Il fallimento del “divorzio breve” e la sua pericolosità
- Ultimissime
- 02 Giu 2013
Si leggeva quasi del compiacimento nelle parole del giornalista di “Repubblica” che, registrando l’avanzata del secolarismo, alcune settimane fa annotava che – dopo «i primi anni del pontificato di Ratzinger», anni «di recupero, o almeno di freno» dello sgretolamento della società con «divorzi pressoché stabili» e «matrimoni religiosi meno rovinosamente in crisi (anzi, in lieve ripresa fra 2009 e 2010)» – le cose, per la stabilità della famiglia in Italia, sono tornate a peggiorare.
Dispiace che siffatta tendenza non solo non venga riconosciuta e commentata con la dovuta gravità, quasi si trattasse di un fenomeno non negativo, ma addirittura sia alle porte, ad opera dei soliti Radicali, una raccolta di firme per l’introduzione del cosiddetto “divorzio breve”. E dire che il divorzio è uno degli eventi peggiori, specie per quei bambini che ne sono spettatori e che accusano per questo pesanti conseguenze; conseguenze che – attesta la letteratura scientifica – incidono sul loro stato di salute, sulla loro crescita e sui loro comportamenti devianti e correlate difficoltà di inserimento sociale (si veda qui, qui, qui, qui e qui), fino a renderli più esposti, a loro volta, al rischio di divorziare una volta adulti.
Non solo: l’evento del divorzio, com’è stato accertato da accurate ricerche, triplica per i figli il rischio di rimanere vittima di abusi – rischio che sale dal 3,4% al 10,7% – , espone costoro a maggiori tentazioni suicidarie, concorrendo a determinare più alti tassi di mortalità prematura. Come se non bastasse il divorzio appare correlato anche al rischio di povertà dei figli: secondo rilevazioni effettuate negli Stati Uniti, infatti, i bambini che vivono con un solo genitore hanno più possibilità, rispetto agli altri, di vivere in una famiglia al di sotto della soglia di povertà – 28% rispetto alla media del 19% – e di vivere in una casa in affitto, 53% rispetto al 36% (Cfr. Elliott D.B. – Simmons T. (2011) Marital Events of Americans: 2009 U.S. Department of Commerce Economics and Statistics Administration – «U.S. Census Bureau», p. 12).
Quanto sarebbe bello sapere che ne pensano di questi “benefici” del divorzio gli amici Radicali. I quali però, astuti come sono, risponderebbero che col “divorzio breve” le cose migliorerebbero rispetto ad oggi: tempi più rapidi per lasciarsi e meno stress e conseguenze negative. Ma sicuro, come no. Lo vadano pure a raccontare agli spagnoli, che questo innovativo istituto lo conoscono dal 2005 ed hanno già potuto apprezzarne i frutti: 1.343.760 rotture coniugali fra il 2003 ed il 2012 (la quasi totalità determinate dal “divorzio breve”) con l’aumento vertiginoso di quelle conflittuali – furono il 35,52% del totale nel 2004, sono state il 40,74% nel 2012. Nel frattempo i divorzi, nel loro insieme, continuano a crescere: furono 124.702 nel 2011, sono stati 127.362 nel 2012 (+2,13%). Morale: in Spagna oggi finisce un matrimonio ogni 4 minuti.
Un dato che certifica non solo, evidentemente, il fallimento del “divorzio breve”, ma dello stesso divorzio come istituto idealmente filantropico e liberatorio ma in realtà generatore di violenze e sofferenza. Il che è perfettamente in linea con le evidenze che da molti anni a questa parte attestano per coloro che divorziano, per esempio, maggiori tassi di morbilità cronica per disturbi nervosi (Elaborazione da: Istat, Indagine Multiscopo sulle famiglie italiane, vol. 10, Roma 1994) nonché, come conseguenza alla solitudine e alla sofferenza vissute, più alti tassi di malattie coronariche, ictus, polmonite, cancro, cirrosi epatiche, incidenti automobilistici e suicidi (vedi qui, qui, qui e qui). Del resto, se pensiamo che già Émile Durkheim (1858 – 1917), sociologo non certo cattolico, riscontrava «l’alto numero dei suicidi nei paesi a divorzio diffuso» (Opere, Utet, Novara 2013), non ci vuole molto a capire quanto questo istituto rappresenti una vera e propria piaga sociale.
Alla luce di così tanti riscontri della pericolosità della rottura coniugale per l’equilibrio della società, urge – pur nella consapevolezza che la vera medicina è rappresentata dalla necessità di un lavoro educativo – correre ai ripari. Per esempio seguendo le indicazioni di organizzazioni come Family Watch, che ritiene di poter incidere in una riduzione dei divorzi fino al 40% attraverso quattro percorsi strategici: 1) l’istituzione di un periodo di riflessione prima del divorzio; 2) la promozione della mediazione e consulenza familiare durante questo periodo di riflessione; 3) un rilancio della mediazione familiare; 4) la promozione, per le coppie, di meccanismi che possano prevenire il divorzio.
Gli scettici risponderanno che, anche se attuate, queste misure servirebbero a poco. Può anche darsi, ma perché almeno non provare? Perché le Istituzioni, anziché introdurre quel “divorzio breve” – che poi tanto “breve” non è, visti i drammatici effetti che produce e che abbiamo in parte ricordato – che in Spagna sta letteralmente mandando al macero la famiglia, non investono finalmente nella tutela e nella promozione del matrimonio? Se solo ci fosse la volontà di procedere in questo senso, forse si potrebbe realmente invertire la rotta di una tendenza al precariato effettivo che sta facendo a pezzi la società. Nessuna illusione: purtroppo la situazione è assai grave e pure in continuo peggioramento, ma forse non tutto è perduto se si torna a scommettere con convinzione sul matrimonio. Basta però che lo si faccia, cessando di assecondare le voglie di quel relativismo culturale che non ammette l’esistenza di alcun bene al di fuori di quello individuale.
59 commenti a Il fallimento del “divorzio breve” e la sua pericolosità
Posto che sia un diritto per così dire naturale dei fanciulli avere una famiglia, essa [la famiglia] non è essenzialmente una istituzione giuridica positiva, è piuttosto una istituzione naturale nella quale convergono le volontà dei genitori di stare insieme. Nessuna legge dello stato può creare o imporre una famiglia.
Ma lo Stato può favorire questa istituzione e lo fa troppo poco, e può usare dei deterrenti per il suo scioglimento.
I deterrenti lasciamoli usare alle dittature laiche o religiose che siano, io da cittadino libero e maturo se decido di compiere un passo doloroso come il divorzio, non ho bisogno di deterrenti.
Lo stato che utilizza deterrenti si profila come un luogo di sofferenza e di mancanza di libertà, quale in parte è già l’Italia ed io non lo voglio.
Lo stato dobrebbe semmai favorire dal profilo economico lo sviluppo della famiglia con incentivi ed aiuti, ma non ha soldi e comunque questo non ha nulla a che fare con l’oggetto dell’articolo relativo al divorzio breve.
Io saprei dove ricavarne molti, ma lascio spazio alla Sua immaginazione.
Saluti.
AN
Il deterrente (sulla droga, sull’alcool ecc.) viene usato dalle dittature? Immagino fosse un battuta…
Essendo il matrimonio (civile e religioso) un’istituzione pubblica il suo ruolo pubblico è decisivo, non è il semplice mettersi assieme ma è una richiesta pubblica allo stato e alla società di riconoscere la propria unione. Il suo valore è fondamentale e lo stato e la società ha l’interesse a tutelarlo con specifiche leggi, usando deterrenti per evitarne lo scioglimento, quest’ultimo dettato la maggior parte delle volte per motivi futili e facilmente risolvibili, sempre che non ci sia una facilitazione a divorziare.
La legge del divorzio ha triplicato i divorzi, ovvero ha indotto molte persone a divorziare quando prima i problemi li si risolveva assieme. Ha inoltre indotto il concetto di temporaneità delle relazioni, modificando e aggravando la struttura antropologica della società. Chi voleva dividersi si divideva anche senza legge sul divorzio, semplicemente non veniva aiutata dallo Stato.
Lo Stato potrebbe ricavare soldi vietando gli aborti a carico del SSN. Lo so che lo hai pensato anche tu, io l’ho solo esplicitato. Saluti a te!
Ma come si fa a fare affermazioni così superficiali! Sei forse rimasto all’uomo “naturalmente buono” dell’Emilio di Rousseau?
Ci sono persone che confondono il sacro vincolo dell’amore, ben al di sopra dello stato e della chiesa, con la sua regolamentazione.
Se in un rapporto non c’è più amore, fermo restando il rispetto e la tutela dei figli minori, non ha ragione lo stato o la chiesa di opporsi allo scioglimento del rapporto. E’ solo una opportunità di esercitare potere, controllo e limitazione delle libertà fondamentali.
Lo Stato ha ragione a non facilitare lo scioglimento in quanto la famiglia è la cellula della società. Anche prima della legge sul divorzio le coppie si dividevano, consapevoli di non essere aiutate dallo Stato.
La vera limitazione della libertà è la tua opposizione all’obiezione di coscienza e alla libertà di educazione delle scuole paritarie. Quella si che è opportunità di esercitare potere e controllo!
Quindi, bisogna restare insieme, anche se manca il rispetto e l’amore? Bel tipo di famiglia!Come si può tenere due persone unite per legge?Come si può costringerne una delle due ad avere rapporti intimi con l’altra? Legittimando la violenza sessuale frà coniugi? A me sembra più un discorso teso a buttare sabbia negli occhi, molto ipocrita. Piuttosto, meglio sarebbe aiutare le coppie sposate con reali sgravi fiscali, meglio sarebbe sostenere una vera collaborazione frà i coniugi, invece di dividere rigidamente i ruoli, di modo chè, nessuno dei due, debba sentirsi sovraccaricato di doveri rispetto all’altro.
Mi domando sempre perché non si leggano i commenti pensando di sapere già cosa si troverà scritto. Ho infatti scritto che anche prima della legge sul divorzio le persone si dividevano ugualmente, consapevoli però di non essere aiutate dallo stato. Questo era un forte deterrente che permetteva di pensarci due o tre volte prima di prendere una decisione così drastica e violenta verso se stessi e i propri figli, scoprendo magari che i problemi erano risolvibili semplicemente rimboccandosi le maniche e lasciando da parte l’orgoglio e l’amor proprio, causa del 99% dei divorzi.
D’accordo con te invece su una politica orientata verso l’aiuto alle famiglie, con sgravi fiscali e bonus bebè.
Guarda che fino a qualche anno fà, c’era la galera per chi lasciava il proprio coniuge, basta andare alla famosa vicenda di Fausto Coppi con la Dama Bianca, quindi non sò a che ti riferisci “allo Stato che aiuta”, è vero che ci sono alcune agevolazione riferite al reddito, ma si può risolvere eliminando i cosiddetti “cumuli” che si fanno, e, anzi, detassando realmente, chi avendo più persone in famiglia, ha un solo reddito. Se poi parli degli alimenti, quello vuol dire fare leva sullo status economino dell’individuo, che purtroppo, visto come siamo avanti in Italia sulla questione lavorativa delle donne, per la maggiore fà si che la donna sia creditrice di un assegno di mantenimento perchè, magari non trova lavoro. Se ti riferisci a questo, che squallore stare con un individuo solo per soldi, mi sà di mercificazione bella e buona di ciò, che almeno sulla carta, dovrebbe essere una scelta fatta per amore.
La galera? Non mi risulta affatto. Anche prima della legge sul divorzio si poteva separarsi ovviamente e nessuno costringeva a stare assieme! Essendo però consapevoli di prendere una decisione che avrebbe portato uno svantaggio sociale la maggior parte delle volte si pensava bene ai motivi e ci si impegnava a sistemare le cose, a mettere da parte l’egoismo o la assurda gelosia e l’amore sbocciava nuovamente. Se le cose invece non ripartivano ci si separava. Quante coppie oggi si lasciano per sciocchezze, lo fanno perché divorziare è facilissimo.
Ma che amore e amore! Una volta ci si sposava anche per procura, o conoscendo di vista il futuro o la futura sposa, il matrimoni era un contratto vero e proprio e l’amore ci centrava come il cavolo a merenda, nella migliore delle ipotesi subentrava l’affetto, ma altro non era che un vincolo per due persone della quale l’una (solitamente l’uomo) provvedeva agli emolumenti economici, e l’altra (ovviamente la donna), fungeva da cuoca, sarta, factotum, comprese le prestazioni sessuali, di solito avare di effusioni, e solitamente atte alla procreazione per avere altre braccia da mandare al lavoro e che mantenessero i genitori da anziani. Oggi c’è un riassestamento ed un passaggio verso una nuova alleanza matrimoniale, che parte dal presupposto dell’amore, comprensione, attrazione anche fisica, anche l’avere dei figli, sapendo che, purtroppo, non sono destinati a farci da badanti ma ad essere come fecce scoccate da un arco, e quindi a formarsi il loro futuro in base alle proprie ambizioni e capacità, anche lontano dai genitori, è triste, ma è così, non si può mettere al mondo dei figli per avere un tornaconto, almeno io la penso così. Suggerirei, di lasciare il divorzio per chi si sposa in Chiesa, con le norme vigenti, e di provare ad accorciare i tempi, per chi si sposa civilmente.
Ops: frecce, non “fecce”!
Scusa la franchezza, ma da dove deduci quello che affermi?
Potremo parlare di tante cose senza cognizione di tempo e di spazio, ma è un mestiere inutile. Direi di concentrarti sul presente, che è molto amare, e un po’ meno sul passato, che con tutti i suoi problemi ci ha dato un futuro (fino all’altro ieri) in termini di valori. Il vero problema di oggi è: saremo in grado di costruire il prossimo di futuro?
*amaro
Traggo le conclusioni dai racconti di zie e parenti, dai documentari storici sul secolo scorso, più che deduzioni, sono racconti di vita, in quanto al prossimo futuro, io non credo che sia colpa al 100% delle persone, ma di una politica incapace di rispondere alle nuove generazioni.
Io ho invece altre informazioni, è sono di segno opposto. Certo non situazioni idilliache, ma normali.
E ti parla uno che ha avuto in famiglia un nonno separato, che ha lasciato mia nonna, in questo siamo stati all’avanguardia per quei tempi. Sono cose bruttissime, non ci scherzate!
Ha sfagliato vite intere con il suo gesto infantile! E’ stato puro egoismo. Non si è fatto più vivo da trent’anni e passa.
Comunque la colpa non è solamente dei politici, ma della cultura popolare infestata (come in questo caso) di scelte sbagliate e di valori sbagliati che portano la persona a corrompersi e a fare del male agli altri.
*sfasciato ops
Piuttosto, meglio sarebbe aiutare le coppie sposate con reali sgravi fiscali, meglio sarebbe sostenere una vera collaborazione frà i coniugi, invece di dividere rigidamente i ruoli, di modo chè, nessuno dei due, debba sentirsi sovraccaricato di doveri rispetto all’altro.
C’é da discutere sul “discorso ipocrita” ma condivido del tutto questa parte con la precisazione “coppie sposate con figli”.
Beppina, come si riconosce il grande contributo alla società, per chi mette al mondo dei figli e li cresce, e su questo sono perfettamente d’accordo, visto che sia gli sgravi fiscali che gli aiuti concreti in tutte le forme, dagli asili agli assegni, qui sono al lumicino, è giusto anche riconoscere il contributo sociale di chi vive in coppia, perchè vi è già una forma di solidarietà, che di fatto, solleva la società di diversi oneri, facciamo l’esempio di una coppia in cui uno dei due è malato, l’altro sostituisce un servizio mica da poco.
Beppina, come si riconosce il grande contributo alla società, per chi mette al mondo dei figli e li cresce, e su questo sono perfettamente d’accordo, visto che sia gli sgravi fiscali che gli aiuti concreti in tutte le forme, dagli asili agli assegni, qui sono al lumicino, è giusto anche riconoscere il contributo sociale di chi vive in coppia, perchè vi è già una forma di solidarietà, che di fatto, solleva la società di diversi oneri, facciamo l’esempio di una coppia in cui uno dei due è malato, l’altro sostituisce un servizio mica da poco.
Non sono d’accordo. Negli ultimi decenni il concetto di “vivere in coppia” é cambiato di molto; gran parte degli indicatori che contestalizzaono detto cambiamento evidenziano soprattutto un depauperamento della “significatività” della coppia a favore dei “diritti” del singolo componente la coppia (uomo o donna). La famiglia deve essere aiutata soprattutto (e secondo me “solo”) quando da una prospettiva alla società, in buona sostanza quando ci sono figli.
L’amore, credici o no, dipende anche dalla nostra volontà e da quanto siamo disposti a metter da parte il nostro egoismo per il bene dell’altro.
Io credo che tante coppie oggi si vadano a sposare convinte che la soluzione ai loro eventuali problemi coniugali non sia il venirsi incontro, il perdonarsi, il comprendersi ma sia il divorzio: questo sta uccidendo una delle risorse più preziose per lo stato (e per i singoli individui) e quest’ultimo non sta facendo niente per tutelarla.
Ascolta: se ti perdono un tradimento, ma tu perseveri nel mettermi le corna, a questo punto, la pazienza finisce (questo per fare un esempio). Se mi metti le mani addosso una volta, posso lasciar perdere giustificando con una sovradose di nervosismo, ma se è all’ordine del giorno, devo prendere provvedimenti per tutelarmi, ecc. ecc. Bisogna perdonare, ma neanche far passare tutto a chi viene perdonato, perchè errare è umano, perseverare è diabolico.
Quello che dici tu è corretto, ma tu dovresti sapere bene con chi ti vai a sposare…
Sembra sempre che dopo il matrimonio l’altra persona diventi improvvisamente un mostro famelico!
Il punto su cui secondo me conviene insistere è un’opportuna preparazione al matrimonio (anche secondo l’antico detto prevenire è meglio che curare).
“Se il matrimonio fosse davvero indissolubile, io davvero vorrei passare il resto dei miei giorni legato a questa persona?”
Se già la risposta è “mah, forse” conviene ripensarci, no?
Il problema è proprio questo: oggi si confonde l’amore coi primi sentimenti dell’innamoramento e si tende a dire che ci ‘capiti’: oggi non c’è domani non c’è più.
L’amore è invece un sentimento ben più profondo e non può prescindere dalla volontà, altrimenti non si potrebbe spiegare come alcune persone riescano ad arrivare insieme fino alla morte.
ovviamente intendevo: oggi c’è, domani non c’è più.
Esatto, nessuna legge dello stato può creare o imporre una famiglia, lo “impone” la legge naturale!! 😉 😉
Infatti succede esattamente quello che dici tu: lo stato non può “creare” alcun tipo di famiglia, che è di diritto naturale; si limita a riconoscerla per come, appunto, in natura si dà e per questo non può che riconoscerne un tipo, quello formato da uomo e donna.
Cosa non ti è chiaro in tutto ciò?
“Perchè…non investono finalmente nella tutela e nella promozione del matrimonio?”
per lo stesso motivo per cui non investono nell’aiuto di ragazze madri e propongono di fatto esclusivamente l’aborto.
Ideologia.
Infatti, come ogni ideologia, si basa su slogan, falsità e urla.
Del resto, addirittura la Costituzione impone una particolare tutela per le famiglie numerose. Cosa è stato fatto per aiutare queste famiglie negli ultimi decenni? Per non iniziare il solito discorso sulla latitanza dello stato nell’aiuto alle famiglie.
Ideologia pestilenziale
Che brutta l’immagine della foto, fa molto magia nera…
E’ abbastanza sconfortante leggere alcuni commenti qua sopra. Ho l’impressione che alcuni (non Paolo Viti) confondano l’amore con l’erotismo e pensino che si debba anteporre il soddisfacimento dei propri impulsi alla solidità del proprio nucleo familiare. Il che potrebbe non stupire, purché chi ragiona così non si definisca cattolico.
Il problema di oggi caro Klaus è la mancanza di solidità in qualunque tipo di rapporto.
La gente pratica più che mai “l’uso e getta” nelle relazioni, finendo sempre a fare i propri interessi.
Per non parlare cosa sono diventate le coppie oggigiorno: si conoscono in discoteca, niente di cui parlare, solo tante effusioni/baci in pubblico, shopping, un caffè la domenica, sotto l’ombrellone in estate ecc…
Questa è la “povertà” di oggi!
Magari ti capita di incontrare la persone giusta, anche se a volte non riesci a superare certi limiti del tuo carattere/della situazione. E se poi ti sforzi di superarli, e lo fai esclusivamente per amore, riceve solo il nulla dall’altra parte; purtroppo questa è la vita.
Stavo pensando, leggendo, perchè invece del divorzio breve non si pensa ad un “matrimonio LUNGO?”
Cioè si potrebbero inventare tanti ostacoli, prove, test ed altro per saggiare se veramente le coppie vogliono sposarsi e solo i più tenaci potrebbero arrivare ad un passo tanto grave. A cominciare dalla chiesa che favorisce in ogni modo i “matrimoni riparatori in presenza di gravidanze” Secondo me invece quello è il caso di impedire, per almeno due anni, la celebrazione, almeno canonica.
Nato il bambino/a cominciano veramente i guai ai quali è impossibile porre rimedio.
Però anche lo stato potrebbe inventarsi qualcosa per rendere MOLTO più difficoltoso il matrimonio: si risparmierebbero immense risorse per tribunali, avvocati, cancellieri ed intasamento della vera giustizia ordinaria.
Cosa ne pensate??
Penso che sia una bellissima idea, dovrebbero sposarsi soltanto coloro che credono al matrimonio.
La Chiesa ad esempio, parlo del matrimonio religioso ora, tiene un corso per i fidanzati spiegando loro in tutte le lingue che se non credono nella Chiesa e in Dio è inutile che chiedano il sacramento perché è un matrimonio nullo. Tutti quelli che lo fanno SOLO per rispettare la tradizione o il volere dei genitori NON dovrebbero sposarsi in Chiesa!!!
A cominciare dalla chiesa che favorisce in ogni modo i “matrimoni riparatori in presenza di gravidanze” Secondo me invece quello è il caso di impedire, per almeno due anni, la celebrazione, almeno canonica.
Dove si basta questa sua affermazione? Comunque condivido il concetto di matrimonio “lungo” ma non con la prospettiva da lei indicata. Rendere “più difficoltoso il matrimonio” a mio parere sarebbe da attuarsi (laicamente) sulla base di questi presupposti: 1) il “matrimonio” c’é solo quando ci sono figli; 2) il resto non é matrimonio ma é “unione” fra due persone per reciproco amore e che impongono fra loro stessi reciproca assistenza e rispetto; 3) nell’ambito del “matrimonio” i coniugi sanno che la presenza dei figli é motivo quasi insormontabile per addivenire ad una separazione; 4) in casi eccezionali una eventuale “rottura” dovrebbe avvenire nel rispetto (in primis) delle esigenze dei figli e se possibile solo dopo che i figli sono diventati maggiorenni.
Il divorzio breve serve a divorziare più in fretta. E funziona.
La fretta è brutta consigliera, sopratutto quando ci sono relazioni che andrebbero affrontate con calma essendoci di mezzo i figli e la loro salute psicologica. Hai dimostrato proprio perché il divorzio breve è fallimentare, bastava il tuo commento anche senza articolo.
Quello che per alcuni è un fallimento, per altri è un bene.
Di divorzi positivi è la prima volta che ne sento palare. Però non ho motivo di dubitare le parole dell’ottimo Ugo..
Quando due non vanno d’accordo, la cosa migliore è che prendano strade diverse, in modo netto e veloce.
Dopo un pessimo matrimonio, ed un divorzio veloce e drastico, possono nascere due unioni funzionanti e felici. L’obbligo è la tomba di qualunque felicità.
Serra ma il matrimonio è una roba seria… Pensi che lavarsene le mani e fuggire possa essere la soluzione?
Mio nonno se ne è andato quasi 60 anni fa abbandonando la sua famiglia per sua scelta, secondo te questa sua libertà egoista ha salvato i suoi figli?
Pensare che invece il matrimonio (pure qualora sia previsto il divorzio) è in gran parte costituito dagli obblighi tra coniugi e verso i figli.
Non vedo questa storia degli obblighi come la tomba della felicità.
Il divorzio è una piaga sociale, se fosse un bene come stupidamente dici dovresti tifare perché una coppia si sciolga il prima possibile.
Masochismo laicista all’ennesima potenza 😉
Le coppie che non funzionano *devono* sciogliersi il prima possibile. È la cosa migliore per tutti.
le coppie che non funzionano non devono neanche sposarsi: è la cosa migliore per tutti
Sarebbe sicuramente meglio.
Ma per fortuna si può rimediare anche dopo.
Dopo quando? Quando hai prole a carico?
Troppo tardi, non si rimedia un bel nulla…
Ma questo è un concetto ASSOLUTO, o fa parte del comodo vocabolario del relativista assoluto?
E se non funzionassero per problemi risolvibili? Meglio rovinare una famiglia o dare del tempo per affrontare con razionalità i problemi che possono emergere in tutte le relazioni (anche quelle d’amicizia)?
Il divorzio non è per sempre. Nessuno vieta ad una coppia di divorziati di tornare insieme, ed, all’occorrenza, risposarsi.
Obbligarli a restare insieme vuol dire obbligarli a litigare.
Come è già stato spiegato da Viti prima della legge sul divorzio nessuno obbligava i coniugi a restare assieme, semplicemente non li si facilitava a lasciarsi.
Quello che vorrei fa notare però è che ‘si sono obbligati’ a stare insieme da soli, scegliendo di sposarsi!
Come comico perdigiorno sei veramente forte…
Questo commento, così accurato nelle sue ampie sfaccettature e approfondito nei numerosi contenuti, era più adeguato a firme quali “Davide” o quel nostro amico col nickname all’incontrario.
Sì, anche sparare in testa a qualcuno serve a farlo morire più velocemente e funziona nella stragrande maggioranza dei casi!
Grande!
Le “ricette” sono inutili se non si torna alla responsabilità sociale: capire che il Matrimonio è un’Istituzione è l’unica soluzione; è l’Amore per il Matrimonio, non il Matrimonio per l’amore. Se fossimo meno “faciloni” anche in presenza di una legge demenziale come il “divorzio breve” voluto dai soliti radicali saremmo messi meglio!
Tra l’altro il saggio di Durkheim non mette in relazione solo il tasso di suicidio a quello di divorzio, ma anche entrambi all’individualismo ed alla povertà di rapporti umani. Ecco, questa è un’altra cosa sulla quale dovremmo riflettere non poco…
non ebbe il coraggio* .. ovviamente volevo scrivere
Aggiungo che la DC nel farne una battaglia soprattutto politica determinò l’esito scontato del referendum.
Si doveva fare ben altro ma la Chiesa, chissà perché, non ha impedito il disastro.
Bisogna riflettere molto su queste cose. Per quanto mi riguarda se il Papa fosse stato Siri ci vogliamo scommettere che il divorzio era ancora illegale?
La terapia per il liberalismo è solo una. Tradizione. I consultori e tutti questi palliativi non servono a nulla.
Il divorzio ha una sola causa che si chiama modernismo. Combattendolo frontalmente (come fecero Pio X e Pio XII) è l’unica soluzione.
Tutto il resto è solo fumo e niente arrosto.