Il darwinismo non ha detronizzato l’uomo, egli resta irriducibile


 
di Francesco Agnoli*
*scrittore e saggista

 
 

Occorre premettere, anzitutto, che Darwin è meglio non venga arruolato da nessuno. Coloro che lo hanno fatto, in passato, per darsi un’aura di scientificità, non gli hanno reso un grande servizio. Penso all’entusiasmo per il darwinismo di Galton, fondatore dell’eugenetica; o a quello di Marx, di Stalin e di Lenin, che videro nell’evoluzionismo la conferma del loro materialismo; a quello dei social-darwinisti e dei biologi guerrafondai di primo Novecento, soprattutto in Germania; a quello di Benito Mussolini che a Trento, nel 1908, in occasione dell’inaugurazione di una statua al darwinista Canestrini, rivendicava la scientificità dell’ateismo in nome, appunto, del naturalista inglese. E’ anche a causa di queste appropriazioni, non poco ideologiche, delle ipotesi darwiniane, che ancora oggi la discussione è spesso più ingarbugliata del previsto.

Fatta questa breve premessa, vorrei sostenere quello che mi sembra un concetto innegabile: nonostante il tentativo insistente e forzato di alcuni darwinisti di stabilire una continuità netta, totale, assoluta, tra l’animale e l’uomo, continuità del resto suggerita da Darwin stesso ne L’origine dell’uomo, non vi sono ancor oggi prove di tutto ciò. Anzi, quello che sappiamo ci indica una evidente discontinuità. Per l’uomo contemporaneo, come pure per Sir Alfred Wallace, colui che insieme a Darwin illustrò per primo al mondo la moderna teoria evolutiva, rimangono ancora inspiegate la pelle glabra, l’andatura bipede, la stazione eretta e la volumetria del cervello: tutte caratteristiche proprie dell’uomo e non dei primati, per giustificare le quali gli evoluzionisti hanno portato svariate argomentazioni, sempre divergenti e contrastanti tra loro.

Ma soprattutto rimane a tutt’oggi innegabile l’esistenza di un salto ontologico incolmabile tra l’animale e l’animale-uomo. Questo perché, se da una parte è dimostrabile che molte caratteristiche animali sono presenti nell’uomo, come del resto si è sempre pensato anche prima di Darwin, dall’altra è ugualmente provato che una serie di facoltà sono invece peculiari e distintive dell’uomo e solo di lui: il pensiero, l’idea di Dio, il linguaggio, il senso morale, la libertà, l’altruismo…tutte facoltà non giustificabili alla luce della pura evoluzione, che lo scienziato ateo Edoardo Boncinelli ha catalogato abilmente come “incidenti congelati”, cioè come avvenimenti fortuiti, casuali, che non sappiamo spiegare, e che pure esistono. Catalogazione, lo si comprende facilmente, che nasconde, dietro una formula brillante, ma vuota, la cruda verità e cioè l’irriducibilità dell’anima umana a meccanismi puramente materiali ed evolutivi, tanto più se casuali.

Tra gli oratori del Darwin day di Ancona nel 2009, vi era il biologo evolutivo Vincenzo Caputo, dell’istituto di Biologia e Genetica dell’università Politecnica delle Marche, che si considera certamente un grande estimatore di Darwin, e con cui ho avuto modo spesso di discutere via email. Ebbene, Caputo è autore di un breve saggio “Mente e coscienza negli animali: un excursus etologico”, in cui si prendono le distanze dalle forzature di quegli etologi che tentano di equiparare ogni capacità umana con una analoga facoltà animale, finendo appunto per identificare animali ed uomini, e, a seguire, diritti animali e diritti umani. Il leit motiv di questi etologi darwinisti è che ogni differenza tra animali e uomini sia solo quantitativa, e cioè colmabile, e non qualitativa. Eppure scrive Caputo, «non occorre riflettere a lungo per riconoscere la differenza qualitativa essenziale tra il padroneggiare le pratiche del calcolo differenziale o la trigonometria, da una parte, e il saper apprezzare la differenza tra due muchi di caramelle (come sanno fare determinate bestie, ndr), dall’altra”. Analizzando le differenze tra il linguaggio animale e quello umano, Caputo, riprendendo un celebre linguista, scrive che proprio la parola rappresenta ancora oggi «il nostro Rubicone che nessuna scimmia potrà attraversare». Infatti, «nonostante un filone di ricerca etologica intrapreso fin dai primi del Novecento, a tutt’oggi non sono stati scoperti chiari equivalenti del linguaggio umano (cfr. Deacon, 1992, 2000)».

«Anche il tentativo -continua Caputo- di insegnare a primati superiori linguaggi simbolici semplificati (sia il linguaggio americano dei segni, sia l’uso di lessigrammi) ha evidenziato le difficoltà di apprendimento apparentemente insuperabili nel passaggio dalle associazioni condizionate a quelle simboliche (Deacon, 2001). In effetti, l’insegnamento del linguaggio dei segni agli scimpanzé sembrava inizialmente indicare una notevole competenza linguistica di questi primati. Tuttavia, verifiche successive basate sull’esame al rallentatore di filmati eseguiti durante le sessioni di addestramento, rivelavano che la maggior parte dei segni formulati dalla scimmia erano suggeriti inconsciamente dai suoi stessi insegnanti e che l’animale non faceva altro che imitarli nell’intento di ottenere un premio. Altrettanto controversi sono risultati i test in cui si insegnava a degli scimpanzé a disporre dei lessigrammi secondo un ordine prescritto, in modo da formare “frasi” e ottenere premi: gli scimpanzé impararono tutti a maneggiare una certa quantità di simboli, svelando un’impressionante capacità cognitiva. Ma rimane tutt’altro che chiaro se in qualcuno di questi casi di uso dei simboli ci fosse una reale comprensione dei simboli stessi. Ed è proprio “la differenza fondamentale fra l’usare i simboli e il comprenderli a costituire la discontinuità fra gli animali e gli umani, e ciò che porta alla manifesta ed enorme distanza fra le richieste automatiche delle scimmie addestrate al linguaggio e ai voli concettuali degli umani” (Budiansky, 2007). In definitiva, la diversità fra comunicazione umana e animale emersa dagli studi etologici rende difficile tracciare le origini evolutive delle parole facendole risalire a un precursore animale. La maggioranza degli autori sembra invece ipotizzare che il linguaggio si sia originato dopo il distacco della diramazione ominide dagli altri primati (Hauser, 2002; Mithen, 2007) e che costituisca un istinto, una dotazione specie specifica innata che sarebbe rintracciabile soltanto nell’uomo (cfr. Pinker, 2007)…».

Concludendo il suo studio il professor Caputo attribuisce a Dawin il merito di averci lasciato «la consapevolezza che noi umani siamo inestricabilmente (= filogeneticamente) legati agli altri animali. Questo dato scientifico ci rende “meno soli” nell’universo, anche se la nostra peculiarità cognitiva esalta innegabilmente la distinzione di Homo sapiens entro il mondo animale. Una variante del dualismo cartesiano sembra perciò resistere (umano vs animale), malgrado le ingegnose indagini di quegli etologi e psicologi evolutivi che tentano di colmare l’abisso cognitivo che ci separa dagli altri animali. Pinker (2007) ha giustamente fatto rilevare che gli sforzi di questi ricercatori…sono destinati a uno scontato fallimento.

L’altra eredità darwiniana che ha profondamente inciso sulla nostra visione della natura è il “gradualismo”, cioè l’idea secondo la quale l’evoluzione si verificherebbe secondo un costante e continuo passaggio tra forme di vita impercettibilmente diverse: per Darwin infatti le specie non esistono, se non come costrutti metafisici della mente umana. In realtà, le ricerche svolte nel corso del Novecento hanno chiaramente dimostrato che le specie sono “prodotti” reali della natura e il meccanismo che le crea è la cladogenesi o speciazione, che Darwin non aveva pienamente compreso (cfr. Mayr, 1990). Ed è proprio la speciazione che, generando in perpetuo discontinuità fra gli organismi, tende a saturare quelle opportunità ecologiche che il divenire del Pianeta offre costantemente alla vita. Se il cambiamento evolutivo si verificasse, come Darwin pensava, esclusivamente secondo la modalità del gradualismo filetico, che può solo modificare una stessa linea di discendenza, la vita prima o poi perirebbe sotto i colpi spietati dell’estinzione.

Questa visione gradualistica del processo evolutivo, enfatizzando la continuità uomo-animale (cfr. Rachels, 1996), ha inoltre fornito all’attuale movimento animalista un potente argomento a favore dei “diritti animali”. I più accesi sostenitori della filosofia animalista hanno addirittura introdotto il termine “specismo” per stigmatizzare la discriminazione nei confronti dei “non-umani”, sottolineando che questa attitudine discriminatoria è simile al razzismo e al sessismo (cfr. Rachels, 1996). Secondo uno dei massimi esponenti del movimento di “liberazione animale”, così come il razzista attribuisce maggior peso agli interessi della sua etnia e il sessista a quella del suo sesso, “lo specista permette che gli interessi della sua specie prevalgano su interessi superiori di membri di altre specie” (Singer, 2003). L’animalismo più avanzato si è poi dedicato al cosiddetto “Progetto Grande Scimmia”, esposto in un libro che esordisce col seguente proclama “Noi chiediamo che la comunità degli eguali sia estesa a includere tutti i grandi antropoidi: esseri umani, scimpanzè, gorilla e oranghi” (citato in Castignone, 1997; cfr. anche Marks, 2003). Non c’è chi non veda in questo vero e proprio fanatismo zoofilo la forma più estrema di antropomorfismo. Attribuendo infatti diritti agli animali ed elevandoli di conseguenza a membri della comunità morale, li vincoleremmo a obblighi che non possono né comprendere né tantomeno ottemperare. Perseverando in questa assurda pretesa, si arriverebbe al paradosso per cui una volpe dovrebbe rispettare il diritto alla vita del pollo e intere specie sarebbero condannate ipso facto all’estinzione in quanto creature istintivamente criminali (Scruton, 2007, 2008)!».

«In realtà– conclude Caputo- pur nella piena consapevolezza del vincolo filogenetico che ci unisce agli altri animali, mi sembra pura cecità ideologica non voler vedere le incommensurabili differenze cognitive che ci separano da essi, come lucidamente sostenuto dal più grande biologo evolutivo del Novecento, Ernst Mayr (1904-2005): “L’ondata di sgomento per la “detronizzazione” dell’uomo non si è ancora placata. Privare l’uomo della sua condizione di privilegio, come imponeva la teoria della discendenza comune, fu il primo effetto della rivoluzione darwiniana, ma, non diversamente da altre rivoluzioni, anch’essa finì con l’andare troppo oltre, come dimostra l’affermazione fatta da alcuni estremisti, secondo cui l’uomo non è “niente altro” che un animale. Ciò naturalmente non è vero; certamente, da un punto di vista zoologico, l’uomo è un animale, ma un animale unico, che differisce da tutti gli altri per così tanti aspetti fondamentali da giustificare una scienza separata specificamente dedita al suo studio. Fermo restando questo punto, non si deve dimenticare in quanti modi, spesso insospettati, l’uomo riveli la sua ascendenza. Nel contempo l’unicità dell’uomo giustifica in qualche misura un sistema di valori riferito all’uomo e a un’etica antropocentrica. In questo senso una forma profondamente modificata di antropocentrismo continua a essere legittima” (Mayr, 1990, pag. 384)».

L’unicità dell’uomo, l’antropocentrismo biblico: questo è quello che un credente difende senza possibilità di arretrare, e che “il più grande biologo evolutivo del Novecento”, riconosce. Perché è solo questa unicità che salva l’uomo dal non senso, e che gli attribuisce quella dignità che gli ha permesso di dominare la natura, di alzare gli occhi al cielo, di interrogarsi sul senso dell’esistenza, di costruire, in ogni tempo necropoli e sepolcri, nella convinzione che solo le bestie sono destinate a divenire per sempre polvere e terra. Nessun darwinismo, per quanto ideologico e agguerrito, potrà mai scalfire questa verità, autoevidente da quando l’uomo esiste; autoevidente, potremmo dire, come il concetto per cui l’uomo comprende in sé la natura animale, mentre l’animale, al contrario, non è in grado di farlo.

Alla luce di queste considerazioni, anche l’espressione di Mayer, secondo cui il darwinismo avrebbe “detronizzato” l’uomo, è solo un tributo ad un certo darwinismo ideologico negato subito dopo, con l’affermazione della unicità dell’uomo. Bastava già Aristotele, senza Darwin per dirci che l’uomo è anche animale; bastava la narrazione del genesi, con la terra vivificata dal soffio di Dio creatore a renderci consapevoli della nostra natura anche animale, anche mortale. Anche, appunto…ma non solo. Nè Copernico, come si usa spesso dire, né Marx, né Darwin, né Freud, hanno dunque in alcun modo detronizzato l’uomo, se non nella lettura ideologica di chi vuole negare la sua dignità, la sua anima, per negare, al contempo, Dio i valori.

Da Scritti di un pro-life (Fede&Cultura 2009)

104 commenti a Il darwinismo non ha detronizzato l’uomo, egli resta irriducibile

  • Mum ha detto:

    Che vi sia salto ontologico tra uomo ed animale è cosa evidente: nessun animale ha finora scritto un trattato di filosofia nè organizzato un sistema di pensieri autocoscienti, ma questo non significa che la natura degli animali non sia predisposta a tale cosa e che una determinata combinazione evolutiva non possa portare a ciò.
    E’ invece un grande errore affermare che nell’animale non siano presenti caratteristiche, seppur se meno evolute rispetto all’uomo, quali un linguaggio, la libertà o l’altruismo perchè vi è tantissima letteratura scientifica che dimostra esattamente il contrario.

    Credo che la discontinuità tra coscienza umana ed animale dipende poi dal punto di vista, perchè se c’è chi afferma che Roma è distante da Milano, c’è anche chi giustamente dice che le due città sono relativamente vicine: tale affermazione dipende infatti dal contesto in cui ci si situa e soprattutto dall’intenzione del discorso. Una cosa però è chiara: uomini ed animali appartengono ad una stessa natura e provengono da progenitori comuni, per ogni osservazione sui possibili divari ce ne sono di più numerose che scoprono il patrimonio comune ed inscindibile tra le diverse specie viventi.

    • Leonardo83 ha detto:

      Mum, non diciamo corbellerie, ti prego. Puoi spiegarmi come un animale possa decidere di non seguire più il suo principio di sopravvivenza del più forte per rendersi generoso? Capisci che è un controsenso? L’unica generosità negli animali è in vista di un ritorno: “ti gratto la schiena così poi me la gratti tu”. La generosità animale è sempre in vista di una personale sopravvivenza, come giustamente diceva Darwin.

      La libertà sarebbe presente negli animali? Accidenti che bomba, e ci sarebbero perfino studi scientifici a dimostrarlo? Non vedo l’ora di leggerli!! 😀

      L’uomo rimane irriducibile all’animale da ogni punto di vista, proprio questo fonda l’evidenza di un salto ontologico -inspiegabile dalla selezione naturale- che deve essere giustificato. L’evoluzione, appare abbastanza evidente, si muove in modo teleologico e direzionato all’emergere della coscienza.

      • Mum ha detto:

        Guarda che ce n’è per tutti i gusti, ti potrei citare questo studio:
        http://www.plosbiology.org/article/info:doi/10.1371/journal.pbio.1000615 , ma ti assicuro che c’è l’imbarazzo della scelta… basta che cerchi informazione sulla selezione parentale o sul comportamento animale in generale e potrai intrattenerti parecchi mesi con più che interessanti letture…

        Trovo estremamente superficiale il modo di procedere di chi cerca di difendere una certa idea religiosa senza tenere in conto l’enorme mole di letteratura scientifica che indica l’esatto contrario. Una cosa sono le convinzioni religiose ed un’altra le evidenze scientifiche, mescolare disordinatamente le carte per poter lasciare fuori dal mazzo quelle scomode, non è certo d’aiuto a chi cerca di forma imparziale la verità su questo tema.

        • Leonardo83 ha detto:

          Sono io a dirlo a te: lascia da parte la tua visione religiosa della vita (atea) e prova ad avvicinarti al mondo scientifico senza paura, anche se l’argomento evolutivo mette in evidente crisi il tuo naturalismo: https://www.uccronline.it/2012/03/12/largomento-evolutivo-contro-il-naturalismo/

          Quello che mi hai citato è uno studio sull’altruismo, ed infatti -come dicevo io- mostra che l’altruismo animale funziona solo con un grado minimo di parentela e serve puramente ad aiutare la PROPRIA specie ad evolversi. E’ una forma di egoismo, sempre orientato alla sopravvivenza del più forte.

          Inutile ricordarti che l’altruismo negli uomini è indipendente ad un concetto di sopravvivenza ed è indipendente ad un concetto di parentela, esso si esprime liberamente, senza alcun ritorno prevedibile verso chiunque, anche verso i propri nemici “naturali”. Non esiste l’altruismo negli animali, ma permane un salto ontologico qualitativo enorme tra essi e l’uomo, lo dimostra proprio questo.

          Ancora non ho visto studi sul libero arbitrio degli animali…l’hai sparata grossa quella, eh? Dì la verità 🙂

          Allora capito? Metti da parte la religione scientista e smetti di difenderla a tutti i costi. La scienza non ha bisogno di ideologia!

          • Mum ha detto:

            Servirebbe a qualcosa se ti citassi gli studi dell’Istituto Max Plank su come l’evoluzione favorisca maggiormente chi riesce ad essere altruista o quelli che dimostrano che l’altruismo è già presente nei bambini di 18 mesi, segno che non è un carattere derivato da una cultura ma innato nella natura?
            No, non servirebbe a niente, perchè è evidente che ignori che se si vede una funzione esclusivamente utilitaristica negli animali è facile identificarla anche negli uomini. Qui non si tratta di scoprire quale sia l’animale più evoluto ma di stabilire se vi è continuità o discontinuità tra la natura animale e quella umana, a questo dobbiamo attenerci.

            • Leonardo83 ha detto:

              Grazie per aver citato gli studii dell’Istituto Plank, i quali dimostrano appunto che l’altruismo non è previsto dalla teoria dell’ evoluzione. Aver capito che l’ uomo è diverso dallo scimpanzé anche per gruppi di geni associati a comportamenti altruistici, è il primo passo”: http://archiviostorico.corriere.it/2006/dicembre/19/Altruismo_chiave_dell_evoluzione_co_9_061219055.shtml

              Francisco Ayala ha fatto chiaramente capire quel che ti ostini a non capire, che è una cosa semplicissima: l’altruismo biologico è presente negli animali per i benefici genetici derivanti alla sopravvivenza dei propri simili. Nell’uomo esiste un salto ontologico inspiegabile, ovvero egli supera i propri antecedenti biologici e “decide di rischiare la propria vita a beneficio di qualcun altro. La somiglianza tra i due altruismi si limita alle conseguenze, ma le ragioni alla basa sono del tutto diverse” (“L’evoluzione”, pag. 153).

              Ecco dunque la discontinuità che ti mette in imbarazzo, ecco il salto ontologico inspiegabile tramite la selezione naturale, anche perché l’uomo sfida la stessa selezione naturale mettendo a rischio la sua vita per beneficiare un suo nemico.

              P.S.
              Sto ancora aspettando “la letteratura scientifica” sul fatto che l’animale sia dotato di libero arbitrio, possibile che tu -spinto dalla tua fede ateista e riduzionista- l’abbia sparata tanto grossa che ora non riesci a riconoscerlo?

              • Mum ha detto:

                Allora… mettiamo in chiaro alcune cose:
                1) vi è una molteplicità di studi che dicono che l’altruismo animale non è solamente, come affermi tu: “ti gratto la schiena così poi me la gratti tu”. La selezione parentale dice ben altre cose ed è evidente che sai neanche lontanamente di cosa stiamo parlando.
                2) dici che “l’altruismo animale funziona solo con un grado minimo di parentela” . Questa è una fallacia delle più grandi: i bonobo spesso preferiscono ai propri parenti dei perfetti sconosciuti quando devono condividere il proprio cibo. Alcuni animali poi aiutano addirittura altre specie, come osservato in molteplici casi di adozione o di aiuto in momenti di pericolo.
                3) la tua affermazione: “l’uomo rimane irriducibile all’animale da ogni punto di vista” è il tipico atto di fede che fa a pugni con ogni evidenza scientifica
                4) non ho mai affermato che gli animali posseggano un’autocoscienza paragonabile a quella umana, questa non è farina del mio sacco

                • Leonardo83 ha detto:

                  1) Dove starebbe questa molteplicità di studi che continui a citare? L’altruismo non esiste negli animali, se non come forma di interesse personale e dunque in fondo non è altruismo. La diversità completa e qualitativa con l’uomo l’hanno dimostrata proprio gli studi dell’Istituto Max Plank che hai citato. In un altro studio queste sono le conclusioni: “Anche gli scimpanzé si aiutano, ma solo se gli serve, per esempio per procurarsi il cibo. Se però li si mette in condizioni di arrivare al cibo senza l’ aiuto di un partner, non facilitano l’ altro nell’ ottenere anche lui un po’ di cibo, nemmeno se loro sono già sazi”: http://archiviostorico.corriere.it/2006/dicembre/19/Altruismo_chiave_dell_evoluzione_co_9_061219055.shtml

                  2) L’altruismo animale funziona soltanto all’interno della propria specie perché corrisponde alla lotta per la sopravvivenza. A te l’onere della prova per dimostrare il contrario. Hölldobler e Wilson hanno recentemente dimostrato l’inesistenza dell’altruismo negli esseri ritenuti più eusociali, le formiche: http://www.scienzaevita.org/rassegne/6a08e9e2506bd414ad60f6f556b77a86.pdf e, sempre negli scimpanzé, non esistono atti di generosità: http://www.scienzaevita.org/rassegne/f652aaf4bd8e19928c8f8dbce83d0992.pdf, anzi si è chiaramente osservato che i genitori rubano dai propri figli per ottenere il premio, pensa un po’ cosa fanno con gli estranei!!

                  3) L’irriducibilità dell’uomo è sostenuta da biologi laici, come Tallis: http://online.wsj.com/article/SB10001424052970204618704576642991109496396.html, ed è oggi un’evidenza scientifica quasi universalmente accettata, a parte chi intende imporre alla scienza una visione ateista, come i neodarwinisti.

                  4) Nella tua assoluta lontananza da quanto si sta affermando hai detto: “E’ invece un grande errore affermare che nell’animale non siano presenti caratteristiche, seppur se meno evolute rispetto all’uomo, quali un linguaggio, la libertà o l’altruismo perchè vi è tantissima letteratura scientifica che dimostra esattamente il contrario.”. Abbiamo visto che il linguaggio e l’altruismo esistono nell’uomo in modo radicalmente diverso e irriducibile ad ogni spiegazione naturalista rispetto agli animali. Ora manca solo la libertà, ma ancora non si vedono studi da te citati.

                  Capisco il tuo atto di fede antiscientifico ma io continuo a citare studi, tu invece solo chiacchiere. Non pensi che la tua fede sia ormai in guerra aperta con la biologia?

                • Leonardo83 ha detto:

                  P.S.
                  Non sono io a dire che “l’altruismo animale funziona solo con un grado minimo di parentela”, ma lo dice Francisco Ayala: “negli animali il comportamento altruistico avviene solo tra parenti, oppure tra diversi ma per semplice reciprocità” (L’evoluzione, pag. 152).

                  • Mum ha detto:

                    Fa piacere vedere che riconosci che abbozzi di “linguaggio” ed “altruismo” esistono anche nel mondo animale, dai quindi ragione a me quando dico che l’autore dell’articolo ha detto alcune cose, spero non volutamente, completamente sbagliate. Riguardo la libertà, beh… quando un animale esita (ad esempio il cane che esita se tornare dal padrone al richiamo di questi o continuare a giocare con un suo simile) sta dimostrando un primordio di grado di libertà. Non lo dico io ma i più grandi etologi.

                    L’articolo del Corriere che citi dice esattamente quanto ho deto io, cioè che “l’evoluzione favorisce maggiormente chi riesce ad essere altruista”, ecco quindi un motivo (scientifico, non religioso) della migliore evoluzione umana.

                    La dichiarazione di Ayala che hai riportato risale a prima che si conoscessero i nuovi risvolti della kin selection. Brutto difetto quello di stare aggiornati.

                    Un’ultimo appunto: pessimo tentativo quello di citare il comportamento delle formiche (insetti che compongono un macrorganismo) e paragonarlo al comportamento dei grandi mammiferi. Questo dimostra come realmente non avete argomenti per dimostrare la peculiarità assoluta ed insalvabile tra uomo ed animali.

                    • Mum ha detto:

                      correggo:
                      …non stare aggiornati

                    • Leonardo83 ha detto:

                      Fin da subito ho dichiarato che l’altruismo animale esiste, ma di fatto non è altruismo in quanto lo scopo ultimo non è rivolto ad “altrui”, ma sempre alla propria sopravvivenza (reciprocità) o alla propria specie (altruismo tra parenti). L’autore dell’articolo ha dunque perfettamente ragione.

                      L’esitazione di un animale (interessante questa tesi 🙂 ), sarebbe la dimostrazione della libertà. E lo direbbero perfino i “più grandi etologi” 😀
                      Ovviamente chi sono, e dove lo direbbero non è dato a sapersi, bisogna fidarsi di te. In realtà i più grandi etologi hanno scritto che Mum dice fesserie, perché l’animale è legato ai suoi antecedenti biologici e genetici, privo perciò di qualsiasi grado di libertà se non la scelta dettata dalla convenienza biologica (e dunque è una “non scelta”).

                      L’altruismo favorisce chi è altruista, è ovvio altrimenti non ci sarebbe in natura: serve alla sopravvivenza della propria specie e per la propria sussistenza (io ti gratto la schiena così tu mi gratti la schiena): ““Anche gli scimpanzé si aiutano, ma solo se gli serve, per esempio per procurarsi il cibo”: http://archiviostorico.corriere.it/2006/dicembre/19/Altruismo_chiave_dell_evoluzione_co_9_061219055.shtml Anche un bambino capirebbe (ma non un riduzionista) che questo non è vero altruismo, ma è sempre una forma di egoismo.

                      La dichiarazione di Ayala risale a tre anni fa, ed è contenuta nel volume “L’evoluzione: lo sguardo della biologia” (Jaca Book 2009). Brutto difetto arrampicarsi sui vetri.

                      “non avete”? Ti ringrazio di avermi dato del “voi”, ma restiamo pure al “tu”: quello sulle formiche è uno dei tanti esempi sugli animali che si ritenevano essere fortemente altruisti.

                      A proposito di linguaggio, ti consiglio di studiarti il pensiero di Andrea Moro per capire come esso dimostri ancora una volta l’unicità dell’uomo e il salto ontologico rispetto agli animali: “L’unicità del linguaggio umano è il riflesso dell’unicità dell’uomo dal punto di vista biologico e evolutivo” http://www.meetingrimini.org/default.asp?id=673&item=4454

                    • Mum ha detto:

                      Vedo che continui a dividere tutto tra bianco e nero, quasi a dar d’intendere che se gli animali non si comportano esattamente come gli uomini allora significa che esiste una differenza insalvabile. I punti in comune esistono ma bisogna volerli vedere, altrimenti si commette lo stesso errore dei fanatici animalisti, i quali non vogliono prenedere ato delle inequivocabili differenze.
                      Comunque mettiti il cuore in pace: il patrimonio che condividiamo con gli animali è inscindibile e non è infatti un caso che veniamo da progenitori comuni.

                    • Leonardo83 ha detto:

                      Ancora non capisci che parlare di salto ontologico significa ammettere implicitamente dei punti in comune (altrimenti come si fa a saltare??).
                      Il problema è che non è possibile spiegare la differenza tra uomo-animale attraverso una semplice “maggior evoluzione”. Non esiste nessuna continuità possibile, proprio perché il salto è qualitativamente differente (e non quantitativamente).

                      Il patrimonio con gli animali? Ancora non capisci che parlare di “salto ontologico” significa ammettere implicitamente questo patrimonio comune. Poi è avvenuto appunto questo salto, irriducibile ad ogni spiegazione determinista. Come d’altra parte hai dimostrato tu non riuscendo ad argomentare la tua fede riduzionista.

                    • Mum ha detto:

                      Rileggi il mio commento iniziale: la distanza è determinata dall’intenzione dell’osservatore, gli animalisti sbagliano accorciandola ed i religiosi sbagliano allungandola, entrambi sbagliano perchè guidati da ideologie e non dalla corretta osservazione della realtà. E’ quindi normale che chi ha cuore veramente l’obiettività scientifica sottolineerà con l’animalista la discontinuità mentre al religioso cercherà di spiegare la continuità. Capisci adesso?

                    • Leonardo83 ha detto:

                      Sbagliano tutti tranne te? Accidenti che presunzione… 🙂

                      Ti ripeto, metti da parte le ideologie, i complottismi teocratici. Ecco cosa dicono gli studi: “anche gli scimpanzé si aiutano, ma solo se gli serve, per esempio per procurarsi il cibo” http://archiviostorico.corriere.it/2006/dicembre/19/Altruismo_chiave_dell_evoluzione_co_9_061219055.shtml

                      Non esiste l’altruismo negli animali se non per un proprio tornaconto, ed è appunto quello che gli animali devono fare: sopravvivere. Non vedo l’ora che la smetti con queste chiacchiere e le tue ossessioni animaliste-religiose, e cominci a prendere sul serio quel che ti dico. Ma forse è proprio questo che non vuoi fare…

                    • Mum ha detto:

                      Ahah, tutti chi? Un’articolo datato del Corriere (che tra l’altro non hai letto con cognizione perchè parla dell’origine genetica, e quindi non trascendentale, dell’altruismo nell’uomo come negli animali) contro recenti studi pubblicati su PlosBiology o Science. Beh… devo dire che il tuo tentativo è andato completamente a vuoto, forse riuscirai a convincere solo chi ne sa veramente poco del tema.

                      Scommetto poi che non ti sei neanche preoccupato di cercare lo studio che dimostra come alcuni primati aiutino prima gli estranei che i parenti. Eccoti allora un piccolo aiutino: http://www.scientificamerican.com/podcast/episode.cfm?id=bonobos-share-with-strangers-first-13-01-03
                      Adesso vorrei vederti affermare per la quinta o sesta volta (ho perso il conto) che gli animali si aiutano solo in gradi di parentela molto stretti. Vediamo se ora avrai l’onestà di confermare le tue assolute certezze.

                      Ti saluto.

                    • Leonardo83 ha detto:

                      Ho citato l’articolo del Corriere perché è ben più facile per un dilettante come te, mi sembra inutile citarti lo studio in inglese no?

                      Ma perché dici che PlosBiology o Science (Nature no?) sarebbero d’accordo con te, ma senza citare nessuno studio? Come pensi di poter argomentare dicendo: “tutti sono d’accordo con me?”

                      Ti ringrazio davvero per avermi finalmente citato uno studio!!!! E guarda caso dice proprio quello che continuo a sostenere: l’altruismo non esiste negli animali, se non come forma mascherata di egoismo. Infatti si legge: “Dare un po’ di cibo agli stranieri permette a queste scimmie di espandere la propria rete sociale” (http://www.scientificamerican.com/podcast/episode.cfm?id=bonobos-share-with-strangers-first-13-01-03). Capisci? Loro fanno gli altruisti per un ritorno personale, che è come dire: “ti gratto la schiena così poi me la gratti tu”.
                      Questo è altruismo? Ovviamente no, è una ricerca di un beneficio personale per la sopravvivenza, l’unica legge che possono seguire gli animali.

                      Grazie allo studio che hai citato si conferma dunque un salto ontologico tra l’animale e l’uomo, il primo schiavo delle leggi genetiche che lo determinano e il secondo libero dai suoi antecedenti!

                      Ora capisco perché non volevi citare nessuno studio!!! 😀

    • Penultimo ha detto:

      Corbelleria è un termine minimo,fallacia logica è il termine che più si adice a sudette argomentazioni.

      Cominciamo cosi capisci quanto alcuni filosofi detestino le argomentazioni perentorie visto che nè parli.

      “ma questo non significa che la natura degli animali non sia predisposta a tale cosa e che una determinata combinazione evolutiva non possa portare a ciò.”

      Fallcia logica ab ignorantiam

      Mi fa ridere anche solo la cuzione “sia predisposta”

      Se la natura è predisposta come potrebbero essere le mutazioni casuali?Perchè chi le predispone?

      Se stessa,ma allora ci sarebbe casualità è predisposizione,quanto affermi è illogico e privo di senso perchè viola il principio di non contraddizione.Se sono casuali non sono predisposte.Se sono predisposte non sono casuali,la predisposizione a qualcosa infatti elimina che la cosa sia contemporaneamente casuale necessariamente.E assolutamente irrazionale affermare “casualmente predisposte”.

      Ma al di là di tanta razionalità ANCHE SOLO DI QUESTA PAROLA (PREDISPOSTA)IN CONTRASTO CON LA CREDENZA DEL CASO, l’intera argomentazione procede ineludibilmente nella fallacia ab ignorantiam:

      Il fatto che le mutazione possa includersi quanto testè affermato implica che le mutazioni genetiche sono infinite,partendo dal fatto che le mutazioni sono infinite si postula arbitriamente la sudetta argomentazione:

      Potrebbe un altro organismo essere predisposto (GIà LA LOCUZIONE E ASSURDA PER QUANTO AFFERMATO SOPRA) a essere identico all’uomo DUNQUE consequenzialità di scrivere un testo filosofico.

      E qua si evidenzia la fallacia sopressa

      1)DIMMI OLTRE RAGIONEVOLE DUBBIO SE LE MUTAZIONI SONO FINITE PIUTTOSTO CHE INFINITE,E DUNQUE DIMOSTRANDO NON PIAZZANDO IPOTESI,PERCHE IO “HYPOTESIS NON FINGO.”

      2)Dimostra oltre ragionevole dubbio ci sia predisposizione,andando contro il principale paradigma scientifico che sono casuali.

      Dal momento che quanto leggo è un potrebbe,affermo e potrebbe essere l’esatto contrario.Ovvero non è necessario che la natura abbia selezioanato altri esseri per la quale non sarebbero mai stati in grado in grado di scrivere un tratato filosofico.

      E dunque come se ne esce?

      Newton

      Generando quindi un’antinomia tra le due

      Sui “potrebbe” come dice newton uno puo dire che siccome l’universo lo si reputa infinito (e questa è una credenza non un fatto) allora in qualche parte dell’universo esiste un qualche essere intelligente,l’argomentazione è identica,e gioca sul fatto che data la possibilità dell’universo come infinito tale ente esista,pur PUR SENZA NESSUNA DIMOSTRAZIONE LOGICA.E COME DIRE CHE DAL PENSIERO CONSEGUE NECESARIAMENTE L’ESISTENZA.

      Ora nulla si può dire di scientifico senza partire DALL’OSSERVAZIONE

      Principi di filosofia naturale NEWTON prima regola del metodo scientifico,qua detto prima regola del filosofo naturale:

      […]Regola I

      Delle cose naturali non devono essere amesse cause più numerose di quelle che sono vere e bastano a spiegare i fenomeni.Come dicono i filosofi “la natura non fa nulla invano,e inutilmente viene fatto con molte cose ciò che può essere fatto con poche”.La natura è semplice non sovrabonda in cause superflue delle cose.[…]

      Altri non è che il rasoio di OCKAM

      E inoltre bisogna proprndere nell’osservazione l’evidenza:

      NON ESISTE NESSUN ALTRO ESSERE INTELLIGENTE QUALI L’UOMO.

      E si reputa dunque l’intelligenza dell’animale,come uno studio etologico dunque della psicologia comportamentale animale,e questa non è una scianza esatta tanto quanto non lo è la psicologia.

      Ebbene non è necessario che la natura possa fare esseri intelligenti più di quelli che si osservano nei fatti empirici,si tratta di postulare enti più del necessario per protrarre la tua argomentazione ab ignorantiam.

      L’altra rimanente parte del testo la correggi da solo oppure devi farmi perdere tempo?
      Scienza non scientismo.

      • Penultimo ha detto:

        In altri termini la possibilità di un’osservazione non è un’osservazione,ma solo una possibilità che potrebbe essere sempre contraditoria.

      • Mum ha detto:

        Tutto questa logorrea per dire che l’uomo è l’animale dall’intelligenza più evoluta?
        Non mi sembra una grande scoperta…

        • Penultimo ha detto:

          No tutta questa logorrea per dirti che è soggiungi IL SOLO animale assoluto OSSERVABILE.E che dunque non è possibile ipotizzarne altri.

        • Leonardo83 ha detto:

          Continui a parlare di continuità, come se l’uomo fosse soltanto un essere più evoluto della scimmia, quando invece sappiamo bene che non esiste nessuna continuità spiegabile.

          Anzi, l’approccio olistico all’evoluzione, che sta emergendo sempre più procedono gli studi, sostiene proprio che l’uomo è qualitativamente diverso dagli animali e la sua evoluzione non spiegabile con il semplice aumento della capacità cranica, ma da giustificazioni di ordine più generale. Non a caso l’evoluzione umana è punteggiata di singolarità.

          • Penultimo ha detto:

            In altri termini il rapporto massa cervello DIMOSTRA non congettura che l’intelligenza non dipende dal volume materiale.E che dunque l’intelleto non ha legami sui rapporti massa volume,di un organismo.

            Dunque se non dipende da questo da che cosa dipende.

            Gli altri se hanno il coraggio di sostenere le loro tesi abbiano il coraggio di sostenere che:

            Una balena è più intelligente di un uomo.

            Viceversa rimango dualista.

  • Giulio Quaresima ha detto:

    La seguo e non la seguo. Sono d’accordo sulla premessa, e ovviamente sugli altri documentati fatti da lei esposti, ad esempio quando riporta che il gradualismo è discusso. Del resto se Darwin, in un sol colpo, avesse partorito dal nulla una teoria già perfetta sarebbe stato un miracolo.

    Però non la seguo più quando, dal fatto che non ci siano prove fossili complete dei passaggi dall’animale all’uomo, vorrebbe dimostrare che allora la continuità non esiste. I ritrovamenti fossili sono estremamente frammentari, e non a caso ad ogni nuovo ritrovamento le teorie vengono ribaltate e nascono continuamente nuove proposte. In una parola siamo in alto mare. Ma credo si renda conto che l’assenza di prova non costituisce prova del contrario.

    Certo, sarebbe stupido negare il grande salto che sussiste tra la mente umana e quella animale. Ma in fondo, questo grande salto riguarda il solo aspetto della parte razionale del cervello. Una volta accettato il legame filogenetico con gli altri animali e il meccanismo generale dell’evoluzione, non vedo perché negare la possibilità che, come una giraffa ha sviluppato un lungo collo, noi abbiamo sviluppato un grande cervello. A meno che la motivazione non sia proprio la solita, voler “dimostrare” per questa via che è stato Dio a renderci unici.

    • lorenzo ha detto:

      “…l’assenza di prova non costituisce prova del contrario.”: l’assenza di prove sull’esistenza di Dio non costituisce quindi, per te, prova della non esistenza di Dio.

      “…come una giraffa ha sviluppato un lungo collo, noi abbiamo sviluppato un grande cervello.”: il cervello della balenottera azzurra è molto più grande e più pesante di quello dell’uomo.

      OT: Mi incuriosisce molto sapere se, utilizzando la tecnica usata nei filmati per ricavare l’armonia dall’immagine della tilma, tu saresti in grado di ricavare nuove armonie dalle mappe del cielo stellato: per un cultore della musica come te sarebbe una bella sfida ed una fonte di ispirazione (non prenderla come un sfottò, ma come una domanda a chi ha i mezzi per chiarire un dubbio a cui non sono in grado di rispondere).

      • Giulio Quaresima ha detto:

        “l’assenza di prove sull’esistenza di Dio non costituisce quindi, per te, prova della non esistenza di Dio.”

        Certo! Ovviamente! L’ho detto e ribadito molte volte nei miei commenti. L’inesistenza di Dio non si può provare, così come la sua esistenza, e l’ateismo è un atto di fede come la religione.

        Riguardo all’OT, così a occhio direi di no. Certo, occorrerebbe provare, ma la disposizione delle stelle del firmamento è molto più casuale e irregolare di quelle del mantello della Tilma, anche se hanno per forza dovuto vederci una “precisa” corrispondenza alle costellazioni.

        • Ugo La Serra ha detto:

          L’esistenza di una particolare entità metafisica, tra tutte quelle possibili, identificabile con quella descritta nella bibbia, è però enormemente meno probabile della non esistenza di qualunque entità metafisica.

          • lorenzo ha detto:

            Cosa ne sai “dell’entità metafisica” descritta nella Bibbia?
            Sei così sicuro che quello a cui rifiuti di credere sia il Dio biblico e non una sua caricatura?

            • Ugo La Serra ha detto:

              Ho letto la bibbia… ma le mie considerazioni non dipendono da come l’entità in questione sia descritta, ma dal banale fatto che ogni qualità che le viene attribuita, esclude tutte le altre entità che non la possiedono.
              E, riguardo qualcosa di completamente inconoscibile, come la metafisica, fare affermazioni in merito è completamente arbitrario.

              • lorenzo ha detto:

                “…ogni qualità che le viene attribuita, esclude tutte le altre entità che non la possiedono.”
                Questa tua affermazione conferma che ciò che rifiuti è solo la caricatura del Dio biblico.

              • Salvatore ha detto:

                L’inconoscenza di Dio è una tua affermazione, ovviamente falsa. Il tuo assioma è sbagliato, dunque lo è la tua conclusione.

          • Daniele Borri ha detto:

            E’ un tuo atto di fede, lo rispetto.

            Ponendo la questione in termini di probabilità: essendo tutto dovuto al processo causa-effetto, è molto più probabile che anche per quanto riguarda l’universo vi sia alla base un meccanismo del genere (Tommaso D’Aquino).

            L’entità metafisica nella Bibbia si chiama Gesù Cristo, la persona che ha guarda caso rivoluzionato la storia, come lo fa ancora oggi. Per usare le parole di Antony Flew, un tuo ex amico che la pensava come te, e che poi ha iniziato a pensarla come me, “se davvero Dio si è rivelato, è davvero probabile che lo abbia fatto attraverso Cristo”.

            La probabilità che vi sia una causa intelligente (principio antropico, evoluzione direzionale ecc..) + la probabilità che Cristo sia davvero stato quel che è stato portano ad un valore di probabilità davvero elevato.

            • Ugo La Serra ha detto:

              Ponendo la questione in termini di probabilità: essendo tutto dovuto al processo causa-effetto, è molto più probabile che anche per quanto riguarda l’universo vi sia alla base un meccanismo del genere (Tommaso D’Aquino).

              Ma allora, se il principio causa-effetto è valido, o è sempre valido, e quindi non è consentito ipotizzare nessuna entità che ne sia immune, o non è valido. Non possiamo, logicamente parlando, considerarlo valido solo dove ci piace, e non valido dove ci è scomodo.

              • Daniele Borri ha detto:

                Sono d’accordo, infatti è sempre valido.. 🙂
                Sei tu ad affermare che sarebbe valido sempre, tranne che all’origine di tutto quello che è dovuto al principi causa-effetto!

                • Ugo La Serra ha detto:

                  Quindi dio è stato creato? E da cho o cosa?

                  • a-theòs=a-éthos ha detto:

                    Il problema è posto male. E’ logicamente obbligatorio affermare l’esistenza di Dio, proprio perché altrimenti, necessitando ogni cosa di una causa “essendi”(non puramente “fiendi”) nulla esisterebbe. Il che significa che Dio è la causa incausata, ossia è quell’unico essere che non deve avere le caratteristiche che rendono necessaria una causazione.

                    • Giulio Quaresima ha detto:

                      Perfetto. Il problema è come intendiamo questa causa incausata. Lo si può chiamare Dio, o in altri modi. In particolare, si può intenderlo come una entità personale o impersonale. Ma in che modo si può far logicamente coincidere la causa prima incausata con il Dio biblico? Più che una conseguenza logica, a me pare una scelta, un fatto di fede.

                    • Daniele Borri ha detto:

                      Un atto di fede in seguito ad una rivelazione. Tu però sei ad un passaggio successivo, ovvero alla rivelazione di Dio all’uomo. La risposta alla tua domanda su come si può conciliare il Dio Creatore necessario al Dio biblico è una sola, un avvenimento accaduto ad un certo punto nella storia: Gesù Cristo.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto:

                      @Giulio Quaresima
                      No, non si può intenderlo come un ente impersonale, perché le prove filosofiche dell’esistenza di Dio terminano ad un Essere che è Atto Puro, cioè un Infinito in Atto (non un infinito potenziale come quello matematico), ossia l’Ente che non può mancare di alcuna delle perfezioni ontologiche di cui è causa: dunque, siccome la personalità è una qualità ontologica presente nella realtà, anche Dio deve essere persona.

                      Certamente c’è un notevole salto tra il Dio filosofico e quello del Cattolicesimo, cioè la SS. Trinità. Ma se si fa un confronto con le altre religioni, le uniche monoteiste sono 3 e dunque, poiché la filosofia ti porta ad un Dio unico, solo tra queste 3 è possibile razionalmente scegliere. I motivo poi per scegliere il Cattolicesimo sono molti: impossibile riassumerteli qui.

                  • Daniele Borri ha detto:

                    Il principio causa-effetto risponde a sua volta a se stesso. Esiste dunque necessariamente un inizio increato, e questo lo chiamiamo Dio.

                    • Giulio Quaresima ha detto:

                      Tutto logico. Ma è sugli attributi di Dio che nascono i problemi. Anche io potrei decidere di chiamare Dio la causa prima non creata. Ma secondo quale logica posso affermare che questo Dio è una persona, che è uno e trino, eccetera? E’ qui che si esce dal campo della logica e si entra nel campo della fede.

                    • Daniele Borri ha detto:

                      Secondo quale logica? E’ una riflessione teologica nata sempre in seguito a Gesù Cristo, tu sei andato troppo oltre all’argomento portato da Ugo sulla mera necessità di una causa incausata. Parlare di trinità, di Dio biblico, di dogmatica cattolica significa andare oltre, arrivando già alla rivelazione di tale Dio agli uomini. Sono due questioni separate, seppur ovviamente legate.

                      L’uomo può arrivare con la sua ragione a capire che Dio esiste ed è necessario, per conoscerlo occorre la sua rivelazione, ovvero Cristo.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto:

                      @Giulio Quaresima
                      Nel campo della fede entri solo relativamente alla SS. Trinità, che non è dimostrabile filosoficamente, ma che, comunque, non è contro-ragione. Ammetto comunque la mia inadeguatezza a parlare della SS. Trinità, che è qualcosa che per ora ho solo sfiorato, non avendo ancora avuto il tempo di immergermi in questo, che uno dei temi più affascinanti e ardui dell’intera teologia cattolica.

      • alessandro pendesini ha detto:

        « il cervello della balenottera è molto più grande e più pesante di quello dell’uomo »….
        @Lorenzo
        Infatti la dimensione dell’encefalo, anche se proporzionato al peso corporeo, è un indice approssimativo della capacità -operativa e cognitiva- mentale. Ciò che conta sono il tipo di neuroni (caratteristiche biochimiche) e cablaggio (neurosinaptico) del cervello e, in particolare, lo sviluppo della corteccia cerebrale (neocortex) epicentro della cognizione umana (ma non solo!).

        • lorenzo ha detto:

          Perfettamente d’accordo, ma il fatto che il cervello di una sola balenottera pesi come quello di cinque uomini rimane.

          • Penultimo ha detto:

            X)) E rimane anche il fatto che non ha le stesse capacità logiche,dunque semplicemente pandesini il suo è un non sequitur.

    • Leonardo83 ha detto:

      La continuità non esiste, per l’appunto. D’altra parte lo ha sostenuto in modo convincente Gould, e oggi soltanto qualche neodarwinista continua ad affermare tale paradigma antiscientifico dell’evoluzione graduale.

      Non è lo sviluppo di un grande cervello a rendere le cose molto interessanti, ma è lo spiegare la generale organizzazione evolutiva, come ha spiegato bene Friedrich ad implicare una spiegazione metafisica, ovvero il principio direttivo che ha guidato l’evoluzione dell’uomo.

  • sto'co'frati e zappo l'orto ha detto:

    Signor Francesco,in un paese culturalmente diviso come il nostro citare il darwinismo di B.Mussolini e la sua profondissima fede “materialista” è in primis segno di coraggio ed un rispetto(finalmente)alla Storia.Grazie.

    • Giulio Quaresima ha detto:

      Spesso si dimentica, infatti, che Mussolini è figlio del socialismo. Si legga il Manifesto Fascista di San Sepolcro.

      • sto'co'frati e zappo l'orto ha detto:

        Quaresima prima di tutto la saluto.
        Mi sono occupato(con la modestia del caso)molto nella mia vita del Socialismo in Italia.Quello che mi ha particolarmente colpito(oltre a migliaia di altre cose)è la giustificazione(ritengo comunque incredibile)del popolo italiano(98,4& nel 1929 fascista)il quale sosteneva che assimilava(ovviamente agli inizi)il fascismo addirittura ad una forma di socialdemocrazia.Pure io(anni passati)mi sono “difeso”da dagli amici Scandinavi usando questa scappatoia.

        • Giulio Quaresima ha detto:

          Saluti anche a lei. Ma per curiosità si era “difeso” da quale accusa?

          • sto'co'frati e zappo l'orto ha detto:

            Parlare di storia del ventennio fascista in alcuni paesi del nord europa(anche se dopo 70 anni)è tema ancora delicato.

    • Giulio Quaresima ha detto:

      O meglio, più che dimenticarsene, si fa finta di non sapere. Io tendo a vedere nelle grandi rivoluzioni del 900 una matrice comune.

  • alessandro pendesini ha detto:

    Mi sia concessa un’osservazione :
    Ritengo sia erroneo parlare di ” teoria darwiniana” o “darwinismo”. Darwin ha dato una spiegazione delle modifiche e alcuni dei suoi processi: la selezione naturale e la selezione sessuale. Ma la prima idea coerente di evoluzione viene da Lamarck. Poi apparve la genetica, l’etologia e altri importanti contributi scientifici, ma che -purtroppo- l’autore dell’articolo sembra ignorare !
    Parlando di “teoria darwiniana”, i suoi critici vorrebbero farci credere che questa è la teoria di un solo uomo, un anticristo “guru” e la sua setta. Non considero queste critiche fondate, poichè se la teoria dell’evoluzione ha evoluto così tanto da Lamarck fino ad oggi, è perché i biologi non hanno mai cessato di studiarla e rimetterla in causa ! Ha evoluto in un quadro scientifico epistemologico. La teoria dell’evoluzione non è solo una teoria della modernità -ma anche un dato di fatto- che ha -e avrà- (molto probabilmente) importanti implicazioni per il nostro benessere futuro, premesso che l’Etica venga rispettata !

    P.S.: Fino all’arrivo degli ominidi (circa 6 milioni di anni fa), la loro coscienza omeostatica era del tipo “pilota automatico”. Noi stessi, funzioniamo ancora essenzialmente in questo modo. Ma abbiamo acquisito una caratteristica speciale : una parte della nostra mente (neocortex) evolvendo è stata in grado di emanciparsi e prendere il “comando”, permettendoci di inventare, e/o immaginare, dei comportamenti che contribuiscono al nostro benessere, ma, a volte, anche il contrario purtroppo…..Da qui inizia la nostra razionalità cognitiva ma anche -e soprattutto- la nostra irrazionalita !

    • Fabio Moraldi ha detto:

      Mi sia concessa una risposta:
      L’autore dell’articolo (se lo conoscesse), aderisce , come tutti noi, alla teoria di Darwin.

      Usi meglio i termini: “DarwinISMO” e “neodarwinISMO” non sono termini scientifici, gli scienziati usato teoria di Darwin.

      Il suo P.S. è completamente ininfluente, un’aggiunta priva di senso.

    • Mum ha detto:

      Quoto in pieno Alessandro. Riguardo l’evoluzione del cervello ricordo infatti di aver letto uno studio che parlava di come una mutazione genetica favorì l’espansione dell’Homo Sapiens in Africa.

      • Leonardo83 ha detto:

        Non capisco questo cosa c’entri, forse qualcuno qui dubita delle mutazioni genetiche?

        Ricordo di aver letto una tua affermazione sul fatto che gli animali siano dotati di libero arbitrio, ricordi per caso anche in quale studio lo hai letto? Forse era lo stesso di questo?

        • Mum ha detto:

          Beh, se venisse confermata la teoria secondo cui l’essere umano ha spiccato il salto grazie ad una delle tante mutazioni genetiche che avvengono normalmente in natura, tutta la teoria dell’intervento divino e dell’infusione dell’anima andrebbe quanto meno rieditata.

          Riguardo quello che chiedi, non ho mai affermato che gli animali siano dotati di un’autocoscienza paragonabile a quella umana, forse mi confondi con qualcun’altro.

          • Leonardo83 ha detto:

            Ma il salto non è un episodio storico, per salto si intende proprio inspiegabilità scientifica in quanto la questione trascende la scienza in quanto quest’ultima è uno dei frutti del salto ontologico di cui si parla.

            Hai affermato che gli animali possiedono libertà: https://www.uccronline.it/2013/01/08/il-darwinismo-non-ha-detronizzato-luomo-egli-resta-irriducibile/#comment-104757: “E’ invece un grande errore affermare che nell’animale non siano presenti caratteristiche, seppur se meno evolute rispetto all’uomo, quali un linguaggio, la libertà o l’altruismo perchè vi è tantissima letteratura scientifica che dimostra esattamente il contrario”

            Come mai non riesci a riconoscere di averla sparata grossa pur di difendere la tua fede religiosa nel riduzionismo? Forse perché anche tutte le altre affermazioni sono dovute a questo tuo imbarazzo ogni volta che ti avvicini al campo biologico?
            D’altra parte, se l’evoluzione è vera allora il naturalismo è falso: https://www.uccronline.it/2012/03/12/largomento-evolutivo-contro-il-naturalismo/

            • Mum ha detto:

              E’ troppo facile dire che c’è un salto quando non si vogliono prendere in considerazione le evidenze che riducono le dimensioni di tale salto.Quando scriverete un articolo su questo tema prendendo in considerazione le ultime scoperte riguardanti il comportamento animale potremo discuterne nelle giuste condizioni, perchè così il vostro è un discorso che nasce già obsoleto.

              Riguardo l’altra questione: guarda che stai prendendo un granchio, ho parlato di “libertà, altruismo e linguaggio” perchè è quanto diceva l’autore dell’articolo, più sopra ho spiegato i motivi del suo errore, sta a te volerlo comprendere oppure no.

              • Leonardo83 ha detto:

                “scriverete”? Non ho tale facoltà… 🙂

                Non mi pare esistano fantomatiche “evidenze” che dimostrino la riduzione di tale salto ontologico, anzi come ho detto sopra, l’approccio olistico -sempre più accettato- dimostra proprio l’opposto.

                Se sostieni che esistono a te l’onere della prova. Per ora gli studi che hai citato sull’altruismo hanno dato ragione a me: esso esiste negli animali soltanto tra i vicini parenti, e nei diversi soltanto per reciprocità.

                Ti ho portato degli studi a sostegno di questa visione, e tu non solo li hai ignorati, ma non ti sei nemmeno degnato di replicare in altrettanto modo. Da una parte una affermazione basata su un dato oggettivo, dall’altra (la tua) una posizione religiosa/fideista basata su chiacchiere e anatemi.
                E’ questo il modo di confrontarsi?

                • Mum ha detto:

                  Ti ho messo un solo link che hai bellamente ignorato, avresti potuto controbattere che una simulazione non stabilisce una regola ferrea ed in tal caso avrei citato degli studi diretti sugli animali o sul processo d’evoluzione del cervello umano.
                  Ho poi portato il caso specifico dei bonobo che preferiscono gli estranei ai parenti o ai casi di altruismo tra diverse specie e tu continui ad affermare (per terza volta credo) che “l’altruismo esiste negli animali soltanto tra i vicini parenti”?

                  Non c’è peggior sordo… non vedo quindi l’utilità di continuare.
                  Ti saluto

                  • Leonardo83 ha detto:

                    Che tu mi abbia messo un solo link (al contrario di me) è evidente a tutti, e l’ho tanto preso in considerazione che ti ho mostrato che dice le stesse cose che dico io: https://www.uccronline.it/2013/01/08/il-darwinismo-non-ha-detronizzato-luomo-egli-resta-irriducibile/#comment-104838

                    Non capisco queste tue promesse a portarmi gli studi di qua e gli studi di là, le continue affermazioni che quello che dici tu lo dicono “i più grandi etologi” , ecc. Vogliamo andare al sodo? Linka, cita e confrontiamoci…con le promesse non so cosa farci.

                    Non hai citato alcuno studio sui bonobo, sono io che ti ho mostrato che gli studi sugli scimpanzé hanno concluso che “anche gli scimpanzé si aiutano, ma solo se gli serve, per esempio per procurarsi il cibo”: http://archiviostorico.corriere.it/2006/dicembre/19/Altruismo_chiave_dell_evoluzione_co_9_061219055.shtml

                    Questo ovviamente non è vero altruismo, ma è sempre una forma di egoismo: ti aiuto solo perché poi serve me. D’altra parte non si capisce come un animale potrebbe fare il contrario opponendosi volontariamente alla selezione naturale.

                    L’affermazione che “l’altruismo esiste negli animali soltanto tra i vicini parenti” è una citazione di Ayala, come ti ho ripetuto per tre volte credo (e tu continui ad attribuirla a me).

                    Non vedi l’utilità di continuare perché non hai mai pensato ad un confronto leale, sei su un argomento che non conosci per nulla e non hai altri argomenti da tirare fuori per sostenere le piccole tesi riduzioniste che sai.

                    Quando vorrai confrontarti davvero, io sono qui. Bacioni.

                    • Mum ha detto:

                      Ti ho già detto che di studi ce ne sono a decine, il trucchetto di rendere interminabile un confronto chiedendo un link per ogni parola affermata con me non funziona, sai bene che se digiti: “bonobos studies” su google, poi hai l’imbarazzo della scelta. Se non ricordo male quello sugli estranei si chiamava: “Bonobos share with strangers”, ce n’è poi uno sulla pianificazione del futuro, su come nel comunicare con un simile questo dia conferma del messaggio ricevuto, su come si pongono degli obiettivi flessibili… ma sei sicuro che t’interessa davvero quest’argomento? Io credo di no, perchè l’unico che hai in chiaro sono improbabili paragoni con gli insetti, la parziale idea del “mi gratti tu che ti gratto io”, oppure una frase di Ayala prese da chissà quale contesto. Io ho l’impressione che t’interessa portare avanti un’idea religiosa più che ampliare i tuoi orrizzonti conoscitivi, ma su questo spero veramente di sbagliare.
                      Buona continuazione

                    • Leonardo83 ha detto:

                      In realtà continui a citarmi queste “decine di studi”, e “decine di etologi migliori” che la pensano come te e per ora hai citato uno studio che dice l’opposto di quanto sostieni.

                      Non capisco perché io devo andare a cercare cose di cui ti ho a lungo parlato, ti ho citato una serie di studi scientifici e mi chiedi di andare a fare altre ricerche? Non si capisce poi cosa vuoi sostenere…cosa chiedi ai bonobo? Si prefissano gli obiettivi sull’agenda? Raccontano barzellette, fanno la pipì tirando su l’asse?

                      Vedo solo promesse di studi da parte tua, e invece da parte mia ecco qui per l’ennesima volta: “anche gli scimpanzé si aiutano, ma solo se gli serve, per
                      esempio per procurarsi il cibo”: http://archiviostorico.corriere.it/2006/dicembre/19/Altruismo_chiave_dell_evoluzione_co_9_061219055.shtml
                      Non esiste l’altruismo negli animali se non per un proprio tornaconto, ed è appunto quello che gli animali devono fare: sopravvivere.

                      Il riduzionismo è tanto una tua fede religiosa che non ti permette nemmeno di dialogare con onestà, possiamo a questo punto dire che sei un fondamentalista. Ti ripeto: quando vuoi liberarti dall’ideologia religiosa e dialogare sono qui. Kiss.

                    • Mum ha detto:

                      Ecco bravo, bonobo che raccontano barzellette, vedo che hai capito tutto.

                  • Mum ha detto:

                    P.S. ho visto che hai postato ben sei (6!) volte un’articolo del Corriere della Sera, che tra l’altro non solo ribadisce cose che ho detto io ma, come ho indicato più sopra, contraddice anche le tue stesse parole. Penso che dovresti applicarti di più nella ricerca delle fonti.
                    Ti saluto

    • Penultimo ha detto:

      A nel senso che una parte del cervello è stata capace di avere un pensiero indipendente rispetto alle altre parti e che dunque una cellula celebrale pensa in maniera autonoma rispetto alle altre.

      Dunque addiritura io penso doppiamente non un pensiero unico,ma due pensieri uno che si è voluto evolvere l’altro no.

  • Lucio ha detto:

    Consiglio caldamente a tutti i sostenitori delle ideologie Darwiniste la lettura dei seguenti articoli:
    http://www.enzopennetta.it/2012/09/darwins-black-beast-3-thomas-nagel/
    http://www.enzopennetta.it/2013/01/i-3-salti-dellessere/
    http://www.enzopennetta.it/2012/12/il-neodarwinismo-e-morto-ma-non-lo-si-puo-dire/
    http://www.enzopennetta.it/2013/01/il-neodarwinismo-e-morto-ma-non-si-puo-dire-seconda-parte/
    Non so voi, ma io comincio a sentire il rumore delle unghie dei Darwinisti che scivolano sui vetri…..

    • Penultimo ha detto:

      I. L’origine dell’Universo;
      II. L’origine della vita sulla Terra;
      III. La comparsa dell’uomo.

      Impossibile da spiegare come ha fatto a formarsi la prima molecola inorganica?

      a)E’ increata dunque eterna.
      b)Esistenza di una prima causa esterna.

      • Lucio ha detto:

        Si Penultimo, filosoficamente hai ragione….
        Ma l’autore dell’ articolo, il Prof. Masiero, ponendo questa domanda si poneva uno scopo diverso: invitare a cercare di porre le basi per un nuovo modo di concepire la biologia, liberandola dalle visioni Darwiniste. Nei commenti seguiti all’ articolo lo stesso autore afferma:
        “Le scienze naturali danno della conoscenza un significato operativo: se si sa costruire una cosa, almeno in linea di principio, ciò significa conoscerla. Quindi, se riuscissimo ad assemblare un batterio, o almeno in linea di principio comprendere “come” (in quali fasi, in base a quali drivers) può essersi assemblato un batterio, potremmo dire di conoscere la “vita” almeno al livello di batterio. E’ presumibile poi che, da questa conoscenza, potremmo anche inferire i meccanismi dell’evoluzione biologica almeno fino al punto in cui è emersa la coscienza.
        Certamente per l’autocoscienza e le altre funzioni superiori della mente umana, per i motivi spiegati, ritengo che ciò esca dall’ambito della scienza naturale, così come metodicizzata da Galileo in poi.”.
        Ciao!

        • Penultimo ha detto:

          “Le scienze naturali danno della conoscenza un significato operativo: se si sa costruire una cosa, almeno in linea di principio, ciò significa conoscerla.

          E credo che ciò non sia possibile,non per le scienze naturali,ovvero relativamente alla natura senza pressioni antropiche.Ovvero io ho sempre avuto per la testa la stessa domanda:

          Il metodo scientifico adoperato da un biologo può usare gli stessi modelli usati da un igegnere?

          Ovvero penso ci siano almeno due metodi,uno per la costruzione e la conoscenza degli anti artificiali,una per la conoscenza degli enti naturali.

          Se io sono in grado di costruire una casa ipertecnologica (ente artificiale) è corretto o incorretto dire che sudetto ente in assenza di uomini può formarsi naturalmente?

          Non assemblato,il guaio è quale batterio è oltre ogni dubbio “il PRIMO”,sappiamo che questi batteri si ritrovano anche nello spazio,il guaio è che l’origine della vita non è una riproduzione per via sperimentale,in tal caso l’esperimento deve dimostrare nelle stesse condizioni ambientali ipotizzati al periodo in analisi,che si può costruire un batterio,partendo dall’ausilio di sole molecole inorganiche.Quindi concentrandosi sulla via dell’esperimento Miller.

          “Certamente per l’autocoscienza e le altre funzioni superiori della mente umana, per i motivi spiegati, ritengo che ciò esca dall’ambito della scienza naturale, così come metodicizzata da Galileo in poi.”.

          La mente è un fatto di psicologia non di scienza empirica o esatta.

          Si vuole spiegare la mente è impossibile con il metodo galileiano.E’ ovvio perchè la scienza che si ocupa dei corpi meccanici non può spiegare l’evoluzione della mente cosi come non può spiegare se non violando il metodo galileiano il seguente paradosso

          Due gemelli omozigoti hanno lo stesso genetico ovvero vige un principio di IDENTITA’ A=A,se due gemelli omozigoti hanno codice genetico identico come fanno ad avere comportamenti e menti diverse?

          La mente potrebbe non essere indagabile scientificamente,semplicemente perchè il metodo scientifico può arrivare a studiare le cause e le dinamiche dei corpi estesi materiali.Non di quello che potrebbe essere anche imateriale.

          • Penultimo ha detto:

            Saluti in ogni caso quando dico mente visto che siamo davanti alla parola “pensiero” ,io sono un dualista interazionista,infatti non posso che affermare:

            Che il pensiero non è solo materiale epifenomenicamente al cervello,impatta con il paradosso di cui sopra,perchè se dipendesse dal solo cervello,essendo che a partire dalle istruzioni genetiche si formerà il lo stesso,evidentemente in tali istruzioni non può esservi l’istruzione per sintetizzare le proteine “della mente” (o concetto referente a mente) e del pensiero umano,visto è appurato che se cosi fosse,due gemelli omozigoti dovrebbero avere lo stesso identico pensiero,ma ciò è sconfessato dai fatti (la diversita di pensiero dunque mentale dunque comportamentale è osservabilissima,il che, li rende identici sul profilo genetico ma diversi sotto il profilo di individui).

  • alessandro pendesini ha detto:

    @Penultimo
    Questo aneddoto potrebbe (forse) aiutarla a chiarire certe idee :
    –L’ammiraglio Lord Nelson, perse un braccio durante l’attacco mancato di Santa Cruz (Tenerife), vide nella sofferenza del suo arto fantasma la « prova tangibile dell’esistenza dell’anima !» : infatti arrivo’ alla conclusione che se un arto fantasma sopravvive, perché non dovrebbe essere lo stesso per il corpo dopo la morte ?
    Oggi sappiamo pero’ -tramite la neurofenomenologia- che Lord Nelson si è illuso !!!
    L’errore di Cartesio e Bergson consiste nell’avere immaginato un « intelletto » indipendente dall’emozione e………
    Il nostro encefalo NON funziona sul sistema « dualista » cartesiano, ma bensi monista !
    Questa sembra essere, fino prova contraria, la verita.
    P.S. : La coscienza non è una “cosa”, ma un un processo neuronale. La questione sull’esistenza dei qualia è segnata da un errore simile. Cosi come l’affermazione secondo cui le categorie sensoriali, quali i colori e varie altre percezioni, esistono nel mondo indipendentemente dalla mente e del linguaggio.

    • Penultimo ha detto:

      Un anedotto non è un fatto logico.
      E il resto è una catena di dogmi ovvero affermazioni perentorie.

      Infatti il fatto che un individuo x precepisca un arto non implica che l’arto esiste visto che i fatti osservativi dimostrano che x è stato perso in una guerra.Il fatto che lui lo percepisca non implica,che ci sinao altri mille casi in cui non viene percepito.

      Leggersi Goedel sul monismo.

      La coscienza non è una cosa ma un processo neuronale,se è un processo neuranale spiega logicamente non con affermazioni perentorie il paradosso di cui sopra.

      • Penultimo ha detto:

        Il altri termini l’osservazione dei 5 sensi corregeva la percezione dell’arto.

    • Leonardo83 ha detto:

      La coscienza secondo Pendesini sarebbe un “processo neuronale”.

      Immagino che il premio Nobel Eldeman dev’essere un cretino, in quanto ha affermato: “incapacità di fornire una spiegazione della coscienza individuale non è più misteriosa della nostra incapacità di spiegare perché c’è qualcosa e non il nulla. Forse un mistero, ma non è un mistero scientifico”.

      Pendesina sfida Eldeman…chissà chi vince 🙂

      • Penultimo ha detto:

        Vince endmen che ascolta Goedel non che piazza dogmi.

        Goedel “la concezione monistica è del tutto assurda”

  • Harry Burns ha detto:

    Sull’argomento sono davvero un profano, ma sono abbastanza convinto che aderire al cosiddetto neodarwinismo sia un vero e proprio atto di fede

    • Giulio Quaresima ha detto:

      No. Anche se non è dimostrabile in tutti i suoi aspetti, è il tentativo più riuscito di spiegare quello che osserviamo in mezzo alle leggi note della natura e della matematica statistica. In attesa di una sua dimostrazione, o falsificazione, è tutto quello che abbiamo. L’opzione creazionista non è un’alternativa, perché introduce un ingrediente “magico” (l’intervento del Dio creatore) in tutti gli aspetti che non riusciamo a spiegare/dimostrare. Ma il fatto è che anche all’interno del neodarwinismo è possibile inserire l’atto creativo, quindi non ho mai capito il senso di questa falsa contrapposizione.

      • Penultimo ha detto:

        Ma in fatto non c’è contrapposizione,in senso lato credere che la materia non necessiti di tale atto significa pensare che la materia è eterna e increata.

        iL CHE OVVIAMENTE è IMPOSSIBILE DA DIMOSTRARE.

        Infatti alla domanda non tanto come si è formato il primo essere vivente,quanto alla domanda come si è formata il primo ente materiale nessuno può rispondere.

      • Leonardo83 ha detto:

        Fai enorme confusione Giulio. Il neodarwinismo è una teoria filosofica che impone il meccanicismo nella biologia, è un atto di fede, come ha spiegato Gould. In particolare ripropone ancora oggi questioni abbandonate da tempo dalla scienza ovvero la spiegazione delle trasformazioni delle forme viventi in modo graduale (e invece sappiamo ovviamente che non è così), si basa esclusivamente sulla selezione naturale (e invece sappiamo che essa è solo uno dei tanti meccanismi evolutivi in mezzo a tanti); propone la macroevoluzione come diretta estrapolazione della microevoluzione (e invece sappiamo che non è possibile ragionare in questo modo, solo per il fatto che la macroevoluzione è una tesi non dimostrabile e tanto meno dunque spiegabile con gli stessi meccanismi che invece funzionano con la microevoluzione).

        Il neodarwinismo è l’approccio scientista, meccanicista e ultimamente ateista all’evoluzione, è una posizione al di fuori della scienza, tanto quanto il creazionismo o l’ID.

        • Giulio Quaresima ha detto:

          Se è un atto di fede perché “impone il meccanicismo nella biologia”, allora tutte le scienze naturali sono un atto di fede, ovvero costituisce un atto di fede la premessa epistemologica alla base di tutte le scienze naturali.

          Per il resto, pochi neodarwinisti sarebbero disposti ad ammettere che le loro teorie sono assolutamente vere. Penso che quelli che sono scienziati degni di questo nome diranno, al massimo, che il neodarwinismo è la teoria che, ai loro occhi, meglio si concilia con i dati a disposizione e con le leggi note, in attesa di ulteriori verifiche.

          • Leonardo83 ha detto:

            Il meccanicismo è un opzione filosofica, non scientifica, non spetta alla scienza questo giudizio.

            Ulteriori verifiche ci sono da anni e anni, eppure i neodarwinisti rimangono aggrappati al gradualismo, alla selezione naturale e alla spiegazione della macroevoluzione come copia esatta, solo in proporzioni maggiori, della microevoluzione.

            Che il neodarwinismo sia un’idelogia è riconosciuto da uno non di parte, come Giulio Giorello: http://www.ilfoglio.it/soloqui/5051

            Richard Lewontin ritiene invece il neodarwinismo “un tipo di darwinismo volgare, caratteristico di fine Ottocento e riportato in auge negli ultimi dieci anni». E ancora: «la selezione naturale non è una nozione mistica, come tendono invece a definirla i neodarwinisti. Ci sono ormai troppe risposte che vanno sotto il nome di “selezione”, ma che non rispondono alle grandi domande. Sono risposte vuote. I cultori dell’evoluzionismo come Dennett e Dawkins hanno fatto dell’evoluzione una nozione astratto”: http://www.ilfoglio.it/soloqui/4782

            Secondo Eugene Koonin «la visione fortemente dogmatica del darwinismo è caratteristica della sintesi moderna operata dalla biologia dell’evoluzione. Non è che la selezione naturale sia “sbagliata”, anzi, è una grande scoperta. Semplicemente non racconta tutta la storia che sta dietro l’evoluzione della vita»: http://www.ilfoglio.it/soloqui/4922

            Insomma, per dirla con Piattelli-Palmarini: «La selezione naturale è molto marginale nello spiegare i meccanismi dell’evoluzione. Il neo-darwinismo è morto e non resuscitabile»: http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2010/5/18/DIBATTITO-Piattelli-Palmarini-la-teoria-di-Darwin-morta-e-sepolta/86822/

          • Penultimo ha detto:

            Questo lo ha affermato il cattolico Khun,la scienza come atto di fede.Diventa atto di fede quando lo scienziato fuoriesce dal metodo.

            Le ipotesi sono un atto di fede,non le dimostrazioni.

            Ma le ipotesi sono una atto di fede solo quando esse fanno ipotesi furi dalla meccanica dell’osservazione diretta.

            Un ipotesi slegata dall’osservazione da sola non è scienza,è un atto di fede,infatti servono strumenti mirati all’osservazione affinche non sia un atto di fede.

            All’aumentare della tecnologia degli strumenti aumenta la capacità di osservazione.Ipotesi che non ricadono sotto questo metodo non sono scientifiche.Questo spiega il perchè la scienza demolisca certi paradigmi per affermarni altri.Semplicemente perchè l’igegneria fornisce allo scienziato naturale strumenti sempre più potenti,che prima non potevano essere osservati.Questo semmai dimostra proprio che il metodo scientifico è corretto perchè legato all’osservazione.

            Infatti quando lei dice in attesa di ulteriori verifiche,significa in attesa di strumenti sempre più sofisticati per compiere un’osservazione.

            Ciò non implica logicamente che vecchie teorie siano incorrette.

            Affermare “non sapro mai se un nuovo strumento” confutera una mia osservazione,vuol dire ragionare metafisicamente,e di nuovo è un’argomentazione fallace perchè pensa ragionando su un progresso infinito indimostrabile.

      • Alberto ha detto:

        Infatti sono gli atei che brandiscono la teoria dell’evoluzione come una clava contro i credenti, pensando di aver dimostrato la non esistenza di Dio. Un credente non ha nessuna difficoltà a conciliare le due cose. Avete mai visto l’incontro tra Dawkins e Lennox? John Lennox xchi non lo sapesse è un matematico inglese insegna ad Oxford come Dawkins ed è l’autore del bellissimo libro Fede e Scienza:
        http://www.youtube.com/watch?v=J0UIbd0eLxw

        • Mum ha detto:

          Non puoi negare che formulazione della teoria dell’evoluzione ha obbligato i religiosi a derubricare a semplici “metafore” o “allegorie” tanti eventi che fino ad allora si ritenevano reali. Stessa cosa è successa con l’antropocentrismo.
          Anche la formulazioni da parte di scienziati credenti di fantomatiche teorie (penso ad esempio al devoluzionismo) dimostrano invece come la teoria dell’evoluzione abbia messo in difficoltà i postulati della religione, basti pensare che lo stesso Darwin era raffigurato caricaturalmente dai giornali d’ispirazione cristiana.

  • alessandro pendesini ha detto:

    @Penultimo
    Dalla sua risposta deduco (a torto?) che lei ha una vaga, molto vaga, conoscenza della neurofenomenologia !
    L’improvvisazione in questa branca puo’ mettere “l’improvvisatore” -(confondendo lucciole con lanterne)- in situazioni non solo -diciamo- delicate, ma anche ridicole…..
    P.S.: Se desidera capire il senso del mio commento, le suggerisco di dare un occhiatina a l’etimologia di “ALLUCINOSI” e/o “ARTO FANTASMA” e “MAPPE SOMATOSENSORIALI” ! Mi sa che (forse) riesca a capire…..

    @Leonardo 83
    Spiacente di doverle dire che Lei interpreta male quello che scrive G.Edelman (e non Eldeman !)
    Ecco cosa pensa Edelman -e non solo- della coscienza : “La coscienza non puo’ essere lei stessa causale. E’ l’attività del nucleo talamo-corticale che è causale, non l’esperienza fenomenica che suscita !”.
    Lei, signor Leonardo 83, che ne dice di questa citazione di Edelman ?
    Comunque, per simpatia, le ho dato un pollice in su…..Bien à vous

    • Leonardo83 ha detto:

      Caro Pendesini, che alla coscienza occorra un cervello non credo ci sia bisogno di Edelman per capirlo, così come l’anima necessità di un corpo che la ospiti. Altro paio di maniche sostenere che la coscienza sia il prodotto diretto del cervello, magari usato come sinonimo. Non è questo il pensiero di Edelman, che ritiene la coscienza un mistero non scientifico (veda la citazione sopra).

      • alessandro pendesini ha detto:

        @Leonardo 83
        Per sua informazione sappi che G.Edelman NON sostiene nessun dualismo cerebrale ! Inoltre a me risulta che NON crede in una qualsiasi deità !

        • Leonardo83 ha detto:

          Non capisco la sua sparata sulla deità. Eppure poco prima diceva che a lei interessava solo la scienza e non la filosofia…si contraddice così velocemente?
          Le ripeto che per Edelman la coscienza rimane un “mistero non scientifico”, come le ho citato sopra.
          Mi sembra lo stesso pensiero del Nobel J.C. Eccles, il quale -tra parentesi- aderisce ovviamente a una deità, e la pensa in modo diametralmente opposto al suo.

    • Penultimo ha detto:

      Dalla sua risposta deduco (a torto?) che lei ha una vaga, molto vaga, conoscenza della neurofenomenologia !
      L’improvvisazione in questa branca puo’ mettere “l’improvvisatore” -(confondendo lucciole con lanterne)- in situazioni non solo -diciamo- delicate, ma anche ridicole…..
      P.S.: Se desidera capire il senso del mio commento, le suggerisco di dare un occhiatina a l’etimologia di “ALLUCINOSI” e/o “ARTO FANTASMA” e “MAPPE SOMATOSENSORIALI” ! Mi sa che (forse) riesca a capire…..

      Io invece le consiglio di leggere la parala interazionismo prima di sproloquiare.

      Ancora non ho sentito risoluzione del paradosso.

      Prima che faccia saltare la logica dei pilastri gnoseoligici della psicologia ricordandele che non è scienza esatta.

      quello “computazionalista” che, vedendo il cervello come un organo calcolatore, assume che con l’intelligenza artificiale si possano imitare le funzioni mentali con risultati simili (es: Dennett e Fodor);
      quello “neurologistia” che, riducendo la mente alla fisiologia del cervello, annulla il mentale nella elaborazione meccanica del circuiti cerebrali (es: Churchland);
      quello “mentalista” che nega sia il primo che il secondo rivendicando invece l’autonomia del mentale dal cerebrale (es: Searle);
      quello “evoluzionista” che supera tali indirizzi in una visione evoluzionistica del mentale come epifenomenico del cerebrale (es: Edelman).

      Cosi tanto per evitarmi di spcciare per metodo scientifico,non ha anvcora risposto al paradosso.

      • Penultimo ha detto:

        Semplicemente quindi la sua dottrina filosofica è contraposta alla mia che è di carattere mentalista.

  • alessandro pendesini ha detto:

    @Penultimo, lei scrive:
    …Prima che faccia saltare la logica dei pilastri gnoseologici della psicologia ricordandele che non è scienza esatta….

    Per sua informazione sappi che NESSUNA BRANCA DELLA SCIENZA E’ ESATTA !
    Inoltre -contrariamente a quello che afferma- non aderisco a nessuna dottrina filosofica ! Forse si sarà accorto che studio la neurofenomenologia umana. A me interessa conoscere l’uomo non come vorremmo che sia, ma com’è realmente !

    • Leonardo83 ha detto:

      Se lei non aderisse a nessuna filosofia/religione non avrebbe un’impostazione riduzionista-scientista-materialista, che invece traspare da ogni suo commento.

      In realtà lei è più religioso dei creazionisti.

    • Penultimo ha detto:

      Per sua informazione sudetta affermazione

      NESSUNA BRANCA DELLA SCIENZA E’ ESATTA !

      Presa come Propsizione è priva di significato.Ovvero la si puo prendere soltanto ipotizzando che la neuroviologia,la neuroanatomia inferisca proposizioni di pari “dignità logica” rispetto a quelle della neurofenomelogia.Cio cercando i dare un metodo a una conoscenza mentale:alla quale si può muovere un obiezione di fondo simile aalle obiezioni mosse a una credenza.

      E’ certo che gli stati mentali codificanti un pensiero variano al variare degli stati culturali di una civiltà e che non può esistere un metodo rigoroso tale da identificare il sudetto metodo come “metodo scientifico”.Infatti la neurobiologia,la neurofisiologia,la neuroanatomia,la legge di gravità vale qui e vale in giappone.Lo scarte che c’è tra le due è esattamente il grado di universalità delle proposizione emanate,nessuno psicologo,nessun letterato,può emanare proposizione di valore universale.

      Un ipotesi con grado dimostrabile e ripetibile non ha lo stesso grado dei delle affermazioni magari ipotetiche ma non dimostrabili.

      Nessuna ipotesi è esatta.
      La sua è una ipotesi.
      Dunque non è esatta.

      Basta usare la teoria degli insiemi per abdurre che questo ragionamento è incorretto

      Legga il significato della “fallacia logica dell’opinionista.”

      La scienza (metodo scientifico che non implica la sola statistica o la sola matematica)è ripetibile ma anche confutabile con il medesimo metodo.

      Certo allora avrà le sue credenze come io ho le mie,ma la “scienza” e bisogna non si acupa di conoscere l’uomo se non nelle sue dinamiche MECCANICHE.Non si può inficiare la scienza con l’anarchismo metodologico.

      Nella realtà:

      Il funzionamento umano dei corpi è identico.
      Il pensiero umano è tutta un’altra storia.

      Dunque lei già cerca è questo perchè è monista di pensare che ha stati mentali corripondono oltre ragionevole dubbio (ma oltre ogni ragionevole dubbio lo ha solo negli studi meccanici non sulle percezioni)a quelli fisici.Ma gli stati fisici non dicono nulla sull’essere umano in quanto pensiero plurale,ma bensi dicono tutto in quanto studio delle relazioni fisiche,che hanno significato fisico.Quando per esempio io afferma tale molecole è la tristezza,stò già violando il metodo scientifico,perchè in tale molecola non esige un rapporto necessario tra amore e costituzione meccaniche,tale molecola stimola un altra molecola,un processo è basta.L’ausilio di quei dei termini tipo GIUSTIZIA su qualsiasi molecola non è che indimostrabile nel campo del metodo scientifico.Ma è il sogetto che è irrazionalmente è convinto che tale molecola sia la giustizia.Ed è un credo non una conoscienza certa,tale molecola è fatta dai seguenti atomi,dai seguenti meccanismi,è dimostrabile e ripetibile.

      E’ proprio la credenza associativa tra pensiero è sentimento umano legato allo stato fisico che la persuade che la scienza non sia esatta.Ma la scienza è esatta proprio perchè non si occupa di giustizia,nè di bene nè di male.

      Andranno dunque scremate dal metodo tutte le credenze sentimentali.Perchè inficiano il metodo stesso.

      • alessandro pendesini ha detto:

        @Penultimo
        Da quello che scrive non sembra avere la minima idea di come funzioni il nostro encefalo ! Inoltre insiste -con una certa arroganza- a considerare la scienza esatta ! cosa che NESSUN scientifico (degno di questo nome) farebbe !
        Lei afferma che “il funzionamento umano dei corpi è identico”…….
        Direi volontieri che se il PRINCIPIO di funzionamento di ogni essere umano è identico, ogni persona, animale o cosa che sia, è UNICA ! In altre parole NON esistono due persone (o oggetti) identiche al 100%, monozigoti inclusi !

        P.S. : Il metodo scientifico, per coloro che lo utilizzano, svolge essenzialmente il ruolo di filtro che separa le proposizioni vere da proposizioni false, quelle plausibili da quelle che non lo sono e, in generale, per valutare le proposte e le teorie secondo il grado di giustificazione razionale di cui godono alla luce delle evidenze o prove attualmente disponibili.

        La scienza rappresenta una base fondamentale, ma né esaustiva né esclusiva per la conoscenza. Non fornisce delle verità con una V maiuscola, offre dei modelli dedotti da l’osservazione e l’esperienza, verificabili da tutti coloro che lo desiderano. In altre parole la conoscenza scientifica non ha bisogno di giustificazioni, ma di convalide e dimostrazioni. Il discorso Mitico, invece, richiede un “racconto dell’inizio” come “giustificazione” delle origini, NON verificabile….P.S.: Dobbiamo avere fiducia nella scienza non perché offre modelli di “certezza assoluta”, ma perché non ne ha ! Può solo accertare ciò che è, non ciò che dovrebbe essere, fuori del suo campo, i giudizi di valore di ogni genere sono necessari.

  • alessandro pendesini ha detto:

    @Leonardo83
    A me sembra che lei sta confondendo la Scienza con la religione !
    Scienza NON è sinonimo di religione !

    PS Non ha risposto alla citazione di Edelman che le ripeto : “La coscienza non puo’ essere lei stessa causale. E’ l’attività del nucleo talamo-corticale che è causale, non l’esperienza fenomenica che suscita”…..Aspetto una sua risposta in merito. Grazie

    • Leonardo83 ha detto:

      Ancora con questa accusa? E’ tutto il giorno che parlo di scienza e di studi scientifici senza mai citare la fede…evidentemente è la vostra scusa per evitare di confrontarvi. Comunque fai bene ad intervenire, Mum è davvero in difficoltà.

      Mi sembra di aver già risposto a Edelman, in quanto ha perfettamente ragione a dire che perché vi sia coscienza occorre un substrato corticale e neuronale a supporto, così come per l’anima occorre il corpo che la ospiti e l’intelligenza occorre una mente che la ospiti. Affermare invece che la coscienza sia il prodotto diretto del cervello allora è ovviamente errato, sopratutto perché non c’è nessuna evidenza, non a caso Edelman afferma: “l’incapacità di fornire una spiegazione della coscienza individuale non è più misteriosa della nostra incapacità di spiegare perché c’è qualcosa e non il nulla. Forse un mistero, ma non è un mistero scientifico”.

      Gli fa eco il premio Nobel Neville Mott: «Credo che né la scienza, né la psicologia fisica possano mai “spiegare” la coscienza umana. Per me, quindi, la coscienza umana è al di fuori della scienza, ed è qui che cerco il rapporto tra Dio e l’uomo» (N. Mott, “Can Scientists Believe?”, James & James Science Publishers Ltd, 1991, pag. 8)

  • alessandro pendesini ha detto:

    @Leonardo83
    Le mie critiche (discutibilissime) o commenti, non sono accuse ! Inoltre ogni persona è libera di credere cio’ che vuole; ma anche di paragonare il suo “credo” -particolarmente quando lo considera “assoluto”-, con altre visioni o definizioni dell’Universo, uomo e coscienza compreso… … NB.: Il “motore” dell’evoluzione cognitiva e culturale (degna di questo nome) è -in grand parte- dovuto a confronti (da non confondere con scontri aggressivi) che avvengono su dei siti tipo UCCR ecc…Quando una persona mi fa capire i miei sbagli non mi impoverisce, ma al contrario, arricchisce ! Forma sublime del rispetto altrui…..

    –Vorrei precisare che noi -la specie umana- (e non solo), non siamo esseri pensanti limitati o influenzati dalla loro biologia, ma esseri in cui le funzioni biologiche permettono di pensare, il che è molto diverso !!!
    Per sua informazione il Nobel Neville Mott da lei citato NON è un neurologo (o neurobiologo) ma un fisico ! Coglie la differenza ?