I vescovi parlano di sesso e amore. E ne parlano bene

Siete delusi da sfumature di grigio che prima esaltano e poi, finito il libro, ti salutano? Volete pane per i vostri denti, voi assetati di esperienze che contano? Insomma, volete roba forte? Bene, allora leggetevi le 36 pagine degli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia ad opera della Commissione Episcopale per la famiglia e per la vita. Fidatevi, non ci troverete la solita minestra ma dinamite. Roba forte, appunto. A partire dai passaggi rivolti ai giovani di oggi, agli «adolescenti, assediati da un clima generale fortemente erotizzato nella comunicazione, nella moda, nei modelli proposti, devono essere guidati ad acquisire un sano senso critico» (p.7).

Poche ma già dense parole che fotografano appieno la devianza di una sessualità che quando è continuamente indotta non può, nonostante i piaceri che procura, essere libera. E meno liberi ancora sono quanti, proprio perché «assediati da un clima generale fortemente erotizzato», non scelgono qualcuno per amore ma lo cercano per piacere; non del tutto consapevolmente magari, ma questo fanno. Attenzione però: non si vuole, dicendo questo, demonizzare proprio nulla. Al contrario, proprio perché la sessualità è fondamentale che deve essere vissuta come si deve.

E cioè secondo quel magnifico principio che, scomparso come termine dalla lingua parlata, di questo passo lascerà pure il vocabolario: il pudore. Che non è una prigione ma un mezzo, una via che «custodisce e tutela i valori intimi e profondi della persona; non limita la sessualità, ma la protegge e l’accompagna verso un amore integrale e autenticamente umano» (p. 8). Pudore e castità, quindi, da intendersi non come privazione del piacere durante il fidanzamento, ma come orientamento di quest’ultimo verso il piacere vero, da vivere pienamente nel matrimonio. Altro che Chiesa sessuofobica!

D’accordo, si obbietterà, ma così dicendo di fatto si suggerisce ad una coppia di sposarsi senza nemmeno un sano e raccomandabile collaudo dell’intesa sessuale. E come si fa, scusate, a sposarsi senza questo? E se poi uno scopre di avere sposato la famigerata “persona sbagliata”, che fa? Si spara? Ora, messa così l’obiezione ha effettivamente il sapore della critica intelligente, che inchioda la morale cattolica alle proprie contraddizioni con la realtà. Il punto è che proprio la realtà, se ci pensiamo bene, a dare ragione alla Chiesa.

Infatti nessuno può negare la diffusione, oggigiorno, dei rapporti prematrimoniali. Ebbene, al tempo stesso non si può negare neppure un’altra tendenza, ossia quella – piuttosto triste, diciamolo – per cui le coppie si sposano sempre meno e, anche quando convolano a nozze, si lasciano sempre prima, ognuno per la sua strada. Eppure si tratta di coppie che la famosa intesa sessuale l’avevano sperimentata a dovere, intensamente, prima a rate e poi tutta intera, senza limiti. Insomma, sulla carta si tratta di coppie – almeno in teoria -moderne, libere e felici. Ma poi, non di rado, arrivano là dove non avrebbero mai pensato e voluto: a lasciarsi.

Come mai? Vuoi vedere che forse è proprio vero che sessualità è sì importante, ma non sufficiente per la longevità di una storia? Per la stabilità di un rapporto, infatti, serve ben altro che la percezione di stare bene insieme: si deve sapere dove insieme si vuole andare. E occorre saperlo con chiarezza da subito, perché una relazione che inizia come passatempo, c’è poco da fare, difficilmente può tramutarsi in qualcosa di più serio. Sarà ricca e stimolante, ma dopo un po’ perderà il suo fascino iniziale. Come accade, appunto, per i passatempi.

A scanso di equivoci è comunque bene ribadire che la Chiesa – contrariamente a ciò che qualcuno pensa – non raccomanda di fidanzarsi o addirittura di sposarsi “a scatola chiusa”, senza conoscere minimamente il proprio partner. E’ una balla grande come una casa. La Chiesa non vuole affatto questo; ed oltretutto non potrebbe nemmeno volerlo: primo perché l’attrazione fisica fra due persone non ha bisogno di alcun “giro di prova” e non soggiace ad alcun divieto – o c’è o non c’è –, e secondo perché se due si sposassero senza desiderarsi sarebbe semplicemente folle.

La Chiesa e gli autori degli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia questo lo sanno bene. Tanto è vero che alla fine, come prova definitiva delle proprie tesi, non ricorrono ad alcun argomento bensì alla testimonianza. A quella testimonianza che chiunque può incontrare. Infatti, se è «vero che non pochi dei fidanzati che richiedono il sacramento del matrimonio sono da tempo distanti dalla pratica religiosa e dalla partecipazione attiva alla vita della comunità cristiana, non possiamo dimenticare che vi sono giovani che scelgono di sposarsi in chiesa con una chiara coscienza di fede, magari dopo cammini pluriennali all’interno della comunità» (p. 19).

Una constatazione che lascia aperta una serie di domande: ma se davvero – anche se non è affatto così, come ogni buon cattolico sa – la vita è una e bisogna gustarne ogni esperienza, perché non provare anche la castità? Perché non osare? Il percorso è di quelli tosti, inutile raccontarsi storie. Eppure vale la pena tentarlo. Perché gettare le piastrelle del fidanzamento da subito nella direzione del matrimonio non significa a tutti i costi arrivarci, ma sapere che quando ci si arriverà non solo avremo davanti a noi la sospirata “persona giusta”, ma saremo a nostra volta la “persona giusta”. Perché avremo imparato ad amare; a rispettare davvero l’altro; a governare le passioni, pronti al meritato piacere di cui non saremo schiavi, ma principi.

Giuliano Guzzo

35 commenti a I vescovi parlano di sesso e amore. E ne parlano bene

  • Manuzzo ha detto:

    Pronti a una valanga di offese? se può consolare, sono vicino all’autore dell’articolo…..

  • a-theòs=a-éthos ha detto:

    Mi sia permesso di eccepire sulla chiusa dell’articolo: “[…] pronti al meritato piacere di cui non saremo schiavi, ma principi”.

    Sarà una sottile distinzione, ma nemmeno quando l’atto coniugale sia inteso come “remedium concupiscentiae”, il fine dell’atto stesso nell’accezione cattolica autentica può essere correttamente descritto come ricerca del “meritato piacere”; questa è una descrizione derivante da una mentalità pienamente (in senso negativo) moderna, cioè fortemente influenzata dal contesto culturale pan-erotico, da cui ci si vorrebbe, giustamente, distinguere. Il cattolico autentico dovrebbe infatti comprendere che, sebbene l’uso del matrimonio sia permesso anche come “remedium concupiscentiae”, ciò tuttavia non può in alcun modo corrispondere alla “perfezione” (“siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli”), ma semmai a qualcosa di più simile ad un caso di “dura cervice” ancora scusato (come nell’Antico Testamento avveniva per la possibilità di ripudiare la moglie).

    Indiscutibilmente la perfezione coincide infatti con l’esempio di Nostro Signore, che non si è mai sposato e ciò proprio perché il celibato (che non è la condizione di un maniaco sessuale represso, ma quella di chi sia riuscito a sviluppare un’autentica virtù della castità) è una condizione ontologicamente superiore, sul piano dell’ascesi spirituale, rispetto a chi celibe non sia.

    Il piacere sessuale dunque non è mai “pienamente meritato” nel senso di essere fine perseguibile per se stesso, senza alcuna imperfezione, nemmeno all’interno del matrimonio sacramentale. E infatti si parla di “remedium” (rimedio), ciò che implica essenzialmente un difetto.

    • Vincenzo ha detto:

      Con quste idee….non ci si può certo stupire che non raramente il cattolicesimo venga accusato di incentivare la sessuofobia! nessuno può essere paragonato a Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Pertanto le comuni persone hanno il diritto, nei giusti limiti, di poter godere di una sana vita sessuale, senza considerarla un “remedium”. L’attività sessuale correttamente impostata è un giusto apprezzamento della vita.

    • Enrico da Bergamo ha detto:

      Io penso che tutto stia nel come si vede il sesso. Nel sesso ci si dà piacere all’altro per poi averlo noi stessi, caso esemplare gli omosessuali o si considera il sesso come un mezzo per unirsi ancor di più al coniuge che di fatto una sola cosa con noi?

      • Manuzzo ha detto:

        vabbè dai, gli omosessuali del resto se sono così non è colpa loro (almeno nella maggioranza dei casi: quella piccola fetta che fa l’omosessuale “poser” mi rattrista….), rimaniamo al nostro (presumo) campo etero: la vera battaglia non è “definire peccatori gli omosessuali”, ma far chiarezza, ovviamente per i credenti, sul come si dovrebbe intendere il sesso alla luce della Parola. Certo poi spiegarlo a un non credente un circolo viziato e vizioso: se uno non crede , può credere che ci siano cose che allontanano da lui la santità? ovviamente no. Perciò invito i credenti a considerare quello che è scritto nel documento: troppi credenti, anche devoti, ormai dicono “che male c’è, non c’è niente di male” ecc…, e il documento serve a spiegare il perché è meglio (e bello) astenersi. Parecchio ancora è scritto poi su amicidomenicani, alla sezione un sacerdote risponde, per ulteriori chiarimenti. Lì sono molto bravi a spiegare.

        • Paolo Melegari ha detto:

          Qualcuno mi spiega cosa c’è di male nell’omosessualità? Sono assai curioso

          • Leonardo ha detto:

            No.

          • Fabio Moraldi ha detto:

            Non capisco cosa c’entri, comunque la posizione cattolica è ottimamente espressa qui: http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a6_it.htm

            • Paolo Melegari ha detto:

              Avevo sentito dei richiami a tale argomento in alcuni post precedenti, comunque ho letto riguardo l’omosessualità e mi spiace, non credo che ogni persona credente debba vederla in quella maniera

              • a-theòs=a-éthos ha detto:

                Spiace a noi per te, perché quello che conta è la verità e non l’opinione.

                • Paolo Melegari ha detto:

                  Sicuramente tu ne sei in possesso, comunque mi spieghi il significato del tuo nickname?

                  • Giulio Quaresima ha detto:

                    Te lo spiego io: significa che se sei ateo sei privo di etica, nichilista, condannato ad una vita senza alcun punto fermo morale.

                    • G.T. ha detto:

                      Eppoi ce lo dice la storia, la coerenza di Nietzsche è l’esempio massimo della teorizzazione di un sistema che si privi di un Creatore.

                    • a-theòs=a-éthos ha detto:

                      Più precisamente significa che non sei in grado di dare ragione, nemmeno a te stesso, degli eventuali principi etici che ti rimangono nel mazzo. Se sei ateo non vi sono ragioni valide per sostenere una qualsiasi etica: in pratica, se usi il cervello, rimani impossibilitato a giustificare la bontà o la cattiveria di una qualsiasi azione, sia essa l’omicidio o il soccorso dei poveri (come diceva un’ateo incoerente, ma intellettualmente onesto, come Albert Camus).

              • Enrico da Bergamo ha detto:

                L’omosessualità è egoismo non dono.Cosa resta a due omosessuali 10 minuti dopo il rapporto?

                • Paolo Melegari ha detto:

                  Che se sò divertiti

                  • Paolo Melegari ha detto:

                    “L’omosessualità è egoismo non dono.Cosa resta a due omosessuali 10 minuti dopo il rapporto?”

                    Diamine se non stanno attenti rischiano che gli rimanga l’AIDS

    • Luca ha detto:

      Giovanni Paolo II ha parlato molto della sessualità, specialmente quella matrimoniale, ma ha detto cose totalmente in contrasto con le tue.
      Ti consiglio di leggerle. Ciaoo

      • a-theòs=a-éthos ha detto:

        Io mi attengo a San Tommaso e alla Tradizione, fonti che, a mio modesto avviso, quando un papa parla come dottore privato (cioè non infallibilmente), hanno molta più autorità. Giovanni Paolo II come filosofo era un fenomenologo, corrente di pensiero del tutto moderna, che a ben guardare, nonostante i tentativi di alcuni discepoli di Husserl come Edith Stein, ha ben poco a che vedere con il tomismo.

    • Mariasole ha detto:

      Se la Chiesa avesse svalutato l’ unione uomo-donna non l’avrebbe elevata a Sacramento,no? Invece l’ha riconosciuta ATTO SACRO, d’amore e di co-creazione della vita.

      Perché l’unione uomo-donna E’ IL MATRIMONIO. Perciò più che dire “ci si sposa in Chiesa”, sarebbe meglio dire “il matrimonio è benedetto da Dio”.

      • a-theòs=a-éthos ha detto:

        E chi si sarebbe sognato di svalutare l’unione uomo-donna? Io no di certo.

        Il fatto di affermare la superiorità della vita da celibe consacrato non implica un giudizio negativo sul matrimonio, ci mancherebbe. Quella che ho contestato è l’idea secondo cui possa esservi traquilla perfezione nell’intendere il piacere sessuale come qualcosa che valga di per sé, cioè come un bene che possa essere perseguito di per sé, senza che ciò comporti imperfezione. Il piacere sessuale, dato il peccato mortale (cioè data la nostra situazione di natura decaduta e ferita dal peccato originale) costituisce fomite di passioni che turbano la più pura ascesi spirituale e per questo Nostro Signore ci ha proposto la vita da celibi consacrati come ideale di massima perfezione (che naturalmente non è per tutti).

    • Giulio Quaresima ha detto:

      San Paolo dice:

      “Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna; tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito.
      Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito. La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie. Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione. Questo però vi dico per concessione, non per comando. Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere.”

      Quindi, se da una parte, come rileva Sanmarchi, la via della perfezione e della santità è nell’astinenza, nondimeno il desiderio sessuale non viene condannato, viene anzi riconosciuto come parte della natura umana, e ricondotto nella legittimità della vita cristiana attraverso il matrimonio.

      • Giulio Quaresima ha detto:

        Mi correggo, Sanmarchi ha più precisamente sostenuto che il piacere sessuale non deve essere il fine ultimo dell’atto sessuale. San Paolo, invece, nelle parole citate, mi pare riconosca questo fine.

        • a-theòs=a-éthos ha detto:

          Assolutamente no. San Paolo dice proprio ciò che ho riportato io: la sessualità (il matrimonio) è anche “remedium concupiscentiae” (oltre a essere l’unico mezzo legittimo di procreazione), ma ciò non può corrispondere alla vita di maggior perfezione, che è invece il celibato. San Paolo non parla proprio del “piacere”, ma solo della funzione del matrimonio come rimedio alle passioni disordinate.

          • Giulio Quaresima ha detto:

            Uhm, sì, ha ragione. In fondo per sua stessa ammissione lei faceva una sottile distinzione circa l’aggettivo “meritato”.

      • G.T. ha detto:

        L’astinenza non obbligata può essere una via, ma non la sola!

  • Castigamatti ha detto:

    La forza dei cristiani è quella di saper andare controcorrente, e di non adeguarsi passivamente e come pecoroni alla moda del momento…

  • G.T. ha detto:

    Complimenti a questi missionari!

  • Enrico da Bergamo ha detto:

    Io credo che il sesso sia come il denaro stà all’uomo farne un giusto uso, ad esempio il sesso quando praticato in maniera altristica nobilità altrimenti abbruttisce lo stesso il denaro.

    • a-theòs=a-éthos ha detto:

      Il sesso serve a fare i figli e il piacere ad esso connesso è del tutto strumentale a tale scopo; il resto è superfluo o addirittura controproducente. Nessuno ama o ama di più la popria moglie o il proprio marito, perché ci fa sesso, altrimenti sarebbe impossibile continuare ad amarsi ad una certa età o quando insorgano malattie invalidanti. Invece vale esattamente l’opposto, si fa sesso bene, perché ci si ama veramente.

      • Enrico da Bergamo ha detto:

        Il sesso è anche piacere ed appagamento di sè stessi e dono all’altro coniuge.

        • a-theòs=a-éthos ha detto:

          Ha già spiegato sopra perché una tale concezione sia vittima della mentalità pan-eroticistica della modernità, che nulla ha a che vedere con la corretta concezione cattolica del matrimonio e della sessualità.