzare schemi inesistenti piuttosto che convivere con il peso del caso”, la Lalli scopre “l’indifferenza della natura per i nostri desideri”: ma quando mai la scienza, anche quella più meccanicistica e deterministica alla Laplace, ha attribuito alla Natura sentimenti umani?!

È facile lasciarsi sedurre da schemi ordinati e diventa sempre più difficile orientarsi nella complessità del mondo, considerando che, mentre noi siamo rimasti più o meno uguali a migliaia di anni fa, intorno a noi ci sono realtà inimmaginabili anche un paio di secoli fa”, allarga sconsolata le braccia la nostra divulgatrice scientifica. Già: tutte queste “realtà inimmaginabili anche un paio di secoli fa” però, sono frutto della tecno-scienza nata nell’Europa cristiana e fondata sulla corrispondenza logica tra Natura e ragione umana. Prendiamo una di queste corrispondenze, quella in capo a tutte tra spazio-tempo e materia-energia da un lato e logos dall’altro:

Rμν – ½gμνR + Λgμν = (8πG/c4)Tμν

Questa è l’equazione della Relatività Generale. Provino gli ideologhi del caso ad “indovinare” i moti degli astri con la sua precisione, e poi l’espansione dell’Universo intero, e poi l’esistenza dei buchi neri, ecc.: eppure tutto ciò vi è ordinatamente contenuto con meravigliosi simboli!

33 commenti a Gli ideologi della casualità (Chiara Lalli, Piero Bianucci….)

  • Andrea. ha detto:

    Bigottismo ateo: pur di negare Dio si arriva a negare qualsiasi cosa potrebbe anche solo lontanamente portare a convincere qualcuno della Sua Esistenza.

    Si comportano come i Puritani che proibivano le scarpe di vernice per timore che qualcuno potesse pensare di potervi intravedere quanto sotto la gonna, se ne rendano conto…

    • Giannino ha detto:

      Dio portebbe esistere … e potrebbe NON essere il vostro..

    • manuzzo ha detto:

      Un pò come quando la Hack ha ammesso che “sarebbe stato tutto più facile se l’universo fosse sempre esistito”. La brutta notizia è che l’ateismo insiste e persiste ad oltranza, la buona è che l’applicazione della novacula okkami a favore dell’ateismo è fallita, guarda “caso” (è il “caso” di dirlo 🙂 ) grazie anche a un gesuita cattolico!

  • Controinformato ha detto:

    già, che provino a “indovinare”, dato che loro fanno affidamento sugli indovini…

  • Enzo Pennetta ha detto:

    “Se Newton avesse proposto di spiegare le ellissi dei pianeti col caso invece che con un’equazione, e così pure le loro velocità col caso, e la caduta dei gravi col caso, ecc., non sarebbe sepolto all’abbazia di Westminster tra i grandi di Gran Bretagna, ma forse avrebbe un posticino nella storia del teatro comico.”

    Carissimo Giorgio, in questa tua frase colgo una non troppo velata allusione al tentativo di spiegare l’evoluzione in termini di caso e selezione.

    Propongo di farne un’iscrizione su una targa di marmo e metterne una copia davanti alle facoltà di Scienze Biologiche…

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Mi leggi nel pensiero, Enzo! Allora ti aspetto in un prossimo articolo…

      • Uomo qualunque ha detto:

        Per caso per caso intendete il caso che intendono i neodarwinisti o quel caso che vi siete messi in testa che i neodarwinisti intendono? Credo che si trati di due casi diversi: l’uno, quello dei neodarwinisti, non puro, il vostro purissimo.

        • Daphnos ha detto:

          ?

          • LawFirstpope ha detto:

            Lascia che ti spieghi: i neodarwinisti sfrizzolano il caso prematurandolo, se Antani glielo consente. Altrimenti tarapia tapioca la supercazzola e UCCR sbiriguda, chiaro no?

            • Daphnos ha detto:

              Ah. Io credevo che volesse intendere: il caso purissimo è quello in cui, gira e rigira, qualunque cosa succeda, non sai mai come va a finire; il caso non puro dei neodarwinisti è quello in cui, gira e rigira, qualunque cosa succeda, abbiamo sempre ragione noi neodarwinisti.

              • Agnostico ha detto:

                Diciamo che hai capito quel che hai voluto capire.

                • Daphnos ha detto:

                  Probabile 😉 . Evidentemente il mio pensiero è stato selezionato al termine di una distribuzione casuale (impura, ovviamente) di pensieri diversi, per l’appunto il mio è una mutazione svantaggiosa per la sopravvivenza dell’idea di scienza come ricerca di causalità misurabili 🙁 .

              • andrea g ha detto:

                Non lo sa neanche lui cosa intendesse dire.
                E’ che arrampicarsi sugli specchi per ‘logicizzare’
                che dal nulla esca “per caso” qualcosa, è
                impresa impossibile, ovviamente.

        • andrea g ha detto:

          Perchè non ci spieghi tu la differenza?

      • Enzo Pennetta ha detto:

        Come si potrebbe non accogliere un simile invito? 🙂

  • LawFirstpope ha detto:

    Di Boncinelli abbracciò subito l’idea che “l’anima è un’illusione”, senza accorgersi dell’incoerenza: un’illusione di “chi”? l’anima della filosofa non coglie la certezza cartesiana d’esistere stante nel dubbio cartesiano d’illudersi?

    E’ incredibile: fanno leva sull’ignoranza delle persone per far credere come odierni problemi che in realtà la filosofia ha risolto secoli fa!

    • Daphnos ha detto:

      Per l’appunto: ma non è che stiamo considerando un po’ troppo la signorina Lalli? Non vorrei che a forza di citarla a qualcuno venga in mente che sia una persona da prendere in considerazione.

      • Panthom ha detto:

        Sarà la futura Odifreddi, occorre cominciare a prendere le misure e smontarla già oggi.

  • Giuseppe ha detto:

    C’è un errore di fondo, a mio avviso, in questo articolo, ovvero una implicita distinzione tra una metafisica buona ed una cattiva. Per quanto mi riguarda, il mio approccio epistemologico è mutuato da quello di Mach, ovvero la fisica è una organizzazione dell’esperienza sensibile mediante formalismo matematico, punto. Ogni assunzione ulteriore è legittima, ma pur sempre di tipo metafisico.

    P.S. per la redazione: ho scoperto, con mio disappunto, che il mio collega di stanza ha lasciato commentati ingiuriosi dal mio account su alcuni vostri post. Chiedo scusa per la leggerezza.

    • Daphnos ha detto:

      P.S. per la redazione: ho scoperto, con mio disappunto, che il mio collega di stanza ha lasciato commentati ingiuriosi dal mio account su alcuni vostri post. Chiedo scusa per la leggerezza.

      Davvero? Uffa non me ne sono accorto, non ci sono mai quando succede qualcosa di interessante 🙁 🙁 🙁 . Salutalo da parte mia 😉 .

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Forse, Giuseppe, quando si confrontano due concezioni filosofiche (la Sua, machiana, e la mia, realistica) anziché parlare da parte di uno dei due dialoganti di “errore di fondo”, sarebbe preferibile dire: io la penso diversamente da te, però rispetto la tua opinione.
      In secondo luogo, anch’io ritengo come Lei che “la fisica è un’organizzazione dell’esperienza sensibile mediante formalismo matematico”, però – a meno di non cadere nell’idealismo del vescovo Berkeley – io penso che il successo della fisica mostri 1) che la Natura che c’è “dietro” l’esperienza sensibile ha qualche regolarità e 2) che il linguaggio (matematico) dell’Io che organizza l’esperienza sensibile ha un’ordine omomorfo a quello della Natura.
      Ma su queste assunzioni (che sono i postulati metafisici di ogni ricerca scientifica, a mio parere, senza che molti degli scienziati se ne rendano conto) credo che meriti di ritornare.

      • Giuseppe ha detto:

        Ovviamente professore non era mia intenzione stigmatizzare il suo pensiero, che in buona sostanza condivido, ma mi limitavo semplicemente ad osservare, magari sbagliando, che nel suo scritto sembra trasparire la tentazione di considerare “migliore” una specifica metafisica piuttosto che un’altra. Anch’io ritengo che esista un ordine sottostante i fenomeni naturali (non farei il fisico altrimenti), che si possa chiamare Natura, Logos, o addirittura Dio, ma ritengo altresì che la “nostra” fisica sia un modo di descrivere quest’ordine che non può non prescindere dall’interazione del nostro io cosciente con tutto il resto. Quindi in buona sostanza siamo d’accordo su quasi tutto, quello che io contesto è il passaggio dalla concezione di una natura ordinata ad un finalistica della natura stessa. Il finalismo, ancora più del monismo o dell’olismo, è pura metafisica, e non può trarre giustificazione dalla visione scientifica della realtà.

        • Giorgio Masiero ha detto:

          A mio parere non esiste una “visione scientifica della realtà”, ma solo un metodo scientifico che scruta da una prospettiva limitata una parte della realtà. Le “visioni della realtà” appartengono alla filosofia, tant’è che gli scienziati (fisici compresi), pur condividendo lo stesso metodo scientifico, hanno della realtà visioni diverse. Naturalmente riconosco che finalismo, monismo, olismo, ecc. non appartengono al metodo scientifico.

  • nicola ha detto:

    Cosa si intende per multiverso?
    Lo spazio come suggerito dai sensi ha tre dimensioni. Una vasta classe di fenomeni sono descrivibili in modo accettabile nell’ambito di queste tre dimensioni con l’ausilio del tempo che scorre indipendentemente. Per descrivere alcuni fenomeni si è ricorso ad un legame più stretto fra le dimensioni spaziali e il tempo introducendo lo spazio-tempo con quattro dimensioni ma che perde la natura eulidea. Siamo sicuri che non esistano fenomeni che richiederebbero un quinta dimensione per essere acconciamente descritti? Sarebbe questo spazio a cinque dimensioni il multiverso?

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Ho parlato estesamente del multiverso nel seguente articolo
      http://www.enzopennetta.it/2013/01/i-3-salti-dellessere/

      • nicola ha detto:

        Ho cercato di leggere l’articolo (ho problemi di vista), complimenti.
        Vere le premesse (età ell’universo, ecc) sono molto d’accordo con le conclusioni: non solo l’origine dell’universo e delle sue leggi ma la stessa vita e l’Homo sapiens con le sue capacità sono un mistero che rendono l’ipotesi dell’esistenza di un Creatore irrinunciabilmente vera.
        Non concordo con l’ironia sull’aggiunta dell’ipotesi del continuo al postulati di Peano: c’è un precedente famoso, il V postulato di Euclide.

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Sul V postulato di Euclide e sulle geometrie cosiddette non euclidee c’è un grande equivoco, nicola. Che cos’è, per es., la geometria parabolica di Bolyai-Lobacewskij o quella ellittica di Riemann-Einstein se non una geometria euclidea a n + 1 dimensioni? e che cosa garantisce goedelianamente la coerenza alle prime 2 se non la terza?

  • beppina ha detto:

    …dove fin dal titolo s’indovina la mira di sostituire nella nuova “scienza” postmoderna l’icona fisico-matematica di Albert Einstein con quella magico-avventuriera di Giordano Bruno…

    Professore, Lei é un grande… 🙂

  • Luca S. ha detto:

    Tutta la mia gratitudine e ammirazione. Tuttavia, non c’era alcun bisogno dell’uso del grassetto. Non siamo così lalliani da non individuare i passaggi che lei ha messo in evidenza con il solo magistrale uso della prosa.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Grazie, Luca. L’uso del grassetto è una scelta della Redazione, non mia.

  • Lucio ha detto:

    Ancora un bellissimo articolo! Grazie Prof. Masiero!
    Gli ideologi della casualita’ sono, appunto, degli ideologi. Essi si sforzano quindi di ricondurre tutta la realta’ alla loro ideologia. A questo riguardo mi sembra molto interessante la seguente riflessione di E. Gilson: “Prima di ogni spiegazione filosofica della conoscenza, c’è il fatto della conoscenza stessa, e c’è poi il desiderio insopprimibile che tutti gli uomini hanno di arrivare a comprendere la realtà. Se la ragione si accontenta troppo spesso di spiegazioni sommarie e incomplete; se essa fa spesso violenza ai fatti, deformandoli o passandoli sotto silenzio quando la intralciano, è proprio perché la passione di comprendere prevale sul desiderio di conoscere, o che i mezzi di conoscere di cui essa dispone sono impotenti a soddisfarla. Il realista non è meno esposto a queste tentazioni dell’idealista, e non vi cede meno spesso. La differenza è che quando il realista cede a questa tentazione lo fa andando contro i propri principi, mentre l’idealista è disposto fin dall’inizio a cedervi ben volentieri. All’origine del realismo c’è dunque la rassegnazione dell’intelletto a dipendere da un essere reale che è causa della conoscenza; all’origine dell’idealismo c’è invece l’impazienza di una ragione che vuole ridurre l’essere reale alla conoscenza, per essere sicura che alla conoscenza non sfugga assolutamente nulla.”