Pio XII e i tentativi di affrontare il nazismo con la diplomazia
- Ultimissime
- 05 Giu 2013
A livello di opinione pubblica i rapporti tra la Chiesa Cattolica e il regime nazista sono collegati ad una visione manichea tra chi vede in Pacelli il “papa di Hitler” e chi invece lo vuole annoverare tra i Giusti delle Nazioni. Il risultato di questa contrapposizione è stato quello di impedire per molto tempo un serio dibattito storico che avrebbe permesso di collocare il pontefice dell’epoca nel suo giusto ruolo e che invece ha fatto nascere di diverse false visioni sul ruolo di Pio XII (non estranee anche gli stessi ambienti cattolici che dipingono il papa come antitetico al Concilio Vaticano II o attribuendoli un carattere “aristocratico” e distaccato dalla gente).
Quando Pacelli salì al soglio pontificio i rapporti tra la Santa Sede e il governo hitleriano erano tesi al limite a causa delle iniziative intraprese da Pio XI contro il regime nazista (redazione dell’enciclica Mit brennender Sorge, elogio del vescovo di Chicago, George Mundelein, che aveva definito Hitler un pazzo imbianchino, abbandono della città di Roma in occasione della visita del Führer, condanna pubblica dell’antisemitismo, ecc.) e perciò iniziò a cercare una via di compromesso per il bene della Chiesa. In questa trattativa va considerata anche la sua decisione di non pubblicare l’enciclica sull’unità del genere umano che il suo predecessore Pio XI non ebbe il tempo di concludere.
Ciò ha fatto pensare ad alcuni che esistessero divergenze tra i due pontefici riguardo al loro pensiero sul nazismo. È esatto, ma a patto di specificare che esse non riguardavano il giudizio su Hitler per entrambi negativo (lo stesso John Cornwell, autore del “Il papa di Hitler” afferma che Pacelli odiava il dittatore tedesco) ma i mezzi per contrastarlo: Pio XII non voleva arrivare ad una rottura dei rapporti diplomatici con la Germania per il timore delle ricadute che un simile gesto poteva avere. Tuttavia la politica conciliante non avrà alcun effetto e a peggiorare ulteriormente la situazione intervenne lo scoppio della seconda guerra mondiale. Il pontefice aveva inutilmente intrapreso sforzi diplomatici per cercare di evitare il conflitto e, fino al giugno 1940 quando l’Italia andò in guerra, di impedirne la sua estensione.
Pio XII si attenne per tutta la durata bellica ad una via diplomatica e all’atteggiamento di imparzialità che aveva caratterizzato il suo predecessore Benedetto XV durante la prima guerra mondiale. La simpatia del pontefice però andava chiaramente verso gli Alleati e ciò anche per il fatto che la Germania aveva stretto un’alleanza con l’Unione Sovietica tramite il patto Molotov-Ribbentrop. Tracce di condanna della politica aggressiva dei due totalitarismi si poterono trovare nei suoi discorsi: nella sua prima enciclica Summi Puntificatus parlò del “sangue di innumerevoli esseri umani, anche non combattenti, [che] eleva uno straziante lamento sopra una diletta nazione, quale la Polonia”, si espresse contro l’aggressione della Finlandia da parte dell’URSS e inviò tre telegrammi di solidarietà ai sovrani di Belgio, Olanda e Lussemburgo i cui regni erano stati invasi dall’esercito tedesco nonostante la loro neutralità. Quest’ultima azione fu causa di un grave scontro con Mussolini perché il dittatore italiano si stava sempre più legando ad Hitler tanto da considerare quasi un affronto personale ogni attacco contro il suo alleato: l’ambasciatore italiano Dino Alfieri fu mandato a protestare e giunse al punto di paventare a Pio XII la minaccia di «gravi conseguenze» se avesse continuato con la sua politica (minaccia a cui Pacelli seppe rispondere con grande coraggio).
Gli edicolanti dell’Osservatore Romano che avevano pubblicato i messaggi di condanna furono aggrediti e lo stesso papa fu bloccato mentre si trovava in auto da un gruppo di fascisti al grido di “Abbasso il papa! Morte al papa!” (A. Tornielli, Il papa degli ebrei, Bergamo 2002 pp. 139-140). Il pontefice però svolse attività antinaziste ancora più dirette ed è dimostrato dalla sua intercessione presso gli inglesi per appoggiare un complotto della resistenza tedesca per spodestare Hitler. I contatti con i congiurati continueranno anche dopo questo fallito tentativo (in un precedente articolo avevo scritto che Pio XII fu informato dell’Operazione Valchiria, ma la nota a cui facevo riferimento si riferiva ad altri falliti complotti contro il dittatore tedesco anche se forti indizi sembrano indicare che alcuni vescovi non fossero del tutto ignari dell’attentato).
Il 22 giugno 1941 Hitler diede il via all’operazione Barbarossa attaccando di sorpresa la Russia.
È stato più volte affermato che la Santa Sede vedeva nel nazismo un baluardo contro il comunismo e che proprio per questo motivo si deve ricercare la sua renitenza a condannare apertamente il genocidio degli ebrei. Tuttavia dai documenti vaticani si evince che la speranza della Santa Sede fosse che le due dittature si distruggessero a vicenda: se è vero che Stalin stava effettuando feroci persecuzioni antireligiose in nome dell’ateismo di stato, è pur vero che i nazisti stavano propagandando una nuova visione del mondo in cui non ci sarebbe stato posto per il cristianesimo. La resa dei conti con la Chiesa era solamente rimandata al dopoguerra, ma già durante il conflitto si ebbe un ulteriore aumento della persecuzione in Germania: il regime iniziò a catalogare come Gegner (“avversari”) tutte le attività, anche quelle religiose o caritative, della Chiesa Cattolica e della Chiesa Confessante (R. Moro, La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, Bologna 2002 p. 107). Il pontefice rifiutò sia gli appelli angloamericani per una esplicita denuncia del nazismo, sia quelli italotedeschi per una chiara condanna del comunismo. In definitiva, Pio XII si attenne alla neutralità politica durante la seconda guerra mondiale anche perché auspicava che da entrambe le parti provenissero iniziative di pace che avrebbe voluto sostenere. Verso la fine del conflitto però cominciò a rivolgersi in prevalenza verso le potenze occidentali e in tale prospettiva va a collegarsi il discorso di Natale del 1944 nel quale espresse apprezzamento per la forma di governo democratica.
Un discorso a parte riguarda il suo rapporto con gli ebrei dovuto alla principale accusa di aver taciuto sull’Olocausto. Pur avendo un certo pregiudizio verso l’ebraismo comune a larghi settori ecclesiastici del tempo, provò orrore verso i crimini commessi dai nazisti contro gli ebrei. Il suo “silenzio” riguardante la deportazione degli israeliti era dovuta alla sua scelta d’intervenire tramite la diplomazia. Vi furono alcuni vescovi tedeschi e polacchi che chiesero un atteggiamento meno diplomatico, ma la sua scelta era in realtà dettata dalla ricerca del male minore («Ventresca: “Pio XII, basta con le polemiche!”», Avvenire 10/03/13).
Del resto, il pontefice non restò con le mani in mano e fin dall’inizio delle deportazioni il Vaticano tentò d’influenzare gli stati europei satelliti della Germania che avevano rapporti diretti con la Santa Sede (Slovacchia, Croazia, Romania, Ungheria, Francia) per tentare di arrestare la deportazione o aiutando i perseguitati ad espatriare. Al contempo, Pacelli approvò incondizionatamente le azioni di soccorso organizzate in segreto in favore degli ebrei da alcuni prelati tedeschi come il vescovo di Berlino, von Preysing (nelle cui lettere è testimoniata anche la paura di Pio XII di peggiorare la situazione in caso di una sua pubblica denuncia) e aiutò gli ebrei romani a salvarsi dalla deportazione favorendo il loro nascondiglio nei conventi e nelle proprietà vaticane e protestando tramite reclami diretti o indiretti contro la deportazione. Per la sua attività di salvataggio, la comunità ebraica di Roma affisse nel 1946 sulla parete di un edificio nella quali erano acquartierate le SS, una targa per ringraziare Pio XII per avere aperto le porte delle chiese e aiutato i perseguitati (Rudolf Lill, Il potere dei papi, Roma-Bari 2008 pp. 140-143). È stato rimproverato al papa di non aver saputo fare di più per salvare i perseguitati, ma è importante ricordare che anche altre organizzazioni dell’epoca non seppero fare meglio e forse difficilmente avrebbero potuto farlo perché si trovarono di fronte ad una tragedia molto più terribile di quanto avessero mai potuto immaginare: il dramma di interi popoli soggetti alla tirannia nazista.
32 commenti a Pio XII e i tentativi di affrontare il nazismo con la diplomazia
Ciao Mattia,
anni fa ebbi una violentissima discussione con il “capoccia” del sito luogocomune, che, essendo un anticattolico viscerale (e si tratta di un eufemismo), aveva scritto un articolo intitolato nientemeno che: “La Auschwitz del Vaticano”. Avendolo letto e resomi conto che era tratto interamente ed esclusivamente da un unico libro, scritto da un ex agente del KGB sovietico, che fu tra gli accusatori principali del Cardinale croato Stepinac nel processo-farsa architettato contro di lui dai comunisti (con convinto sostegno sovietico) dopo la guerra; ebbene verificato tutto ciò, cominciai ad incalzare questo tizio, rimproverandogli, non tanto l’opinione storica in sé, quanto la sua ridicola metodologia, che pretendeva giungere a tali gravissime accuse contro la Chiesa Cattolica, facendosi forte di un unico volumetto, scritto da un ex agente sovietico. Il tizio sprofondò allora in un delirio di lesa maestà, durante il quale mi vomitò insulti, fino a perdere completamente il controllo e la dignità. Ora i miei commenti di allora risultano perfino eliminati (così mi pare, ma non ho sinceramente voglia di controllare in modo approfondito, di sicuro l’articolo, di cui si trova il link all’interno della scheda, è privo dei miei commenti).
Il punto è però che su quel sito da quel giorno campeggia un link ad una scheda, approntata dal suddetto tizio, dopo lo smacco dovuto alle mie correttissime critiche (http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=136). In seguito al disgustoso episodio non mi hanno più visto su quel sito, dove provavo a svolgere caritatevole apostolato intellettuale in mezzo a persone di ogni tipo, spesso vilipeso e insultato senza ritegno, ma anche ricevendo, non di rado in privato, i complimenti di alcuni utenti.
Dato che ti interessi dell’argomento, sarebbe un’opera veramente buona se tu potessi studiarti il caso (io non è mai avuto il tempo) e provassi in qualche modo a rispondere a quelle assurde accuse. Magari anche indirettamente, tramite una scheda da inserire su UCCR. Ma bisogna farlo bene, documentandosi al meglio sul caso specifico. Te la sentiresti? Articoli come quelli fanno sicuramente un male atroce alla verità.
Ciao
Alex
La verità fa male . Scommetto che quello si era messo a piangere dopo rendendosi conto della pena che faceva a se e agli altri (ovvero a quelli che sapevano la verità .
Non credo proprio. Si è dimostrato talmente disonesto intellettualmente, da non lasciare spazio al minimo gesto di ripensamento. Giungerei a dire che è “istericamente” anticattolico. E la cosa, pur dispiacendomi per lui, sarebbe un problema tutto suo, se non si facesse pubblico paladino delle sue idee assurde. E sai quanti beoni si fanno confermare nel loro pregiudiziale anticattolicesimo da iniziative come le sue…
mha…
In che zenzo?
nò dico ,certi soggetti atei mi lasciano perplesso .
La Verità non gli appartiene.
Mi associo alla richiesta di At=ae. In effetti avevo sentito parlare di questi fatti da una fonte ben più farsesca di quanto potrebbe essere un resoconto del KGB: parlo ovviamente dell’anticatechismo degli atei sul sito dell’UAAR, precisamente al capitoletto “I cristiani sono cattivi”.
Poiché mi ha fatto tornare in mente la cosa, sono andato a ricontrollare le fonti ed effettivamente, come quasi tutto in quel sito, anche la questione della Croazia degli Ustascia viene ripresa da Deschner. Apprezzerei anch’io un articolo meritorio sulla figura si sant’Aloisio Stepinac perché, nonostante nessun tipo di evidenza potrà mai far breccia in quell’ambiente culturale, almeno non si lasci l’impressione di rimanere impotenti davanti a tanto fervente pregiudizio.
Parlare di “resoconto” nel caso del KGB, mi pare difficile
Quelli “fabbricavano” la realtà a loro piacimento…
Su Stepinac basta ricordare che Tito alla fine della guerra gli offrì di diventare capo di una chiesa nazionale jugoslava se solo avesse accettato di separarsi da Roma; dopo il suo rifiuto iniziò la persecuzione giudiziaria e l’invenzione delle accuse, accuse che se avesse accettato la proposta di Tito ovviamente non sarebbero mai state mosse.
Ciao Alex,
in effetti la tua idea è molto interessante. Mi ci vorrà un pò di tempo per fare una cosa simile perché in questi giorni sono molto impegnato e preferisco anche documentarmi bene in modo da portare i relativi riferimenti bibliografici così che non dicano “le fonti siete voi, giusto?”.
Lo direbbero lo stesso
.
Probabilmente si. In effetti gli articoli su UCCR servono a mio parere non tanto a convincere gli anticlericali, ma quelli “neutri” e poco informati. Per i primi vale il detto che se indichi la luna ad uno sciocco con il dito, quello ti guarda il dito.
Certo, io penso ci vorrebbero dei mesi di letture, per scrivere un articolo storiograficamente ben fondato. L’ideale sarebbe trovare un professore di storia contemporanea che conosca l’argomento e possa indirizzarti alla migliore letteratura scientifica. Altra fonte utile potrebbero essere sacerdoti croati. Posso provare ad informarmi io su quel fronte, visto che bazzico ancora ambienti vaticani. Si potrebbe inoltre cercare di rintracciare chi si occupa del processo di canonizzazione del Card. Stepinac.
Ok, si può fare. Il tuo aiuto sarebbe ben accetto. Su Stepinac ho già letto in effetti cose interessanti. Su di lui rimangono ancora degli aspetti controversi da chiarire, ma nessuno storico serio fa sua l’interpretazione dell’ “arcivescovo del genocidio” che ne da Marco Aurelio Rivelli che l’UAAR invece considera come oro colato.
Ce lo vedo Pio XII a dire apertamente “Hitler è un pazzo”. Sarebbe curioso vedere che fine avrebbero fatto i cattolici tedeschi.
Basterebbe anche questo ragionamento infantile, puerile e ingenuo per mettere in dubbio la connivenza del Vaticano con la Germania nazista.
Che Papa Pio XII° si sia adoperato con tutti i mezzi che aveva a disposizione per salvare quante più vite umane possibili è un dato di fatto, incontrovertibile.
Soltanto coloro che agiscono in malafede possono affermare il contrario.
Non solo Pio XII aprì le porte di chiese e conventi per nascondersi gli ebrei, ma offrì anche l’oro che mancava per salvarli quando i tedeschi ordinarono loro di raccogliere non so quanti kg di oro onde evitare rastrellamenti e deportazioni (che poi ci furono lo stesso). Emblematica è la storia del rabbino capo di Roma, Israel Zoller, che fu molto amico di Papa Pacelli, tanto che dopo la sua celebre conversione al cristianesimo volle cambiare il nome diventando “Eugenio” Zolli in ossequio al Papa. La storia della conversione di Zoller ha dell’incredibile: vide coi suoi occhi Gesù che gli apparve durante una funzione nella sinagoga di Roma. Si convertì all’istante. Potete immaginare come si arrabbiarono gli ebrei… Ancora adesso non amano ricordarlo.
Grazie per questo contributo.
Aggiungo che, quando si vuole far polemica storica, Pio XII è la preda designata.
Sull’ultimo numero di “Nuova Storia Contemporanea”, che si trova anche in edicola, rispondo con un lungo saggio ad alcune tesi accusatorie lanciate ultimamente sulla stessa rivista da Sergio I. Minerbi, notoriamente acceso “colpevolista”.
Matteo Luigi Napolitano
Salve signor Napolitano. Devo dire che per me è un onore sentirla. Approffito per ringraziarla per i suoi interventi molto interessanti che avevo letto sui giornali e in altri forum inerenti al ruolo della Chiesa nella seconda guerra mondiale (incluso l’ultimo intervento su Sergio Minerbi). Ne approffitto anche per chiederle un suo giuzio su Stepinac, anche se avevo già letto qualcosa nel suo libro “Pio XII tra guerra e pace”, in particolare sull’accusa che ne fa Giovanni Miccoli d’avere scagionato nei rapporti che inviava la Santa Sede il governo ustacia dalla responsabilità dei loro crimini.
Caro Mattia, Grazie a Lei.
Il mio giudizio su Stepinac è proprio nel paragrafo del libro “Pio XII tra guerra e pace”, a lui dedicato: paragrafo basato sulle carte dell’Arcidiocesi di Zagabria.
A beneficio di tutti, sintetizzo questa parte del mio libro:
1) Verso la fine del novembre del 1938, quando ormai le leggi razziali
imperavano in Italia e in un Terzo Reich che arrivava all’Austria e ai
Sudeti, inglobando quindi buona parte dell’Europa centro-orientale, mons.
Stepinac aveva approvato l’istituzione dell’Opera di San Paolo, il cui scopo
avrebbe dovuto essere «aiutare spiritualmente e socialmente tutti i
convertiti che onestamente desiderino entrare nella Chiesa Cattolica,
specialmente – in questi tempi difficili – i figli e le figlie del popolo d’
Israele». All’uopo, Stepinac raccomandò che « tutte le persone di buona
volontà e di nobili sentimenti aiutassero con il loro generoso contributo l’
Opera di San Paolo, il cui proposito in questi tempi difficili è di
facilitare ed alleviare la vita di molti i quali, a causa della loro fede,
sono stati banditi dalle loro case, dal loro paese e che soffrono la
persecuzione» (Archivio della Postulatura della Diocesi di Zagabria (d’ora
in poi: APDZ), vol. CVIII, p. 3137)
2) Il 16 dicembre 1938, monsignor Stepinac aveva scritto al Capitolo
presbiterale di Zagabria:
«Come vi è ben noto, per effetto della “legge sulla purezza razziale”, un
gran numero di ebrei deve lasciare la Germania e l’Austria. Solitamente essi
non hanno denaro né una destinazione definita. Molti di loro sono membri
battezzati della Chiesa Cattolica. Sono costoro che in numero crescente si
rivolgono a noi per assistenza o per intercessione. Noi facciamo quel che
possiamo per aiutarli, in modo tale che essi possano ricevere un’estensione
del loro permesso di transito o un visto per recarsi in altri paesi. Ad ogni
modo, ciò non è abbastanza. Il numero di tali persone che viene a chiederci
aiuto cresce ogni giorno. Inoltre, essi chiedono ora non solo interventi ma
anche assistenza finanziaria […]. Vi è ben noto, onorevoli Signori, che al
presente l’Arcivescovo di Zagabria non è nelle condizioni di assistere da
solo queste sfortunate persone in tutti i loro bisogni. È necessaria un’
assistenza anche da altre fonti. Ecco perché desidero consultarmi con voi
sul da farsi».
Questo documento prosegue dilungandosi su tre proposte che Stepinac fece:
a) che uno dei canonici del Capitolo si rendesse disponibile a dirigere l’azione di assistenza in favore degli ebrei;
b) che s’inviasse una richiesta scritta a chiunque potesse dare una mano, e in primo luogo agli ebrei battezzati che fossero in condizione di assicurare aiuti concreti; affinché ciascuno, secondo le proprie capacità, donasse un contributo per l’azione dell’Arcidiocesi di Zagabria in favore degli ebrei perseguitati da Hitler (Mons.Stepinac al Capitolo presbiterale della Diocesi di Zagabria, 16 dicembre 1938, APDZ, vol. CVIII, p. 3140).
3) Questa lettera sortì degli effetti non trascurabili. Fu istituita, in
seguito ad essa, un’Organizzazione di Soccorso e di Assistenza ai Rifugiati.
E lo stesso mons. Stepinac, da quel momento, assunse la diretta
rappresentanza degli interessi dei perseguitati innanzi alle autorità
jugoslave.
Pochi giorni dopo, il 9 gennaio 1939, l’allora Segretario di Stato Cardinal
Pacelli (che di lì a poco sarebbe diventato Papa Pio XII) raccomandò alle diocesi tedesche l’Opera di San Paolo e la nuova organizzazione di assistenza come punti di riferimento essenziali per l’assistenza agli ebrei.
Sicché il 5 marzo seguente, in una lettera a Stepinac, mons. Wilhelm Berning, vescovo di Osnabrück e presidente del St. Raphaels-Verein, pose l’accento sulla necessità di assistere nel miglior modo possibile i rifugiati d’origine israelita. Battezzati e no.
4) Un terzo effetto pratico delle iniziative di Stepinac fu l’invio, l’11
gennaio 1939, in circa trecento copie, di una lettera indirizzata a
«rispettabili cittadini» jugoslavi di fede cattolica, con il testo seguente:
«Distinto Signore! Di fronte a persecuzioni disumane e violente, molte
persone hanno dovuto lasciare la loro terra. Non sono solo povera gente
senza una terra, ma sono anche senza i fondi necessari per sopravvivere.
Essi vagano per il pianeta cercando un paese che li metta in grado di creare
per sé e per le loro famiglie una nuova organizzazione di vita. Molte di
queste persone sono temporaneamente in Jugoslavia. Molte sono mogli con
bambini. La loro tragedia è difficile, la loro povertà indescrivibile. Ogni
giorno, molti di questi emigranti vengono da noi per consiglio, intervento,
raccomandazioni, per un’assistenza in forma di denaro o di altri beni. Tra
loro ci sono anche degli intellettuali e coloro che una volta avevano un
buon tenore di vita. È nostro dovere cristiano aiutarli. Di modo che,
considero necessario rivolgermi alle persone che abbiano buon cuore e nobili
sentimenti per l’assistenza ai predetti afflitti. Mi prendo la libertà di
rivolgermi a Lei, Distinto Signore, come membro della nostra Chiesa. So che
comprenderà la tragedia di queste persone senza casa, senza fondi, senza
scopi e che contribuirà al Fondo di Assistenza che sarà usato per aiutare
questi emigranti. La prego di riempire l’allegato modulo per il Suo
volontario contributo mensile che aiuterà in quest’azione necessaria».
(APDZ, vol. XC, p. 3737-3739. In questo stesso fondo troviamo anche accenni ai difficili rapporti tra gli ebrei convertiti e i loro ex correligionari).
6) Le iniziative di Stepinac non piacquero a molti cattolici intransigenti,
soprattutto a quelli imbevuti di estremismo nazionalista. Al punto che
qualcuno di costoro non esitò a scrivere direttamente all’arcivescovo,
esprimendo un acre e offensivo disappunto per l’opera che egli stava
compiendo in favore degli ebrei. La lettera qui riprodotta ne è una prova
eloquente; lo sconosciuto mittente, evidentemente un estremista croato
nonché uno dei «rispettabili cittadini di fede cattolica» destinatari della
circolare di Stepinac dell’11 gennaio, così scriveva all’arcivescovo:
«La raccolta di fondi per gli affamati e gli sradicati è una cosa cristiana
molto nobile da fare. Per la prima volta, vedo che nella nostra Zagabria,
che è croata, l’Arcivescovo sta profondendo ogni sforzo nell’appellarsi
personalmente agli individui. In favore di chi il nostro Arcivescovo con
tale amore cristiano sta intercedendo? In favore degli ebrei, e per giunta
in favore di ebrei stranieri. L’Arcivescovo considera dovere cristiano
aiutare gente la cui fede è in diretta opposizione al concetto di onore
umano. La loro fede nega tutti i concetti di etica e di moralità cristiana.
La loro fede conduce i suoi membri al più grande e sanguinario odio contro
tutti i cristiani […]. Sotto minaccia della più dura delle pene, la fede
ebraica richiede che non si aiutino i cristiani, nemmeno quando essi versino
nelle più gravi necessità, nemmeno quando essi dovessero gridare fino allo
spasmo (è la loro espressione). La ragione di ciò risiede nel fatto che
l’emarginazione di tutti i cristiani e di tutti i non ebrei è prescritta
dalla loro fede. Cosicché l’usura, la truffa, il ladrocinio, i falsi
giuramenti e perfino l’assassinio sono consentiti […]. E come al tempo in
cui Gesù Cristo, con una frusta, cacciò gli ebrei fuori dal Tempio di Dio,
così ora le nazioni vive d’un nuovo spirito cacciano dal loro seno tutti i
non nazionali o i non battezzati. Che indossino in segreto la stella di
David o pubblicamente i panni del prete» (Lettera di un nazionalista croato
all’Arcivescovo di Zagabria Alojzije Stepinac, gennaio 1939, in APDZ, vol.
C, pp. 708-710).
7) Stepinac incontrò enormi difficoltà nel far accettare, non solo ai
cattolici e ai nazionalisti croati (in parte cattolici), ma anche al governo
jugoslavo, l’idea di un comitato di assistenza in favore degli ebrei.
«A causa di quel comitato – ha dichiarato Terezija Skringer, che ne fu la
segretaria – l’arcivescovo Stepinac fu di frequente oggetto di ridicolo.
Anche i giornali lo attaccavano. Egli continuò ciononostante la sua grande
opera di pietà fino all’ultimo giorno» (Testimonianza della signora Terezija
Skringer, Segretaria dell’Organizzazione di Assistenza ai Rifugiati, in
APDZ, vol. CVIII, pp. 3173-3174).
8) Occorre naturalmente verificare il grado d’impegno di mons. Stepinac in
favore degli israeliti anche dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale,
e soprattutto dopo la nascita dello stato croato guidato da Pavelic. È
ancora l’archivio della Postulatura di Zagabria ad aiutarci in un tale
approfondimento.
Uno dei primi problemi da affrontare, con l’avvento del regime ustasa, fu
certamente la situazione degli stessi ebrei croati, la cui esistenza era
ormai messa a repentaglio alla pari di quegli ebrei che avevano trovato
rifugio in Croazia provenendo dalla Germania, dall’Austria e dalla Polonia.
Così scriveva il visitatore apostolico Marcone, in un rapporto del 23 agosto
1941:
«I giudei in Croazia sono obbligati a portare sul petto un disco metallico
di dieci centimetri di diametro di colore giallo, nel cui centro è scritta
la lettera ‘Z’ (Zidov: giudeo). Questo distintivo, mal tollerato, e l’odio
dei croati verso di loro nonché gli svantaggi economici a cui sono soggetti,
determina spesso nell’animo degli ebrei il desiderio di passare alla Chiesa
cattolica. Non si escludono con questo a priori i motivi soprannaturali ed
il lavoro silenzioso della grazia divina. Il nostro clero agevola la loro
conversione, pensando che almeno i loro figli saranno educati nelle scuole
cattoliche e quindi saranno più sinceramente cristiani».
Mons. Tardini commentò a margine di queste parole:
«Questi distintivi sono stati portati dall’arcivescovo di Zagabria. Son
quelli creati in Croazia per gli ebrei. Si voleva imporli anche agli ebrei
convertiti. L’arcivescovo è riuscito ad impedirlo» (ADSS, vol. 8, nota 1 a
p. 261).
9) Numerosi furono gli appelli della comunità ebraica croata a Stepinac. Il
13 aprile 1942, per esempio, fu chiesto all’arcivescovo di Zagabria di
adoperarsi per il trasferimento in Turchia di cinquanta giovani israeliti.
Stepinac fu pregato d’inoltrare tale istanza al ministero degli interni di
Zagabria, che l’accolse (APDZ, vol. LXVI, p. 1188).
10) Mons. Stepinac appoggiò presso le autorità ustashe anche la richiesta
degli ebrei croati di emigrare alla volta della Palestina via Turchia, così
scrivendo ai responsabili del ministero dell’interno:
«Onde continuare una tale azione, sono necessari colloqui con le autorità
ungheresi. Cosicché i predetti bambini possano unirsi ad un gruppo di
Budapest che si recherà in Turchia. A tale scopo, la comunità ebraica di
Zagabria ha chiesto un permesso per il suo Rabbino Capo dottor Miroslav
Freiberger, per recarsi in Ungheria e tornare. Raccomando caldamente che
questa richiesta sia accolta» (Dokumenti nedavne proslosti, in: “Sluzbeni
vjesnik Nadbiskupije zagrebacke”, a. 32 (1945), no. 8, p. 51). Siccome fu
concesso di emigrare solo a undici bambini ebrei, ancora su richiesta del
Rabbino capo di Zagabria Freiberger, mons. Stepinac chiese al ministero
degli interni croato che «in aggiunta ai trentotto permessi non fruiti altri
trenta circa fossero concessi a bambini accompagnati da adulti» (APDZ, vol.
LXVI, p. 1188).
11) E in che termini si espresse il rabbino capo di Zagabria con Pio XII
sull’opera di Pio XII e di Stepinac? Ecco la lettera che egli inviò a Pio
XII il 4 agosto 1942:
«Pieno di rispetto oso comparire dinanzi al trono di Vostra Santità per
esprimervi come Gran Rabbino di Zagabria e capo spirituale degli ebrei di
Croazia la mia gratitudine più profonda e quella della mia congregazione per
la bontà senza limiti che hanno mostrato i rappresentanti della Santa Sede e
i capi della chiesa verso i nostri poveri fratelli. L’amore biblico verso il
prossimo – quale che sia la sua confessione – può soltanto essere praticato
da uomini che sono ripieni di fede nell’Onnipotente, padre di ogni essere
umano. Ora, nel momento in cui i resti dei resti della nostra comunità si
trovano nella situazione più critica, – nel momento in cui di vuole decidere
delle loro vite – i nostri occhi sono fissi su Vostra Santità. Preghiamo
Vostra Santità, nel nome di alcune migliaia di donne e bambini abbandonati,
il cui mezzo di sostentamento si trova nei campi di concentramento, nel nome
delle vedove e degli orfani, nel nome dei vecchi e dei deboli, di aiutarli
affinché possano restare nel loro domicilio e passarvi i loro giorni, se è
necessario, nelle condizioni più umili. Noi crediamo che Dio, che per
migliaia di anni ha messo alla prova Israele, che egli ha carezzato e
castigato, aiuterà il nostro popolo a superare, anche con i più grandi
sacrifici, la prova più pesante che mai sia toccato a Israele di sopportare.
C’è da temere che noi, – che già ci troviamo allo stremo delle nostre
forze – non vedremo la luce del giorno, se Vostra Santità non ci accorda il
suo magnanimo aiuto. Prego Vostra Santità di essere sicura della mia
gratitudine più profonda» (Il Rabbino Capo di Zagabria Shalom Freiberger a Pio XII, 4 agosto 1942, ADSS, vol. 8, doc. 441).
12) Si può certamente discutere sul fatto che, come lascia capire Spadolini,
Stepinac avesse peccato d’ingenuità nel porre le sue speranze in uno stato
nazionalista croato retto dagli ustasa di Pavelic; rimane il fatto che, come scrive Giovanni Spadolini questa fiducia non durò per molto, perché Stepinac si accorse subito di questo errore e tornò sui suoi passi (Giovanni Spadolini, “Il mondo frantumato. Bloc Notes 1990-1992”, Milano: Longanesi & C., 1992, p. 278).
Detto da uno storico laico come Spadolini…
13) Se la posizione di Stepinac fosse stata quella di un “arcivescovo del
genocidio”, si sarebbe mai potuta avviare la procedura per il suo
riconoscimento di Giusto fra le Nazioni innanzi allo Yad Vashem?
Eppure è proprio questo che accade. Per oltre vent’anni due ebrei chiedono allo Yad Vashem che Stepinac sia onorato come Giusto alla stregua di Schindler,
di Perlasca e di tanti altri.
Ma chi chiede ciò? Niente meno che il segretario particolare del Rabbino Capo di Zagabria, il già citato Freiberger.
Ecco la lettera che Amiel Shomrony, Segretario particolare del rabbino capo
di Zagabria durante la seconda guerra mondiale, invia al “Jerusalem Post”, e
che mai fu da questo pubblicata. Lo ha fatto poi una studiosa croata.
«Come ex segretario del Rabbino Capo di Zagabria, dott. Salom Freiberger, e
suo personale contatto presso il Cardinale Stepinac sono nella condizione di
puntualizzare varie errate interpretazioni, se non menzogne […]. L’affermazione secondo cui l’Arcivescovo Stepinac accolse i nazisti è assolutamente falsa; al contrario, egli condannò pubblicamente le teorie razziali dei nazisti come antireligiose anche prima che lo Stato di Croazia divenisse indipendente nel 1941 […] E’ un fatto che egli condannò tutte le leggi contro gli ebrei, gli ortodossi, i musulmani e gli zingari nelle sue omelie domenicali in cattedrale. “Tutti costoro sono figli di Dio”. Nelle sue omelie, egli specificamente denunciò anche la distruzione della nostra Sinagoga «essendo la casa di Dio». «I colpevoli saranno debitamente puniti da Dio onnipotente» [.]. Io sono oggi – proseguiva Shomrony – uno dei pochissimi sopravvissuti della comunità ebraica di Zagabria della seconda guerra mondiale, ed essendo membro onorario dell’Associazione culturale Dr. Salom Freiberger sono sicuramente testimone più attendibile di gente che basa la propria opinione sul sentito dire” (cfr. Ljubica Stefan, “Stepinac i Zidovi”, Zagreb: Croatiaproject, 1998, pp. 55-56).
Alla luce di tutto ciò, possiamo dire che la tesi secondo cui Stepinac fu un collaborazionista degli ustashe croati e un fervente antisemita fa acqua da tutte le parti.
Chiedo scusa per la lunghezza di questo messaggio
Matteo Luigi Napolitano
Grazie per l’ottima risposta
Grazie molte anche da parte mia, davvero utilissimo!
Grazie invece a tutti voi.
mln
Concordo, molto interessante. Mi procurerò il suo volume su Pio XII e l’articolo citato in precedenza. A suo parere come è lo stato dell’arte intorno alle ricerche sul Card. Stepinac? Si tratta di un campo già ampiamente indagato e chiarito (rispetto al quale, dunque, non rimane che documentarsi), oppure meriterebbe ulteriori e più specifici approfondimenti (ad es. proprio in relazione alle accuse di cui parlavo e in particolare al campo di concentramento di Jasenovac)?
è un pò difficile che Stepinac potesse nei rapporti inviati alla Santa Sede scagionare il regime ustascia dai suoi crimini visto che questi stessi crimini li denunciava pubblicamente nei sermoni tenuti nella sua cattedrale, sermoni per i quali rischiava il carcere e nel caso di una presa del potere dei nazisti una sicura condanna a morte.
Glaise von Horstenau un generale tedesco che si trovava a Zagabria disse:
“se in Germania un qualunque vescovo parlesse pubblicamente in questo modo, non scenderebbe vivo dal suo pulpito!“.
A proposito di alcune note lette qui, aggiungo che il Rabbino di New York David Dalin, che mi ha chiesto di tradurre per l’Italia il suo libro su Pio XII, osserva che l’anticattolicesimo e l’anticristianesimo non sono che un’altra forma di antisemitismo.
mln
Alcuni buoni articoli sul Crdinale Stepinac si posono trovare anche qui:
http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&new_topic=165
Forse potranno essere di aiuto per raccogliere un pò di informazioni su questo grande personaggio.
Ecco uno dei motivi che indussero Pio XII a non intervenire in modo esplicito
““Visto che i vescovi cattolici si sono immischiati nella faccenda – malgrado non fossero toccati personalmente – tutti gli ebrei cattolici verranno deportati entro questa settimana. “
Questa mi sa tanto di bufala.
COme fanno ad esistere “ebrei cattolici”?
Dove l’hai trovata?
si intende ‘ebrei convertiti al cattolicesimo’ (vedi Edith Stein).
“non estranee anche gli stessi ambienti cattolici che dipingono il papa come antitetico al Concilio Vaticano II”
Ma infatti è proprio così. Avete mai letto le encicliche di Pio XII? Tutto il contrario del Vaticano II. E non cerchiamo interpretazioni fasulle perché è tutto nero su bianco.
Cito solo il Meditor Dei tra i tanti per ribadire la condanna del Papa a qualsiasi tipo di “rinnovamento” liturgico.
Il dato oggettivo non può diventare ad uso e consumo dei progressisti. La Chiesa, se non vuole arrivare alla catastrofe completa, è ancora in tempo per tornare sui suoi passi. Ma di cardinali fedeli alla Tradizione ne sono rimasti ben pochi ahimé.