Eutanasia, ovvero quello che i malati non vogliono
- Ultimissime
- 05 Set 2012
Come c’era da aspettarsi la scomparsa di Tony Nicklinson (1953-2012), l’uomo inglese affetto dalla sindrome locked-in che dal 2010 lottava per il diritto a morire e deceduto la settimana scorsa per cause naturali, ha riacceso il dibattito sul tema della cosiddetta «dolce morte». L’eutanasia è giusta? A certe condizioni è lecito chiedere di farla finita oppure l’indisponibilità della vita umana è un valore «non negoziabile», che quindi non ammette eccezioni? Queste le domande attorno a cui non si finisce d’interrogarsi e, spesso, di dividersi.
Ci sono però, sempre in tema di “fine vita”, anche altri interrogativi almeno altrettanto urgenti eppure quasi sempre elusi. Per esempio: chi richiede davvero l’eutanasia? Qual è la reale volontà dei malati? I “casi mediatici” come quello di Nicklinson sono realmente rappresentativi delle istanze di coloro che versano in condizioni di difficoltà? E se non lo sono, perché vengono continuamente riproposti e seguiti dai mass media?
Uno sguardo più ampio rispetto a quello offertoci dai titoli di quotidiani e telegiornali può farci scoprire storie davvero sorprendenti. Come quella di madame Maryannick Pavageau, francese affetta da oltre trent’anni dalla sindrome locked-in – la stessa di Nicklinson – e insignita nientemeno che della Légion d’honneur per il coraggio con cui non ha mai smesso di battersi contro l’eutanasia. Particolarmente toccanti sono le sue parole allorquando, parlando a nome di quanti versano nella sua medesima condizione, lamenta che sovente in risposta allo sconforto viene loro offerta solo una cosa: il diritto a morire, ipocritamente presentato quale «geste d’amour». Facile, a questo punto, l’obiezione: ma quello Pavageau, come quello Nicklinson, è comunque un caso singolo. Chi ci assicura che quello della signora francese sia un caso più significativo?
Una risposta l’abbiamo e ci proviene dalla ricerca scientifica; precisamente dalla più vasta indagine mai eseguita, e pubblicata lo scorso anno, proprio sui soggetti affetti dalla sindrome locked-in. Ebbene, gli esiti di questo studio – condotto su un campione di ben 168 persone – sono stati piuttosto netti: appena il 7% ha manifestato pensieri o intenzioni di morte. Un dato quanto meno sorprendente se si considera, per esempio, che è 10 volte inferiore a quello (67%) rilevato sondando il parere degli italiani sull’eutanasia (cfr. Indagine Eurispes 2007 cit. in Cornaglia Ferraris P. “Accanimento di Stato. Perchè in Italia è diventato difficile persino morire”, Piemme, Milano 2012, p. 90).
Cade così un falso mito, e cioè l’idea che quella eutanasica costituisca una priorità rivendicata dai malati più gravi, che dovrebbero essere gli esclusivi titolari del “diritto a morire” (cfr, Casini M. prefazione a Gozzi G. “Senso e responsabilità nel suicidio assistito e nell’eutanasia. Una riflessione biogiuridica”. Editrice Veneta, Vicenza 2010, p. 15). Ebbene, non è così. E’ vero invece che frequentemente taluni casi singoli, quasi sempre contrassegnati dalla volontà del protagonista di ottenere la propria morte, divengano oggetto di interesse mediatico prolungato, dando così l’impressione – in vero fallace e fuorviante – che versare in condizioni difficili o drammatiche equivalga ipso facto a ritrovarsi in una condizione orribile, insopportabile, da superarsi presto e con la morte (cfr. Guzzo G. “Eutanasia, mass media e consenso sociale”. «Medicina e morale» 2011; 61(1):43–60).
In realtà, come abbiamo visto, a questa diffusa percezione corrisponde un riscontro fattuale di segno opposto: i malati non chiedono affatto la «dolce morte». E quando si verificano casi particolari nei quali la persona chiede l’eutanasia, è bene – senza far venir naturalmente meno il rispetto e l’attenzione che ciascuna persona merita, tanto più se malata o disabile – considerare che non di rado quanti sono in una condizione difficile terminale risultano affetti da depressione; uno su cinque lo è, per esempio,tra i malati di cancro. Pertanto una richiesta di morte, più che ad un reale desiderio – per il quale rimarrebbero comunque valide delle obiezioni di carattere mortale, che non abbiamo qui lo spazio di approfondire – equivale spesso ad una richiesta di aiuto o ad una sofferenza morale prima che fisica, spirituale prima che corporea. Esemplare, a questo proposito, il processo celebratosi «il Olanda nel 1973 contro il dott. Potsma, accusato di aver soppresso la propria madre, malata terminale di tumore. Alla richiesta se i dolori della donna avessero raggiunto il limite dell’intollerabilità, l’accusato risposte: “No, non erano intollerabili. Certamente le sue sofferenza fisiche erano aspre. Ma erano le sue sofferenze spirituali ad essere divenute insopportabili”» (D’Agostino F., “L’eutanasia come problema giuridico”, «Archivio Giuridico», Mucchi Editore, Modena 1987, p. 37).
Ora, stando così le cose è doppiamente evidente come giammai la «dolce morte» possa costituire una soluzione accettabile dal momento che – anche sorvolando il non trascurabile lato morale – trattasi di risposta fisica ad una sofferenza morale. Una sofferenza che deve essere individuata e affrontata con decisione ma anche, e soprattutto, con umanità. Senza farsi tentare dalla scorciatoia d’un presunto «geste d’amour».
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100 commenti a Eutanasia, ovvero quello che i malati non vogliono
Non è che la sofferenza di taluni lasci insensibili, non è incomprensibile la loro scelta, ma la risposta eutanasica è troppo istintiva e radicale.
Poi trovo disgustosa la spettacolarizzazione della sofferenza di certi malati, sembra quasi vogliano alimentarle per fare audience!
Secondo lei, Andrea, è troppo istintiva e radicale.
Anzi, tutto mi sembra fuorchè istintiva: l’istinto umano mirerebbe all’autoconservazione, alla preservazione dello status quo.
Ma, al di la delle mie convinzioni personali in fatto di eutanasia, (sono favorevole, BTW, e data l’assenza di un dispositivo giuridico adatto, ho comunicato la mia volontà a tutti i miei amici più stretti), credo che sia giusto consentire ad un uomo di disporre della propria vita.
Che poi decida di non farlo per le proprie convinzioni religiose è altrettanto giusto, ma mi sembra davvero scorretto non consentire almeno la scelta.
Onestamente, mi sembra anche una situazione molto meno controversa dell’aborto… non si lede nessun diritto di alcuna persona terza, è una decisione unicamente personale, priva di ricadute su altri individui.
Inoltre, 168 persone sono, per una indagine statistica di questo tipo, un numero non ridicolo, di più…
Contate che le morti per un qualunque tumore, all’anno, in Italia, sono 180.000
168 vuol dire meno di un millesimo di una parte (seppur consistente) di malati terminali.
Andando poi a leggere un pezzettino di articolo, si vede come in realtà, i soggetti realmente inclusi nello studio sono solo 65, di cui il 70% si definisce “religioso”.
Inoltre, lo studio statistico non è affatto sulla scelta “eutanasia si, eutanasia no”, ma mira unicamente a valutare la qualità della vita del paziente, confrontandola con quella precedente alla malattia.
Insomma, mi sembra che vi siate lanciati in conclusioni un attimino affrettate, basandovi su dati la cui attinenza all’argomento trattato è bassa, e la rilevanza statistica per l’uso che avete inteso farne è davvero, davvero piccola.
lei scrive “Onestamente, mi sembra anche una situazione molto meno controversa dell’aborto… non si lede nessun diritto di alcuna persona terza, è una decisione unicamente personale, priva di ricadute su altri individui”, non si lede alcun diritto di alcuna persona terza, ma il diritto stabilisce che alcuni beni, come la vita, sono indisponibili. Anche la libertà lo è, se lei decidesse di diventare schiavo, perchè così le piace, la legge glielo proibisce e questo mi sembra un argomento molto meno grave dell’eutanasia. Quando si parla di regolamentazione giuridica si regola una materia che ha sempre un impatto sociali, non personale. Il diritto è stato creato non per soddisfare i miei o i suoi desideri ma per contrastarli altrimenti vivremmo in una situazione di anarchia. Qualsiasi decisione giuridica non è mai neutra ma fa sempre riferimento ad un ordine di valori.
Non mi pare che il diritto italiano stabilisca che la propria vita sia un bene indisponibile.
E’ una concezione errata come ho già spiegato.
Ok, questo secondo lei.
Molte persone però non sono della sua stessa idea.
Perché lo Stato diventa etico, confessionale e invadente (per usare i termini consoni) quando abolisce l’omicidio mentre diventa laico quando punisce il suicidio. Perché diventa etico per alcune cose, perché non vi battete per queste questioni, perché non fate sentire vostra voce…
Perchè penso sia giusto che lo stato sanzioni coloro i quali violano il diritto alla permanenza in vita dell’individuo, mentre penso sia sbagliato che lo stato impedisca l’autodeterminazione.
Ribellati allora per l’obbligo del casco in motorino. Mi raccomando…voglio una bella scenata in diretta al TG1.. ok?
Se non lo farai continuerai ad approvare il divieto all’autodeterminazione, che non esiste oltretutto nel diritto: http://www.avvenire.it/Dossier/fine%20vita/interviste/Pagine/il%20giurista_201103080746575470000_201103080751000900000.aspx
https://www.uccronline.it/2012/09/05/eutanasia-ovvero-quello-che-i-malati-non-vogliono/#comment-86377
Ho risposto ad un commento che affermava le stesse identiche cose, con il medesimo link…
Sarà mica l’unico costituzionalista che afferma una cosa del genre, questo Stelio Mangiameli…
Comunque, TUTTO MA TG1 NO!… dopo l’allegra parentesi Minzo non si è più ripreso… 😉
In ogni caso, allora io non capisco come tu possa accettare uno stato che consente l’uso di tabacco, alcol, che non ponga un limite di acquisto alle bevande gassate, ai formaggi grassi, che impedisca di mangiare cibo spazzatura, ma sopratutto che sancisca che l’obesità è un grave reato contro la vita, e che quindi chiunque venga trovato in sovrappeso debba essere condannato a un regime in un campo di addestramento stile Full Metal Jacket.
Come ti è stato spiegato, questo costituzionalista sta parlando di altro: https://www.uccronline.it/2012/09/05/eutanasia-ovvero-quello-che-i-malati-non-vogliono/#comment-86416, ovvero della indisponibilità della vita e non del diritto a rifiutare le cure, il quale è ovviamente lecito.
Tutto quanto hai citato non mette in pericolo la vita in modo diretto, come invece un incidente o un annegamento. Ci sono delle limitazioni (droghe, alcool), delle campagne statali per disincentivare l’uso (contro il tuo diritto a non voler essere influenzato nelle tue scelte, altro caso di inesistenza all’autodeterminazione), ma per non sono vietati (in Australia sta per diventare vietato fumare a quelli nati dopo il 2000).
Questo per dirti che la tua analogia non ha senso.
Come ho scritto in risposta a quell’articolo, se legge correttamente l’articolo si renderà conto di come il titolo sia fuorviante, e che effettivamente il giurista parla solo ed unicamente di rifiuto delle cure.
Inoltre “il diritto costituzionale è alla tutela della salute e non giunge sino ad ammettere la scelta della non cura.”
Costituzionalmente, non sarebbe lecito nemmeno rifiutare le cure
Inoltre, penso che l’uso di alcol causi un rischio diretto alla vita umana: causa la morte per arresto respiratorio, ed è causa di moltissimi incidenti stradali.
In un certo senso, l’alcol causa più rischi diretti alla vita della guida senza casco: il casco protegge dalle conseguenze di un’incidente, ma la percentuale di averne uno rimane la stessa, l’alcol invece aumenta la probabilità di averne uno.
Perchè non vietarlo allora?
Non ci siamo matyt…ti stai arrampicando sugli specchi.
In bioetica non esiste l’autodeterminazione, ci sono soltanto limitati spazi di utilizzazione. Il diritto stesso nega la disponibilità della vita, come nega la possibilità di fare commercio dei propri organi e anche quella di disporne discrezionalmente ad esempio. La nostra Costituzione non proclama l’autodeterminazione come diritto fondamentale, ma si limita (giustamente) a esigere il consenso del malato per ogni atto medico, proibendo interventi sanitari coercitivi e qualificando la salute alla stregua di «diritto dell’individuo e interesse della collettività» (art. 32). Di qui l’esigenza di garantire il carattere ippocratico della medicina, imponendo al medico di operare sempre a favore della vita e mai contro di essa (senza considerare che è interesse dei medici stessi non essere ridotti a esecutori passivi della volontà dei loro pazienti).
Approfondisci qui: http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_21423.pdf
L’alcool non attenta alla vita in modo diretto come un incidente a 80 km all’ora, la tua analogia è profondamente errata e continuare significa non capire quel che si afferma.
L’assenza del casco NON è un incidente a 80 km orari.
Tuttavia, l’alcol può causarlo, un incidente a 80 km/h, l’assenza del casco no.
E, non si preoccupi, capisco perfettamente quello che sto affermando, e le sue conseguenze.
Comunque, se io ritenessi un intervento sanitario coercitivo il sondino naso-gastrico, e decidessi di non farmelo mettere, mi sembra sarebbe perfettamente legittimo dal punto di vista giuridico, no?
Non mettere il casco porta più direttamente alla morte rispetto all’alcool, dire il contrario significa soltanto arrampicarsi sugli specchi.
Secondo 25 tra i massimi neurologi italiani, nutrizione e idratazione non sono terapia: http://www.iss.it/binary/sibi/cont/avve1707.1216286852.pdf , lo stesso secondo il Consiglio Nazionale di Bioetica: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_907_allegato.pdf
Imponi un’etica!
E invece negare l’eutanasia non è imporre un’etica, vero?
In realtà significa obbedire al giuramento ippocratico e continuare ad essere coerenti con la medicina, che cura e non ammazza il paziente.
La negazione dell’eutanasia permane per volere popolare, è il popolo che ha votato democraticamente la classe politica. Non credo che tu possa imporre al popolo la tua etica pro-death.
In realtà, come testimonia un sondaggio che cita anche l’articolista, la maggioranza della popolazione italiana sarebbe d’accordo con me.
Ma è un’altro discorso.
In realtà dipende molto dalla militanza mediatica. Il picco massimo di giudizi favorevoli al testamento biologico si è registrato esattamente tre anni fa, quando Eluana Englaro morì: 81,4% era la percentuale di italiani favorevoli, l’anno seguente la percentuale era in declino, perché parallelamente scivolava verso il basso anche la pressione massmediatica a senso unico su questo tema. Oggi siamo appunto al 65%, solo un anno fa eravamo al 77,25%.
Stessa cosa dicasi per l’eutanasia: al momento attuale il 50% degli italiani è favorevole, ma nel 2006 quando il caso Welby era rovente il giudizio favorevole era espresso ben dal 74% delle persone intervistate: http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-dopo-eluana-idee-confusee-dati-strumentalizzati–4456.htm
Ordunque, la maggioranza del popolo italiano sarebbe d’accordo con te, e quindi? Una cosa giusta è tale solo perché lo deicde la maggioranza? Le leggi razziali erano giuste solo poiché la maggioranze degli italiani erano d’accordo con esse?
Lo Stato non vieta l’omicidio in quanto l’omicidio è immorale!
Vietando l’omicidio impone un’etica!
No.
Pavone: il matrimonio, i diritti, i divieti e le varie concessione elargiti dallo Stato provengono dal Decalogo.
Sono basati su un testo religioso.
Per questo motivo non sarebbe logico per uno Stato seguire questa moralità derivata quando più fa comodo.
perchè lei non lo conosce
Non ho studiato giurisprudenza, questo è vero.
Allora, sarebbe opportuno che lei mi mostrasse in che modo il diritto italiano afferma in modo esplicito che la vita sia un bene indisponibile.
per esempio con l’art. 580 del codice penale
http://www.mondodiritto.it/normativa/codice-penale/art-580-codice-penale-istigazione-o-aiuto-al-suicidio.html
Ok (anche se effettivamente si punisce non colui che “dispone liberamente” della propria vita, ma il coadiuvante…)
Però poi leggo questo:
http://www.trovanorme.salute.gov.it/dettaglioAtto.spring?id=29133
Che effettivamente mi permette di rifiutare trattamenti salvavita, qualora lo ritenessi opportuno.
So?
allora, tu sei libero di non farti curare, famoso il caso della donna che rifiutò di farsi tagliare la gamba e morì di cancrena. Questi sono fatti tuoi ma l’eutanasia non è questo.
Se non è un bene indisponibile, perché lo Stato la obbliga ad indossare il casco (nei cantieri e in moto)? Perché la vengono a tirare fuori con la forza se si butta in acqua quando c’è bandiera rossa (con tanto di multa!!)?
1) Ma se un uomo deve disporre della sua vita, perché matyt ogni volta che sale in auto è obbligato a mettere le cinture di sicurezza?
2) Ma se nemmeno gli studi scientifici sono attendibili, che fine fa la supremazia scientifica invocata dagli atei sulla verità religiosa?
3) Ma siamo sicuri che approvare una legge non modifichi la società? Siamo sicuri di voler andare avanti a dire, oggi che non c’è più nessuna famiglia unita, “il divorzio è roba privata, chi non vuole non divorzia!”??
1. Io però sono libero di non farlo, e di pagarne personalmente le conseguenze.
2. Lo studio scientifico sembra attendibile, per carità… è però poco rilevante ai fini statistici, e poco adatto per trarre le conclusioni che l’autore dell’articolo trae.
3. Secondo lei, dunque, la progressiva scomparsa della famiglia “tradizionale” è una conseguenza della legge sul divorzio, e non viceversa?
1. Ma sei anche libero di suicidarti. La tua libertà è condizionata comunque, perché non sei libero di non fermarti ad un posto di blocco, di non pagare le multe e infine di non andare in carcere. Ammettilo: l’autodeterminazione non esiste, è sempre condizionata (giustamente). Non esiste nemmeno nella Costituzione l’autodeterminazione: http://www.avvenire.it/Dossier/fine%20vita/interviste/Pagine/il%20giurista_201103080746575470000_201103080751000900000.aspx
2. Ma se è poco rilevante, come mai è stato fatto? Forse vuoi mettere in dubbio l’operato degli scienziati e della rivista scientifica? Oppure non capisci che quel dato rispetto ai malati terminali è un dato significativo?
3. Ovviamente non viceversa perché è nata prima la famiglia tradizionale della legge sul divorzio. La famiglia è andata in crisi dopo il ’68, il colpo di grazia è stata la legge sul divorzio. Ci sono studi che dimostrano come un numero considerevole di coppie non si sarebbero divise se non ci fosse stata la legge sul divorzio.
1. Quella è una opinione di quel particolare giurista.
Altri non la pensano affatto come lui.
http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/articolorivista/la-sospensione-delle-terapie-salvavita-rifiuto-delle-cure-o-eutanasia-riflessioni-su
Inoltre, il consenso informato di fatto permette l’autodeterminazione: esistono numerosi casi di malati di diabete che hanno deliberatamente scelto, andando incontro alla morte, di non farsi amputare arti in cancrena.
Non c’è bisogno di aver fatto corsi di statistica e analisi dei dati di livello universitario per rendersi conto che lo 0.03% di una popolazione non riesce a rappresentarne alcuna caratteristica.
Perchè è stato fatto? Perchè studi preliminari di epidemiologia, su piccoli campioni, sono all’ordine del giorno.
Quello che è scorretto non è lo studio, è l’uso che l’articolista ha fatto dello studio, generalizzando la volontà di una percentuale ridicola come rappresentativa dell’intero universo dei malati terminali italiani.
3. Avere questi studi sarebbe davvero interessante, inoltre sta ammettendo di aver detto una bestiata, in quanto se mi dice che la legge sul divorzio è stato il “colpo di grazia” sta affermando in modo implicito che già da tempo l’istituzione della famiglia era in decadenza.
Sono comunque d’accordo con lei, la famiglia tradizionale è in crisi, e la legge sul divorzio ne è una rappresentazione sicuramente icastica.
Però, che non mi si venga a dire che la legge sul divorzio è la responsabile della decadenza della famiglia.
1. Il giurista non parla del diritto a rifiutare le cure, perché chiunque è in diritto di farlo. Come chiunque ha il diritto di buttarsi giù da un ponte. L’autodeterminazione invece ritiene che la vita sia a disposizione dell’uomo, e questo ovviamente non è previsto perché il diritto parla appunto di un bene indisponibile (vedasi le leggi sulla protezione della vita, indipendentemente dalle volontà del soggetto).
2. Infatti non è la percentuale applicata alla popolazione, ma ai malati terminali di uno stato (che non è quello italiano come dici tu). Il campione è dunque rappresentativo, altrimenti non sarebbe campione.
3. Innanzitutto il divorzio compromette le future relazioni, quindi aumenta il tasso di futuri divorzi: http://www.nwo.nl/nwohome.nsf/pages/NWOA_76GF9D_Eng, induce nei figli un surplus di instabilità affettiva: http://www.scienzaevita.org/rassegne/313f933c409551f4d05a54066f94ebd2.pdf , il divorzio ha diminuito la natalità: http://www.zenit.org/article-28961?l=italian, ha aumentato il numero delle separazioni: http://www.christiantelegraph.com/issue13998.html
Questo già basta…sto ancora cercando lo studio di cui ti parlavo, per ora interessante questa posizione: http://www.ilgiornale.it/news/divorzio-allitaliana-non-solo-progresso.html
La legge sul divorzio ha una grandissima responsabilità sulla decadenza della famiglia perché ha indotto le coppie a vivere il rapporto in modo temporaneo, instabile.
Secondo me il concetto sbagliato della cultura che ci propone è proprio questo: della mia vita posso fare quel che voglio.
Questa affermazione non trova attuazione in quanto un certo Stato attua scelte legislative sempre più false, in quanto osserva un certo codice etico per un caso e nessuno per altri (sempre gravi).
Le faccio un esempio: l’omicidio perché è un reato? Per una questione etica, perché altrimenti sarebbe un interferenza gratuita dello Stato.
Invece perché il suicidio (che è l’omicidio di sé stessi) no? Perché lo Stato non può entrare nella libertà del singolo. Una volta (in cui c’era più logica) la differenza non esisteva, entrambi di cattivo gusto.
L’eutanasia è una diritto che non si dovrebbe dare, poiché esso corrisponderebbe al cedimento di certi valori che volenti o nolenti sono la base del pensiero umano.
Eluana raccontata dalla civiltà della morte: http://www.ilfoglio.it/soloqui/14813
Anche se fosse l’1% e non il 7% dei malati terminali che manifesta pensieri o intenzioni di morte questo non è argomento sufficiente per negare a questi un qualcosa che riguarda solo ed esclusivamente una scelta personale. I calcoli di maggioranza o maggior o minor frequenza si possono applicare alle libertà collettive ma non certo a quelle individuali. Anche l’argomento secondo cui la scelta di una persona consenziente potrebbe subire un cambio di rotta all’avicinarsi della morte ha poco senso di essere. Una persona in punto di morte potrebbe cambiare idea sul testamento, sugli affetti, sulle cure da seguire e su di un mucchio di altre cose. Ovviamente dal punto di vista legale le volontà che contano sono quelle espresse fino a quando uno è perfettamente cosciente e se qualcuno avesse qualche dubbio in merito sarebbe sufficiente che non firmi nessun testamento biologico o meglio che lasciasse scritto, esattamente come chi vuole evitare qualsiasi accanimento terapeutico, le proprie intenzioni. Non si capisce però perchè in tanti insistono per non voler riconoscere valore legale a tali atti, non sarà perchè si vuole, come in tante altre occasioni, imporre la propria volontà anche quando si tratta di scelte altrui?
Non c’è nessuna esigenza o priorità, esiste solo un 7% di persone depresse che vanno curate e indotte a non suicidarsi, come ogni buon cittadino dovrebbe fare e fa ogni volta che incontra un suicida per strada.
Dato che ogni legge porta una modificazione sociale percepita e subita da tutti e dato che il testamento biologico è un atto assolutamente pericoloso (come dimostra questa vicenda: https://www.uccronline.it/2010/07/15/cambia-idea-batte-le-palpebre-e-si-salva-il-testamento-biologico-e-pericoloso/)…ben venga il diritto della società a non veder banalizzata la morte e il diritto dei medici a non uccidere i pazienti ma continuare a curarli con amore.
Ripeto: se una persona ha anche solo il minimo dubbio è bene che non firmi il testamento biologico. Ma volendo potrebbe valere lo stesso nel caso opposto, ma voi ovviamente un’eventualità del genere non la prendete neanche in considerazione, e sai perchè? Semplicemente perchè andrebbe contro la vostra battaglia ideologica. Per avere un minimo di obiettività bisogna guardare sempre nei due piatti della bilancia, non in uno solo.
Il testamento biologico in sé è un’opzione pericolosissima perché crea il rischio di morire contro la propria volontà, nel tempo probabilmente modificata.
Tralascio invece l’odio espresso da te verso chi ha una posizione differente dalla tua e usufruisce del diritto di esprimerla.
mi spieghi come dovrebbe essere, secondo lei, il testamento biologico dal punto di vista giuridico
Che in caso di stato d’incoscienza valga quanto sottoscritto dal paziente nella piena facoltà delle sue volontà, credo sia chiaro a tutti.
Già ma gli stati vegetativi hanno ancora coscienza di sé e di quel che circonda il loro letto: http://www.sciencedaily.com/releases/2011/08/110815113536.htm
E nel caso volessi morire lo stesso?
Puoi rifiutare le cure, ovviamente. Ma nel caso volessi vivere e non riuscissi a cominicarlo?
Crisafulli si è risvegliato dallo stato vegetativo e ha affermato di sentire tutto durante il coma: http://www.corriere.it/Rubriche/Salute/Medicina/2005/10_Ottobre/04/coma.html
Purtroppo non si sa cosa accade esattamente in quei momenti, se lo sapessimo con esattezza sarebbe tutto più facile.
Comunque non capisco perchè accanirsi riguardo a delle decisioni che riguardano esclusivamente gli altri. Se io posso dire a voce che non voglio seguire una cura nessuno mi può obbligare a seguirla, ma se lo scrivo allora sembra che il mio diritto decada. Non capisco perchè a partire da questo momento dovrebbe essere un’altra persona (con la quale magari non condivido nè la concezione del mondo nè la filosofia di vita) che mi obblighi alla sue scelte.
Ma tu nello stato vegetativo non puoi comunicarlo e quindi che si fa? Non capisco il tuo accanimento nel costringere le persone a tenere validi dei ragionamenti sulla vita fatti anni prima. Non decide un’altra persona ma da che mondo e mondo il malato terminale lo si accompagna alla morte naturale tentando di eliminare in lui ogni sofferenza fisica e morale, l’unica decisione che subentra è quella di sopprimere tale persona.
Tu puoi fare un testamento per invocare il diritto a non mettere le cinture di sicurezza in auto? Come vedi anche oggi sei obbligato nelle tue scelte…in totale tranquillità perché se non ne avessimo parlato manco ti sarebbe venuto in mente che l’autodeterminazione sulla vita non esiste!
“un qualcosa che riguarda solo ed esclusivamente una scelta personale” e daje con questa scelta personale. Il diritto non regola scelte “personali” ma stabilisce regole valide per tutti, ha quindi un impatto sociale.
Le cure le propone il medico ma è il paziente che ha l’ultima parola. E’ così dappertutto, non si capisce perchè non dovrebbe esserlo per il fine vita.
Perché il 90% dei malati di cui si occupa il tema “eutanasia” non ha capacità di esprimere il suo pensiero, anche se è dimostrata in loro attività di coscienza e movimenti volontari.
Ed è per questo che si vuole introdurre un testamento biolgico… proprio per far esprimere al paziente il suo pensiero, anche in condizioni in cui effettivamente non è in grado di farlo.
Nessun testamento sulla vita può avere valore se redatto 20 anni prima. Mai può essere ritenuta attendibile una decisione “ora per allora”, come questa vicenda insegna: https://www.uccronline.it/2010/07/15/cambia-idea-batte-le-palpebre-e-si-salva-il-testamento-biologico-e-pericoloso/
Si può pensare di farlo aggiornare ogni 5 anni, come la carta d’identità…
E poi, questo è un problema comune a tutti i testamenti, no?
In 5 anni la vita cambia, le idee cambiano sopratutto se muta il benessere psicofisico. I malati si attaccano alla vita, comunque essa sia. Il testamento obbliga l’uccisione, a rischio di andare contro la volontà del paziente.
Posso citarle casi, anche piuttosto numerosi, di malati che non si sono attaccati alla vita, ma hanno preferito una morte dignitosa.
E inoltre, non mi sembra tanto complesso, quando la persona cambia idea, cambia il testamento.
Ribadisco, non vedo il problema.
Quanti puoi citarne? 10? Io te ne cito 11, e dunque vinco io. Davvero pensi di andare avanti a giocare con i numeri.
Puoi spiegarmi come questa persona poteva cambiare il suo testamento: https://www.uccronline.it/2010/07/15/cambia-idea-batte-le-palpebre-e-si-salva-il-testamento-biologico-e-pericoloso/
Prova a leggere….magari capisci il problema finalmente!
Già letto, già commentato.
Un singolo caso in cui il malato ha cambiato idea dovrebbe impedirmi di poter terminare la mia esistenza in modo dignitoso?
Non deve farti cambiare idea, ma dimostra la pericolosità del testamento biologico. Sei grandino per giocare…suvvia.
Se uno sa che in 5 anni la vita cambia non firma il testamento e punto, non vedo quale sia il problema.
Quindi tu stai sostenendo che esistono persone che sanno che cambieranno idea fra 5 anni? Forse l’indovino gli dice che farà un incidente e cambierà idea sulla vita? Mi sembra che i tuoi argomenti stiano scemando velocemente…
io parlavo d’altro non se ne è accorto?
No Pino, lei vuole far passare l’idea che la determinazione personale deve necessariamente avere un valore uguale per tutti. Forse vale per chi segue una stessa religione e accetta delle regole prestabilite, ma deve capire che ci sono diverse sensibilità e diverse maniere di concepire il mondo, non capisco perchè non riusciate ad accettare questo concetto così semplice.
Qui la religione c’entra poco….continuare a tirarla in ballo significa essere spaventati da essa. Invito a maggior tranquillità, lasciando da parte i fondamentalismi.
quello che lei non riesce a capire è la differenza fra determinazione personale e regolamentazione giuridica. Lei è liberissimo di lanciarsi dalla finestra del decimo piano, nessuno glielo può impedire, altro è stabilire per legge la possibilità di eliminare un’altra persona. La regolamentazione giuridica ha un valore completamente diverso dalle decisioni personali liberamente adottate. Non capisco come lei non riesca a comprendere un concetto così semplice.
Ma se gli eutanasici non credono alle “regole valide per tutti”!!!!
Usano la legge per distruggere le regole. Essi odiano le regole perché vogliono piegare la realtà al loro comodo. Essi odiano la legge di Dio perché sono dio a sé stessi. Ma si sbagliano, come tutti quelli che si sono creduti superiori alla legge naturale della coscienza, del buon senso, come tutti i dittatori che hanno seminato orrori, ma che non hanno insegnato niente a questi pro-morte pazzi di orgoglio.
esattamente, infatti nella Germania nazista uccidere sei milioni di ebrei era perfettamente legale, anzi meritorio. Peccato che al termine della guerra qualcuno ricordò a questi folli che un ordinamento giuridico criminale non può essere una giustificazione al proprio comportamento ma una colpa. Ed infatti fu emesso un verdetto basato sul diritto naturale, secondo il quale l’atto legislativo positivistico è limitato intrinsecamente. Perde ogni potere di obbligatorietà se viola i principî generalmente riconosciuti di diritto internazionale e di diritto naturale, o se la contraddizione tra la legge positiva e la giustizia raggiunge un grado così intollerabile che la legge deve cedere il passo alla giustizia. Peccato che i fautori dell’aborto e dell’eutanasia non capiscano questi elementari concetti. Non vorrei che un giorno fossero chiamati a rispondere delle loro azioni ad un tribunale tipo Norimberga.
Obiezione scontata e piuttosto banale se mi consenti; l’articolo ti ha già risposto quando ti dice “Pertanto una richiesta di morte, più che ad un reale desiderio – … – equivale spesso ad una richiesta di aiuto o ad una sofferenza morale prima che fisica, spirituale prima che corporea”.
Dici che se anche solo l’1% rivendicasse il diritto a togliersi la vita questo basterebbe per concederglielo, perchè tanto è un diritto personale. Chiunque incontrasse una persona che si sta per suicidare recepirebbe tale atto come un segno di espressione dei diritti umani e personali? o piuttosto come una richiesta di aiuto? non proverebbe una spinta irresistibile di fare qualcosa in modo che non accada l’irreparabile? chiunque interverrebbe per tentare almeno di far desistere quella persona dall’atto ce sta per compiere, perchè la scelta è tra l’altruismo (quello vero perchè non ci si aspetta di essere ricambiati) o la totale indifferenza e il lassismo .
La spinta o l’istinto ad aiutare il prossimo c’è, la si può sotterrare sotto la coperta del personale interesse o della pigrizia ecc ma c’è, così come per i malati, siamo trasportati in loro presenza ad agire con altruismo oltre che con compassione, ed altruismo è assecondarne le loro derive suicide? perchè siamo incapaci noi stessi ad affrontare il mistero della morte? Dato che stiamo parlando di Eutanasia applicata a pazienti coscienti, secondo me non c’è niente di più oscurantista, cioè l’assecondare il darsi la morte di un individuo, abbandonarlo da solo alle sue difficoltà e sofferenze senza che possa affrontarle sapendogli offrire solo la morte, e che la scienza non possa poter progredire.
Le parlo per esperienza personale.
Chi ha maturato l’idea di suicidarsi, in modo consapevole e “ragionato”, tendenzialmente riesce quasi sempre nell’intento, scegliendo metodi efficaci e a prova di “buon samaritano” per lasciare questo mondo.
Lo fa anche in modo piuttosto silenzioso, lasciando una nota con i suoi ultimi pensieri.
Il mitomane che tenta di buttarsi da un ponte, posso presumere sia semplicemente alla ricerca di attenzione da parte del mondo: un suicida consapevole avrebbe evitato luoghi pubblici, in modo tale da tutelarsi da supposti tentativi di “salvataggio”.
Il fatto che lei, J.B., abbia un istinto da buon samaritano, non la autorizza a tenere in vita una persona che ha deliberatamente scelto di morire in modo dignitoso, qualora ritenga che il suo stato d’esistenza non sia definibile vita.
Le dico, se fossi in stato vegetativo permanente, privo di funzioni cerebrali superiori, e qualcuno decidesse di tenermi in vita per le ragioni che ha esposto nel suo intervento (ovvero, mi pare, per egoismo altruista), mi incazzerei come una iena.
Occhio, mai dire mai…
https://www.uccronline.it/2010/07/15/cambia-idea-batte-le-palpebre-e-si-salva-il-testamento-biologico-e-pericoloso/
E con questo? Potrei anch’io miracolosamente cambiare idea sul mio letto di dolore?
E se non lo facessi? Un caso particolare mi deve impedire di finire le mie sofferenze, come desidero e come ho comunicato ai miei cari?
Certo, ma bisogna vedere quali sono i casi particolari: quelli che vogliono morire o quelli che non vogliono morire? E questo articolo dice:
Una risposta l’abbiamo e ci proviene dalla ricerca scientifica; precisamente dalla più vasta indagine mai eseguita, e pubblicata lo scorso anno, proprio sui soggetti affetti dalla sindrome locked-in. Ebbene, gli esiti di questo studio – condotto su un campione di ben 168 persone – sono stati piuttosto netti: appena il 7% ha manifestato pensieri o intenzioni di morte.
Quindi, se sono così pochi quelli che vogliono morire, che senso ha fare una legge per loro? Come diresti te, sono “casi particolari”…
https://www.uccronline.it/2012/09/05/eutanasia-ovvero-quello-che-i-malati-non-vogliono/#comment-86310
Uno, sono pochissimi, rispetto ad esempio ai morti di cancro in italia (180000, secondo una statistica del 2011) quindi non statisticamente rilevanti.
Due, Non gli è stato affatto chiesto se fossero a favore dell’eutanasia, ma una valutazione sulle loro condizioni di vita
Tre, sono affetti da una sola delle numerose patologie che colpiscono coloro i quali potrebbero ricorrere all’eutanasia.
Quattro, Sono Francesi, sarebbe opportuno avere dei dati sulla volontà dei malati terminali italiani, visto che è per loro che dovremmo legiferare.
Uno, Veronesi stesso ha affermato che nessun suo paziente malato di cancro ha mai chiesto a lui l’eutanasia: http://scienza.panorama.it/salute/intervista-a-umberto-veronesi, confermando dunque i dati di questo studio che tu diffami ritenendolo inattendibile (sarebbe da chiudere la rivista medica e licenziare gli scienziati!). Il campione è attendibile proprio perché si parla di malattie terminali di una certa gravità, ovvero quelle riconducibili alle volontà di eutanasia.
Due. Non importa cosa gli è stato chiesto, ma come consideravano la qualità della loro vita. Ovvero positiva, dunque non chiedono l’eutanasia. Chi domanda l’eutanasia sono persone depresse, che si considerano inutili perché la società spinge loro a sentirsi così. La tua esistenza vicino a loro aumenta il numero di richieste, la mia presenza invece le abbassa.
Tre. Non importa questo, è uno studio esemplificativo per patologie gravi.
Quattro. L’uomo è sempre uomo, indipendentemente se è nato a Parigi o a Roma. Questi dati vanno bene anche come indicazioni per la nostra legge.
Io non sto diffamando proprio nessuno: lo studio è assolutamente valido, e sembra, anche condotto in modo corretto.
Il fatto che lo studio sia valido, tuttavia, non ne garantisce la validità statistica.
Facciamo un esempio:
Mettiamo caso che io facessi uno studio sulla posizione delle persone sulle droghe.
Vado in un centro sociale il giorno della festa del raccolto, e intervisto tutti i presenti, facciamo 600 persone.
Il 100% delle risposte alla domanda “vorresti che la marijuana fosse legalizzata” è positiva.
Ciò vuol dire che l’intera popolazione italiana è favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere? NO
Perchè? Perchè il campione non è significativo dal punto di vista statistico, per almeno due buoni motivi:
1. é MINUSCOLO (600 persone su sessanta milioni di italiani è lo 0.001%)
2. Non è rappresentativo della popolazione reale che si vuole studiare: in italia, non sono tutti fattoni.
Io cosa potrò dire allora?
Che tutti i fattoni vogliono la marijuana legale.
Mutatis mutandis, cosa posso dire dello studio citato nell’articolo?
Che una percentuale di cui non conosco l’entità (ma se anche fosse il 100%, poco cambierebbe) di malati di LIS ritiene di non aver bisogno dell’eutanasia.
BASTA.
Perchè?
Perchè 65 persone non sono rappresentative della popolazione di malati terminali francesi, né come tipo di malattie, né in termini numerici.
Per quanto riguarda Veronesi… hai letto l’unica cosa inutile dell’articolo..
Quanti pazienti avrà avuto in vita sua Veronesi? Vogliamo esagerare? 10.000….
Sui 180.000 morti annui di cancro (ma, teoricamente, il conto andrebbe fatto su TUTTI le morti per cancro durante i tanti anni di carriera di Veronesi), quanti sono? il 5%
Rilevante? Poco.
Non capisco tutto questo commento per tentare di dimostrare che uno studio valido non abbia validità statistica perché contraddice la tua etica. E’ una perdita di tempo fare la gara con i ricercatori, non credi?
Il campione tiene conto di quei malati terminali in uno dato stato, è stato ritenuto rappresentativo da persone che lo fanno di mestiere. Ma perché non accetti il responso e ti metti il cuore in pace?
Veronesi…l’uomo che si batte più di tutti per imporre la mentalità della morte…riconosce che nessuno gli ha mai chiesto l’eutanasia. Paradossale, vero? E pensare che in tutti questi anni è emerso soltanto il caso di Eluana Englaro…
Ti ricordo che uno studio in peer-review si confuta soltanto con un secondo studio in peer-review…non certo con ragionamenti sui blog. Quindi ora tocca a te trovare una confutazione degna di nota…altrimenti mettiti il cuore in pace, questo il mio consiglio.
Non è una perdita di tempo, nella misura in cui sono anch’io un ricercatore, e l’analisi statistica dei dati è il mio pane quotidiano.
Lo studio è ben fatto, mi sembra di averlo detto più volte.
Semplicemente, non dice quello che l’articolista vuole fargli dire.
Ribadisco, un campione di 164 persone non ha rilevanza stastistica, nei confronti di una popolazione di diversi ordini di grandezza più numerosa.
L’unica cosa che è possibile affermare, avendo sotto gli occhi uno studio del genere è dire:”solo il 7 percento di coloro i quali hanno la LIS, desiderano ricorrere all’eutanasia”.
Non “tutti i malati terminali non vogliono l’eutanasia”.
Se sei in grado di presentarmi uno studio su un campione statistico preso in modo corretto sono ben felice di discutere dei risultati.
Questo, perlomeno per l’uso che se ne intende fare (stabilire la volontà del generico malato terminale) non è adatto.
Per quanto riguarda l’articolo peer reviewed….
Non ho trovato nulla di così tanto circostanziato, tuttavia questo mi sembra abbastanza interessante:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22789501
il 2.8% di TUTTE le morti sono per eutanasia…
Non mi sembra tanto piccolo, contando che sono sempre 475 persone che hanno deliberatamente scelto la morte.
E un’ultima cosa…
Il mio commento non era atto a confutare lo studio citato dall’articolista, ma a tentare di farti capire cosa volesse dire “rilevanza statistica”, cercando di fare anche un esempio a cui i cattolici di un certo tipo sembrano particolarmente sensibili.
Mi pare evidente che tu non ti sia neanche preoccupato di leggerlo, o forse ti sei limitato a leggere le prime due righe.
In realtà i risultati sono ben chiari, i pazienti affetti da sindrome locked in non chiedono l’eutanasia e tale malattia è quella per cui di solito si invoca l’eutanasia (si veda la persona in foto).
Perdi tempo perché rispetto a chi soffre di sindrome locked in il campione è rappresentativo, rispetto alle malattie in generale ovviamente no. Ma qui si parla di malattie che portano a chiedere l’eutanasia secondo gli atei di un certo tipo.
Il tuo studio non dice nulla perché non è detto che tutti coloro che sono rappresentati in quel campione hanno davvero espresso il sentimento di morire.
Matyt ha ragione.
In Olanda le morti per eutanasia sono tante e sono aumentate dal 2005.
A dimostrazione che dove si legalizza, la richiesta di eutanasia aumenta.
p.s. poi certo gli autori dello studio per misteriosi ragioni fanno paragoni con anni dove l’eutanasia non era legale ma su queste ragioni noi non speculiamo…
Scandaloso che il Friuli Venezia Giulia (terra degli Englaro) abbia finanziato il film “La bella addormentata”, che racconta (ovviamente con un’impostazione pro-eutanasia) la vicenda di Eluana.
Scandaloso perché la Regione nomalmente non usa i soldi (frutto delle tasse che tutti i cittadini pagano) per finanziare dei film e perché con i soldi di tutti ha deciso di fare un’eccezione e andare a finanziare un lavoro ideologicamente orientato.
Mah, io andrei abbastanza piano a fare dietrologia.
il FVG è governata dal 2008 dal PDL… Che mi sembra tutto fuorchè a favore dell’eutanasia.
Forse la Regione Autonoma (così come fanno tutte le regioni autonome) ha deciso di finanziare un progetto che pensava potesse avere un ritorno positivo.
Daniele…sembra che tuttavia sia un film equilibrato. Strano ma vero
Propongo l’ultima riflessione e poi lascio a voi a tirare le conclusioni.
Vorrei chiedere a chi dice che il testamento biologico non ha validità perchè nel frattempo una persona potrebbe cambiare idea (a questo punto dovremmo estendere questa logica al testamento dei beni…). Non credete che possa succedere anche l’opposto? Cioè che una persona favorevole all’accanimento terapeutico voglia in un certo momento della sua malattia rifiutare determinate cure?
Io credo che tale persona abbia tutto il diritto di cambiare opinione e se sfortunatamente si trovasse incapacitata a comunicare la sua volontà, credo che avrebbe una grande sfortuna ma purtroppo le sue parole valide sarebbero le ultime da lui espresse.
Ebbene, io sono convinto che in quest’ultimo caso voi sareste d’accordo con me nel rispettare le ultime volontà conosciute del malato e continuare le cure, ma credo che la vostra scelta dipenda dal fatto che la sua volontà coincide con la vostra opinione, altrimenti non mi spiego perchè nel caso opposto non vogliate rispettare la stessa volontà, ma di segno opposto.
Ditemi se sono in errore.
Saluti
1) Innanzitutto è un peccato che tu non sia ancora riuscito a capire la differenza tra un testamento sui beni e un testamento sulla vita stessa.
2) Inoltre, spiace ancora di più confondere l’opposizione all’eutanasia all’approvazione dell’accanimento terapeutico. Invece, come più volte è stato ripetuto in questi giorni, nessuno è favorevole all’accanimento terapeutico!! Non esiste nessuno favorevole!
3) La tua riflessione non cambia le cose perché è sbagliata, come ti è stato detto nel punto 2. Forse intendevi dire che una persona a favore dell’eutanasia dopo l’incidente diventa a favore della morte naturale e delle cure palliative. E’ proprio per questo che l’eutanasia non va legalizzata, per evitare che qualcuno si illuda di poter essere a favore e di poter morire soppresso da un altro uomo, senza la legge nessuno si aspetta o firma un testamento biologico chiedendo l’eutanasia. Si segue il decorso naturale della morte, eliminando ogni dolore grazie alle cure palliative e lasciando che i medici rimangano coerenti con il giuramento d’Ippocrate e il compito del medico, che è quello di curare e non eliminare quel che non si può più guarire.
Saluti a te e grazie per la conversazione!
Innanzitutto è bene distinguere i casi almeno in due categorie non confrontabili l’una con l’altra. Il caso del malato che chiede, o non chiede, di essere sottoposto alla pratica eutanasica, e l’altro caso, quello dello stato vegetativo, in cui il paziente è costretto nell’impossibilità oggettiva di chiedere alcunchè.
Per seconda cosa si deve definire quali peculiarità sono indispensabili affinchè si possa definire “uomo” un essere umano (inteso nel senso generale, vale quindi anche per la donna).
Per es. una volta Platone, avendo notato che l’uomo è l’unico essere vivente bipede senza piume, si azzardò a proporre una definizione sintetica di uomo quale “Bipede implume”. Questa fu una sorta di “palla alzata” al cinico Diogene (il quale non sopportava Platone e le sue arie da nobile saccente) che un giorno irruppe nel bel mezzo di una lezione platonica, ed alzando il braccio con un pollo spennato in mano gridò enfaticamente e cinicamente: “Ecco l’uomo di Platone!”. Allora il venerabile maestro si vide costretto ad apportare una leggera correzione ridefinendo così l’uomo: “Bibede implume dalle unghie larghe”.
E’ chiaro quindi che l’uomo non può descriversi dalle sole sue caratteristiche fisiche, anzi ci si potrebbe spingere anche oltre. Se per uno strano caso della natura qualcuno avesse un asino con cui discorrere amabilmente di filosofia e giocare a scacchi, mentre un uomo si comportasse in tutto e per tutto come un cane scodilonzando e defecando qua e là; chi sarebbe da considerarsi uomo tra i due?
E’ chiaro quindi che le fattezze fisiche talvolta non sono determinanti per stabilire lo status di uomo di un essere vivente. Allora un uomo senza gambe e senza braccia che legge Platone è più uomo di un organismo vivente integro nelle sue fattezze umane ma in stato vegetativo? Io non ho alcun dubbi sulla risposta ed è quindi improprio parlare di volontà o meno di quest’ultimo quando questa non può essere espressa, anzi talvolta i medici dicono che non possa addirittura aversi viste le devastate condizioni cerebrali del paziente (non parlo di pazienti in stato di minima coscienza, né di tutti gli stati vegetativi).
Ma mettiamo che abbia anche una volontà, seppur minima. Sarebbe meglio o peggio a livello soggettivo essere inchiodati ad un lettino, girati e rigirati come pezzi di carne sulla griglia, massaggiati come pasta fresca, infilzati da siringhe come spiedini e penetrati da tubicini fino in gola, ed allo stesso tempo avere la volontà di dire “Basta!” assieme alla frustazione di non poterla esprimere.
Ma allora potrei definirmi ancora un uomo? Secondo San Tommaso l’uomo è dotato di un’anima razionale che lo distingue dagli altri esseri viventi dotati di anime sensitiva e vegetativa. Ciò che San Tommaso non sapeva è che l’encefalo umano rispetta fedelmente questa tripartizione! Dove va allora l’anima razionale di un uomo in stato vegetativo non avendo più un supporto fisico adeguato in cui possa compenetrarsi? Non lo sappiamo, né possiamo immaginarlo, forse proprio nel limbo recentemenre abolito, ma in ogni caso quell’organismo sul lettino non sarebbe più un uomo, in quanto la caratteristica principale di un uomo è la sua capacità di interagire con i propri simili razionalmente ed emotivamente, non solo quindi di avere una volontà, seppur debole e minima, ma anche di poterla liberamente manifestare.
Sono nato libero e pretendo (sì pretendo, almeno per me) di andarmene da uomo libero, anche a costo di patire atroci sofferenze fino all’ultimo secondo, finanche esalare l’ultimo respiro quasi con voluttà.
Chi volesse impedirmelo non sarebbe tanto diverso dal despota comunista o dal gerarca nazista.
Antonio72…un uomo libero obbligato a mettere il casco in motorino…Antonio, rivedi i tuoi convincimenti e cerca di capire cosa si sta dicendo. Innanzitutto cercare di capire che chi è in stato vegetativo non può comunicare le sue volontà, anche se hanno una volontà e una coscienza attiva come dimostrano gli studi.
Lascia perdere Tommaso e Platone che tanto fanno per te, prova invece a concentrarti su che cosa si sta parlando. 😉
Come puoi leggere da te, non ne faccio un caso di spesa sanitaria o di assicurazione. O forse credevi che l’obbligo del casco è previsto per salvaguardare le nostre testoline?
Mi dissocio inoltre sulla tua diffamazione della dignità di chi vive in stato vegetativo, persone che sentono e capiscono, come ha affermato chi si è svegliato: http://www.corriere.it/Rubriche/Salute/Medicina/2005/10_Ottobre/04/coma.html,
Persone che trovano il modo per comunicare le loro volontà di continuare a vivere: https://www.uccronline.it/2010/07/15/cambia-idea-batte-le-palpebre-e-si-salva-il-testamento-biologico-e-pericoloso/,
Persone insultate come “tronchi morti”, come fai tu, che oggi abbracciano i giocatori della Roma: https://www.uccronline.it/2012/03/12/in-coma-irreversibile-per-10-anni-oggi-abbraccia-i-giocatori-della-roma/
Persone risvegliate dopo 23 anni, che “sentivano e capivano tutto”: https://www.uccronline.it/2011/11/23/in-%E2%80%9Cstato-vegetativo%E2%80%9D-per-23-anni-si-sveglia-%C2%ABero-consapevole-di-tutto%C2%BB/, e tu lo hai appena chiamato “carne da macello”.
Pazienti che rispondo ai comandi dopo 5 anni di stato vegetativo: https://www.uccronline.it/2011/07/15/in-stato-vegetativo-da-5-anni-il-paziente-ascolta-e-risponde/
Capisco che tu non sia cristiano e che il tuo odio verso la Chiesa sia irrefrenabile, abbi almeno un briciolo di rispetto laico verso queste persone e le loro famiglie!
Ho già risposto a questa obiezione. E’ ovvio che si tratta di casi diversi, tra i quali ciò che viene definito stato di minima coscienza. Inoltre, non ho affatto detto che tutti gli stati comatosi non si risvegliano, anzi la maggioranza si riprende dopo poco tempo, soprattutto se giovani, ma la probabilità del risveglio diminuisce drasticamente con il passare del tempo, fino ad ad annullarsi o quasi nei comi pluridecennali, o almeno così mi ricordo.
Sono le statistiche che fanno testo, non i casi singoli. Fammi vedere le statistiche oggettive, suddivise nelle diverse tipologie patologiche, e poi ne riparliamo.
Sarò franco: trovo piuttosto offensivo (al quinto tentativo ho trovato questo termine che è decisamente più soft di quelli che precedentemente avevo individuato) quanto lei ha appena scritto.
Ovviamente non sono d’accordo su una sola parola. La malattia, di qualunque gravità sia e qualunque organo devasti, non priva mai l’uomo nè della sua umanità nè della dignità che da questa umanità deriva.
L’uomo (e quindi anche lei), medico, fisiologo, biologo o filosofo che sia, con tutta la sua intelligenza, con tutta la sua tecnologia, con tutte le sue scoperte, con tutta la sua presunzione non è in grado al momento (e chissà se lo sarà mai) di comprendere pienamente la vera natura dell’essere umano ed il funzionamento del corpo in cui questa umanità risiede; siamo lontani anni luce dalla piena conoscenza del cervello umano, dei suoi meccanismi di funzionamento, delle sue riserve; quasi nulla sappiamo di mente e sentimenti, si figuri un po’. E lei è certo che alcune persone ad un certo punto, in certe condizioni, smettano di essere uomini e diventino vegetali!
Quanto lei ha scritto è offensivo di tante persone che sono in condizioni di grave sofferenza per se stessi o per le malattie dei propri parenti. E’ offensivo per le migliaia di medici che si dedicano, giorno e notte con competenza ed anche amore, ai propri pazienti in coma o con gravi disabilità neurologiche. Ma è offensivo prima di tutto per l’essere umano in generale.
Ovviamente lei è libero di “pretendere” per se stesso quello che vuole: le auguro che la vita non le obietti un giorno che è la vita in quanto tale e non è il Signor/Dottor /Professor Antonio72 a decidere anche per il Signor/Dottor/Professor Antonio72.
E’ anche libero di offendere gli altri; magari non è proprio elegante e caritatevole … ma tant’è … Per lei una persona che ne ama e cura un’altra ammalata o moribonda in realtà la “gira e rigira come un pezzo di carne sulla griglia, la massaggia come pasta fresca, la infilza con siringhe come spiedini e la penetra con tubicini fino in gola”. E che ne sa lei poi (non lo sa nessuno, ma proprio nessuno, chissà perchè dovrebbe saperlo proprio lei) che quella persona (che lei chiama pezzo di carne) non provi piacere nell’essere amata?
Auguri per la sua vita. Dico davvero, auguri sinceri: spero che l’amore di altre persone sappia contagiarla un po’ e riesca a farle vedere che esiste l’uomo anche dove lei, ora, non riesce a vederlo.
Mi dispiace che si sia offeso, tuttavia la definizione di stato vegetativo non è una mia invenzione ma dei suoi colleghi, quindi se la deve prendere con loro. E’ proprio perchè sono un uomo con sentimenti da uomo, oltre che essere dotato di raziocinio, che ritengo intollerabile che si diano false speranze alle persone, costrette per amore, ed è proprio il caso di dirlo, a vegetare assieme al loro caro in stato vegetativo. L’assistenza al malato ovviamente rientra nella natura delle cose in quanto tutti i figli, prima o poi, saranno costretti ad assistere i propri genitori prossimi all’oblio. Di certo è inscritto nelle leggi della natura che il corpo deperisca con gli anni prima della dipartita, ma anche che la vita continui per tutti gli altri. Viceversa costringere i propri cari a vegliare un moribondo che non è moribondo, un uomo che non è uomo, per decenni, privandoli del loro diritto alla vita (si perchè la vita chiama tutti, soprattutto chi è vivo) è un atto egoistico o addirittura egocentrico, e paradossalmente quelle persone caritatevoli non potranno trovare nemmeno conforto in questa tirannia dell’ego del proprio caro, il quale ne sarà evidentemente privo.
Ed ancor di più, sarebbe addirittura mostruoso che questo si risvegliasse così tardi da soppravvivere ai propri cari che lo hanno assistito, restando solo ed estraneo al mondo, o magari vegetando abbandonato per il resto della vita in una stanza vuota di una clinica. Vite spezzate vanamente. Inoltre vorrei precisare che quella descrizione un po’ cruda dello stato vegetativo era un punto di vista, in particolare il mio punto di vista soggettivo, di paziente, e non coinvolge altri, tanto meno chi eventualmente assiste.
Certo che è la vita a decidere di Antonio, come di tutti gli altri, ma qui non si sta discutendo di questo. Si discute se di Antonio, nei casi estremi di stato vegetativo, debba decidere il medico, il papa, o chi altri, oppure lo stesso Antonio.
Ci si deve rimettere alla misericordia di Dio, che si spera non sia vincolata ad alcuna dottrina morale, nemmeno quella della Chiesa.
A tutto questo orribile sproloquio ha già risposto adeguatamente Stefano, però aggiungo una cosa: la caratteristica principale di un uomo è la sua capacità di interagire con i propri simili razionalmente ed emotivamente, non solo quindi di avere una volontà, seppur debole e minima, ma anche di poterla liberamente manifestare.
Quindi un uomo addormentato cessa di esserlo per tutta la durata del sonno?
*Di essere umano, ovviamente
Un uomo addormentato si risveglia e cmq non c’entra nulla. Hai mai visto un cadavere? Se è ricomposto bene all’apparenza pare vivo, salvo il pallore cadaverico, eppure è morto. Su questa apparenza si sono sbizzarriti in molti in letteratura ed altro e credo sia all’origine dei primi rituali funebri.
😀 😀 Divertente l’aneddoto del pollo. Comunque, prendo decisamente le distanze dalla tua definizione di uomo, come prendo le distanze dall’idea di poter risolvere la questione giuridica della liceità del testamento biologico sulla base di dispute filosofiche sulla definizione di uomo. Piuttosto dovremmo concentrarci sulla definizione di Stato!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Bisognerebbe smantellare lo Stato! La democrazia è una corsa per imporre certi valori. L’unico modo dignitoso è riconoscere come potere il solo Dio o la Natura (per i non credenti),
Il tipo di statistiche in questione inquinano il diritto. Se stabiliamo che è un diritto divorziare, lo sarebbe anche quando soltanto l’uno per cento delle coppie sposate lo richiedesse, e ciò sarebbe sufficiente per giustificare una legge. L’idea che una legge è giustificata nella misura in cui serve ai più è l’idea che sta alla base della democrazia concepita come dittatura della maggioranza.
Vedo che circolano ancora i paragoni con l’obbligo del casco e roba del genere. L’obbligo del casco appartiene al codice di comportamento stradale. E’ vietato anche fare inversione a U, passare con il rosso etc. Ma se io costruisco una pista all’interno della mia proprietà, nessuno può obbligarmi a portare il casco.
Appunto dittatura della maggioranza! Il male viene sempre tutelato in quanto esistente. Facendo una legge (anche giusta) si premia il potere stesso e non la democrazia, cioè la pluralità viene meno. L’unica cosa plausibile è distruggere lo Stato come organizzazione, così il valore verrà riconosciuto.