Il neodarwinismo è morto, ma non lo si può dire

Arlin Stoltzfus 

di Enzo Pennetta*
*biologo

 

In un articolo apparso su BioMed viene proposta la CNE (Constructive Neutral Evolution), una teoria che prende le mosse dalla dichiarazione del fallimento della sintesi estesa. Ma la soluzione proposta non risolve i problemi, e della teoria neodarwiniana resta solo il fallimento. L’articolo in questione è intitolato “Constructive neutral evolution: exploring evolutionary theory’s curious disconnect” ed è stato pubblicato il 13 ottobre scorso su PubMed.

Si tratta di un lavoro di Arlin Stoltzfus, del Center for Advanced Research in Biotechnology presso l’Università dell’IowaL’autore  parla di una “disconnessione” all’interno della teoria dell’evoluzione, un’incoerenza tra quello che la teoria afferma e ciò che emerge dalla genetica, in pratica tornano in primo piano le difficoltà che la genetica mendeliana pose sin dai primi anni del ‘900 alla teoria di Darwin e sulle quali la stessa naufragò.

Stoltzfus ricorda che nella formulazione originaria di Darwin, la selezione agiva su una serie di differenze infinitesimali che costituivano il “materiale grezzo”. Darwin aveva una visione non mendeliana nella quale l’ambiente induceva una serie continua di variazioni. Al riguardo Stoltzfus ricorda che quando a Darwin si prospettava la possibilità che la selezione non fosse creativa ma che agisse solamente per stabilire quali forme avrebbero avuto successo, lo scienziato inglese era solito rispondere che “potrebbe essere una teoria molto buona ma non è la mia“. Tale impostazione fu poi mantenuta dai suoi primi seguaci che non accettarono mai l’ipotesi delle mutazioni casuali.

E fu proprio per riconciliare la teoria di Darwin con le leggi della genetica scoperte da Mendel che nacque la Sintesi moderna (SM), una teoria che prevedeva che a infinitesimi cambiamenti a livello del genotipo sarebbero corrisposti dei piccoli cambiamenti a livello di fenotipo. Ma come Stoltzfus fa notare, si trattava di un assunto pericoloso, infatti portava al disaccoppiamento della macroevoluzione dalla microevoluzione: “Nella teoria originale di Darwin, e in seguito nella visione di Fisher, le differenze individuali sono propriamente una materia prima, come la sabbia utilizzata per fare un castello di sabbia: ogni granello di sabbia singolo può essere unico per dimensioni e forma, ma la sua natura individuale ha poca importanza, perché è infinitesimale rispetto al tutto che è costruito dalla selezione. Al contrario, se un episodio di evoluzione riflette la natura individuale di una notevole mutazione, una macromutazione di sviluppo, una duplicazione di un gene o del genoma, un evento di trasferimento laterale o endosymbiogenesi, ecc -, allora l’ipotesi infinitesimale non è più applicabile e la teoria verbale fallisce: quando la variazione fornisce la forma (non la sostanza), non è più propriamente una materia prima, e la selezione non è più il creatore che plasma le materie prime in prodotti.”

Le micromutazioni sono dunque come i granelli di sabbia di un castello, troppo piccoli per poter essere significativi, la selezione agisce su un livello più grande e quindi non può essere lei a plasmare le macromutazioni agendo sulle micromutazioni come afferma invece la SM. Ed ecco quindi che dopo la teoria darwiniana originaria e la SM, emerge la necessità di una “Terza rivoluzione“, quella che è stata definita la Sintesi Estesa (SE) o TDE 3.0. Mentre la definizione di Sintesi Estesa data dal suo ideatore Daniel R. Brooks indica un recupero di elementi del darwinismo originario, nella proposta di Stoltzfus la direzionalità dell’evoluzione viene fornita da un meccanismo definito “Constructive neutral evolution“, un percorso direzionale non finalistico. Il modello proposto dalla CNE è uno sviluppo della  Neutral theory of molecular evolution che Motoo Kimura propose alla fine degli anni ’60 la quale prevedeva che i cambiamenti fossero causati da una deriva casuale o da mutazioni neutrali che non avevano effetti sulla fitness.

Stoltzfus ricorda che nella Sintesi moderna l’evoluzione è definita come uno spostamento delle frequenze alleliche e che la comparsa di nuovi alleli non fa parte della teoria dell’evoluzione, se non come pre-condizione. Poi afferma che la SM come fu formulata da Fisher e Haldane contiene degli errori di ragionamento in quanto il tasso di mutazioni è piccolo e la forza delle mutazioni è debole in confronto alla selezione. Questa ipotesi, fa notare l’autore, sarebbe valida solo se si assumesse che l’evoluzione sia deterministica e che tutti gli alleli rilevanti ai fini dell’evoluzione fossero presenti sin dall’inizio. Come si vede, ancora una volta, si rileva come la microevoluzione non sia riconducibile alla macro evoluzione. La teoria della Constructive Neutral Evolution interviene quindi a risolvere questo ostacolo, se le micro mutazioni non possono fornire nuovi caratteri per via della selezione, le mutazioni neutrali non sarebbero invece selezionabili e potrebbero quindi accumularsi nel genoma come fenomeno di deriva genetica.

L’autore dello studio ritorna insistentemente sul fatto che gli architetti della SM escludevano il mutazionismo riducendo l’evoluzione ad uno “spostamento delle frequenze geniche”, e mette in guardia dal rischio di cadere nell’errore opposto, quello di immaginare che l’evoluzione possa essere ridotta ad un processo di fissazione dall’origine o ad un mutazionista processo di selezione: “Anche se nuove mutazioni sono sempre accettate o respinte, in fin dei conti esse non sono sempre accettate o respinte in modo tale che l’evoluzione segua dinamiche di fissazione dall’origine“. E seguendo un leitmotiv, Stoltzfus ritorna quindi ad affermare con decisione l’insufficienza della SM nello spiegare l’evoluzione, insufficienza che permane anche con l’aggiunta di quelle componenti, tanto care anche al neodarwinismo che in Italia è sostenuto dal pensiero di Telmo Pievani, responsabile di Pikaia, il portale dell’evoluzione (vedi La vita inaspettata: il nuovo libro di T. Pievani), che fa leva sul nuovo concetto di “contingenza” che va ad aggiungersi a quello di “caso“: “…questa insufficienza non è colmata con l’aggiunta di possibilità, della contingenza e  vincoli, che sono dei vaghi principi esplicativi, non cause. La “possibilità” ovviamente non è né una forza né una causa. I “limiti” non sono una forza, non sono neanche una causa positiva, ma una condizione che indica che un ideale immaginario non è stato soddisfatto. La “contingenza” allo stesso modo, non è una causa, ma un segnaposto concettuale che indica l’inapplicabilità di una idealizzazione astorica nella quale i sistemi raggiungono un equilibrio globale indipendentemente dalle loro condizioni iniziali. Rattoppando la Sintesi Moderna con i limiti, la possibilità e la contingenza, espandiamo la copertura di un largo raggio di casi fuori del paradigma centrale, tuttavia questa espansione comporta un’enorme perdita di rigore e chiarezza che il risultato non merita il nome di “teoria”. C’è qualcosa (evoluzione, la politica, i movimenti planetari, costruzione di ponti), che non può essere spiegato con la teoria delle forze della genetica e popolazione, quando è combinata con i tre principi “acchiappa tutto” per cui i risultati sono contingenti nelle condizioni iniziali, limitati da vari fattori, e soggetti alla possibilità?”

La conclusione dell’articolo di Stoltzfus è impietosa, la Sintesi Moderna e le sue varianti con l’aggiunta della contingenza escono a pezzi dalla sua analisi. E si tratta del lavoro di un ricercatore passato attraverso la dinamica della Peer Rewiew. La ricerca, che è fortemente critica verso il neo-darwinismo, è quindi stata approvata da altri ricercatori, il motivo di questa accettazioneva probabilmente individuato nel fatto che l’autore, Stoltzfus, non giunge alle logiche conseguenze del suo discorso e non si spinge a dichiarare che darwinismo tout-court è confutato. Egli fa la sua professione di fede (per dirla con le parole di J. Fodor e M.P. Palmarini) “salvando” il meccanismo casuale con la proposta della CNE, proponendo cioè un’evoluzione che produce nuovi caratteri attraverso l’accumulo di mutazioni neutrali. È quindi una proposta che, nonostante le critiche mosse al darwinismo, si vuole collocare all’interno dello stesso, fatto che ha permesso allo studio di essere accettato e divulgato, ma che ha l’incredibile caratteristica di proporre una soluzione che ha gli stessi difetti del problema che vorrebbe risolvere.

La teoria della CNE infatti, proponendo di individuare l’origine di nuovi caratteri nell’accumularsi di mutazioni neutre, che ad un certo punto divengono funzionali, si imbatte nell’insormontabile ostacolo della improbabilità statistica (vedi UCCRL’insostenibile leggerezza del neodarwinismo di Michele Forastiere e Giorgio Masiero). Anche questa soluzione proposta con la teoria della CNE non è quindi accettabile. Cosa resta allora della teoria darwiniana dopo la pubblicazione del lavoro di Stoltzfus? Sembra proprio che quel che resta sia la constatazione che il neo-darwinismo contemporaneo, così come quello originale dell’800, è morto. Ma non lo si può dire.

60 commenti a Il neodarwinismo è morto, ma non lo si può dire

  • Giuseppe ha detto:

    I biologi dovrebbero studiare di più gli automi cellulari forse…

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Li ha ben studiati Stuart Kauffman, per 40 anni,… concludendo alla fine che la vita ha tutt’altra complessità!
      Anch’io li studio da qualche tempo, Giuseppe: Lei sa qualcosa che nessuno conosce, a proposito dei problemi fondamentali del bios?

      • Giuseppe ha detto:

        Personalmente, pur occupandomi di altro, trovo estremamente interessanti le posizioni Murray Gell-Mann sui sistemi complessi e le relative proprietà emergenti. Ovvio che gli automi cellulari sono solo dei modellini matematici e come tali vanno presi, ma la loro caratteristica di generare strutture complesse a partire da semplici sistemi dotati di un numero limitato di regole, mi induce a credere che la vita possa in un certo senso essere considerata sotto quest’ottica. D’altra parte, risultano lacunosi gli stessi modelli di formazione delle galassie, figuriamoci il resto…

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Già, risultano lacunosi per le galassie, immaginiamoci per un betterio, che è infinitamente più complesso… Gell-Mann ha studiato con Kauffman il problema nello stesso istituto, ma, Giuseppe, dopo 40 anni non ne hanno tirato fuori nulla di lontanamente capace di rappresentare la vita.
          Lo strumento matematico della teoria della complessità, cmq, insieme alla fisica moderna in biologia, non rientrano nel racconto darwiniano e possono “descrivere” alcuni fenomeni biologici. Su questo ritornerò con un articolo.

  • Lucio ha detto:

    Il mio e’ solo il giudizio di un profano ma mi pare proprio di poter dire che il tentativo di cercare di superare gli ostacoli presenti nella Sintesi Moderna proponendo un meccanismo di “origine di nuovi caratteri nell’accumularsi di mutazioni neutre, che ad un certo punto divengono funzionali” rappresenti un rimedio peggiore della malattia….
    Ringrazio il Prof. Pennetta per questo ottimo articolo e per la sua paziente ed attenta opera di difesa della biologia dalle ideologie riduzioniste.
    P.S.: ho letto sul suo sito “Critica Scientifica” la lunga lettera che le ha rivolto il Prof. Pievani. Onestamente mi e’ sembrata abbastanza arrogante e priva di argomenti convincenti. Questo signore la accusa, ingiustamente, di voler dare alla biologia una impronta “Cattolica” ma non sembra affatto avvedersi che e’ proprio il darwinismo ad essere malato di ideologia…. In fin dei conti, per un cattolico, potrebbe anche essere valida la teoria della Sintesi Moderna poiche’, comunque, non intendera’ mai il caso come la testimonianza dell’ assenza di ogni finalismo in natura ma, piuttosto, come un modo di agire di Dio (tramite le leggi della natura) che va oltre la capacita’ di comprensione della ragione umana.

    • Enzo Pennetta ha detto:

      Ciao Lucio e grazie per le tue parole di apprezzamento per il lavoro che cerco di portare avanti.

      Leggo inoltre con piacere che hai spiegato benissimo e in poche righe quello che il prof. Pievani non riesce a cogliere.

      PS: molto bella la foto del tizio in testa all’articolo… l’unico problema è che non sono io!

      • Xlove ha detto:

        Credo che il tizio nella foto sia Arlin Stoltzfus.

        • Enzo Pennetta ha detto:

          …è vero grazie, me ne sono accorto dopo!
          E’ che in passato nei miei interventi era stata sempre messa la mia e ho pensato ad un errore… 🙂

      • GT ha detto:

        Prof. Enzo Pennetta ho guardato un video su YouTube del prof. Telmo Pievani intitolato “Creazione senza Dio”, ove in quell’occasione questo ultimo nega ogni finalismo nell’evoluzione. Addirittura, se non erro, ciò sarebbe conclamato dalla Scienza. Appellandosi al “naturalismo” si evitano strade metafisiche nel dibattito evolutivo secondo il docente universitario.
        Ma io mi chiedo: queste posizioni sono legittime all’interno della biologia o sono deduzioni filosofiche? Che peso rappresentano e hanno nella teoria in sè?

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Pievani,che è un filosofo, dovrebbe sapere che i fini sono esclusi a priori dal metodo scientifico moderno. Quindi affermando che l’assenza di finalismo nell’evoluzione è dimostrata scientificamente, si comporta come chi dall’osservazione di assenza di pesce in macelleria pretendesse d’inferire l’inesistenza di pesce nel mondo. Povera biologia e povera filosofia, nelle mani di cotanto confusionario, insegnante di “filosofia della biologia”, con cattedra nell’università dove insegnò Galileo!
          Pensare, GT, che nella lettera-scomunica al prof. Pennetta, invita a denunciare chi nelle scuole pubbliche non insegna la biologia come vuole lui!

          • Enzo Pennetta ha detto:

            Il punto che GT ha sollevato Giorgio lo aveva fatto notare per primo.
            Questo sconfinamento della scienza nella filosofia era stato infatti segnalato in un intervento su Critica Scientifica:
            http://www.enzopennetta.it/2013/01/parla-pikaia/#comment-10440

            Credo che sia un punto sul quale riflettere più a fondo.

            • Giorgio Masiero ha detto:

              Dalla lettera minacciosa che Pievani ti ha scritto, Enzo, mi è venuta l’idea d’investire della questione “i miei avvocati” per verificare la deontologia del prof. Pievani, e anche di altri suoi “accoliti”, che insegnano in scuole pubbliche italiane…!

            • GT ha detto:

              Sì è vero. Anche perché sempre in quel video mette in discussioni le interpretazioni cattoliche riguardo l’evoluzione, secondo Pievani è accertato che la natura non ha fini… una domanda che mi pongo io è: lo stesso personaggio cita poi Facchini e Ayala, due biologi cattolici, dichiarando l’ampiezza di vedute sull’argomento ma come è possibile conciliare queste due considerazioni? Senza finalità anche Dio è superfluo oppure no?

              • Giorgio Masiero ha detto:

                Per un cattolico Dio è alfa e omega, quindi non c’è posto per Dio in un uomo che non si ponga il problema del fine di tutto.
                Lo studio dei fini appartiene oltre che alla religione, alla filosofia. Quindi si può essere darwinisti cattolici come Facchini, studiando le cause efficienti in scienza e quelle finali in filosofia (e religione). La critica che un cattolico non darwinista come me muove a Facchini non è sul piano religioso (o filosofico), ma sul piano scientifico, ovvero se la spiegazione darwinistica dell’evoluzione sia scientifica o no.

          • Lucio ha detto:

            Sante parole Prof. Masiero!!!

  • Gab ha detto:

    “Cosa resta allora della teoria darwiniana dopo la pubblicazione del lavoro di Stoltzfus? Sembra proprio che quel che resta sia la constatazione che il neo-darwinismo contemporaneo, così come quello originale dell’800, è morto. Ma non lo si può dire.”

    Sono d’accordo su questa ultima frase. Mi chiedo solo se, a partire da noi cattolici, finalmente ci si possa liberare di un bagaglio ideologico che, anche involontariamente, ci influenza nel quotidiano. A mio avviso ci si ostina a difendere l’evoluzione pur sapendo che il darwinismo si appoggia su questo concetto. Come dire, il darwinismo è l’errore umano, ma l’evoluzione (che il darwinismo sostiene) comunque esiste. Come si fa a dire che esiste quando invece le prove sostengono il contrario?

    Nel criticare il darwinismo siamo finalmente pronti a rimettere in discussione il concetto stesso della esistenza dell’evoluzione?

    C’è chi ritiene che è scientificamente impossibile. A mio avviso invece è assolutamente possibile.

    • Enzo Pennetta ha detto:

      Ciao Gab,
      penso che per affrontare nel modo giusto la questione si dovrebbe fare prima una sana “explicatio terminorum”, mettersi d’accordo cioè su cosa si intende per “evoluzione”.

      Ricordo che la prima volta che ascoltai una conferenza del prof. Roberto Fondi, il primo punto che lui affrontò fu proprio questo.
      Allora chiarisco che nei miei interventi quando parlo di “evoluzione” mi riferisco alla successione di differenti specie nel tempo, e questo è un fatto attestato dai fossili.

      Ma l’evoluzione, cioè la successione di di diverse specie nel tempo, non va confusa con la sua spiegazione, che al momento è quella neodarwiniana.

      Il neodarwinismo dunque non poggia sul concetto di evoluzione (che è invece il fatto che dovrebbe spiegare) ma sui concetti di caso, contingenza e selezione.

      Ed è il ruolo del caso come spiegazione di tutto, come onnipotente tappabuchi che andiamo a contestare.

      • Giuseppe ha detto:

        e l’alternativa quale sarebbe, senza ovviamente ricorrere alla religione?

      • Vronskij ha detto:

        Ho bisogno di un chiarimento. Enzo Pennetta, visto che sei un specialista in materia e anche un cattolico, volevo sapere la tua opinione personale per Intelligent Design, perché fino adesso ho sentito diverse opinioni poco chiari. Non so se esiste anche una versione ufficiale. Mi sembra tutto poco chiaro.

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Pennetta ti risponderà da par suo, Vronskij, ovvero da biologo. Da epistemologo (cattolico) io ti dico che l’ID ha valore zero in termini scientifici, perché il metodo della scienza moderna esclude a priori le cause finali, occupandosi solo di quelle materiali ed efficienti.
          Riconosco invece all’ID un valore di critica al darwinismo (altra teoria a mio parere non scientifica), perché spesso espone la polvere che quello tenderebbe a mettere sotto il tappeto…

          • Enzo Pennetta ha detto:

            …da biologo non ho altro da aggiungere a quanto detto da Giorgio!

            • Vronskij ha detto:

              Accettato che esiste un entità scienza moderna che impone la sua volontà su i mortali, se questo coso di scienza moderna esclude a priori le cause finali, anche lo scienziato è costretto a esclude a priori le cause finali, occupandosi solo di quelle materiali ed efficienti? A me questo mi sembra peggio di positivismo, proprio materialismo volgare coperto con un po di salsa del mistero.

              • Giorgio Masiero ha detto:

                No, Vronskij. Io quando faccio il fisico, non mi occupo di cause finali; allo stesso modo di un pilota che, finché guida un aereo, non si mette a bere alcolici o a dormire. Ma, fuori di cabina, può bere e dormire. Così io, COME UOMO, m’interrogo giorno e notte del fine di tutto, dello scopo della mia vita, ecc., ecc. Ti pare che, così facendo, separando le procedure del mio lavoro tecnico dalle domande del mio essere uomo, sia un “volgare materialista”?

                • Vronskij ha detto:

                  Non è detto se non lo fai tu, e non lo fanno i altri, anzi i veri scienziati sono tali e scoprono la verità proprio perché si interrogano giorno e notte (anche quando dormono) sulle cause finali (“a chi chiede, sara dato”). Non è che scoperte vengono fuori per caso, se è cosi allora per caso e nata la vita, la scimmia, darwinismo, DI ecc.

                  Senti professore la calamità maggiore del “moderno” e del scienziato moderno (e tutti i altri professioni moderni) è una divisione artificiale, e perfino criminale, della persona dal sue opere. Il disastro si vede perfettamente in politica, adesso è un luogo comune sentire dire: che importanza ha se un politico abita in bordello, basta che lui sostiene i valori cristiani, e noi lo votiamo come cristiani. Che in fine dei conti vuol dire che anche noi abbiamo la licenza di andare in bordello, come di fatto sta succedendo ogni giorno in più, pilotando aereo senza domandarsi sulle cause finali.

                  Non so come fa un professore a spiegare un eschimese o un marziano evoluzione: ruota, carretto, carrozza a cavalli, auto, Ford T, Fiat, Formula 1, dimostrando cause materiali e efficienti, senza implicare dietro cause ideali di dedizione totale, cose che non si possono dimostrare secondo i criteri della scienza moderna. Cosa fa un professore moderno per spiegare evoluzione tecnologica: nell’inizio era una ruota di pietra, poi misteriosamente è arrivato una ruota di legno sul fango, poi spunto miracolosamente una ruota di gomma sul asfalto, poi è arrivato Schumi con la bottiglia di spumante in mano? Dopo scende dalla cattedra, prede busta paga, e va felice a bere superalcolici per trovare le cause finali?

      • Pietro ha detto:

        “Ed è il ruolo del caso come spiegazione di tutto, come onnipotente tappabuchi che andiamo a contestare”

        Il “caso” non è un “onnipotente tappabuchi”, è semplicemente il “caso”.
        Immaginiamo, però, di fare a meno del caso (e prima di tutto dovreste spiegare perché se ne dovrebbe fare a meno, perché non dovrebbe andare bene come “spiegazione di tutto”), allora quale sarebbe il “principio” che avrebbe agito nei miliardi di anni che ci troviamo ad avere dietro le spalle?

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Se facciamo scienza, Piero, e non filosofia (dove, allora, potrei essere anche d’accordo con Lei sul concetto di Caso metafisico); se facciamo scienza, dicevo, anche il caso (scientifico) ha le sue regole, soggette alla matematica statistica, alla teoria del caos e alla meccanica quantistica.
          Per es., se giocando a dadi con qualcuno, questo fa 6 una volta, e poi un’altra volta, e poi un’altra volta ancora, posso dire: Ok, c’era una possibilità su 216, e s’è avverata. Ho perso, pago. Però se giocando con lui la domenica, fa 6 per 100 volte di fila; e poi il lunedì, altre 100 volte di fila; e così per tutti i giorni della settimana, Lei cosa direbbe? Ricorrerebbe al caso, riconoscendogli i suoi guadagni, o cercherebbe un’altra causa più “efficiente”?

        • Enzo Pennetta ha detto:

          Pietro,
          dire che il caso è semplicemente il caso è una tautologia che non porta da nessuna parte.

          Nessuno poi fa a meno del caso, diamogli però solo il peso che può avere senza farne l’autore di una complessità che va oltre la ragionevolezza, fatto constatabile con ogni calcolo statistico (vedi quelli di Masiero e Forastiere).

          Poi, nel momento stesso in cui poni la domanda “allora quale sarebbe il “principio” che avrebbe agito nei miliardi di anni che ci troviamo ad avere dietro le spalle” in pratica confermi che il caso viene impiegato come tappabuchi!

        • lorenzo ha detto:

          Solo chi è cieco puo affermare, pur contraddetto dai valori probabilistici, che il caso sia alla base del mondo.
          Il mondo ubbidisce a leggi che non hanno nulla di casule.

          • Pietro ha detto:

            “Poi, nel momento stesso in cui poni la domanda “allora quale sarebbe il “principio” che avrebbe agito nei miliardi di anni che ci troviamo ad avere dietro le spalle” in pratica confermi che il caso viene impiegato come tappabuchi!”

            Enzo,
            la mia era senz’altro una tautologia, voluta, proprio per sottolineare che il caso non è affatto speciale ma è, appunto, semplicemente il caso, senza voler andare da nessun’altra parte. Questa tua, invece, è senz’altro un “rigirare la frittata” che, evidentemente, non può funzionare.

            Giorgio, tu scrivi

            “se giocando con lui la domenica, fa 6 per 100 volte di fila; e poi il lunedì, altre 100 volte di fila; e così per tutti i giorni della settimana”

            dobbiamo essere onesti: la situazione, per quanto concerne la questione in oggetto – la teoria evoluzionistica – , non è così palesemente “sporca”, se no la scienza (proprio perché questa non si pone il problema del “fine”) l’avrebbe da tempo gettata alle ortiche (se su questo punto non siamo d’accordo, naturalmente per me la discussione finisce qui, perché non posso seguirti su tesi simil-complottistiche o su quanto altro a giustificazione dei perché gli scienziati si terrebbero il darwinismo).
            Dunque, quanto scrive ancora Giorgio

            “l’insufficienza del caso a spiegare l’auto-assemblaggio di una proteina (non dico di una cellula, o di un uomo, o di una Gioconda) nei tempi della Terra e dell’Universo e per la confutazione matematica dell’uguaglianza micro = macro-mutazione.”

            non è un fatto ma una sua opinione personale! Opinione condivisibile, e sottolineo condivisibile (anche se lascerei da parte la Gioconda, vista l’evidenza del demiurgo Leonardo – a meno che, Giorgio, non avessi in mente la successione cellula – uomo – Gioconda, tocco di fioretto che porterebbe indietro la necessità di un demiurgo, beh, come tale potrebbe anche reggere, anche se, sono sicuro, un buon avvocato farebbe certamente obiezione, che sarebbe, altrettanto certamente, accolta), opinione condivisibile, dicevo, ma pur sempre un’opinione.
            E allora, Giorgio, quando scrivi, in risposta alla domanda birichina di Giuseppe

            “NON LO SAPPIAMO, NON ABBIAMO ANCORA UNA TEORIA SCIENTIFICA DELLA VITA e che dobbiamo cercare, cercare…”

            ti dico che così siamo bravi tutti: domani mi alzo e dico che la teoria dei quanti è tutta sbagliata perché… qualcosa me la invento visto l’argomento… ma… non ne ho una migliore, la sto cercando, bisogna cercarla… e già, non funziona mica così.

            A Lorenzo dico che noi si chiacchiera cosi piacevolmente attraverso questa macchina che è il pc, e si vive negli agi dell’era digitale ma non solo, grazie alle applicazioni tecnologiche, straordinarie, della teoria dei quanti. Teoria che ha come fondamento il fatto(!) che il micromondo (almeno) è governato interamente(!) dal caso. Ci fu un signore che, a tal proposito, ebbe a dire “Dio non gioca a dadi”, ma dovette rassegnarsi tenere la battuta brillantissima tra le battute brillantissime, appunto. (Io, peraltro, nella disputa Einstein – Bohr, simpatizzo con forza per Einstein, e quindi non per il caso, proprio perché condivido l’idea che il principio di indeterminazione sia un problema tecnico, ma, naturalmente, me la tengo come opinione personale.)

            • lorenzo ha detto:

              Se “noi si chiacchiera cosi piacevolmente attraverso questa macchina che è il pc, e si vive negli agi dell’era digitale”, non è grazie ad una teoria, ma solo grazie a ben precise e codificate leggi scientifiche.

            • Giorgio Masiero ha detto:

              Io ho parlato solo del caso (scientifico), Pietro, perché tu avevi citato nel tuo primo intervento solo il caso (metafisico). E come mi replichi? Cambiando argomento. Non mi pare un corretto dialogare.

            • Enzo Pennetta ha detto:

              “Questa tua, invece, è senz’altro un “rigirare la frittata” “, bè, non mi sembra che tu abbia chiarito cosa non va nella mia risposta.

            • enrico ha detto:

              @ Giorgio Masiero

              “Teoria che ha come fondamento il fatto(!) che il micromondo (almeno) è governato interamente(!) dal caso.”

              Giorgio Masiero, mi affido al suo essere fisico per togliermi questo dubbio.
              Questa affermazione è corretta?
              Ad esempio quando utilizzo un icp-oes, mi affido proprio alla regolarità con cui avviene l’emissione in un determinato atomo i cui elettroni vengono portati ad uno stato eccitato dal plasma della torcie, e che dunque successivamente emettono.
              Che cosa si intende con questa affermazione così perentoria di Pietro.

              • Giorgio Masiero ha detto:

                Che cosa intenda Pietro con la sua frase va chiesto a lui, Enrico. Io posso dire solo che è la frase di Pietro è sbagliata nell’avverbio “interamente”, perché nella MQ il caso è moderato 2 volte: la prima, dagli operatori unitari che guidano in maniera deterministica l’evoluzione della funzione d’onda; la seconda, dal concetto di funzione d’onda stesso, che toglie al caso ogni arbitrio metafisico (quello che nella sua testa Pietro gli assegna per ignoranza della fisica), per farlo rientrare nelle regolarità statistiche, tali da permetterne il controllo e le applicazioni tecniche.

                • Pietro ha detto:

                  Va bene, avevo deciso di non scrivere altro: è evidente dalle vostre “risposte” elusive (eufemismo) che non avete intenzione di confrontarvi. Atteggiamento, del resto, tipico delle persone che hanno la certezza di avere in mano la verità ultima; dovevo aspettarmelo ma ogni volta ci ricasco.
                  Poi, chi ha mai parlato di “caso metafisico”?

                  Quanto alla frase di cui chiede conto Enrico e alla risposta che da Giorgio (è appunto questa che mi ha costretto(!) a scrivere ancora)…
                  “nella MQ il caso è moderato due volte”?!? “Moderato”?! “Dagli operatori unitari che guidano IN MANIERA DETERMINISTICA l’evoluzione della funzione d’onda”?! Dagli operatori unitari??? ma sei sicuro???
                  “la seconda (moderazione) dal concetto di funzione d’onda stesso, CHE TOGLIE AL CASO OGNI ARBITRIO METAFISICO PER FARLO RIENTRARE NELLE REGOLARITÀ STATISTICHE, tali da permetterne il controllo e le applicazioni tecniche.”

                  L’interpretazione probabilistica della funzione d’onda da al caso il ruolo unico di governo dei fenomeni nel micromondo. L’edificio della MQ è costruito per trattare in maniera statistica quei fenomeni stessi, non per “moderare”(??????) il caso. Che c’entra poi il caso metafisico? Ma poi cos’è il “caso metafisico”?

                  Un atomo può trovarsi in uno stato con una certa probabilità o in un altro con un’altra probabilità, finché non si esegue la misurazione null’altro si può dire. Dopo la misurazione (collasso della funzione d’onda) si scoprirà che la misura sarà in linea con la previsione probabilistica effettuata attraverso la teoria (almeno, fino ad oggi è andata sempre così): è proprio l’affidabilità della MQ nel fare precise previsioni statistiche che garantisce la nostra possibilità di controllare sistemi complessi, che garantisce il fatto che la “torcia” di Enrico emetta luce.

                  Caro Enrico,
                  la MQ prevede che con buona probabilità, in determinate condizioni, un atomo eseguirà una transizione da uno stato ad un altro più alto in energia e che, quindi, “tornando giù” emetterà luce: solo il grande numero di atomi, però, garantisce che si veda sempre luce uscire dalla “torcia”. Se, per capirci, nella “torcia” fosse presente un solo atomo, accendendo e spegnendo 100 volte, 90 volte luce, 10 volte buio, solo che ogni volta che accendi non sai se proprio quella volta avrai luce o avrai buio, perché il caso impera esattamente come ai dadi. Nessuna “moderazione” dunque, ammesso che significhi qualcosa.

                  Non conosco la competenza di Giorgio in fatto di fisica (non conosco i suoi lavori, mi documenterò), non mi permetto dunque di darne un giudizio da quelle poche righe nella sua risposta ad Enrico. Sarà apparso chiaro, comunque, che le sue considerazioni circa il caso nella MQ mi hanno lasciato piuttosto perplesso.

                  • enrico ha detto:

                    @ Pietro

                    Se le rispondo è perchè non voglio eludere il confronto.
                    Se l’elettrone di un singolo atomo non giungerà ad uno stato eccitato e successivamente non emetterà una radiazione un motivo ci sarà.
                    Di per se anche le reazioni di sintesi organica portano ad un prodotto principale e a vari sottoprodotti, per motivi sterici e quant’altro. Se avessi una singola molecola potrebbe anche non darmi il prodotto principale.
                    Anche in questo caso ho una distribuzione statistica di prodotti.
                    Per questo vorrei capire che cosa lei intende con quell’affermazione.

                    • Pietro ha detto:

                      Per Enrico, che scrive

                      “Se l’elettrone di un singolo atomo non giungerà ad uno stato eccitato e successivamente non emetterà una radiazione un motivo ci sarà.”

                      facciamo così, invece di chiedere lumi a Sergio circa ciò che scrivo io, chiedi a: R. Feynman – La fisica di Feynman, vol. III – magari capita che ci capisci qualcosa, ci vuole un po’ di pazienza, e ti chiarisci le idee.
                      Naturalmente, dentro non troverai niente sugli argomenti di cui parla Giorgio, “caso moderato da operatori unitari”,“funzioni d’onda che tolgono al caso ogni arbitrio metafisico” ecc. Sono sicuro, però, che per questi argomenti saprà consigliarti lui qualche altro ottimo testo.

                    • enrico ha detto:

                      @ Pietro

                      La sento un pò innervosito.
                      Quando ho seguito il corso di chimica fisicaII non si badava a implicazioni metafisiche dello stessa, ma alla spiegazione del modello.
                      Di per se potrei chiedere a mio fratello che lavora allo SLAC della Stanford University.
                      Così mi dà una rinfrescata senza scomodare Feynman.
                      Però finora quando gli ho chiesto se loro discutano su implicazioni metafisiche della MQ mi ha detto che lo fanno al massimo alla machinetta del caffè, mi ha chiesto se ho tanto tempo libero da buttar via nel replicare a certi discorsi, e che o ben si tratta tutta la problematica approfonditamente oppure è una perdita di tempo.
                      Se mi riassume ciò che lei vuole dire bene, altrimenti mi costringerà a rileggermi tutti gli appunti e appronfondirli, ma non so se avrò il tempo di farlo.

                  • lorenzo ha detto:

                    Gettando i dadi escono facce differenti in quanto mutano le condizioni di lancio: posizione di partenza, forza impressa, rotazione, angolazione, altezza di caduta, umidità, pressione…
                    Se riuscissimo a replicare immutate tutte le variabili, otterremo sempre lo stesso risultato.

                    Il caso non esiste né per i dadi né per la MQ.

                    • Giorgio Masiero ha detto:

                      Non sono d’accordo, Lorenzo, sulla MQ. Naturalmente, la MQ è una teoria scientifica come tutte le altre, quindi sempre possibile di falsificazione, anche se finora corroborata come nessun’altra. Però, in MQ, il caso esiste, e come, fin nei suoi assiomi. Anche se è mitigato, come dicevo sopra.

                    • lorenzo ha detto:

                      @Giorgio Masiero
                      La mia cultura tecnica mi porta a ritenere che, pur non essendo umanamente possibile determinare esattamente la misura di un valore od altro a motivo dell’errore introdotto dall’operatore, dallo strumento, dallo scorrere del tempo e da altre perturbazioni, pur tuttavia, in condizioni utopicamente ottimali, ritengo che sia possibile determinare l’esatto valore o posizione di qualsiasi cosa.
                      Libertà umana a parte, non credo esista nulla al mondo di indeterminato o casule.

                    • Giorgio Masiero ha detto:

                      La Sua cultura tecnica non c’entra, Lorenzo. Lei ha detto: “Il caso non esiste per la MQ”, e ciò è falso.
                      Naturalmente la Sua cultura tecnica è libera di non credere alla MQ.

                    • Daphnos ha detto:

                      Non mi è chiaro, prof., perché non abbia risposto al pesante insulto di Pietro al principio del suo intervento. Che lui non distingua (o ignori la distinzione) tra il caso metafisico e quello indeterministico è chiaro, come sono evidenti il suo tentativo di gettare nell’orrido calderone dell’inconoscibilità del micromondo qualunque limite della scienza moderna per accettare le attuali conclusioni come definitive (mutazioni genetiche casuali dovute al moto caotico di elettroni, in stile “Monod”), e la sua apatia antiscientifica a ricercare una soluzione un pochino più profonda alla spiegazione dei meccanismi evolutivi, probabilmente perché soddisfatto delle ampie possibilità di strumentalizzare quella attuale in chiave antireligiosa.

                      Perché questo silenzio? Non è da lei.

  • Giorgio Masiero ha detto:

    @ Giuseppe
    Giuseppe chiede: “L’alternativa [al darwinismo] quale sarebbe, senza ovviamente ricorrere alla religione?”
    Bellissima domanda.
    Suppongo che Giuseppe intenda quale alternativa “scientifica” c’è. Essendo con lui d’accordo sull’avverbio “ovviamente”, io scarto insieme a tutte le descrizioni religiose (dal Marduk babilonese al Dio biblico), anche le descrizioni finalistiche (che sono fuori del metodo scientifico moderno) come l’ID, ed anche i racconti del darwinismo, pure fuori del metodo scientifico moderno per la loro assenza di numeri (che comporta sterilità di predittività controllabili), per l’insufficienza del caso a spiegare l’auto-assemblaggio di una proteina (non dico di una cellula, o di un uomo, o di una Gioconda) nei tempi della Terra e dell’Universo e per la confutazione matematica dell’uguaglianza micro = macro-mutazione.
    E allora? Allora la risposta sincera e vera è che NON LO SAPPIAMO, NON ABBIAMO ANCORA UNA TEORIA SCIENTIFICA DELLA VITA e che dobbiamo cercare, cercare…
    E’ tanto difficile ammettere questa evidenza?

    • Giuseppe ha detto:

      Una risposta da vero scienziato. Per quel che vale, sottoscrivo in pieno.

    • alessandro pendesini ha detto:

      L’articolo dice :
      …. « il neo-darwinismo contemporaneo, cosi come quello originale dell’800, è morto. Ma non lo si puo’ dire »…..

      VERAMENTE ??? Ma ne siete proprio sicuri ?
      A volte è necessario correre, ma se non si corre nella buona direzione sprechiamo solo tempo ed energia inutilmente !

  • Vronskij ha detto:

    Si che è difficile, perché è cercare all’infinito (falsificare) senza trovare, cercare per il piacere della ricerca in se, guai se troviamo, poi scompare il mistero, il miracolo della crescita della gamba tagliata di un uomo nel Medioevo.

  • alessandro pendesini ha detto:

    A proposito di neodarwinismo…
    Questi due esempi dovrebbero far riflettere certa gente : –Il comportamento bipede non è determinato dai nostri geni: la testimonianza di questo possiamo trovarla nei bambini lasciati a se stessi (chiamati “bambini armadio”) cosi come i bambini che vengono abbandonati nella loro tenera infanzia che rimangono quadrupedi selvatici ! Senza dimenticare le famiglie di quadrupedi della Turchia, Iraq e Iran ! In questo contesto, possiamo suggerire che le caratteristiche genetiche “propongono”, e le epigenetiche “dispongono”.

    –Sin dall’epoca dell’uomo ergaster, le donne che avevano una gestazione più lunga incontravano delle difficoltà al momento del parto, quelle che avevano sviluppato un feto con un cervello più grande, in relazione alla gestazione prolungata morivano durante il parto. Questo vincolo si è perpetuato, esercitando una pressione tremenda della selezione naturale sulle donne, dall’Homo ergaster ad oggi. Il risultato è che il cervello del nascituro continua il suo sviluppo cerebrale “extra utero” -dopo nato- come un feto, fino all’età di 18 mesi, dove troviamo una dimensione di circa 75% della dimensione adulta, esattamente come nelle scimmie neonate !

    NB Potrei riempire centinaia di pagine da esempi simili, ma non vorrei “monopolizzare” il sito…..

    • Nadia ha detto:

      Ma perché, Pendesini, non intervieni MAI nel merito degli articoli, in questo caso della CNE, e invece ci fai delizia di sempre nuove storielle del tutto OT?

      • Penultimo ha detto:

        Propaganda e spamming.

        Pandesini ora voglio farmi una sontuosa risata:

        a)I comportamenti umani non dipendono dai geni
        b)nei geni ci sono le istruizioni meccaniche che costruiranno meccanicamente le nostre proteine che andranno a costituire le parti anatomiche, incluso il cervello.
        c)Ma se i comportamenti non dipendono dai geni come fanno a dipendere dal solo cervello?

        Oppure mi spiegherà questo salto da geni non responsabili del comportamento e epifenomenicità del pensiero.

        Se affermi:

        I comportamenti non sono inclusi nei soli geni,allora affermi che nemmeno possono essere inclusi nel solo cervello.SE d’altra parte affermi che sono inclusi nel cervello devi affermare per coerenza logica(salvo che il cervello non si formi senza nessuna istruzione genetica,infatti l’asserzione dei comportamenti dovrebbe riguardare le proteine)che sono nei geni contradicendoti.

        Sic et non logico

        I comportamenti sono proteine?

        Si,ma allora perchè affermi che i comportamenti non dipendono dai geni?

        No,ma allora perchè affermi che il monismo è coerente?

        • Penultimo ha detto:

          Ovvero è la stessa obiezione al neo darwinismo ma su un piano diverso.Come giustifichi dalla micro alla macroevoluzione?

          Come giustifichi “i comportamenti dai geni” (micro) al cervello (macro)?

          Non puoi afferire che i comportamenti non dipendono dai soli geni senza afferire necessariamente che non dipendono anche dal solo cervello.

          E piacerbbe aprofondire anche il concetto di “psicologia scientifica” specie sul secondo termine piuttosto che il primo.

      • alessandro pendesini ha detto:

        @Cara Nadia
        Ma lei è sicura di capire cio’ che scrivo ? Poiché se cosi fosse dovrebbe aver capito che il mio commento non è OT come lei dice, ma trattasi di EVOLUZIONISMO e/o NEODARWINISMO.

        • Nadia ha detto:

          Vedi, Pendesini, che si parli di darwinismo è ovvio: c’è scritto nel titolo! Però tu ti sei fermato qua, e non hai neanche letto l’articolo; perché se no, anziché parlare di bipedi, quadrupedi e uteri preistorici, avresti tentato di contraddire quanto nell’articolo viene specificatamente detto a falsificare il darwinismo…

    • enrico ha detto:

      @ alessandro pendesini

      Posso anche crederle, però potrebbe dirmi quanti scheletri di homo ergaster sono stati ritrovati, quanti di questi sono femmine, di quanti di queste possiamo determinare la causa della morte collegata alla dimensione del cervello del nascituro e come si sia constatata la dimensione del cervello del nascituro che ha causato la morte della femmina di ergaster?

      • alessandro pendesini ha detto:

        .. « pero potrebbe dirmi quanti scheletri di homo ergaster sono stati ritrovati »….
        @enrico
        Abbastanza sufficenti per confermare cio’ che ho scritto.

        • enrico ha detto:

          @ alessandro pendesini

          Pendesini vorrei un numero se fosse possibile.
          Questo visto che l’affermazione è sua. Altrimenti lo cerco da me.

    • enrico ha detto:

      @ alessandro pendesini

      riguardo agli uomini quadrupedi in Turchia, facendo una rapida ricerca, ho trovato la sindrome di Uner Tan, una malattia genetica, che fra l’altro provoca altri ritardi in queste persone sfortunate.
      Non capisco il senso dell’esempio.

  • alessandro pendesini ha detto:

    @enrico
    Wikipedia dice:
    “I soggetti hanno capacità intellettive molto limitate, con un vocabolario di circa 100 parole e una ridotta coscienza di sé e dell’ambiente che li circonda. (come avveniva in tempi antichissimi : nota personale) Sebbene siano capaci di rimanere con fatica in piedi eretti sulle gambe, non riescono a camminare in questa posizione, ma devono sempre appoggiarsi con le mani a terra. Alcuni scienziati, incluso il fisiologo turco Uner Tan, che ha individuato la sindrome, ritengono che le caratteristiche di questi individui siano analoghe a quelle dei progenitori di Homo sapiens prima del passaggio al bipedismo. I soggetti hanno un’andatura quadrupede molto spedita, ma a differenza dei primati quadrupedi appoggiano il peso del corpo non sulle nocche ma sul palmo della mano, con le dita sollevate dal terreno. È stato suggerito che questo avrebbe potuto rappresentare un vantaggio evolutivo sugli altri primati quadrupedi, visto che permette di svolgere compiti più complessi, sfruttando le dita libere dalla funzione locomotoria”.
    NB : Se le interessa questa tematica (bipedismo) le suggerisco di interessarsi agli studi di Christine Tardieu, biologa dell’evoluzione, paleontologa, specialista della morfologia funzionale e biomeccanica. Direttrice di ricerca al CNRS.

    Rimane comunque evidente che il comportamento bipede non è determinato dai nostril geni, che, come già affermato : la testimonianza di questo possiamo trovarla nei bambini lasciati a se stessi (chiamati “bambini armadio) cosi come i bambini che vengono abbandonati nella loro tenera infanzia che rimangono quadrupedi selvatici ! Buona notte

    • enrico ha detto:

      @ alessandro pendesini

      Nel caso di queste persone la sindrome è genetica da quanto ho letto “Rimane comunque evidente che il comportamento bipede non è determinato dai nostril geni” dunque quest’affermazione non riesco a collocarla.
      “che ha individuato la sindrome, ritengono che le caratteristiche di questi individui siano analoghe a quelle dei progenitori di Homo sapiens prima del passaggio al bipedismo”
      Non so quali progenitori e su quali dati si possa affermare questo.
      L’australopiteco mi pare avesse già un’andatura bipede e non mi risulta si spostasse come queste persone ritrovate in Turchia.
      Per carità posso sbagliarmi.
      Riguardo ai “bambini armadio” al momento non ho trovato notizia. A quale età sarebbero stati abbandonati. Come sono sopravvissuti?
      Mi fornisce qualche dato?