L’uomo, la discontinuità biologica e il libero arbitrio

 
 
 
 
di Giorgio Masiero*
*fisico

 

Recentemente UCCR ha pubblicato un articolo dello scienziato Tito Arecchi sul rapporto mente-corpo a seguito dell’ultimo sofisma di Edoardo Boncinelli apparso sul Corriere della Sera.

Uso i termini in senso tecnico e non a scopi adulatori o denigratori, come potrebbe sembrare a un lettore malizioso. Arecchi è uno scienziato a tutto tondo, noto per gli studi in fisica, neuroscienze ed epistemologia. Boncinelli invece, dopo una carriera dedicata alla biologia, si è ritirato nella sofistica, che è una scuola di filosofia con il privilegio di asserire A un dì e non-A l’altro dì; e perfino A e non-A nella stessa proposizione B, che pertanto è priva di senso. Arecchi fa scienza, Boncinelli si è acconciato a raccontarla secondo l’estro del giorno. Per giunta, un sofista non avverte mai il dubbio che ci sia qualcosa d’errato nel suo approccio epistemico, poiché per lui come per i suoi antichi maestri greci il ragionamento non ha lo scopo di avvicinare alla verità (che non esiste), ma solo di aver successo in piazza. Boncinelli può così proclamare in un libro che “l’anima è una ciliegina sulla torta” del cervello – cioè una leccornia reale, talché ai matrimoni io mangio solo le ciliegine disinteressandomi delle torte –, e in un altro che “l’anima è un’illusione” e non esiste, senza neanche accorgersi dell’incoerenza: un’illusione di “chi”? In-ludo vuol dire “gioco contro” la realtà, ma quando le anime dei dubbiosi giocano contro la propria esistenza, non la dimostrano con l’atto di giocarci? L’intervistatrice del Corriere poi, anziché interloquire col maestro almeno da studentessa (essendo forse troppo attendersi da lei la parte di Socrate con Gorgia), ne ha subìto l’aura e gli si è inginocchiata a raccogliere la sequela di antinomie, giudicate l’ultima scoperta di come “la scienza supera il dualismo tra la mente e il corpo”. Ma quel dualismo platonico non l’aveva già falsificato Tommaso d’Aquino otto secoli fa?

Lasciamo la cultura della grande stampa (dove al nichilismo aporetico di oggi succederà domani l’astrologia dei meteoriti panspermici o dei pianeti gemelli e dopodomani l’alchimia del gene della felicità o della pillola della bontà) e passiamo al campo della scienza moderna, quella tosta che cerca di adeguare il discorso alla realtà, incrociando galileianamente le teorie con le misure in laboratorio. Un’opera fresca di stampa fa il punto della ricerca scientifica sulle facoltà superiori dell’anima umana che chiamiamo coscienza, mente, ecc. Si tratta di “… e la coscienza? Fenomenologia, psicopatologia, neuroscienze”, a cura di A. Ales Bello e P. Manganaro (Laterza, Bari 2012, € 50). Vi è raccolto, tra gli altri, un contributo di Arecchi intitolato “Fenomenologia della coscienza: dall’apprensione al giudizio”, che vado a riassumere per i lettori.

Per prima cosa, per i non esperti in teoria delle probabilità, devo accennare al teorema di Bayes (dal rev. Thomas Bayes, 1702-1761, che l’ha scoperto). Il teorema permette di calcolare la probabilità che sia accaduto un evento, quando si conosce qualcosa di attinente. Prima di tirare un dado, ho 1:6 probabilità di fare un 6. Qui Bayes non serve. Ma se il dado è già stato tratto e sappiamo che è uscito un numero pari, la probabilità “bayesiana” che sia uscito il 6 è ora 1:3, il doppio di prima. Beh, direte, tutto qua? ci possiamo arrivare da soli, anche senza Bayes! È vero, però i problemi potrebbero essere più complicati. Prendiamo quest’altro. Si sa che in una popolazione i fumatori sono il 35% e che il 20% dei fumatori e il 6% dei non fumatori hanno l’asma: qual è la probabilità che un affetto d’asma sia fumatore? La risposta di Bayes è 64%, ma non vi accecherò con lo splendore barocco della sua formula! Insomma, l’algoritmo di Bayes permette di dedurre da un insieme di dati, relati in un modello a diversi eventi, la probabilità di ognuno di essere accaduto. È la matematizzazione del metodo investigativo di Sherlock Holmes: sulla base delle informazioni disponibili il detective associava una probabilità di colpevolezza ad ogni indiziato d’un delitto, stringendo gradualmente il cerchio man mano che nuovi dati erano raccolti.

Entriamo ora nel vivo e parliamo della fondamentale distinzione tra apprensione e giudizio, che Arecchi supporta per via sperimentale e teoretica. Che cos’è l’apprensione? È la percezione d’un oggetto, realizzata dal lavoro combinato di milioni di neuroni nel cervello (di uomo o animale), in seguito ad uno stimolo colto dai sensi e giunto, attraverso un iter trasformistico inimmaginabile, a quei neuroni. Io ho un’apprensione proprio ora: mentre scrivo queste note, percepisco il rumore d’un aereo di passaggio. Le onde sonore colpiscono i miei timpani e di qui, con una serie di reazioni chimiche nel mio corpo, il segnale cambia cento volte forma fisica e dall’anatomia degli orecchi giunge in ½ secondo ad un esercito di cellule nel cervello, le quali infine in sincronismo perfetto, in un altro ½ secondo, usano un algoritmo di Bayes tra i tanti ivi iscritti e mi procurano la percezione del rumore associandola ad un aereo. Un’apprensione è anche quella di un gatto quando raccoglie nel naso o sugli occhi i segnali inviati da un topo e, attraverso gli organi del fiuto o della vista prima di tutto e col cervello infine, prende consapevolezza della presenza della preda. Anche i neuroni di cervello felino usano la formula del rev. Bayes per fornire al gatto un’immagine del topo. Quando i suoi neuroni selezionano l’algoritmo sbagliato, il gatto prende lanterne per lucciole.

Un’apprensione dura da pochi decimi a 3 secondi, in media 1 secondo: è il tempo che passa dall’arrivo del segnale ai sensi fino alla sua elaborazione sincronizzata nei neuroni della corteccia cerebrale, che produce nel soggetto la percezione coerente dell’oggetto esterno. Per la visione, Arecchi dettaglia come le miriadi di raggi di luce (diversi per colore, intensità, direzione, distanza, ecc.) riflessi dall’oggetto attraversino nel primo ¼ di secondo le cellule degli organi dell’occhio (cornea, cristallino, retina, ecc.: la retina ha opportunamente circa 100 milioni di cellule, tra bastoncelli e coni, per fare la scannerizzazione); e poi come, in un altro ¼, ogni organo nell’esercizio della sua funzione e in coordinamento con gli altri codifichi chimicamente l’elemento di segnale nel suo linguaggio (per es., per ogni fotone sono milioni al secondo gli ioni di sodio che si mobilitano in correnti elettriche nei bastoncelli), per trasferirlo all’organo successivo via via fino al nervo ottico, alla corteccia visiva e alla corteccia prefrontale. Ancora Arecchi mostra come in questa, in ½ secondo, la folla neuronica – reciprocamente eccitata da somi, assoni, dendriti e sinapsi e obbediente alle leggi del caos quantistico – collabori a ricostruire, attraverso algoritmi di Bayes innati o pre-adattati con l’esperienza, un’immagine dell’oggetto. A questo punto, il soggetto ha una percezione coerente, dopo cui può reagire con impulsi trasmessi alle aree motorie. Arecchi illustra anche gli strumenti (sonde, elettroencefalogrammi, risonanze magnetiche nucleari, ecc.) usati dalle neuroscienze per scoprire come nell’uomo e negli animali accada il processo elementare dell’apprensione che, ci crediate o no, io ho sintetizzato soltanto per sommi capi.

Le fasi dell’apprensione, compresa l’ultima di sincronizzazione neuronale, non sono differenti tra uomini e animali superiori, come scimmie e gatti. Tutti gli agenti cognitivi, animali e umani, condividono anche la capacità di richiamare dalla memoria i ricordi delle apprensioni, da usare per le decisioni motorie. Mentre però negli animali le apprensioni passate sono separatamente conservate nelle aree di memoria, ciascuna nel suo specifico codice e solo ai fini delle decisioni motorie future, negli esseri umani – e qui veniamo alla prima importante distinzione – le informazioni memorizzate nei loro pacchetti linguistici possono essere tradotte in un super-codice comune, così da essere confrontate ai fini del giudizio e delle altre attività specificatamente umane, come le arti e le scienze. Il giudizio non ha gli automatismi dell’apprensione. Esso consiste nel raffronto tra due o più apprensioni memorizzate, si prolunga su tempi oltre i 3 secondi ed è esclusivo dell’intelletto umano. L’eseguibilità del giudizio postula un soggetto cognitivo conscio della propria unità persistente nell’esplorazione diacronica dei pacchetti linguistici disponibili: così, mentre il susseguirsi di apprensioni, proprio anche della vita animale, si risolve in una successione di mere consapevolezze percettive, il giudizio meditato tra apprensioni passate postula quella facoltà propriamente umana che è l’auto-coscienza.

L’esecuzione di un giudizio avviene nell’auto-coscienza con la creazione di un nuovo modello su cui applicare formule di Bayes (inverse) create ex novo. Per es., quando ad un concerto ci soffermiamo su due brani distinti, la mente crea nuovi modelli ed algoritmi appropriati (due operazioni non algoritmiche) per confrontare ed armonizzare in un uno stesso giudizio le apprensioni provocate dall’ascolto dei brani. Anche gli animali (e i sistemi esperti in informatica) possono autonomamente applicare variazioni ad un algoritmo di Bayes pre-esistente, secondo una procedura adattativa. Ciò avviene però con un repertorio linguistico limitato e sempre apportando piccole variazioni così da evitare catastrofi, preservare la stabilità della struttura ed anche permettere ritirate tattiche con la variazione opposta. Invece la super-codifica simbolica nel giudizio di diverse apprensioni in memoria, codificate nei diversi linguaggi (letterario, musicale, plastico, ecc.), ripropone al soggetto umano ogni evento da vari punti di osservazione, causati da “salti” non algoritmici e potenzialmente infiniti. Arecchi chiama “creatività questa caratteristica umana.

Se intendiamo il termine “coscienza” come consapevolezza di un’apprensione specifica, magari seguita da una reazione motoria, la consapevolezza può manifestarsi – come ha mostrato Benjamin Libet nei suoi famosi esperimenti – in ritardo rispetto alla registrazione dei potenziali che stimolano i muscoli. Ma ciò non nega la libera volontà, perché negli uomini come negli animali la reazione motoria è in questi casi l’esito automatico d’un algoritmo bayesiano inscritto. Se invece “coscienza”, o meglio “auto-coscienza”, sta per la consapevolezza perdurante di un soggetto di essere l’agente di un giudizio tra più apprensioni passate dal cui confronto predire scenari futuri, allora il libero arbitrio dell’uomo è salvo perché il giudizio è prodotto da un salto tra un vecchio algoritmo ed uno creato ex novo. In particolare, una decisione etica richiede un tempo ben più lungo dell’apprensione e pertanto sfugge all’inversione dei tempi di Libet.

In conclusione, dopo “l’abisso cognitivo tra noi e le scimmie […], accaduto in un unico evento e non gradualmente”, ammesso dall’antropologo Ian Tattersall in un recente recente intervento; dopo le dichiarazioni del computer scientist Federico Faggin (creatore del primo microchip, 4004 Intel) per cui “il cervello umano è un grosso mistero […], qualcosa di magico. Tutta la nostra information technology è una stupidaggine in confronto” e l’auto-coscienza umana è “l’«elefante nella stanza», come si dice in inglese, cioè qualcosa che è impossibile non notare, ma che nessuno vuole riconoscere”, ora anche le neuroscienze confermano lo specifico antropico. È rimarchevole che antropologia, computer science e neuroscienze all’unisono identifichino nel linguaggio simbolico umano il punto di discontinuità biologica.

La scoperta scientifica della specificità antropica del simbolo conferma una lezione di Pavel Florenskij, in cui l’eroico sacerdote e scienziato (fucilato 75 anni fa in un gulag sovietico) negava il dualismo cartesiano e allo stesso tempo invitava a dare il giusto peso allo spirito e alla carne: “La dissoluzione del simbolo si verifica nell’idealismo come nel naturalismo: se dal simbolo si elimina l’involucro sensibile, si dissolve anche il suo contenuto spirituale ed il simbolo perde visibilità; al contrario, se si condensa l’involucro in un ordine sensibile al punto che quello spirituale diventi invisibile, l’involucro è impenetrabile allo spirito” (da “La concezione cristiana del mondo”. Lezioni all’Accademia Teologica di Mosca, 1921).

89 commenti a L’uomo, la discontinuità biologica e il libero arbitrio

  • G.T. ha detto:

    Secondo me è sbagliato presentare l’Uomo come un essere diverso e speciale… E’ un atteggiamento presuntuoso.
    Sono d’accordo con voi nel presentarlo come il risultato della natura e quindi di Dio.
    Mi dissocio invece da questa visione “homocentrica”, volta a dare un’egemonia culturale all’uomo investendolo di chissà quali poteri sul mondo.

    • Alèudin ha detto:

      Che l’uomo sia diverso e speciale è un dato di fatto facilmente osservabile, non lo diciamo noi, non serve la religione per accorgersene.

      Non ha senso dire migliore o peggiore degli altri esseri viventi in quanto a mio parere siamo gli unici a poter sbagliare.

      L’uomo deve custodire e coltivare il mondo, il creato e portarlo al Creatore.

      Quindi la visione antropocentrica ha senso in ottica di responsabilità non di sfruttamento, ha senso in relazione con il Creatore, quindi non più antropocentrica ma Teocentrica, quindi Padre(Creatore) Figlio(Umanità e creato) e Spirito Santo(Relazione).

    • Antonio72 ha detto:

      L’uomo è un essere speciale in quanto è l’unico animale a possedere un cervello cablato per sfruttare il linguaggio simbolico dalle potenzialità praticamente infinite, o cmq superiori e di gran lunga, a quelle di tutti gli altri animali, primati compresi. Infine, a proposito di cultura, l’uomo è l’unico animale culturale della Terra perchè si è affrancato dalle restrizioni delle necessità biologiche. L’uomo non mangia ma degusta, il suo sesso si fa erotismo, la sua sopravvivenza avventura e la noia divertimento. E la velocità evolutiva culturale sta a quella biologica come la ferrari sta al triciclo.
      E questa non è affatto presunzione, ma storia, antropologia e scienze in genere, incluse tutte le neuro+.

      • Giulio Quaresima ha detto:

        Sì, ma sono tutte differenze quantitative, non qualitative. O no?

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Un elettrone ha carica elettrica -1 e, un neutrone 0 e, un protone + 1 e. La loro differenza è qualitativa o quantitativa, Quaresima? Onestamente, io non capisco queste terminologie tanto care ai filosofi!
          Certo 2 protoni hanno una carica doppia di un solo protone, e quindi possiamo parlare di differenza di carica solo quantitativa. Ma tra un protone ed un elettrone?! Attrarsi piuttosto che respingersi è un fatto di qualità o di quantità?!
          E poi tra un protone ed un neutrone, tra 1 e 0, il rapporto non è infinito? Lei chiamerebbe questa differenza quantitativa o qualitativa?!
          Lo stesso vale tra il cervello di un uomo e quello di un animale superiore: il primo ha autocoscienza, il secondo no; il primo fa giudizi etici, estetici, ha una storia, un progresso tecnologico, ecc.; il secondo no. Il primo crea, attraverso il linguaggio simbolico, giudizi oltre ad apprensioni, il secondo non fa giudizi, ma ha solo apprensioni.
          1 a 0. La differenza la chiami come vuole, Quaresima. A me pare un abisso. Essere o non essere è solo un problema di quantità per Lei?

          • Giulio Quaresima ha detto:

            Eeeeeh, ma lei bara! Saltare dalle particelle elementari (o quasi) e un sistema ultra-complesso come un cervello!

            Anche io normalmente non ho molto care le fumose terminologie care a certa filosofia. Ma voglio spiegare questa terminologia nel mondo dei computer, che è quello che conosco meglio. La differenza tra una calcolatrice elettronica CASIO e un computer è qualitativa: il secondo è una macchina di Turing completa, il che significa che può essere programmata per elaborare qualsiasi algoritmo. Invece, la differenza tra un computer di 20 anni fa ed uno moderno è quantitativa, è più veloce, ha più memoria, periferiche più potenti, ma in definitiva fa le stesse cose, soltanto che le fa molto più velocemente.

            Venendo alla coscienza, io non credo che qui si dimostri, come dice lei, che l’uomo ha autocoscienza e l’animale no. Badi bene, anche io non posso dimostrare che l’animale abbia autocoscienza. In un altro articolo qui su UCCR, viene citato il filosofo McGinn: «Più guardiamo il cervello, tanto meno sembra un dispositivo per la creazione della coscienza. Forse i filosofi non saranno mai in grado di risolvere il mistero». E’ molto strano che qui si utilizzi una metodologia squisitamente riduzionista “(sonde, elettroencefalogrammi, risonanze magnetiche nucleari, ecc.)”, il che mi pare in aperto contrasto con l’altro articolo di Arecchi citato.

            • Giorgio Masiero ha detto:

              “Io non credo”, Lei dice, Quaresima “che qui si dimostri che l’uomo ha autocoscienza e l’animale no”. Nel mio commento c’è il link all’articolo di Arecchi: Lei l’ha letto? Se no, come fa a dire “Non credo”? se sì, dove, secondo Lei, Arecchi sbaglia nel dimostrare la differenza tra apprensione (una falcoltà di tutti, animali e uomini) e giudizio (una facoltà soltanto degli umani)?

              • Giulio Quaresima ha detto:

                Come poi dico anche sotto, secondo me sbaglia a dare per scontata la definizione stessa di autocoscienza.

      • G.T. ha detto:

        La tendenza a ricoprire la specie umana di tanti epiteti non fa altro socialmente che aumentarne l’egoismo. Nei periodi storici nei quali si è esaltata la virilità sono accadute le peggiori nefandezze: razzismo (ai danni delle etnie meno potenti), avversione ai deboli e soprattutto sopraffazione del Creato e delle creature…
        L’Uomo secondo me non è un essere qualitativamente superiore (come facciamo poi a parlare di qualità se siamo la specie meno obiettiva nel giudicare il proprio io personale, figuriamoci se dobbiamo disquisire sull’io umano, inteso come rappresentazione della nostra specie) ma un essere animale “quantitativa qualitas” cioè quantitativamente di qualità.
        Mi spiego la qualità umana esiste perché è una nostra facoltà definirla ma è basata (e falsata per ultima) sulla natura del cervello.

      • Giorgio Masiero ha detto:

        Questo è un articolo scientifico, G.T., non filosofico. Se osservo che gli uccelli volano e gli uomini no, e spiego che questa differenza è dovuta al fatto che i primi hanno le ali ed i secondi no, non faccio un inno agli uccelli né presento una concezione “ornitocentrica”. Dico semplicemente un fatto.
        Così, altrettanto, se le osservazioni neuroscientifiche di Arecchi mostrano che solo l’uomo esprime giudizi (etici, estetici, ecc.) e che questo è dovuto al fatto che solo l’encefalo umano
        1) ha la capacità di tradurre in uno stesso super-linguaggio le diverse apprensioni memorizzate
        2) possiede quello stato persistente di agente che chiamiamo “autocoscienza” e
        3) crea nuovi modelli e nuovi algoritmi di Bayes (anche questa una capacità solo umana),
        esprimo una teoria scientifica cui Lei può certamente opporsi, ma solo contrapponendo diverse osservazioni ed interpretazioni scientifiche.

        • G.T. ha detto:

          Ma voi parlate di discontinuità biologica e di salto qualitativo…
          L’uomo è diverso dagli altri animali per una conformazione celebrale molto sviluppata esattamente come la giraffa differisce dalle altre specie per il collo lungo.
          Affermare, come fate voi, che l’intelligenza sia una superiore rispetto ad “altre” capacità animali, magari più evolute rispetto a quello umane, è una valutazione di merito e non scientifica.

          • Giorgio Masiero ha detto:

            Con facoltà “superiori” dell’anima mi sono riferito, come è consuetudine classificatoria in psicologia e neuroscienze, a coscienza, autocoscienza, intelletto, ecc. rispetto a quelle puramente sensitive e percettive. E questa è una classificazione scientifica, riguardante le facoltà del cervello. Non ho certo inteso esprimere un giudizio di superiorità morale: su questo piano il confronto non sarebbe nemmeno possibile tra noi e gli animali. Noi abbiamo un’etica, loro no.

            • G.T. ha detto:

              I delfini, ad esempio, usano un sistema di comunicazione celebrali basato sugli ultrasuoni.
              Questa capacità è unica in natura. Cosa facciamo creiamo una qualità morale, nella quale i delfini sono i padroni del mare?
              L’antropologismo è sempre stato una giustificazione per consentire all’uomo di dominare il mondo, il che è contro una visione idealista (cristiana delle origini).

              • Giorgio Masiero ha detto:

                Ogni concezione, come la sua opposta, può essere usata per fini immorali. E’ un fatto, però, che solo l’uomo può fare il male o scegliere di fare il bene. Quindi, se io affermo questa specificità antropologica del libero arbitrio – ora anche col conforto scientifico – non è per allegerire l’uomo delle sue responsabilità, ma per affermare una verità. Da cui partire per assumermi le responsabilità conseguenti, senza scaricarle (come vorrebbero le favolette sui geni della bontà) sul mio Dna, o sulla società, ecc., o addirittura come vorrebbe il relativismo sull’inesistenza di una legge morale naturale.

                • G.T. ha detto:

                  L’uomo commette violenze perché ha “inventato” la società.
                  Sceglie è vero.
                  Ma è pur sempre un animale, ma non sempre le sue azioni sono riconducibili alla malvagità. A volte l’uomo è imprigionato nelle strutture che crea.
                  Diventa feroce.
                  Lo scopo del mondo è condurre l’uomo a Dio attraverso la sua logica.
                  Il male e il bene non sono enti, ma fasi subalterne di continui cambiamenti. Tutto è scandito a questo ritmo: l’uomo sciolto da Dio/ uomo, figlio di Dio.
                  “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” ha risuonato varie volte nelle epoche … Non solo Gesù lo pensò; ma l’umanità in vari periodi della storia si sentì abbandonata.
                  Il male rappresenta la “prova” nella storia. Non a caso in aramaico Satana significa avversario.
                  L’umanità non è mai stata libera di scegliere, ma ha affrontato sempre e comunque degli eventi ciclici di forza maggiore.
                  La libertà è una costruzione umana priva di senso, in quanto, iscritta in una visione di ampio respiro determinata sempre da Dio.
                  Esiste un concetto di “veicolazione” di opportunità personale, nella quale in un campo relativamente stretto possiamo fornire limitate risposte a nostra discrezione, dettati da vari paramenti storici (e quindi siamo condotti) ma anche genetici (fibre del nostro cervello, velocità di elaborazione, lucidità di analisi) e quindi scientifici. Ciò non si potrebbe chiamare libertà.

        • Giulio Quaresima ha detto:

          La scientificità si perde nel momento in cui si assume, a priori, che l’autocoscienza risieda in “quello stato persistente di agente”. A questo punto si entra nella filosofia.

          • Giorgio Masiero ha detto:

            Che cos’è, secondo Lei Quaresima, l’autocoscienza per le neuroscienze?

            • Giulio Quaresima ha detto:

              E’ questo il punto! Cosa sia l’autocoscienza, quel “sentire di esistere” è un mistero, non siamo in grado di definirlo. Il neuroscienziato arbitrariamente decide che questa risieda in un certo fenomeno che osserva. Ma non può certo dimostrarlo, perché è l’oggetto stesso a non avere una definizione chiara.

              • Giorgio Masiero ha detto:

                Quindi, secondo Lei, le neuroscienze (che hanno per oggetto la coscienza e l’autocoscienza) non sono scienze. E l’autocoscienza è un “mistero”… Non Le piace la filosofia, ma legge su questi temi i filosofi, piuttosto che gli scienziati. Ne ha tutto il diritto.

                • Giulio Quaresima ha detto:

                  Ero convinto che le neuroscienze avessero per oggetto il cervello e il suo funzionamento. Ma forse mi sono sbagliato.

                  • Giorgio Masiero ha detto:

                    Si è sbagliato, capita a tutti. Lo studio del cervello e delle sue funzioni è solo una parte delle neuroscienze (la neurofisiologia), ma il loro obiettivo principale è lo studio della mente e della coscienza. E sulla definizione di auto-coscienza, pur in una certa varietà d’interpretazioni (ma se è per questo anche la meccanica quantistica delle particelle elementari che, come Lei ben dice, si trovano all’opposto in termini di complessità rispetto all’encefalo, gode di diverse interpretazioni, che tuttavia non impediscono alla fisica di essere scienza), i neuroscienziati sono concordi.

    • Giulio Quaresima ha detto:

      Quotissimo!

    • Gab ha detto:

      Purtroppo ciò che dici è in parte vero. Esiste oggi (anche nella Chiesa) il culto dell’uomo a discapito del culto di Dio. Lo si vede in tante manifestazioni (anche nella liturgia moderna).

      Piuttosto comincerei a scrivere “uomo” senza la lettera maiuscola per dargli la giusta dimensione di creatura e non di Creatore (come oggi si pretende di fare: l’uomo “crea” questo e quest’altro… sigh!).

      • Giorgio Masiero ha detto:

        Sono d’accordo, ma aggiungo che – come in tutte le eresie – è da condannare anche la visione opposta che equipara l’uomo ad un animale, o peggio ad una macchina. Le ricerche neuroscientifiche che ho citato in questo articolo non dovrebbero secondo me allarmare i credenti (ma semmai gli atei che equiparano l’uomo ad un pezzo casuale di materia ed anche quelli che lo considerano un disturbo di Gaia): queste ricerche non deificano l’uomo, ma gli confermano il suo ruolo privilegiato di creatura nel creato, esattamente com’è nella Genesi.

        • G.T. ha detto:

          “privilegiato”
          Mi dissocio da questa sua interpretazione. Mi riconosco invece in S. Francesco d’Assisi che vedeva un mondo per tutti: animali, uomini, sole, luna, stella.
          Mi piace l’idea di un Dio umile che crea un uomo umile, lontano dal comando e dalla supremazia naturale… (che invece è una figura materialista)

          • Giulio Quaresima ha detto:

            Ha ragione, G.T.! Il materialismo e il positivismo hanno messo l’uomo al centro molto più di quanto la religione abbia mai fatto.

            • Giorgio Masiero ha detto:

              Che cosa intende, Quaresima, dicendo che “l’uomo è al centro”?

              • Giulio Quaresima ha detto:

                Non io, il positivismo aveva messo al centro l’uomo ritenendo che le potenzialità dell’uomo nella conoscenza della natura e nella sua capacità di controllo sulla stessa fossero potenzialmente infinite. Un ottimismo ovviamente comprensibile per l’epoca, ma che oggi deve essere riconsiderato.

                Ho letto alcuni libri, in passato, dei vari Dennet, Hofstadter, qui (UCCR) tanto criticati, ma devo dire che in questi ho trovato molta più attenzione nel non dare per scontati termini coscienza e autocoscienza, come se la loro definizione fosse chiara e pacifica.

                • Giorgio Masiero ha detto:

                  Lei continua a parlare di filosofia, anziché entrare nel merito dell’esperimento scientifico di Arecchi. L’accontenterò: dalla mia Weltanschauung, non c’è nessuna posizione che metta l’uomo più al centro dell’Universo di quella cristiana secondo cui siamo figli di Dio, e quindi tutti fratelli. E custodi (umili e rispettosi) della Natura, ma irriducibilmente distinti da essa nelle facoltà di volontà e di conoscenza, perché in questo “simili a Dio” (Genesi).

                • Falena-Verde ha detto:

                  Non riesco ad essere d’accordo.
                  Dennett separa le persone dalla realtà affermando che esse sono solamente un centro di gravità narrativa, ossia una finzione letteraria che nulla ha a che fare col corpo.
                  Non penso che Dennett metta al centro l’uomo. Lo dissolve.

            • Regons_00 ha detto:

              Lo hanno messo al centro per denigrarlo. Il positivista e il materialista segano il ramo su cui sono seduti perché per combattere l’uomo (la sua unicità) usano facoltà uniche, presenti solo nell’uomo. Due conclusioni: se hanno ragione, allora l’uomo è irriducibile, se hanno torto allora l’uomo è irriducibile.

        • Gab ha detto:

          Certo su quello non ci sono dubbi. L’uomo è stato creato con l’anima. Gli animali no. E’ l’uomo che ha ricevuto la responsabilità di governo sulle cose del mondo. Il problema è che lo fa dimenticandosi di affidarsi a Dio.

  • Antonio72 ha detto:

    Buongiorno professore,

    molto interessante come al solito il suo articolo.
    Tanto per rompere il ghiaccio, quando afferma che il punto di discontinuità tra la biologia e l’uomo è rintracciabile nel linguaggio simbolico, non si avvicina pericolosalmente alla teoria del filosofo Dennett, il quale sostiente che il sè, l’autocoscienza o l’io cartesiano, come le pare, non è altro che un centro di gravità narravita, ovvero pressappoco una favola ben raccontata, una sintesi mirabile di tutte le percezioni, memorie, ecc. di quel particolare organismo umano?
    E secondo Lei, anche se così fosse, siamo certi che questa filosofia si contrapponga alla stessa teologia tomista, nella quale come sappiamo il principio di individuazione è dato dalla materia?
    Detto in parole povere: Dio infonde l’anima razionale a tutti gli uomini, cioè la peculiarità umana intellettiva di sfruttare il linguaggio simbolico, e tutto il resto, compreso il sè o l’io, vengono dopo, ovvero sono prodotti da questa innata ed unica capacità umana su quel particolare individuo fatto di carne ed ossa, con le sue uniche esperienze e memorie.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Questo articolo, Antonio, intende soltanto evidenziare come le neuroscienze confermino la discontinuità antropologica e non neghino il libero arbitrio. E la cosa è tanto più importante perché la radice della specificità umana nel simbolo trova d’accordo neuroscienze, antropologia e computer science; cioè 3 scienze operanti in ambiti distinti!
      La fallacia del monismo (o idealista o naturalista) è stata da me dimostrata nel precedente articolo sull’anima. E tu hai già risposto per me alla tua domanda!
      In un prossimo articolo chiuderò questa trilogia sull’anima, interrogandomi sul suo destino.

      • Enzo Pennetta ha detto:

        Ciao Giorgio,
        il tuo articolo, come sempre chiaro e di alto livello, si inserisce in modo chiaro nella linea dell’affermazione di una differenza di qualità e non di grado tra Uomo e animale.
        La cosa come sai è indigesta a molti.
        Ma credo che dovranno rassegnarsi e cominciare a mandarla giù…

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Ti ringrazio. La cosa più divertente per me, nella discussione che ne è seguita, è che c’è chi contesta le conclusioni di Arecchi perché non è d’accordo sulla discontinuità antropica, MA ALLO STESSO TEMPO perché così l’uomo non sarebbe sufficientemente “al centro”!

  • Giulio Quaresima ha detto:

    Articolo interessantissimo.

  • luca ferrara ha detto:

    Articolo bellissimo…solo una piccola cosa vorrei aggiungere: gli ultimi studi su Cartesio stanno (ma ciò appare chiaro ad un lettore non superficiale delle Meditazioni)attenuando l’importanza che riveste la distinzione(non la separazione)tra corpo e anima nel pensiero del filosofo francese. Cartesio era cristiano: lui pensava ai noti passi evangelici dove si dichiarava la distinzione tra corpo e anima (abbiate paura di chi può uccidere l’anima e non il corpo, diceva Gesù). Il dualismo cartesiano è una forzatura illuministica.

  • Alberto Dellepiane ha detto:

    Quindi possiamo anche dire che non vedere la superiorità dell’uomo sugli altri animali è un altro esempio di “elefante nella stanza” , se ho capito bene. Scusate ma ho una formazione più umanistica che scientifica, ciò nonostante anch’io trovo questo articolo molto interessante. Eppure sono in molti a considerare l’uomo come un animale un po’ più evoluto. Credo che uno dei capofila di questa corrente di pensiero sia il prof. Veronesi, che non perde occasione di proclamare questa idea ad ogni piè sospinto.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Sul piano filosofico, la concezione di Veronesi (e di tutti i naturalisti, i positivisti, gli idealisti, ecc. che postano anche i loro commenti qui) è legittima, per carità. Ciò che non è accettabile è quando vogliono accampare di dedurre le loro concezioni dalla SCIENZA. No, la scienza seria è un’altra cosa, e riguarda le proposizioni che sono supportate dalle osservazioni sperimentali, non dai pii desideri. Così, sulla differenza tra uomo e animale, abbiamo almeno 3 scienze (antropologia, computer scienze e neuroscienze) che in contemporanea affermano la discontinuità tra uomo ed animale e, ciò che è ancora più importante secondo me, individuano nella stessa facoltà (il simbolo) questa differenza irriducibile.

  • Antonio72 ha detto:

    Tuttavia professore, secondo me c’è un’altra differenza tra gli animali, o almeno la maggior parte degli animali, e l’uomo. Le percezioni umane sono multiple e seguono un percorso parallelo, come anche le risposte motorie, spesso coordinate tra loro. Ma queste risposte, come ben sanno gli sportivi o gli artisti, quando sono ben collaudate si configurano come automatismi del tutto inconsci. Eppure questi derivano sempre da un percorso di attività cosciente, più o meno lungo. Quando s’impara a suonare il pianoforte si acquisiscono informazioni e nozioni di vario genere, teoriche e pratiche, di cui ovviamente si ha coscienza e che restano archiviate in memoria indelebilmente, salvo patologie. Ma una volta che il meccanismo è oliato, il pianista è in grado di suonare anche ad occhi chiusi, proprio perchè ha acquisito inconsciamente quel particolare processo di suonare il pianoforte, senza “pensare” alla teoria. Anzi è indispensabile che non ci pensi, perché se ci pensa significa che è un pessimo pianista o un novellino.
    Cioè, a differenza degli animali, l’uomo mediante il lavoro e l’impegno coscienti, può affinare le proprie capacità inconsce ed automatiche, abilità artistiche e altro. Allora è proprio il contrario di quanto qualcuno crede: è l’attività umana conscia, ovvero consapevole, ad influenzare quella inconscia, molto più del suo contrario. Se un maestro di musica assiste ad un concerto saprà ascoltare la musica a differenza di un profano, tanto che non potrà sfuggirgli nemmeno una nota. Lo studio cosciente ha plasmato il suo cervello per suonare ed ascoltare musica. Non è una sciocchezza filosofica, mi pare che abbiano eseguiti anche degli esperimenti scientifici, nei quali hanno rilevato un’empatia straordinaria tra l’artista che si esibisce ed il suo collega che assiste allo spettacolo, cosa che non avviene mai con il profano (le rispettive attività neurali sono diversissime). E la cosa vale anche nella scienza, o meglio per l’intuizione e la creatività dello scienziato. Forse però c’è una differenza. Quando non ci si produce direttamente nell’interpretazione artistica, scattano di più i meccanismi coscienti teorici e dunque la critica, rispetto a quando ci si esibisce, dato che c’è più partecipazione emotiva, o se vogliamo del cuore, ciò che viene definita personalità. Per questo molti dicono, per esempio in letteratura, che chi non scrive fa il critico. Per quanto riguarda gli aspetti decisionali e quindi il libero arbitrio, sappiamo che esso non può esercitarsi mediante la pura razionalità da altri esperimenti neuroscientifici. Un paziente affetto da una patologia subcorticale con lesioni ai centri emozionali (mi pare l’amigdala), è costretto ad analizzare qualsiasi problema esclusivamente a livello razionale. In questi casi anche una modesta decisione, tipo fissare un appuntamento sull’agenda, diviene un problema insormontabile! Figuriamoci decisioni più complesse come per esempio scegliere il modello di un automobile. Manca a questi personaggi la capacità intuitiva che a livello evolutivo rappresenta una scorciatoia per arrivare in tempi ragionevoli alla decisione finale. E si è scoperto che statisticamente gli atti decisionali derivati dal contributo frammisto di ragione ed emozione scelgono per il meglio. Ora, non voglio così sminuire il libero arbitrio umano, ma riportarlo nella giusta prospettiva scientifica. Questo mi ricorda un passo di un romanzo di Dostoevskij, forse L’Idiota, in cui il romanziere russo afferma senza mezzi termini che vi è ancora una differenza tra l’ateo ed il credente anche nel caso di omicidio o altro crimine. Forse voleva dire che il credente è più giustificato dell’ateo anche quando commette crimini atroci? Non mi pare che lo dica apertamente, ma credo che lo pensasse.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Quello che tu dici, Antonio, è vero; ma non è un “altro” elemento di distinzione tra l’uomo e gli animali superiori, ma sempre lo stesso elemento: la facoltà non solo di adattare (con l’esperienza di nuove apprensioni) algoritmi di Bayes innati di origine ancestrale, ma di creare “autocoscientemente” ex novo algoritmi di Bayes e nuovi modelli interpretativi, con cui esprimere i giudizi. E’ ovvio che poi, anche questi nuovi algoritmi si sedimentano col tempo e con l’esercizio, fino a diventare aspetti dell’inconscio.
      Insomma tutto ciò che tu descrivi in 31 righe entra scientificamente sempre nelle stesse 3 facoltà specificatamente umane: 1) super-linguaggio unificante nel simbolo delle diverse apprensioni, 2) autocoscienza, 3) creatività non adattativa di nuovi algoritmi e modelli.

  • alessandro pendesini ha detto:

    …”Quella facoltà propriamente umana che è l’auto-coscienza”…
    —Spiacente di dovere dire che l’auto-coscienza NON è una facoltà che si limita alla specie umana ! Molti animali ne sono dotati, non solo, ma anche capaci di creatività (intesa come astrazione o immaginazione mentale), pur considerando che l’encefalo umano è dotato di caratteristiche cognitive superiori a qualsiasi altro animale.

    …”l’abisso cognitivo tra noi e le scimmie (..) accaduto IN UN UNICO EVENTO E NON GRADUALMENTE” ammesso dall’antropologo Jan Tattersal, E’ SEMPLICEMENTE INFONDATO, NON-SCIENTIFICO !
    —Mi sia concesso di aggiungere che finora nessuno ha potuto dimostrare l’esistenza di un dualismo cerebrale, anzi….E neppure la prova dell’esistenza dell’anima ! Aspetto una dimostrazione scientifica sia dell’esistenza dell’anima, sia di un (ipotetico) dualismo cerebrale !
    La balle est dans votre camp ! J’attend avec impatience vos réponses….

    • Gab ha detto:

      Ma non diciamo balle. L’animale non ha coscienza di sé. Non è mai stato provato scientificamente. E’ invece stato provato il contrario. L’animale reagisce tramite i meccanismi di “coping” che sono comportamente selezionati adattativi. Agiscono come programmi “predefiniti”. In ogni situazione è possibile prevederli.

      La coscienza di sé ad oggi è solo una specifica dell’uomo.

      Evitiamo di divulgare sciocchezze non provate.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Perché si scalda tanto, Pendesini? Mica siamo allo stadio o ad una competizione politica, giusto?, ma in un’arena scientifica dove tutti siamo interessati alla verità, solo alla verità, senza prevenzioni!
      Dunque, io ho riportato le conclusioni di un articolo di Tito Arecchi, che è professore di fisica all’università di Firenze ed è stato per 25 anni Presidente dell’Istituto nazionale di Ottica; di Ian Tattersal, che è professore di antropologia alla Columbia University ed è Direttore della divisione antropologica dell’American Museum of Natural History di New York; e di Umberto Faggin, che è uno dei più grandi computer scientist viventi, così da essere insignito da Obama nel 2010 della National medal of technology and innovation.
      Io non sono un esperto di queste 3 scienze e mi sono limitato a divulgare il loro pensiero riguardo alla specificità umana del simbolo. Se a Lei, come ricercatore di queste o di altre discipline scientifiche, risulta che questi tre scienziati abbiano commesso degli errori nei loro esperimenti o nelle loro interpretazioni di essi, gli scriva o pubblichi un articolo peer review… ed io Le prometto che lo recensirò senza censure!

      • alessandro pendesini ha detto:

        @Giorgio Masiero: Il mio commento si riferisce quello che Lei ha scritto ! Vorrei chiederle : Se la coscienza è unica e indivisibile e che non “emerge” (*) dalla materia altamente organizzata”, come spiega che in casi di rescissione del corpo calloso (callosotomia – split brain) cioè dopo la separazione dei due emisferi, si ottengono DUE COSCIENZE IN UN SOLO CRANIO ??? Grazie per la risposta
        (* Preciso che la coscienza “E’”, NON emerge !)

        • Giorgio Masiero ha detto:

          E’ lo stesso Pendesini, o un suo omonimo? Se Lei non si ricorda quello che ha scritto, può sempre rileggere i Suoi commento!
          Lei, Pendesini, attribuendo l’auto-coscienza anche agli animali, ha smentito non me, ma Arecchi. Quindi corregga Arecchi, se ne ha la possibilità in campo neuroscientifico.
          Lei, contestando le parole di Tattersal ”l’abisso cognitivo tra noi e le scimmie ecc.”, ha criticato Tattersal, non me. Quindi corregga Tattersal, se ne ha la possibilità in campo antropologico e paleontologico.
          Infine Lei mi attribuisce la credenza scientifica in un dualismo cerebrale e in un’anima umana separata dal corpo: ma io non ho mai detto questo! Posso chiederLe se ha letto il mio articolo https://www.uccronline.it/2012/09/25/perche-mente-e-coscienza-non-sono-un-epifenomeno/ ?

          • alessandro pendesini ha detto:

            …Lei mi attribuisce la credenza scientifica in un dualismo cerebrela e in un anima separata dal corpo : ma io non ho mai detto questo….
            @Giorgio Masiero
            O.K. –Posso allora chederle se ritiene possibile che l’anima -o coscienza- puo’ esistere senza la materia altamente organizzata del nostro encefalo ?
            PS Le persone da Lei citate nel suo articolo, mi sono completamente sconosciute ! Se l’occasione dovesse presentarsi non manchero’ comunque di postare commenti che ritengo pertinenti in contrasto con le loro affermazioni.

            • Giorgio Masiero ha detto:

              Alla Sua domanda Le risponderò come Tommaso d’Aquino: NO. E se avesse letto con attenzione la conclusione di questo articolo e le parole di Florenskij contro il dualismo cartesiano tra spirito e carne, o il mio precedente articolo sull’anima, il cui link è nel mio post delle 15.20, Lei si sarebbe risparmiato di farmela.
              Alla Sua non conoscenza di Arecchi, Tattersall e Faggin può rimediare con Google: nessuno di noi è tenuto a conoscere tutti.

              • alessandro pendesini ha detto:

                @Giorgio Masiero
                La ringrazio per la risposta.
                Dunque, se non vado errato, possiamo dedurre che quando i nuclei neurali che permettono la coscienza cessano di vivere (morte clinica) la coscienza cessa di esistere ?
                In altre parole : non siamo degli esseri pensanti limitati o influenzati dalla loro biologia, ma siamo esseri dotati di una funzione biologica che ci permette di pensare ?
                Lei è daccordo su questo ?
                Grazie per la risposta

                • Giorgio Masiero ha detto:

                  Dal punto di vista scientifico concordo: non ho mai incontrato un essere pensante privo di cervello; né un morto che parli.

                • Giorgio Masiero ha detto:

                  Sono d’accordo sul piano scientifico. Non ho mai osservato esseri pensanti senza cervello, né morti che parlano.

  • Leon ha detto:

    Lei non sa Masiero quanto la ringrazio di aver scritto e messo questo articolo,denunciando anche le persuasioni ingannevoli e retoriche dei sofismi.

    Per es.

    Infatti noi non possiamo dire che una qualche molecola “è l’amore” perchè difficilmente noi sappiamo cosa significhi,nel suo senso più profondo.L’è in senso logico è difficile da capire,non conosciamo a fondo l’essenza di un termine,come diceva anche D’Aquino.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Grazie a Lei, Leon: Lei non sa quanto le Sue parole mi confortino nel mio lavoro!

  • Wil ha detto:

    Se non sei d’accordo, Pendesini, con l’antropologo Tattersal, dicci “dove” ha fatto l’errore. Se non sei d’accordo con il fisico Faggin, dicci dove ha sbagliato. Hai il paper di Arecchi: dicci dove il neuroscienziato ha preso una cantonata. Altrimenti, sul piano scientifico, taci. Perche’ la tua filosofia la conosciamo gia’.

    • alessandro pendesini ha detto:

      @Wil : eccola servita !
      Solo qualche esempio per non monopolizzare il sito :
      Nell’agnosia visiva un paziente agnosico non riconosce un mazzo di chiavi che gli si presentano, ma le identifica immediatamente se le prende in mano o se le sente squillare !
      Esistono molti tipi di sottocategorie di agnosia, come l’impossibilità di identificare i colori (daltonismo), perdita della percezione del movimento (acinesia), l’incapacità di riconoscere i volti (prosopagnosia) e la sindrome Capgras in cui il paziente è convintissimo che alcuni dei suoi parenti, o amici ecc..,sono stati sostituiti da sconosciuti che si sono infiltrati nei loro corpi ! Ma anche : certe lesioni situate in piccoli nuclei intralaminari o in altre parti del tronco encefalico, possono abolire completamente la coscienza. Le vittime di tali lesioni sono completamente incapaci di rispondere a qualsiasi sorta di stimolo, e non mostrano nessun segno di vita mentale ! Lei, sig.Wil, come spiega questi fenomeni se la coscienza -come Lei e non solo crede- è un’entità separata dal corpo ? Grazie per la risposta

    • Wil ha detto:

      Io, Pendesini, ti avevo chiesto di dirmi “dove” (cioè in quale passaggio del suo esperimento o dell’interpretazione del suo esperimento) Arecchi ha sbagliato, non di dirmi le tue concezioni filosofiche che conosciamo tutti!
      Insomma, da te mi aspetterei una critica scientifica puntuale, da scienziato verso un altro scienziato, come faceva Einstein con Bohr, per esempio.

  • Gab ha detto:

    A proposito di genere umano. Sono piuttosto demoralizzato da queste ultime elezioni USA. Con la vittoria di Obama si è dato il via alle nozze gay in altri stati, per non perlare della legalizzazione dell’uso della cannabis.

    L’opera del demonio continua inarrestabile per distruggere il genere umano. La resistenza non sarà vana. Dio arriverà a consolare gli afflitti.

  • luca ferrara ha detto:

    Ho dato uno sguardo agli alti articoli del dott. Masiero: sono veramente notevoli….
    Complimenti sinceri…!

  • Antonio72 ha detto:

    Pendesini pare che si faccia le domande e si risponda da solo. Il professore ed altri continuano a ribadire che l’essenza umana è costituita dal sinolo di forma e materia, secondo la filosofia tomista, ed il nostro continua imperterrito a criticare la filosofia neoplatonica, quella che afferma che l’anima va a spasso su una biga indecisa. Inoltre per il solito signore esisterebbe solo il dualismo cartesiano: lo vada a raccontare al neuroscienziato B. Libet che si dichiara dualista, non cartesiano!
    Vorrei ricordare a pendesini che ci sono persone che vivono con un solo encefalo a seguito dell’asportazione chirurgica in tenera età e riescono a condurre una vita normale. Secondo invece il pendesini pensiero questi dovrebbero avere metà coscienza o personalità, ovvero essere metà uomini. E nemmeno i pazienti con split brain perdono la propria identità (sanno di essere una singola persona); piuttosto in determinate circostanze verificano alcune incongruenze. Il signor Rossi con cervello diviso resta sempre il signor Rossi e non diventa il signor Bianco o Rosso a seconda di come giri la testa.
    Per fortuna il cervello umano non è così rigido come il nostro pseudoscienziato e pseudofilosofo. Inoltre nessuno sa come si organizzi la materia affinchè si abbia la coscienza, neanche la scienza. C’è un abisso tra la materia inerte e quella biologica, inspiegabile ed incolmabile.
    Altrimenti avremmo già realizzato automi dotati di coscienza anche su supporti artificiali non biologici. Cosa che non risulta. Allora alla domanda perchè io abbia coscienza ed il mio pc no, pendesini risponde con la complessità della materia. Il fatto è cosa significhi a livello scientifico la parola “complessità”. Mi risulta che esistano fenomeni complessi ma privi di coscienza. Come la mettiamo in questi casi? O forse crede con Hofstadter che anche uno sciacquone guasto potrebbe diventare cosciente o una serie di barattoli di birra che sbattono tra di loro?
    Pendesini al pensiero della mucca viola sostituisce il pacchetto neurale XYZ che interagisce con quello ABC, aumentando l’attività elettrica ed il flusso sanguigno. Nessuno nega che nel cervello la scienza abbia potuto rilevare tutte queste molteplici attività fisico-chimiche-elettriche, ma purtroppo non ha mai potuto trovare nessuna mucca viola, come nessuna sede (tipo la ghiandola pineale cartesiana) della coscienza o dell’io. Tutti hanno esperienza di una coscienza unitaria e continua, mentre nessuno ha esperienza dell’attività neurale, parziale o modulare e discontinua.

    • Giulio Quaresima ha detto:

      Quoto l’ultimo suo paragrafo, che mi sembra in linea con le obiezioni che facevo sopra.

    • Falena-Verde ha detto:

      “Pendesini pare che si faccia le domande e si risponda da solo. Il professore ed altri continuano a ribadire che l’essenza umana è costituita dal sinolo di forma e materia, secondo la filosofia tomista, ed il nostro continua imperterrito a criticare la filosofia neoplatonica, quella che afferma che l’anima va a spasso su una biga indecisa. Inoltre per il solito signore esisterebbe solo il dualismo cartesiano: lo vada a raccontare al neuroscienziato B. Libet che si dichiara dualista, non cartesiano!”

      Ha ragione, signor Antonio. Purtroppo molta gente preferisce pre-fabbricare il pensiero altrui (inquadrando, ad esempio, ogni forma di non-riduzionismo come un dualismo cartesiano) in modo da smontarlo facilmente. Così si sentono forti e felici.

    • alessandro pendesini ha detto:

      …E chi sostiene che il cervello sia intelligente o abbia coscienza di alcunch’è ? E’ l’uomo ad essere intelligente e ad avere coscienza….
      @Antonio 72
      Questo è un suo commento di qualche giorno fa ! Si trova attualmente (tradotto in farncese ed inglese) nella “grille” degli studenti in medicina dell’ULB -Bruxelles ! La invito a leggere le risposte a Bruxelles, e magari commentare agli studenti e docenti questo suo pertinentissimo commento……
      Dimenticavo : Professor Antonio 72 la ringrazio per avermi insegnato che alcune persone nascono e/o vivono con un mezzo emisfero cerebrale !……

      • Falena-Verde ha detto:

        Mi scusi, ma Lei che professione svolge all’Université Libre de Bruxelles? E dove possiamo trovare queste “grille”, in modo da poterle commentare? E dove sono le risposte che ci invita a leggere?
        Spero di non sembrarle indiscreto.

      • Antonio72 ha detto:

        Non con un mezzo emisfero, ma con un emisfero intero, visto che il cervello è composto evidentemente da due emisferi. Non mi metta in tastiera cose che non ho mai digitato. Inoltre la prego, se non altro per correttezza etica, di non forzarmi a partecipare a blog o forum che non conosco né m’interessano, facendo il copia-incolla di qualsiasi mio commento. Detto in parole povere: non ha la mia autorizzazione a farlo. Allora si ricordi che facendolo commette un abuso. Io non sono un personaggio pubblico, né un professore, ma un privato cittadino che si confronta con altri privati cittadini, per lo più italiani, e dove più mi aggrada.

        • alessandro pendesini ha detto:

          @Antonio72 Le faccio notare che l’UCCR non è un blog privato, ma pubblico ! Diffondere dei commenti copiati su un blog pubblico non è reato !

          NB Per sua informazione : con diversi collaboratori e amici stiamo scrivendo un libro che contiene articoli e commenti -copiati in certi blog, giornali ecc…- che riteniamo infondati o assurdi ! Mi dispiace che per i suoi mi devo limitare ad “Antonio 72” come autore, (degli Antonio ce ne sono milioni al mondo) preferirei mettere il suo vero nome e cognome, ma lei da buon prudente, ha scielto l’anonimato ! Se per caso cambiasse idea me lo faccia sapere…. Inoltre mi dovrebbe spiegare di cosa si lamenta se i suoi commenti (e non solo) -senza che lei spenda un centesimo- vengono letti da stranieri ! Dov’è il problema ?

          • Falena-Verde ha detto:

            La sua è pura strategia.
            Spera che, per timore di non essere denigrati, noi non le rispondiamo più. In questo modo crede di poter vincere il confronto.
            Inoltre, da quel che vedo, spero che non le dispiaccia se io pubblico alla statale di Milano i suoi scritti, a causa della sua assurda grammatica. Posso farlo. Me ne ha appena dato l’autorizzazione. Facciamo così, la chiamo “AP” nel mio libro (resta, così, anonimo) e mi limito a fornire l’indirizzo web su cui trovare i suoi commenti, almeno per permettere di verificare la fonte. In questo modo, lei sarà identificabile, come lo sono io (basta che scrivo il mio nome e il mio cognome sul mio blog). A questo punto scatta la diffamazione. Lo stesso vale per lei, visto che lei, volendo pubblicare solo commenti “ridicoli”, non fa altro che diffamare chi (con nome e cognome) li scrive. A questo punto se la dovrà vedere con me.
            Io continuo, intanto, a chiederle che professione faccia alla ULB, visto che non risulta né tra i docenti, né tra i collaboratori. Sa, non vorrei che il suo fosse fumo. Attendo la risposta, se non qui, su un altro articolo.

            P.S.
            Conosco l’editoria. Spera davvero che un “libro” come il suo venga pubblicato? Un best seller tipo Harry Potter?
            Ma chi vuole prendere in giro? Se stesso?

          • Falena-Verde ha detto:

            P.S. 2
            Temo che lei stia inventando tutto per evitare il confronto con Antonio. E temo che la prossima volta lei rimetta in bocca a noi il dualismo cartesiano.

  • Vronskij ha detto:

    Ti saluto professore, da tempo che non parliamo. Come va?, la vita dico, perché vedo che gli articoli vanno bene, a gonfie vele.
    Avevo una domanda da fare, credo importante per un credente nel al di là. Volevo una risposta soltanto da te, e non da altri. Come si fa dire decisamente NO al dualismo cartesiano spirito-carne come Tommaso d’Aquino, e nello stesso tempo essere sicuro nell’esistenza del mondo spirituale? Se dopo la morte lo spirito di una persona continua a vivere in un’altra dimensione (non fisica, corporale), mi sembra logico che lo stesso spirito ha vissuto, in relazione (secondo il caso in conflitto o in armonia) con il corpo, nella vita terrestre. Se accettiamo vero il fatto di apparizione di Padre Pio, e non un allucinazione, mi sembra logico che l’uomo vive contemporaneamente nelle due dimensioni, spirituale e terrestre. E un’altra cosa quanto si rende conto di questo fatto, e perché non si renda conto.

    • Falena-Verde ha detto:

      Ciao Vronskij. Perdonami, ma non capisco di quale apparizione di Padre Pio tu stia parlando. Purtroppo è un limite mio, perché non conosco benissimo le vite dei santi.

      • Vronskij ha detto:

        Eh, lo sapevo che cominciano le storie divertenti.

        Secondo me a te Falena ti va bene di provare di fare il santo, e non di studiare la loro vita. Non perdere il tempo invano.

    • Antonio72 ha detto:

      @Vronskij

      Spiacente ma il cattolico crede nella resurrezione dei corpi e non degli spiriti. Trattasi evidentemente di corpo celesti ed incorruttibili. Questo non significa che il cattolico non creda negli angeli, costituiti da forme pure. Ma gli angeli restano angeli ed i corpi restano corpi.

      • Antonio72 ha detto:

        Cmq bentornato, caro Vronskij.

        Gli articoli del professore sono sempre gettonatissimi, per merito ovviamente del professore, e non degli argomenti trattati, spesso ardui ed impegnativi. Soprattutto quando snocciolano formule matematiche varie, anche se per questa volta l’abbiamo scampata per un pelo.

        PS
        Spero che non ti metti a tradurre anche te qualche commento qui presente, in russo.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Bentornato a te, Vronskij!
      Il cattolico, come l’ebreo (“Ma di nuovo vivranno i tuoi morti, risorgeranno i loro cadaveri”, Isaia), crede nella resurrezione dei corpi, non degli spiriti! Al credo domenicale recito: “Credo nella resurrezione della carne, nella vita eterna. Amen”.
      E la chiesa ortodossa di Santa Madre Russia in che cosa crede, Vronskij?

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Bentornato Vronskij!
      Un cattolico non crede nella resurrezione degli spiriti, ma dei corpi: “Credo nella resurrezione della carne, nella vita eterna. Amen”.
      E la Chiesa Ortodossa di Santa Madre Russia in che cosa crede?

  • Mum ha detto:

    Probabilmente è corretto dire che c’è un abisso cognitivo tra noi e le scimmie, ma questo non significa che non ci sia una perfetta linea di continuità tra noi e loro. Non si può in assoluto affermare che una scimmia, qualora si trovasse in determinate condizioni ambientali per un lasso di tempo sufficientemente lungo, non possa sviluppare le nostre stesse capacità cognitive. Siamo tutti figli di una stessa madre, semplicemente ci sono animali più evoluti ed animali meno evoluti. Certi tentativi di sottolineare la specificità umana a discapito di quella animale lasciano il tempo che trovano, perchè sono sempre più numerosi gli studi che dimostrano che tale continuità esiste, l’ultimo tra questi quello che spiega che condividiamo l’origine delle nostre abilità matematiche con gli animali, con la differnza che noi, grazie soprattutto allo sviluppo del linguaggio, siamo riusciti ad elaborare prima le procedure formali e poi i concetti matematici astratti.
    http://www.pnas.org/content/early/2012/10/17/1207212109

    • Antonio72 ha detto:

      @Mum

      E da cosa deduce che la scimmia non si sia trovata nelle stesse determinate condizioni ambientali della linea filogenetica che ha prodotto l’Homo Sapiens? D’altronde il tempo dal presunto progenitore comune dovrebbe essere identico e l’ambiente terrestre dell’uomo non è così elitario rispetto a quello della scimmia, visto che le scimmie vivono dappertutto e non solo nella profonda jungla (un branco di scimmie può tenere a bada qualsiasi grosso predatore mammifero, non si preoccupi).
      A meno che per “condizioni ambientali” non intende i particolari rapporti sociali che si sono instaurati nella sola specie umana. Ma allora non si avrebbe più una scimmia, ma già un individuo appartenente alla specie umana.
      Infine, forse ha dimenticato il punto dell’articolo che le interessava, ma le rinfresco subito la memoria. Si dice chiaro e tondo: che le scienze identificano il punto di discontinuità biologica nel linguaggio simbolico umano (come vede si sottolinea “umano”).
      Per tutto il resto nessuno nega la continuità, come nessuno ha prove scientifiche per sostenere il contrario. Per quanto mi riguarda non mi meraviglio affatto che un cavallo possa fare due più due battendo gli zoccoli o nitrendo, purchè riceva il suo buon zuccherino come premio.

  • harryburns ha detto:

    che siamo tutti figli di una stessa madre è tutto da dimostrare…prove di salti da una specie all’altra finora non ne ho visti…

  • Giorgio Masiero ha detto:

    @ Mum
    Verrà un tempo, prediceva Chesterton un secolo fa, in cui si sarà contestati per aver detto che l’erba è verde! Quanta fatica, da parte Sua, Mum, ad ammettere che c’è un abisso cognitivo tra noi e le scimmie! Ma questo è semplicemente un fatto certo, non “probabile”, se solo non ci facciamo soffocare ideologicamente dai nostri pregiudizi e, invece, essendo onestamente motivati dalla ricerca della verità, adattiamo piuttosto i nostri pregiudizi ai fatti…
    Se Tattersall si fosse limitato a dire che c’è un abisso cognitivo, avrebbe detto un’ovvietà! Ciò che invece Tattersall ha detto, e che a Lei è forse sfuggito, è un’altra cosa: ed è che questo abisso cognitivo è accaduto “in un unico evento e non gradualmente”. Quindi quando Lei afferma il contrario di Tattersall (e anche di Arecchi) e parla invece di “perfetta linea di continuità” con le scimmie, dovrebbe scientificamente spiegarci dove secondo Lei essi hanno sbagliato nell’interpretazione delle loro evidenze sperimentali, paleontologiche e neuroscientifiche. Citare uno studio del PNAS che, mentre ribadisce che solo gli umani hanno il linguaggio simbolico (esattamente il punto di discontinuità ribadito da Tattersall e Arecchi!), conferma solo che le scimmie senza saper contare distinguono un cespo di poche banane da uno più grosso, o che gli asini distinguono un mucchio grande di fieno da uno piccolo, e che (ciò che ogni maestra d’asilo sa) la rappresentazione qualitativa ed approssimata di insiemi a diversa cardinalità o di aree di diversa estensione contribuisce al passaggio ai concetti astratti dell’aritmetica e della geometria, non Le sembra un autogol?
    Il problema è proprio questo, Mum: come spiegare l’improvviso salto al simbolo che accade in un bambino, e solo in un cucciolo umano, quando passa dall’apprensione di 3 caramelle al concetto del numero 3.
    Infine mi chiedo perché ci sia questa avversione da parte di persone che hanno la Sua concezione filosofica verso la discontinuità e questa ossessiva predilezione (anche contro l’evidenza) per la continuità biologica: teme forse che parlando di “salto” tra noi e gli animali io voglia scientificamente invocare l’intervento d’un Creatore? Assolutamente no. Quando faccio scienza io non posso usare questa scorciatoia! D’altra parte, da fisico, osservo che il mondo è pieno di discontinuità e che anzi i fenomeni più interessanti intervengono proprio su quei bordi! Un esempio? Le transizioni di fase! Abbassando lentamente la temperatura dell’acqua, improvvisamente a 0° C interviene un cambio di fase: le goccioline si trasformano in fiocchi di neve dalle infinite forme, geometricamente regolari, con l’esagono come tema costante. Non accade che l’acqua ghiacci con gradualità, con continuità all’abbassarsi della temperatura! No, improvvisamente, a 0° scatta il salto. Altre sostanze assumono nei cambi di fase altre geometrie (prismi, romboedri, ecc.), esibenti un ordine bellissimo. Altri fenomeni fisici spettacolari di discontinuità (da cui emergono a livello macroscopico simmetrie stupende) sono la superconduttività, la superfluidità, i cristalli liquidi, l’antiferromagnetismo, la ferroelettricità, ecc. La fisica nega queste discontinuità per motivi filosofici, mettendo la testa sotto la sabbia? Oppure spiega forse queste discontinuità con l’intervento di Dio? Assolutamente no: le spiega con leggi di Natura. Così, credo, si dovrebbe fare anche in biologia, per spiegare la discontinuità tra la non vita di un sasso e la vita d’un batterio, o per la discontinuità del linguaggio simbolico tra un uomo ed un animale, senza farsi vincolare a priori dalle proprie Weltanschauung (e senza la superbia di nascondere la propria ignoranza invocando il Caso e il multiverso).

  • Giorgio Masiero ha detto:

    @ Mum
    Verrà un tempo, prediceva Chesterton un secolo fa, in cui si sarà contestati per aver detto che l’erba è verde! Quanta fatica, da parte Sua, Mum, ad ammettere che c’è un abisso cognitivo tra noi e le scimmie! Ma questo è semplicemente un fatto certo, non “probabile”, se solo non ci facciamo soffocare ideologicamente dai nostri pregiudizi e, invece, essendo onestamente motivati dalla ricerca della verità, adattiamo piuttosto i nostri pregiudizi ai fatti…
    Se Tattersall si fosse limitato a dire che c’è un abisso cognitivo, avrebbe detto un’ovvietà! Ciò che invece Tattersall ha detto, e che a Lei è forse sfuggito, è un’altra cosa: ed è che questo abisso cognitivo è accaduto “in un unico evento e non gradualmente”. Quindi quando Lei afferma il contrario di Tattersall (e anche di Arecchi) e parla invece di “perfetta linea di continuità” con le scimmie, dovrebbe scientificamente spiegarci dove secondo Lei essi hanno sbagliato nell’interpretazione delle loro evidenze sperimentali, paleontologiche e neuroscientifiche. Citare uno studio del PNAS che, mentre ribadisce che solo gli umani hanno il linguaggio simbolico (esattamente il punto di discontinuità ribadito da Tattersall e Arecchi!), conferma solo che le scimmie senza saper contare distinguono un cespo di poche banane da uno più grosso, o che gli asini distinguono un mucchio grande di fieno da uno piccolo, e che (ciò che ogni maestra d’asilo sa) la rappresentazione qualitativa ed approssimata di insiemi a diversa cardinalità o di aree di diversa estensione contribuisce al passaggio ai concetti astratti dell’aritmetica e della geometria, non Le sembra un autogol?
    Il problema è proprio questo, Mum: come spiegare l’improvviso salto al simbolo che accade in un bambino, e solo in un cucciolo umano, quando passa dall’apprensione di 3 caramelle al concetto del numero 3.
    Infine mi chiedo perché ci sia questa avversione da parte di persone che hanno la Sua concezione filosofica verso la discontinuità e questa ossessiva predilezione (anche contro l’evidenza) per la continuità biologica: teme forse che parlando di “salto” tra noi e gli animali io voglia scientificamente invocare l’intervento d’un Creatore? Assolutamente no. Quando faccio scienza io non posso usare questa scorciatoia! D’altra parte, da fisico, osservo che il mondo è pieno di discontinuità e che anzi i fenomeni più interessanti intervengono proprio su quei bordi! Un esempio? Le transizioni di fase! Abbassando lentamente la temperatura dell’acqua, improvvisamente a 0° C interviene un cambio di fase: le goccioline si trasformano in fiocchi di neve dalle infinite forme, geometricamente regolari, con l’esagono come tema costante. Non accade che l’acqua ghiacci con gradualità, con continuità all’abbassarsi della temperatura! No, improvvisamente, a 0° scatta il salto. Altre sostanze assumono nei cambi di fase altre geometrie (prismi, romboedri, ecc.), esibenti un ordine bellissimo. Altri fenomeni fisici spettacolari di discontinuità (da cui emergono a livello macroscopico simmetrie stupende) sono la superconduttività, la superfluidità, i cristalli liquidi, l’antiferromagnetismo, la ferroelettricità, ecc. La fisica nega queste discontinuità per motivi filosofici, mettendo la testa sotto la sabbia? Oppure spiega forse queste discontinuità con l’intervento di Dio? Assolutamente no: le spiega con leggi di Natura. Così, credo, si dovrebbe fare anche in biologia, per spiegare la discontinuità tra la non vita di un sasso e la vita d’un batterio, o per la discontinuità del linguaggio simbolico tra un uomo ed un animale, senza farsi vincolare a priori dalle proprie Weltanschauung (e senza la superbia di nascondere la propria ignoranza invocando il Caso e il multiverso).

  • Licurgo ha detto:

    Buongiorno, Alessandro Pendesini.

    Non ho capito bene cosa gli scienziati potrebbero dire sull’irriducibilità del soggetto al cervello, che è problema filosofico e non scientifico (come, ad esempio, il problema dei concetti generali, detti ‘universali’ o, cambiando argomento, del rapporto tra organizzazione sociale e forme di pensiero o, cambiando ancora, di come vivere in modo positivo un rapporto di amore o amicizia con un’altra persona).
    In termini aristotelici il soggetto (la forma) non può darsi senza materia (il cervello), cervello che però non può che essere strumento della coscienza e non sua causa, altrimenti l’io si identificherebbe col cervello mentre l’io, o soggetto, percepisce il cervello come tante altre sue parti mentre il cervello non è una persona che interagisce col soggetto…ecco, appunto per questo non mi pare un problema eminentemente scientifico ma filosofico.

    Proprio per capirci meglio, e magari fugare questa perplessità, mi accodo alla richiesta di altri di avere un link -preferibilmente in inglese che in francese visto che è bilingue- in cui questo assunto viene commentato dagli scienziati, senza che sia lei a dirmi la sua opinione, che già conosco, ma per leggerla da altri scienziati.

    Buona giornata a tutti.

  • alessandro pendesini ha detto:

    @Licurgo
    Molti dicono che la scienza non è (ancora) riuscita a determinare gli attributi fisici delle strutture mentali, se ciò non è possibile nel campo della scienza, la mente non puo’ essere identificata fisicamente….. Temo, tuttavia, che questo ragionamento non sia corretto:
    —In primo luogo, dobbiamo prendere in considerazione il modo in cui determiniamo che gli stati non mentali sono fisici. Nel caso di oggetti che si trovano nel mondo ,-all’esterno di noi-, si procede con sonde sensoriali periferiche utilizzando una varietà di strumenti per effettuare le misure. Nel caso di eventi mentali, tuttavia, non si può fare lo stesso. Non perché gli eventi mentali non sono equivalenti agli stati neurali, ma perché visto il luogo dove appaiono -interno del cervello- non possono essere direttamente accessibili alle misure (le qualche rare misure dirette mediante apposite sonde ecc..avvengono solo durante certe operazioni cerebrali, la deontologia medica non autorizza esperimenti nei cervelli umani ! Molte cose si fanno di “nascosto”…)
    Sarebbe quindi prudente dubitare della concezione tradizionale, assai diffusa, la quale afferma che “gli stati mentali non possono essere equivalenti agli stati fisici” !

    —Vorrei precisare che i « miei » commenti risultano da serie informazioni scientifiche sia scolastiche che da risultati comprovati da neuroscienziati di rinomanza mondiale che operano nella ricerca sperimantale ! (see Google)
    I quali dicono (quasi) unanimamente a proposito della coscienza :
    La coscienza è un processo reso possibile da l’integrazione dell’attività neuronale nel nucleo dinamico rientrante (réentrant), la quale non può essere ella-stessa causale. A livello macroscopico, il mondo fisico è causalmente chiuso: solo le transazioni che hanno luogo a livello della materia o energia sono causali. Da questo possiamo dedurre che : E’ l’ATTIVITA’ DEL NUCLEO TALAMO-CORICALE CHE E’ CAUSALE, E NON l’ESPERIENZA FENOMENALE CHE SUSCITA !
    Aggiungo, come già detto diverse volte, che la coscienza NON emerge dalle strutture (nuclei) cerebrali; la coscienza “E’” ! tout simplement…….. Bien à vous

    • Licurgo ha detto:

      Grazie, Pendesini, però, come le dicevo, conosco già le sue opinioni, e sinceramente, mi paiono opinioni più che affermazioni scientifiche o filosofiche (ovvero asserzioni ferree nel formalismo logico).
      Sarei dunque maggiormente interessato ai link con le discussioni degli scienziati in merito.
      Tale discussione sarebbe più interessante, e non capisco, sinceramente, che aspetta a dare i necessari riferimenti visto che siamo in due ad averglieli chiesti. Sarebbe peraltro anche l’unico modo di fugare i sospetti che altro hanno espresso sulla veridicità di questo link.